Greccia – Avrebbe compiuto oggi 91 anni ma è stato chiamato alla Casa del Padre con qualche ora di anticipo. Si è spento nella sua abitazione capitolina il cardinale Elio Sgreccia, illustre teologo, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, uno dei punti di riferimento nel mondo cattolico per le questioni legate alla bioetica. Se ne va proprio in una giornata in cui il rispetto della vita è argomento tornato alla ribalta a causa della vicenda delle 17enne olandese (Noa Pothoven) che ha deciso di mettere fine alla sua giovanissima esistenza.
Elio Sgreccia, nato a Nidastore di Arcevia (AN) il 6 giugno 1928 e ordinato sacerdote il 29 giugno 1952, è considerato uno dei maggiori bioeticisti riconosciuto a livello internazionale e fondatore della Bioetica Personalista.
É stato consacrato vescovo da Giovanni Paolo II il 6 gennaio 1993 e creato cardinale da Papa Benedetto XVI nel Concistoro del 20 novembre 2010, in considerazione della sua generosità e dedizione nel servizio alla Chiesa, assegnandogli la diaconia di Sant’Angelo in Pescheria.
Primo docente di bioetica in Italia, direttore fino al 2006 del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica nella Facoltà di Medicina e Chirurgia «A. Gemelli», è stato per dieci anni assistente spirituale della stessa facoltà. Vice-presidente (1994-2005) e poi presidente della Pontificia Accademia per la Vita (2005-2008), si è configurato come il portavoce delle posizioni della Chiesa sulle questioni etiche.
Sino all’ultimo giorno è stato è presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita e della F.I.B.I.P. (Federazione Internazionale di Centri e Istituti di Bioetica di Ispirazione Personalista) da lui istituita nel 2003 e presieduta fino al 2012. Dal 2004 ha presieduto la Fondazione Ut Vitam Habeant e l‘Associazione Donum Vitae. Il suo Manuale di Bioetica, tradotto in dodici lingue, è tutt’ora testo di riferimento in tutto il mondo per gli studi di natura etica.
È stato curatore della pubblicazione della prima Enciclopedia di Bioetica e Scienza Giuridica, insieme con il Prof. Antonio Tarantino, ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università di Lecce.
In occasione del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia è stato nominato dal Santo Padre membro elettivo sia nella sessione straordinaria del 2015 sia in quella ordinaria del 2016.
Parlando di bioetica e del suo incarico aveva detto: “Considero che sia un dovere da parte della “bioetica cattolica” offrire al mondo laico anzitutto la garanzia di non voler costringere ad accogliere i presupposti metafisici, ma piuttosto a considerare la identità cristiana come una prospettiva di vita e non una semplice teoria. Il confronto con le prospettive della vita cristiana vissuta possono venire dalle valutazioni di aiuto alla coscienza. E’ esemplare per questo la storia della conversione del filosofo Giustino così come egli narra nell’interrogatorio degli Atti (ritenuti autentici): “Io ho studiato successivamente tutte le scienze ed ho finito di fermarmi alla dottrina dei cristiani. La dottrina dei cristiani presenta una prospettiva di vita in questo mondo e per la vita eterna, e perciò mostra il suo valore per la capacità che ha di rispondere alle profonde aspirazioni dell’uomo. Mi pare che fosse Pascal a rilevare che per sapere qual è la chiave giusta bisogna verificare se è capace di aprire la porta chiusa. Tenendo questo atteggiamento verso le prospettive laiche o atee non si fa loro violenza, anche perché i divieti morali professati dai credenti sono anche giustificati sul piano razionale”.
Parlando di Papa Giovanni Paolo II e di Papa benedetto XVI aveva narrato: “l’opera di Karol Wojtyla Persona e Atto è stata pure di grande incidenza per me, per diverse conclusioni. Innanzi tutto per il fatto che la persona non si esaurisce negli atti in cui si manifesta e lascia sempre aperto il campo al “meglio”. inoltre offre un patrimonio di vita per stimolo e confronto. Quest’opera mi ha consentito di precisare il concetto di maturità della persona, perché egli vi afferma appunto che è matura la persona, non quando è autonoma nei suoi atti, ma quando è in grado di dare frutto e perciò quando si dedica agli altri. Questo concetto, di capitale importanza, ha ispirato le Giornate della Gioventù, ove la croce portata in processione indica la disponibilità al dono di sé.
