Vaticano – Papa Francesco, il testo dell’udienza generale

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Papa – Un testo sintetico quello diffuso oggi dalla Sala Stampa per l’udienza generale del mercoledì di Papa Francesco che si sarebbe dovuta svolgere oggi. Il Pontefice si è soffermato sulla parabola del figliol prodigo, evidenziando la speranza per ognuno di avere in Dio un padre che sempre è pronto ad aspettarci a braccia aperte. Papa Francesco torva nella parabola del figliol prodigo “il cuore del Vangelo di Gesù, cioè la misericordia di Dio”, così scrive Papa Francesco.

 

E continua: “Il Vangelo vuole consegnarci un messaggio di speranza, perché ci dice che dovunque ci siamo persi, in qualunque modo ci siamo persi, Dio viene sempre a cercarci! Ci siamo persi forse come una pecora, uscita dal sentiero per brucare l’erba, o rimasta indietro per la stanchezza. O forse ci siamo persi come una moneta, che magari è caduta per terra e non si trova più, oppure qualcuno l’ha messa da qualche parte e non ricorda dove. Oppure ci siamo persi come i due figli di questo padre: il più giovane perché si è stancato di stare dentro una relazione che sentiva come troppo esigente; ma anche il maggiore si è perso, perché non basta rimanere a casa se nel cuore ci sono orgoglio e rancore”.

 

Si sofferma, poi, sull’amore che “è sempre un impegno, c’è sempre qualcosa che dobbiamo perdere per andare incontro all’altro. Ma il figlio minore della parabola pensa solo a sé stesso, come accade in certe fasi dell’infanzia e dell’adolescenza”. Lo sguardo poi si rivolge al presente: “Intorno a noi vediamo anche tanti adulti così, che non riescono a portare avanti una relazione perché sono egoisti. Si illudono di ritrovare sé stessi e invece si perdono, perché solo quando viviamo per qualcuno viviamo veramente”.

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L’analisi di Papa Francesco si addentra nelle parole della parabola: “Questo figlio più giovane, come tutti noi, ha fame di affetto, vuole essere voluto bene. Ma l’amore è un dono prezioso, va trattato con cura. Egli invece lo sperpera, si svende, non si rispetta. Se ne accorge nei tempi di carestia, quando nessuno si cura di lui. Il rischio è che in quei momenti ci mettiamo a elemosinare l’affetto e ci attacchiamo al primo padrone che capita”, così scrive Papa Francesco.

 

Continua poi nell’affermare che solo chi ci vuole veramente bene può liberarci da una visione falsa dell’amore: “Nella relazione con Dio facciamo proprio questa esperienza”. Cita poi, il famoso quadro di Rembrandt: “La testa del giovane è rasata, come quella di un penitente, ma sembra anche la testa di un bambino, perché questo figlio sta nascendo di nuovo. E poi le mani del padre: una maschile e l’altra femminile, per descrivere la forza e la tenerezza nell’abbraccio del perdono”.

 

Sottolinea, inoltre, che “è il figlio maggiore che rappresenta coloro per i quali la parabola viene raccontata: è il figlio che è sempre rimasto a casa con il padre, eppure era distante da lui, distante nel cuore. Questo figlio forse avrebbe voluto andarsene anche lui, ma per timore o per dovere è rimasto lì, in quella relazione. Quando però ti adatti contro voglia, cominci a covare rabbia dentro di te, e prima o poi questa rabbia esplode. Paradossalmente, è proprio il figlio maggiore che alla fine rischia di rimanere fuori di casa, perché non condivide la gioia del padre”. L’ultima immagine è riservata al padre che non rimprovera il figlio e “non lo richiama al dovere. Vuole solo che senta il suo amore. Lo invita a entrare e lascia la porta aperta. Quella porta rimane aperta anche per noi. È questo, infatti, il motivo della speranza: possiamo sperare perché sappiamo che il Padre ci aspetta, ci vede da lontano, e lascia sempre la porta aperta”.

 




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