Papa – Seconda giornata e seconda Messa per Papa Francesco in Romania. Alle 11.30 al Santuario di Sumuleu-Ciuc la Messa del Pontefice tra la folla festante….. nel Santuario mariano di Sumuleu Ciuc il forte appello del Papa a chiedere a Maria l’aiuto per imbastire il futuro, camminando insieme, anche rischiando, perché il Vangelo doni la gioia della salvezza nell’unità e nella fratellanza e nessuno rimanga indietro.
Questo sabato primo giugno è una giornata che resterà impressa nel cuore e nella memoria dei cattolici della Transilvania. I circa 100mila fedeli presenti hanno sfidato la pioggia per essere qui ad incontrare il Successore di Pietro. E’ la prima volta che un Papa viene in questo Santuario mariano, di origine medioevale, cuore pulsante della devozione per la Vergine, specialmente per i cattolici di lingua ungherese della zona, e anche di altri Paesi. La diocesi dove si trova, Alba Iulia, fu fondata circa mille anni fa da Santo Stefano di Ungheria e la Transilvania è passata alla Romania dalla fine della Prima Guerra mondiale. Ogni anno, specie per la Vigilia di Pentecoste, arrivano migliaia di persone ai piedi dell’imponente statua alta più di 2 metri della Vergine, un’opera lignea del XVI secolo sfuggita miracolosamente all’incendio dei turchi.
Con gioia e riconoscenza a Dio mi trovo oggi con voi, cari fratelli e sorelle, in questo caro Santuario mariano, ricco di storia e di fede, dove come figli veniamo ad incontrare la nostra Madre e a riconoscerci come fratelli. I santuari, luoghi quasi “sacramentali” di una Chiesa ospedale da campo, custodiscono la memoria del popolo fedele che in mezzo alle sue tribolazioni non si stanca di cercare la fonte d’acqua viva dove rinfrescare la speranza. Sono luoghi di festa e di celebrazione, di lacrime e di suppliche. Veniamo ai piedi della Madre, senza molte parole, a lasciarci guardare da lei e perché con il suo sguardo ci porti a Colui che è «la Via, la Verità e la Vita» (Gv 14,6).
Non lo facciamo in un modo qualsiasi, siamo pellegrini. Qui, ogni anno, il sabato di Pentecoste, voi vi recate in pellegrinaggio per onorare il voto dei vostri antenati e per fortificare la fede in Dio e la devozione alla Madonna, raffigurata nella monumentale statua lignea. Questo pellegrinaggio annuale appartiene all’eredità della Transilvania, ma onora insieme le tradizioni religiose rumena e ungherese; vi partecipano anche fedeli di altre confessioni ed è un simbolo di dialogo, unità e fraternità; un appello a recuperare le testimonianze di fede divenuta vita e di vita fattasi speranza. Pellegrinare è sapere che veniamo come popolo alla nostra casa. È sapere che abbiamo coscienza di essere popolo. Un popolo la cui ricchezza sono i suoi mille volti, mille culture, lingue e tradizioni; il santo Popolo fedele di Dio che con Maria va pellegrino cantando la misericordia del Signore. Se a Cana di Galilea Maria ha interceduto presso Gesù affinché compisse il primo miracolo, in ogni santuario veglia e intercede, non solo davanti a suo Figlio, ma anche davanti a ciascuno di noi, perché non ci lasciamo rubare la fraternità dalle voci e dalle ferite che alimentano la divisione e la frammentazione. Le complesse e tristi vicende del passato non vanno dimenticate o negate, ma non possono nemmeno costituire un ostacolo o un argomento per impedire una agognata convivenza fraterna.
Pellegrinare significa sentirsi chiamati e spinti a camminare insieme chiedendo al Signore la grazia di trasformare vecchi e attuali rancori e diffidenze in nuove opportunità per la comunione; significa disancorarsi dalle nostre sicurezze e comodità nella ricerca di una nuova terra che il Signore vuole donarci. Pellegrinare è la sfida a scoprire e trasmettere lo spirito del vivere insieme, di non aver timore di mescolarsi, di incontrarci e aiutarci. Pellegrinare significa partecipare a quella marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, carovana sempre solidale per costruire la storia (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 87). Pellegrinare è guardare non tanto quello che avrebbe potuto essere (e non è stato), ma piuttosto tutto ciò che ci aspetta e non possiamo più rimandare. Significa credere al Signore che viene e che è in mezzo a noi promuovendo e stimolando la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità e di giustizia (cfr ibid., 71). Pellegrinare è l’impegno a lottare perché quelli che ieri erano rimasti indietro diventino i protagonisti del domani, e i protagonisti di oggi non siano lasciati indietro domani. E questo, fratelli e sorelle, richiede il lavoro artigianale di tessere insieme il futuro. Ecco perché siamo qui per dire insieme: Madre, insegnaci ad imbastire il futuro!
Pellegrinare a questo santuario ci fa volgere lo sguardo a Maria e al mistero della elezione di Dio. Lei, una ragazza di Nazaret, piccola località della Galilea, nella periferia dell’impero romano e anche nella periferia di Israele, con il suo “sì” è stata capace di dare il via alla rivoluzione della tenerezza (cfr ibid., 88). Il mistero della elezione da parte di Dio, che pone i suoi occhi sul debole per confondere i forti, ci spinge e incoraggia anche noi a dire “sì”, come lei, come Maria, per percorrere i sentieri della riconciliazione. Fratelli e sorelle, non dimentichiamo: chi rischia, il Signore non lo delude! Camminiamo, e camminiamo insieme, rischiamo, lasciando che sia il Vangelo il lievito capace di impregnare tutto e di donare ai nostri popoli la gioia della salvezza, nell’unità e nella fratellanza.
A suggellare la mattinata il gesto del Papa che depone ai piedi della Vergine la “Rosa d’Oro”, un dono esclusivo dei Sommi Pontefici in visita mariana con il quale i Papi dimostrano la loro devozione. Si tratta di una rosa d’argento con doratura ad oro per il tralcio e lo stemma, su una base in marmo rosa.
Nel pomeriggio con l’incontro con giovani e famiglia a Iasi e l’affidamento alla Vergine.