Papa Francesco nel Caucaso

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Papa Francesco nel Caucaso

Papa Francesco è in partenza per il viaggio apostolico in Georgia e Azzerbaijan, dal 30 settembre al 2 ottobre prossimi. Neppure il tempo di festeggiare i santi arcangeli, Raffaele, Michele e Gabriele ed ecco che il pontefice è atteso dall’ennesimo impegno pastorale. Nel primo pomeriggio il Pontefice arriverà all’aeroporto internazionale di Tbilisi. Dopo la cerimonia di benvenuto alle 15:00 circa è prevista la visita di cortesia al Presidente della Repubblica. Nel cortile del Palazzo presidenziale si terrà il saluto con le autorità, la società civile e con il Corpo diplomatico.
Presso il Palazzo del Patriarcato ci sarà invece l’incontro con sua Santità e Beatitudine Ilia II, Catholicos e Patriarca di tutta la Georgia. L’abbraccio con la comunità assiro-caldea si terrà invece preso la chiesa cattolica di S.Simone il tintore.
Il giorno dopo, sabato primo ottobre, ci sarà la Santa Messa nello stadio M. Meskhi, poi l’incontro con i sacerdoti, religiosi e religiose presso la chiesa dell’Assunta. Toccante sarà la visita agli assistiti e con gli operatori delle opere di carità della Chiesa davanti al Centro di assistenza dei Camilliani. Quindi la visita alla cattedrale patriarcale Svietyskhoveli di Mskheta.
Domenica 2 ottobre dopo la cerimonia di congedo all’aeroporto internazionale di Tbilisi la partenza in aereo per Baku. All’arrivo all’aeroporto internazionale “Heydar Aliyev” è prevista l’accoglienza ufficiale. Poi la Santa Messa nella chiesa dell’Immacolata nel Centro salesiano a Baku e il pranzo con la comunità salesiana e con il seguito papale.
La cerimonia protocollare di benvenuto si terrà nel Piazzale del Palazzo presidenziale di Genclik. Poi la visita di cortesia al Presidente. L’incontro con le autorità si terrà nel Centro “Heydar Aliyev”. Nell’omonima Moschea si terrà il colloquio privato con lo Sceicco dei Musulmani del Caucaso. Dopo l’incontro con il vescovo ortodosso di Baku e con il presidente della Comunità ebraica si terrà la cerimonia di congedo all’aeroporto di Baku e la partenza per Roma.
Un viaggio di pace a dimensione ecumenica e interreligiosa. Così il direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke, ha definito il viaggio di Papa Francesco in Georgia e Azerbaigian. Nel briefing con i giornalisti, Burke ha reso noto che il Papa pronuncerà i suoi discorsi in italiano e che è, come di consueto, terrà una conferenza stampa sul volo papale di ritorno da Baku, il 2 ottobre (sul quale vi dettaglieremo accuratamente).
Il 16.mo viaggio internazionale di Papa Francesco avrà un forte valore di pace. “Chiaramente è un viaggio di pace: il Papa porta un messaggio di riconciliazione per tutte la regione. È la prima volta che una delegazione lì in Georgia parteciperà alla Messa del Santo Padre. E anche il Patriarca sarà all’aeroporto quando il Papa arriverà”. Se dunque in Georgia spiccano gli incontri tra il Papa e la comunità ortodossa locale, in Azerbaigian la dimensione del dialogo interreligioso sarà quella predominante. Momento forte della visita a Baku sarà infatti la visita alla moschea e l’incontro con lo sceicco dei musulmani del Caucaso. Durante il viaggio – in cui il Papa pronuncerà 10 discorsi – non mancherà poi la vicinanza alle popolazioni siriane e irachene sconvolte dalla guerra. In particolare, il Papa pregherà per siriani e iracheni nella visita alla Chiesa cattolica caldea di San Simone Bar Sabbae.
Dal canto suo monsignor Raphael Minassian, ordinario per gli armeni cattolici dell’Europa orientale ha avuto parole di giubilo per la scelta del Papa di recarsi in queste zone: “La nostra presenza in Georgia risale al IV-V secolo. Dirò a Sua Santità che il nostro primo martire per la fede cristiana, San Vardan, veniva dalla Georgia. Tiflis, come si chiamava allora, era la città culturale degli armeni. E gli armeni cattolici oggi in Georgia, soprattutto nei villaggi, sono soprattutto anziani. Non c’è tanta gioventù, i due terzi della gioventù è fuori a lavorare”. Quindi parlando del dialogo con la Chiesa ortodossa il monsignore ha aggiunto: “Non ci sono troppi matrimoni misti e c’è anche un certo nazionalismo. Ma, in fondo in fondo, quello che dà gioia a tutte e due le confessioni è che la loro fede cristiana è profonda. Sono separati, ma vivono per Cristo, ciascuno a modo suo”.
