Papa Francesco – Fondare la propria vita sulla roccia di Dio è questo il consiglio principale proveniente dalla meditazione di Papa Francesco durante l’omelia della celebrazione a Casa Marta di questa mattina.
Andiamo a riproporre le parole del pontefice ed a rivisitare la parabola della casa costruita sulla roccia. Un cadsa che dovrebbe rappresentare la nostra anima e la nostra scelte nel cammino di vita. Vogliamo essere al sicuro con Dio o precari edc indifesi senza di Lui?
In una vita nella quale le certezze troppo spesso appaiono latitare, il Pontefice ci ricorda che possiamo appoggiarci a Dio, a colui che ci ha mandato il Suo unico figlio per riavvicinarci a Lui.
Fondare la propria vita sulla «concretezza» dell’agire e del donarsi, piuttosto che «sulle apparenze o sulla vanità» o sulla cultura corrotta delle «raccomandazioni» ci ranmenta e ci suggerisce il Vescovo di Roma per vivere coerentemente il cammino dell’Avvento.
Linee guida semplici e impegnative al tempo stesso, che il Pontefice ha ricavato dalle letture del giorno, nelle quali s’incontrano tre significativi gruppi di parole contrapposte: «dire e fare», «sabbia e roccia», «alto e basso».
Riguardo al primo gruppo — «dire e fare» — il Pontefice ha richiamato immediatamente le parole del Vangelo di Matteo (7, 21): «Non chiunque mi dica “Signore, Signore” entrerà nel regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre». E ha spiegato: «Si entra nel regno dei cieli, si matura spiritualmente, si va avanti nella vita cristiana con il fare, non con il dire». Infatti «il dire è un modo di credere, ma a volte molto superficiale, a metà cammino»: come quando «io dico che sono cristiano ma non faccio le cose del cristiano». È una sorta di «truccarsi», perché «dire soltanto, è un trucco», è «dire senza fare».
Invece «la proposta di Gesù è concretezza». E così, «quando qualcuno si avvicinava e chiedeva consiglio», lui proponeva «sempre cose concrete». Del resto, ha aggiunto il Papa, «le opere di misericordia sono concrete». E ancora: «Gesù non ha detto: “Ma vai a casa tua e pensa ai poveri, pensa ai carcerati, pensa agli ammalati”: no. Vai: visitali».
Ecco la contrapposizione tra il fare e il dire. Necessaria da evidenziare perché «tante volte noi scivoliamo, non solo personalmente ma socialmente, sulla cultura del dire». A tale riguardo Francesco ha indicato una pratica purtroppo diffusa, quella legata alla «cultura delle raccomandazioni». Accade, per esempio, che per un concorso all’università venga scelto «uno che non ha quasi meriti» rispetto a tanti bravi professori; «e se si domanda: “Ma perché questo? E questi altri bravi ..?” “Perché questo è stato raccomandato da un cardinale, lei sa… i pesci grossi…”». Questo il commento del Papa: «Io non voglio pensare male, ma sotto il tavolo di una raccomandazione sempre c’è una busta». Si tratta solo di un esempio del prevalere del “dire”: «non sono i meriti, non è il fare quello che ti fa andare avanti, no: è il dire. Truccarsi la vita». Ed è proprio «una delle contraddizioni che la liturgia di oggi ci insegna: fare, non dire». Addirittura, ha spiegato il Papa chiudendo questa prima parte della riflessione, «Gesù consiglia» di «fare senza dire: quando dai l’elemosina, quando preghi… di nascosto, senza dirlo. Fare, non dire».
Il secondo confronto rimanda a un’immagine usata da Gesù nel Vangelo: «un uomo saggio costruisce la sua casa sulla roccia, non sulla sabbia». La parabola ha una sua evidenza: «La sabbia non è solida. E una tempesta, i venti, i fiumi, tante cose, la pioggia fanno cadere una casa costruita sulla sabbia. La sabbia è una concretezza debole». Ha spiegato il Pontefice: «La sabbia è conseguenza del dire: io mi trucco, come cristiano, mi costruisco una vita ma senza fondamenti. La vanità, la vanità è dire tante cose, o farmi vedere senza fondamento, sulla sabbia». Bisogna invece «costruire sulla roccia». A tale riguardo il Papa ha invitato a cogliere la bellezza della prima lettura del giorno, tratta da Isaia (26, 1-6), dove si legge: «Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna».
È una contrapposizione strettamente legata a quella tra il dire e il fare, perché «tante volte, chi confida nel Signore non appare, non ha successo, è nascosto… ma è saldo. Non ha la sua speranza nel dire, nella vanità, nell’orgoglio, negli effimeri poteri della vita», ma si affida al Signore, «la roccia». Ha spiegato Francesco: «La concretezza della vita cristiana ci fa andare avanti e costruire su quella roccia che è Dio, che è Gesù; sul solido della divinità. Non sulle apparenze o sulla vanità, l’orgoglio, le raccomandazioni… No. La verità».
