Papa Francesco: “Preghiamo per chi ha difficoltà economiche a causa del coronavirus”

401

Papa – La prima omelia della settimana s’incentra sulla preghiera. Inizia la settimana di supplica voluta dal Papa. Mercoledì recita universale del Padre Nostro.

È una settimana imperniata sulla preghiera quella voluta da Papa Francesco.  Durantel’Angelus “ingabbiato” nel Palazzo Apostolico, era stato lo stesso Pontefice ad annunciare la recita universale del Padre Nostro il prossimo mercoledì a mezzogiorno. Un invito a riconciliarsi con il Padre, Che “non dimentica i Suoi figli”.

Nella messa in diretta streaming dalla Cappella di Casa Santa Marta, il Papa ha rinnovato lo stesso invito recitando l’antifona d’ingresso: “Io confido nel Signore. Esulterò e mi rallegrerò per la tua misericordia, perché hai guardato con bontà alla mia miseria”. Un atto di fiducia filiale e abbandono a Dio in un momento buio per l’intero Paese: “Preghiamo oggi per le persone che per la pandemia stanno incominciando a sentire problemi economici, perché non possono lavorare e tutto questo ricade sulla famiglia. Preghiamo per la gente che ha questo problema” ha detto il Pontefice.

Papa Francesco si è soffermato sul Vangelo di Giovanni (Gb 4, 43-54), in particolare sulla guarigione del figlio del funzionario del re, ed ha invitato a una riflessione sulla preghiera.

“Questo padre chiede la salute per il figlio. Il Signore rimprovera un po’ tutti, ma anche lui: ‘Se non vedete segni e prodigi, voi non credete’. Il funzionario, invece di tacere e stare zitto, va avanti e gli dice: ‘Signore, scendi, prima che il mio bambino muoia’. E Gesù gli rispose: ‘Va’, tuo figlio vive’.

Sono tre cose che, per fare una vera preghiera, ci vogliono. La prima è la fede: se non avete fede … E tante volte, la preghiera è soltanto orale, dalla bocca … ma non viene dalla fede del cuore, o una fede debole … Pensiamo a un altro papà, a quello del figlio indemoniato, quando Gesù rispose: ‘Tutto è possibile a colui che crede’; il papà come disse chiaramente ‘credo, ma accresci la mia fede’. La fede nella preghiera. Pregare con fede, sia quando preghiamo fuori, quando veniamo qui e il Signore è lì: ma ho fede o è un’abitudine? Stiamo attenti nella preghiera: non cadere nell’abitudine senza la coscienza che il Signore c’è, che sto parlando con il Signore e che Lui è capace di risolvere il problema. La prima condizione per una vera preghiera è la fede.

La seconda condizione che lo stesso Gesù ci insegna è la perseveranza. Alcuni chiedono ma la grazia non viene: non hanno questa perseveranza, perché nel fondo non ne hanno bisogno, o non hanno fede. E Gesù stesso ci insegna la parabola di quel signore che va dal vicino a chiedere pane a mezzanotte: la perseveranza di bussare alla porta … O la vedova, con il giudice iniquo: e insiste e insiste e insiste: è perseveranza. Fede e perseveranza vanno insieme, perché se tu hai fede tu sei sicuro che il Signore ti darà quello che chiedi. E se il Signore ti fa aspettare, bussa, bussa, bussa, alla fine il Signore dà la grazia. Ma non lo fa, questo, il Signore, per rendersi interessante o perché dica ‘meglio che attenda’: no. Lo fa per il nostro bene, perché prendiamo la cosa sul serio. Prendere sul serio la preghiera, non come i pappagalli: bla bla bla e niente di più … Lo stesso Gesù ci rimprovera: ‘Non siate come i pagani che credono nell’efficacia della preghiera e nelle parole, tante parole’. No. È la perseveranza, lì. È la fede.

E la terza cosa che Dio vuole nella preghiera è il coraggio. Qualcuno può pensare: ci vuole coraggio per pregare e per stare davanti al Signore? Ci vuole. Il coraggio di stare lì chiedendo e andando avanti, anzi, quasi – quasi, non voglio dire un’eresia – ma quasi come minacciando il Signore. Il coraggio di Mosè davanti a Dio quando Dio voleva distruggere il popolo e farlo capo di un altro popolo. Dice: “No. Io con il popolo”. Coraggio. Il coraggio di Abramo, quando negozia la salvezza di Sodoma: ‘E se fossero 30, e se fossero 25, e se fossero 20 …’: lì, il coraggio. Questa virtù del coraggio, ci vuole tanto. Non solo per le azioni apostoliche, ma anche per la preghiera.

Fede, perseveranza e coraggio. In questi giorni in cui è necessario pregare, pregare di più, pensiamo se noi preghiamo così: con fede che il Signore può intervenire, con perseveranza e con coraggio. Il Signore non delude: non delude. Ci fa aspettare, prende il suo tempo, ma non delude. Fede, perseveranza e coraggio”.

