Polonia – Il 29 aprile è la Giornata Nazionale del Martirio del Clero Polacco. Istituita nel 2002 dall’Episcopato Polacco, a memoria del miracoloso salvataggio per intercessione di S. Giuseppe dei sacerdoti polacchi prigionieri del campo di concentramento di Dachau, commemora i sacerdoti vittime dei sistemi totalitari, in particolare del nazismo e del comunismo.
In occasione della Giornata del Martirio del Clero Polacco durante la seconda guerra mondiale e dell’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Dachau, l’Arcivescovo Stanisław Gądecki invita a pregare per la pace nel mondo. “Le guerre che scoppiano nel XXI secolo mostrano che ci sono ancora persone che, indipendentemente dagli altri, perseguono i loro obiettivi, distruggendo tutto e tutti coloro che si frappongono sulla loro strada” – afferma il Prelato.
Le celebrazioni nazionali di questa Giornata si terranno, come ogni anno, presso il Santuario di S. Giuseppe a Kalisz. I prigionieri di Dachau chiesero la sua intercessione per la liquidazione del luogo di sterminio. Promisero che se fossero sopravvissuti, avrebbero fatto ogni anno un pellegrinaggio alla Chiesa di S. Giuseppe.
Il campo di concentramento di Dachau fu liberato il 29 aprile 1945. I sacerdoti sopravvissuti mantennero la loro promessa fino alla fine della loro vita e si recarono in pellegrinaggio a Kalisz, ringraziando per essere stati salvati. L’ultimo di loro, don Leon Stępniak è morto nel 2013. Dachau è prima di tutto un simbolo del martirio dei sacerdoti polacchi.
Durante la seconda guerra mondiale, per mano dei tedeschi è stato ucciso circa 1/4 del clero polacco.
IL PRIMO CAMPO DI STERMINIO TEDESCO: NACQUE NEL 1933
Il campo di concentramento di Dachau fu il primo dei campi di sterminio del III Reich. Fu aperto a marzo 1933 su iniziativa di Himmler per la detenzione dei nemici di Hitler e dell’ideologia nazista. E proprio qui fu messa al cancello dell’ingresso la beffarda scritta in ferro battuto: “Arbeit macht frei” (Il lavoro rende liberi) ben conosciuta dal campo di sterminio di Auschwitz. Dopo lo scoppio della guerra qui venivano portati anche i prigionieri politici e la gente arrestata nei rastrellamenti nei Paesi occupati. Negli anni del suo funzionamento dal 1933 al 1945 in questo campo e nei sottocampi furono rinchiusi circa 250 mila prigionieri di cui quasi 150 mila morirono di malattie, stenti, torture, fucilazioni e, a partire del 1942, a causa dei terribili esperimenti effettuati dai medici; tanti ammalati finivano direttamente nelle camere a gas.
IL GOLGOTA DEL CLERO, SOPRATTUTTO POLACCO
A Dachau vennero deportati anche tanti sacerdoti, 2794 in tutto, di cui 1773 polacchi: di questi ulitmi 861 furono uccisi, perciò questo campo divenne il luogo principale del martirio del clero polacco. Tanti prigionieri provenivano dalla Polonia perché il regime nazista voleva eliminare fisicamente l’élite della Polonia occupata (intellighenzia, ufficiali, clero) e ridurre la popolazione polacca a pura manodopera a basso costo. L’ondata di persecuzione dei sacerdoti polacchi cominciò subito dall’inizio della guerra, dal settembre 1939. Durante la seconda guerra mondiale morirono quasi 3.000 sacerdoti, cioè circa il 20 per cento del clero polacco.“Anche se qui non si vedono tombe, siamo nel più grande cimitero di sacerdoti del mondo. I polacchi hanno subito il sacrificio più grande. (…) La realtà era peggiore della nostra idea di quanto accadeva qui allora” – ha affermato l’arcivescovo di Monaco, cardinale Friedrich Wetter durante la Messa a Dachau celebrata il 30 aprile 1995.
Solo pochissimi sacerdoti sopravvissero all’inferno di Dachau. Tra loro c’erano anche i sacerdoti ben conosciuti successivamente: il cardinale Adam Kozłowiecki, arcivescovo di Lusaka; monsignor Kazimierz Majdański – arcivescovo emerito di Stettino-Kamień, padre Marian Żelazek – missionario, apostolo dei lebbrosi in India e monsignor Ignacy Jeż (Benedetto XVI voleva onorare mons. Jeż con dignità cardinalizia, ma è morto alla vigilia dell’annuncio della nomina nel novembre 2007).
MARTIRI E SOPRAVVISSUTI
Come raccontava monsignor Majdanski all’ingresso del campo si trovava la scritta: “Arbeit macht frei”. Ma in verità il lavoro disumano al freddo d’inverno e caldo d’estate, con insufficienti razioni di cibo, con percosse e umiliazioni doveva servire a distruggere l’uomo. Alla fine, quando la persona non era più in grado di lavorare veniva spedita con i cosiddetti “trasporti degli invalidi” alle camere a gas. Nelle intenzioni di chi aveva costruito campi di concentramento i prigionieri dovevano uscire dal campo con il fumo del forno crematorio. Monsignor Majdanski ricordava la particolare persecuzione dei sacerdoti: “I nostri carnefici tedeschi bestemmiavano Dio, denigravano la Chiesa e ci chiamavano i ‘cani di Roma’. Ci volevano costringere ad oltraggiare la croce e il rosario. A noi, ci rimaneva l’alleanza con Dio, la preghiera recitata di nascosto, la confessione fatta di nascosto. Ma in questa ‘macchina di morte’ ci mancava tanto la santa Eucaristia. La metà dei sacerdoti polacchi imprigionati a Dachau morì in modo eroico. Morivano da testimoni di Cristo, da sacerdoti cattolici e da patrioti polacchi. Nessuno è sceso a patti, tanti morirono dando la vita per gli altri, come san Massimiliano Kolbe ad Auschwitz”.
Il 22 aprile 1945 i sacerdoti polacchi ancora in vita a Dachau fecero un atto di affidamento a san Giuseppe, con l’umile preghiera di essere salvati. Il 29 aprile, l’esercito americano arrivava a Dachau e apriva i cancelli del campo.
Da allora ogni 29 aprile i sacerdoti sopravvissuti all’inferno di Dachau celebravano una solenne Messa di ringraziamento nel santuario polacco dedicato proprio a san Giuseppe che si trova nella città di Kalisz. Per mantenere viva la memoria del martirio dei sacerdoti polacchi nell’inferno nazista di Dachau, che fu una pagina gloriosa della storia della Chiesa, nell’anno 2002 l’episcopato della Polonia ha stabilito che il 29 aprile si celebrerà la Giornata del Martirio del Clero Polacco durante il secondo conflitto mondiale.