Infine il «terzo gruppo», dove si fronteggiano i concetti di «alto e basso». È ancora il brano di Isaia a guidare la meditazione: «Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna, perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa, l’ha rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo. I piedi la calpestano: sono i piedi degli oppressi, i passi dei poveri». È un passo, ha fatto notare il Pontefice, che ricorda il «canto della Madonna, del Magnificat: il Signore alza gli umili, quelli che sono nella concretezza di ogni giorno, e abbatte i superbi, quelli che hanno costruito la loro vita sulla vanità, l’orgoglio… questi non durano». E l’espressione, ha sottolineato Francesco, «è molto forte, anche nel Magnificat si usa “ha rovesciato”, e anche più forte: quella grande città bella è calpestata. Da chi? Dai piedi degli oppressi e dai passi dei poveri». Cioè, il Signore «esalta i poveri, esalta gli umili».
La categoria di «alto e basso», viene usata anche da Gesù, ad esempio, quando «parla di satana: “Io ho visto satana cadere dall’alto del cielo». Ed è l’espressione di un «giudizio definitivo sugli orgogliosi, sui vanitosi, su quelli che si vantano di essere qualcosa ma sono pura aria».
Concludendo la sua omelia, Papa Francesco ha invitato ad accompagnare il tempo di Avvento con la riflessione su «questi tre gruppi di parole che contrastano una con l’altra. Dire o fare? Io sono cristiano del dire o del fare? Sabbia e roccia: io costruisco la mia vita sulla roccia di Dio o sulla sabbia della mondanità, della vanità? Alto e basso: io sono umile, cerco di andare sempre dal basso, senza orgoglio, e così servire il Signore?». Sarà di aiuto rispondere a tali domande; e, ha aggiunto, anche prendere il Vangelo di Luca e pregare «con il canto della Madonna, con il Magnificat, che è un riassunto di questo messaggio di oggi».
A tal proposito come non ricordare la parabola della casa sulla sabbia o sulla roccia.
Il desiderio di costruirsi una casa è comune ai saggi e agli stolti. La casa infatti è il luogo della protezione, della sicurezza, del riposo, degli affetti, della serenità, dell’amore, e tutti desiderano questi beni. È inoltre cosa nota che costruire sulla roccia è molto più faticoso che costruire sulla sabbia. Così, chi costruisce sulla sabbia finisce il lavoro molto prima e mentre si riposa e gode per quanto ha fatto, forse deride o critica chi, dopo lunghe ed estenuanti fatiche, lavorando con mazze e punteruoli, non è ancora riuscito a finire le fondamenta. Un’ulteriore differenza fra il saggio e lo stolto è che il saggio, ragionando anche a lungo termine, vuole tener conto delle probabili intemperie che possono abbattersi su una casa, vuole che la sua sia solida e possa proteggerlo anche nei casi avversi; lo stolto invece, non si sforza di ragionare, è superficiale, non vede più in là del suo naso, non pensa che ci potranno essere momenti in cui la sua costruzione sarà esposta all’imperversare di violente tempeste.
Quello che accade nella costruzione di una casa materiale è simile a quello che accade a noi quando cerchiamo di costruirci una vita in cui ci sia sicurezza, gioia, amore, riposo, protezione nei casi avversi. Questi beni sono ricercati da tutti, non tutti però basano la loro ricerca sul medesimo fondamento; ora, i fondamenti possibili sono solo due: o uno costruisce la sua vita avendo come riferimento la propria volontà, oppure la costruisce avendo come riferimento la volontà di Dio. Chi adotta il primo metodo sembra riuscire ad ottenere in breve tempo, e senza troppa fatica, notevoli successi. La prima fatica che evita è quella dell’osservanza e della fedeltà nei confronti della legge di Dio; anche se non uccide e non ruba, non si preoccupa affatto di cercare di conoscere e amare Dio, di rispettarlo e di onorarlo, quanto poi ai piaceri che questa vita offre, non si chiede troppo se siano leciti o illeciti, se goderne in modo misurato o senza freno. La sua coscienza non si fa troppi scrupoli, se qualche piccola o grande menzogna riesce a risolvere situazioni imbarazzanti o favorirlo negli affari, ne approfitta subito. Essendo abituato a pensare quasi esclusivamente a se stesso, si accorge poco delle sofferenze o dello stato di necessità di chi gli sta vicino, figuriamoci di chi gli sta lontano. Non si preoccupa di evitare le compagnie pericolose o i discorsi vani, anzi, come uno che sa cos’è la vita e come va il mondo, sentenzia con arroganza su ogni argomento e sulle questioni più complesse. Libero da ogni riferimento a Dio e dall’osservanza della sua legge, trascorre la vita senza troppi problemi, con una certa serenità e l’amicizia di chi pensa e si comporta allo stesso modo.
Le cose vanno diversamente per chi vuole costruire sulla roccia, per chi vuole costruire prendendo come riferimento la volontà di Dio. La prima manifestazione della volontà di Dio nei nostri confronti, la prima cosa che Lui vuole per il nostro bene, è che osserviamo la sua legge e la mettiamo in pratica, la sua legge sono i dieci comandamenti, tutti i dieci comandamenti, non un comandamento si e l’altro no. Evidentemente chi vuole osservare i comandamenti non è più libero di fare quello che vuole, ma dovrà impegnarsi a cercare di conoscere e amare Dio, rispettarlo, onorarlo, pregarlo. Dovrà cercare la rettitudine nei pensieri, nelle parole, nelle azioni.