Monsignor Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso, descrive cosi’ i “punti di forza” che caratterizzeranno il viaggio di Papa Francesco in Georgia: “il Papa verra’ anche per dare coraggio alle comunita’”, che nei due paesi rappresentano una piccola minoranza. Il vescovo Pasotto punto di riferimento in Georgia, Armenia e Azerbaigian per i cattolici latini, fa il quadro della presenza cattolica in quei Paesi. In Azerbaigian si contano in tutto 300/400 cattolici divisi in due comunita’: una costituita dagli stranieri che lavorano nel Paese, e l’altra dai locali con una presenza forte di salesiani. La maggioranza invece e’ rappresentata dai musulmani: il 62% degli abitanti sono sciiti, il 26% sunniti e il 12% ortodossi legati al Patriarcato di Mosca. In Georgia – Paese a maggioranza ortodossa – la presenza cattolica e’ piu’ consistente con i suoi 50mila fedeli. “Si tratta quindi- riassume il vescovo Pasotto- di Stati con situazioni completamente diversi ma dove i cattolici sono una minoranza e la Chiesa cattolica vive con altre confessioni e religioni di maggioranza. La visita del Papa in queste terre e’ significativa per almeno due ragioni. La prima- ha aggiunto ancora il prelato- e’ che il Papa arriva in due Paesi – l’Armenia e l’Azerbaigian – che sono in conflitto, e speriamo che nel Nagorno Karabakh regga la tregua. Ed e’ significativa perche’ il Papa raggiunge una regione, quella del Caucaso, dove le comunita’ cattoliche non hanno una grande importanza numerica ma hanno un grande valore perche’ allacciano rapporti con situazioni diverse vivendo cio’ che fin dall’inizio ha indicato il Papa”. Per la Georgia, il programma della visita del Papa e’ ancora tutto da mettere a punto. “Pregheremo affinche’ sia anche un’occasione per prendere coscienza del ruolo del Santo Padre come figura per l’unita’ della Chiesa”.
L’Azerbaijan, il più vasto Stato caucasico, è un Paese a maggioranza musulmana sciita, il 95% su un totale di circa 9,7 milioni di abitanti, ma esistono anche comunità ortodosse ed ebraiche. I cattolici sono poche centinaia e solo nel 2007 è stata inaugurata la prima chiesa cattolica, dedicata all’Immacolata Concezione, nella capitale Baku.
Questo viaggio apostolico rappresenta la seconda tappa di un più ampio viaggio nel Caucaso, iniziato il 24 giugno scorso con la visita in Armenia. La zona, ha detto più volte il papa, dovrebbe essere un crocevia di pace e invece sembra essere una polveriera. Pesa soprattutto il conflitto del Nagorno-Karabakh, che vede schierati su fronti opposti azeri e armeni.
Francesco, nel corso della conferenza stampa tenuta durante il viaggio di ritorno, ha spiegato che intende “parlare agli azeri della verità, di quello che ho visto, di quello che sento. E incoraggerò anche loro. Io ho incontrato il Presidente azero e ho parlato con lui. E dirò anche che non fare la pace per un pezzettino di terra – perché non è una gran cosa – significa qualcosa di oscuro… Ma lo dico a tutti, questo: agli armeni e agli azeri. Forse non si mettono d’accordo sulle modalità di fare la pace, e su questo si deve lavorare”. Aveva inoltre dichiarato: “Nei giorni scorsi il Signore mi ha concesso di visitare l’Armenia, la prima nazione ad avere abbracciato il cristianesimo, all’inizio del quarto secolo», ha detto oggi il Papa nella seconda parte dell’udienza giubilare in piazza San Pietro. «Un popolo che, nel corso della sua lunga storia, ha testimoniato la fede cristiana col martirio. Rendo grazie a Dio per questo viaggio, e sono vivamente grato al presidente della Repubblica armena, al Catholicos Karekin II, al patriarca e ai vescovi cattolici, e all’intero popolo armeno per avermi accolto come pellegrino di fraternità e di pace. Fra tre mesi – ha aggiunto – compirò, a Dio piacendo, un altro viaggio in Georgia e Azerbaigian, altri due Paesi della regione caucasica. Ho accolto l’invito a visitare questi Paesi per un duplice motivo: da una parte valorizzare le antiche radici cristiane presenti in quelle terre – sempre in spirito di dialogo e con le altre religioni e culture – e dall’altra incoraggiare speranze e sentieri di pace. La storia ci insegna che il cammino della pace richiede una grande tenacia e dei continui passi, cominciando da quelli piccoli e man mano facendoli crescere, andando l’uno incontro all’altro.
Raffaele Dicembrino




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