Ho poi svolto un importante lavoro di ricerca, in accordo con l’allora cardinale Joseph Ratzinger in tema di contraccezione, con il contributo di Roberta Minacori scomparsa di recente, e Maria Luisa Di Pietro. Dalle nostre ricerche è risultato che non esiste il contraccettivo sicuro. Per questa condizione ci fu possibile a San Giovanni Rotondo, nell’ambito dell’esame dei protocolli di sperimentazione, rifiutarci di imporre la contraccezione, talora duplice, chimica e di barriera, alle donne che si sottoponevano alla sperimentazione stessa.
Per molti anni, come presidente del Comitato etico per la sperimentazione del farmaco nell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, non ho mai consentito la contraccezione alle donne sottoposte alla sperimentazione.
Parlando del suo rapporto con Papa Francesco aveva aggiunto: “Non vorrei omettere una parola a proposito dei suoi interventi proprio sui temi dell’ Humanae Vitae, in particolare quanto dice nell’ Amoris Laetitia. Poco tempo fa il noto filosofo Giuseppe Fornero mi ha inviato un volume, con una lettera di accompagnamento, dal titolo “Bioetica cattolica e Bioetica laica nell’era di papa Francesco” (Utet) di Luca lo Sapio. Nel testo c’è un saggio dello stesso professor Fornero. Mi ha chiesto di leggerlo e di esprimere il mio parere. Ho risposto dopo un congruo tempo e dopo aver letto il Documento pontificio. Come si sa Fornero, in questo testo, intende andare oltre i cosiddetti “paradigmi cattolico-laico” e sostiene che papa Francesco ci obbliga in qualche modo a considerarli superati. Ho risposto che non condivido questa sua interpretazione del pensiero di papa Francesco e gli ho inviato tutta una serie di affermazioni secondo le quali il Santo Padre ribadisce nell’ Amoris Laetitia che la dottrina non cambia e che i due Sinodi non hanno inteso cambiare la dottrina.
Ritengo, e lo ribadisco qui, che il Papa intende chiedere alla Chiesa di essere vicina anche ai divorziati e ai risposati per dire loro che la Chiesa non li abbandona e che ove e quando si presentano le condizioni di vita, concede loro anche i sacramenti ove si presentano le condizioni ammesse e note anche nella Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II. Questa di papa Francesco è una metodologia pastorale che mira ad accompagnare i fedeli, non a negare i danni del divorzio, ma a ripararli quando si potrà, se non altro in punto di morte. Quello che Francesco cerca è di mantenere viva la fede e la preghiera, di riconoscere i casi di nullità quando esistono. Insomma, una metodologia pastorale che non smentisce la verità, ma accompagna la fede e cerca di praticare la verità. Questo mi impedisce di assumere toni critici verso il Santo Padre e mi induce spesso a usare lo stesso metodo con famiglie ferite dalle separazioni e in cammino faticoso nella riconciliazione con Dio, nella educazione dei figli e nell’attesa di quel “meglio” che ognuno di noi ha sempre di fronte. Per questo sono grato a papa Francesco, per quello che insegna, senza cambiare la serietà e la verità del patto coniugale e del sacramento”.
L’Accademia per la Vita ha subito espresso il suo cordoglio diffondendo un comunicato in cui si legge: “Fin dalla costituzione della Pontificia Accademia, l’11 febbraio 1994, il cardinale Sgreccia è stato protagonista e anima coraggiosa e sapiente della nostra istituzione, sostenendo e promuovendo le attività di studio e tutela della vita umana di fronte alle sfide poste dalla tecnica e dal progresso biomedico”. L’istituto si dice «riconoscente per il positivo e prezioso lavoro svolto dal cardinale Sgreccia e per il suo importante contributo sui temi scientifici e nel settore accademico, a beneficio del Magistero della Chiesa».
“La Pontificia Accademia per la Vita – recita ancora la nota – prosegue sulla strada tracciata con lungimiranza dal cardinale Elio Sgreccia, con la stessa audacia nel cogliere i segni dei tempi e fornire risposte alle domande di senso dell’umanità nostra contemporanea”.
R. Dicembrino