Un altro esercizio molto importante per chi vuole costruire sulla roccia è quello di imparare a fidarsi di Dio. Così, quando arriveranno momenti di difficoltà e di sconforto, invece di cercare l’aiuto e la consolazione che si possono ottenere con i mezzi umani, dovrà a poco a poco imparare a cercare l’aiuto, la consolazione e la forza che vengono da Dio, ricorrendo a Lui con una preghiera umile e fiduciosa in ogni circostanza. Questo esercizio richiede ancora che ci fidiamo di Lui anche quando sembra non rispondere alle nostre preghiere, anche quando, magari dopo anni ed anni, Lui non realizza quello che noi con il suo aiuto avremmo voluto realizzare. Un giorno vedremo… un giorno capiremo…
Poi però possono giungere le tempeste!
La pioggia che, goccia dopo goccia, va ad ingrossare i fiumi, è simile al passare del tempo. A prima vista il passare del tempo non sembra una cosa tanto grave e pericolosa, eppure, minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno, il passare del tempo che non manifesta affatto l’intenzione di fermarsi, va ad ingrossare il numero degli anni, e il peso degli anni che aumenta come aumenta il livello di un fiume, provocherà inevitabilmente, prima o poi, qualche crollo nella salute, così, con la salute, verranno meno tutta quella sicurezza, quella serenità, quella gioia di vivere che si appoggiavano sulla salute. Il vento poi, che sradica le piante, scoperchia i tetti, secca ed inaridisce, viene a completare l’opera di distruzione. È infatti inevitabile che con gli anni certi affetti e certe amicizie ci vengano strappati o inaridiscano, e così, tutto ciò che si basava sugli affetti e sulle amicizie riceverà un duro colpo. Il vento si incaricherà anche di seccare ed inaridire il gusto che ci proviene dal lavoro o dall’esercizio delle attività in cui più troviamo soddisfazione; così, tutto ciò che si era costruito sul lavoro e sulla gratificazione proveniente da certe passioni andrà in rovina. Allora, per l’apatia, il disgusto, la noia o l’impotenza causati da questa tempesta, anche prima che giunga il momento della morte, tutto sarà perso e ridotto in macerie, proprio come dice il Signore nella parabola: La rovina di quella casa fu grande, e la rovina sarà veramente grande se il Signore non potrà ammettere quell’uomo nel suo Regno.
Chi ci salverà da un simile disastro? Il Signore ci promette che è possibile costruire una vita così solida da poter resistere a qualsiasi tempesta.
Infatti, chi costruisce secondo la volontà di Dio, anche se va incontro alle stesse tribolazioni a cui va incontro l’uomo stolto, queste non riusciranno a distruggerlo, ma passandovi attraverso ne uscirà vittorioso, perché avrà imparato a funzionare non mediante le sue povere forze, ma mediante la forza di Dio, così come dice il salmo: Il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in Lui la mia fiducia (Sal 27, 7). La forza di Dio è l’amore, e come insegna il Cantico dei Cantici: Forte come la morte è l’amore. Le grandi acque non possono spegnerlo né i fiumi travolgerlo (Ct 8, 6…7).
L’uomo interiore non decade con gli anni, anzi, si rinvigorisce sempre più perché fortificato dalla grazia di Dio. E se lungo gli anni certi affetti e certe amicizie vengono tolti, chi vive di fede sa che non tutto è perduto, la separazione è solo temporanea ed ogni santo affetto, ogni santa amicizia risorgeranno più belli nella patria celeste, e se le separazioni sono motivo di dolore, non sono però motivo di disperazione.
Il secondo modo di considerare la tempesta che si abbatte sia sull’uomo saggio che su quello stolto è quello morale.
Nel corso della vita presente noi commettiamo tante piccole trasgressioni ai comandamenti di Dio, queste piccole trasgressioni che sul momento non sembrano tanto gravi, se si trascurano, se continuano, sono come tante gocce d’acqua che vanno ad ingrossare il livello di un fiume; così, queste piccole trasgressioni preparano la via alle grandi trasgressioni, sia nella vita della singola persona, sia nella vita della società, ed allora sarà inevitabile che la corruzione e l’immoralità tendano ad aumentare e a dilagare in tutti i campi, travolgendo tutti coloro che si trovano sul loro cammino. Allora, chi non si sarà costruito una solida coscienza morale cadrà certamente, ossia sarà indotto a trasgredire gravemente e ripetutamente i comandamenti di Dio, aiutato in questo anche dal soffiare dei venti, ossia dall’insinuarsi nella mente di dottrine erronee, di condizionamenti sociali o modelli di comportamento contrari alla legge di Dio e all’insegnamento di Gesù.
L’immoralità, la corruzione, la disonestà, i cattivi esempi, sono presenti dappertutto e tentano di far cadere sia l’uomo saggio che quello stolto, ma, come mostra la parabola del Signore, il primo resiste mentre il secondo cade.