Quindi ha aggiunto il pontefice: Le persone che non possono comunicarsi, fanno adesso la comunione spirituale:

Ai Tuoi piedi, o mio Gesù, mi prostro e Ti offro il pentimento del mio cuore contrito che si abissa nel suo nulla alla Tua santa presenza. Ti adoro nel sacramento del Tuo amore, l’Eucaristia. Desidero riceverTi nella povera dimora che Ti offre il mio cuore; in attesa della felicità della comunione sacramentale voglio possederTi in spirito. Vieni a me, o mio Gesù; che io venga da Te. Possa il Tuo amore infiammare tutto il mio essere per la vita e per la morte. Credo in Te, spero in Te, Ti amo. Così sia.

Riflettiamo dunque sul significato della preghiera!

La preghiera cristiana è innanzitutto ascolto. Dio ci parla: questo è lo straordinario della nostra fede. Per farsi conoscere Dio ha scelto liberamente di rivelarsi a noi, di alzare il velo su di sé dandoci del tu. Questo mi sembra il nucleo della preghiera cristiana, ben espresso dalla preghiera fatta dal giovane re Salomone che, in risposta all’invito rivoltogli da Dio di chiedergli qualunque cosa, dice: “Donami, Signore, un lev shomea‘, un cuore capace di ascolto” (1Re 3,9). Noi uomini abbiamo bisogno essenzialmente di questo, per conoscere la volontà di Dio e ad essa ispirare la nostra vita, per accogliere l’amore di Dio e rispondergli amando lui e i nostri fratelli, gli uomini tutti.

È giusto dire che oggi viviamo in un mondo contrassegnato dalla velocità, in un “mondo in fuga” (Anthony Giddens), nel quale diciamo di non avere più tempo, nemmeno per pregare. Bisogna però essere molto chiari su questo dato: chi non trova tempo è un alienato; chi afferma di non avere tempo confessa che il suo idolo è il tempo, dal quale è dominato, e che di conseguenza si vota a non vivere mai il presente, l’oggi di Dio collocato tra un passato di cui fare memoria e un futuro verso cui tendere. Quando invece riusciamo a dominare il tempo, possiamo sperimentare la preghiera come possibilità di aprirci a Dio, di ascoltare la sua voce, di entrare in comunione con lui e dunque con gli esseri umani e con tutte le creature del cosmo. Quanto agli accorgimenti, penso siano sempre gli stessi, ieri come oggi, e che si radichino tutti in un’istanza fondamentale: il voler trovare del tempo, lo stabilire delle priorità nel nostro tempo, sapendo che non c’è tempo per tutto. È questione di un ordine, di una gerarchia che dobbiamo stabilire nella nostra vita: il primato spetta davvero a Dio o abbiamo qualcos’altro più caro di lui? Vogliamo ascoltare il Signore o altre voci? Vogliamo adorare lui oppure gli idoli che ci ingannano e ci schiavizzano? In proposito, non si dimentichi che l’idolo non è una realtà teologica, ma è innanzitutto un falso antropologico, è ciò che più minaccia l’umanizzazione: lottando contro gli idoli e esercitandoci alla preghiera possiamo incontrare Dio e, animati dal suo Spirito, imparare a diventare più uomini, uomini come lui ci ha voluti e creati, a immagine del Figlio suo Gesù Cristo.

Nella tradizione spirituale cristiana, in particolare quella monastica, uno dei grandi frutti della preghiera è la pace del cuore. Credo a questa verità, e non voglio contraddire una risposta data dall’epoca dei padri della chiesa fino a oggi. Tuttavia mi sento di dire che il vero frutto della preghiera si può solo misurare in base alla carità, all’amore verso i nostri fratelli e verso Dio che la preghiera suscita in noi. Quando penso alla preghiera mia e di tanti monaci che per numerose ore del giorno pregano, nella lectio divina, nel nascondimento della propria cella, nella liturgia delle Ore celebrata comunitariamente, mi viene spontaneo chiedermi: “Tutta questa preghiera che frutto darà?”. Poi talvolta trovo nel mio cuore qualche pepita di amore, e allora mi rispondo: “Per giungere a questo è stato necessario quell’immenso mucchio di sabbia costituito dalla preghiera”. Ripeto, il frutto della preghiera è l’agápe, è l’amore, che poi è Dio stesso. E quando Dio dimora in noi, siamo più saldi di fronte agli assalti del diavolo, siamo più forti nelle prove. E proprio perché osiamo gridare: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” (Rm 8,35), siamo anche capaci di trovare pace.

Per concludere una news dalla Sala Stampa Vaticana. “A causa della situazione mondiale in corso e in accordo con le Autorità e la Chiesa locale, l’annunciato Viaggio Apostolico a Malta è stato rinviato a data da definirsi”. Lo ha dichiarato ai giornalisti il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Il viaggio di Papa Francesco a Malta e Gozo era in programma il 31 maggio prossimo.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *