Papa – Il giorno tanto atteso è giunto in Vaticano. La Giornata di preghiera per la pace nel Paese dei cedri, indetta da Francesco, si è aperta in Vaticano, a Casa Santa Marta, con il saluto rivolto dal Papa ai responsabili delle Comunità cristiane libanesi e ai membri delle Delegazioni. A condividere i gesti e i silenzi di Francesco sono stati il cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca di Antiochia dei maroniti, Youhanna X, Patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente; Ignazio Aphrem II, Patriarca siro-ortodosso di Antiochia, Aram I, Catholicos di Cilicia degli Armeni; Ignazio Youssef III, Patriarca siro-cattolico di Antiochia; Youssef Absi, Patriarca di Antiochia dei greco-melkiti; il reverendo Joseph Kassab, presidente del Concilio supremo delle comunità evangeliche in Siria e Libanoc e il vescovo di Beirut dei Caldei, Michel Kassarji. Con loro anche il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, l’arcivescovo Joseph Spiteri, nunzio apostolico in Libano, e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.
Il Pontefice e i Patriarchi si sono poi recati a piedi da Casa Santa Marta nella Basilica vaticana entrando attraverso la Porta della preghiera. Pochi metri in cui si è condensato il lungo cammino di preghiera e riflessione sul Libano.
Quindi il trasfereimento all’interno della Basilica per un breve momento di preghiera. Davanti alla tomba dell’Apostolo, il Pontefice e i responsabili delle Comunità cristiane libanesi hanno elevato la loro supplica a Dio per invocare la pace in Libano. Scendendo le scale che portano alla Confessione di Pietro, Francesco e i Patriarchi hanno posto una candela accesa davanti al sepolcro dell’Apostolo, segno della speranza per il popolo libanese che da lungo tempo soffre l’instabilità a vari livelli. Il Papa e i responsabili delle Comunità cristiane libanesi hanno poi raggiunto il Palazzo apostolico per partecipare a tre sessioni di consultazioni a porte chiuse che scandiranno la giornata, moderate dal nunzio Spiteri.
Il programma della Giornata si è concluso in serata, nella Basilica Vaticana, con la preghiera ecumenica scandita dalla proclamazione di alcuni brani della Parola di Dio, alternati con preghiere di invocazione e canti delle diverse tradizioni rituali presenti in Libano, con testi in arabo, siriaco, armeno, caldeo. Verso la fine della celebrazione, il segno per eccellenza, quello della pace nel rispetto delle normative legate alla pandemia. Quindi alcuni giovani hanno consegnato ai leader cristiani una lampada accesa, collocata su un candelabro: è la speranza di pace per quella terra. Infine le parole di Francesco a suggellare questa giornata di invocazioni e auspici per il Libano.
Come espresso recentemente dai vescovi del Libano a conclusione del Sinodo dei vescovi della Chiesa maronita, la giornata di riflessione sulla preoccupante situazione del Libano può contribuire a riaffermare l’identità del Paese dei Cedri come “modello di libertà, democrazia e convivenza cristiano-islamica, nel rispetto del pluralismo”. Un auspicio, quello dei presuli libanesi, che si lega alle parole pronunciate da Papa Francesco il 4 aprile 2021 in occasione del messaggio Urbi et Orbi per la Pasqua.
Il popolo libanese, che sta attraversando un periodo di difficoltà e incertezze, sperimenti la consolazione del Signore risorto e sia sostenuto dalla Comunità internazionale nella propria vocazione ad essere una terra di incontro, convivenza e pluralismo.
Una giornata di speranza per il “Paese dei cedri” dilaniato da una guerra che non ha mai fine, è privo di un governo da quasi un anno, da quando il premier Hassan Diab si è dimesso in seguito alla devastante esplosione che ha scosso, lo scorso 4 agosto, la zona del porto di Beirut.
Più della metà della popolazione libanese vive al di sotto della soglia di povertà e la maggioranza dei libanesi ha visto ridursi il proprio potere d’acquisto. Secondo stime dell’Onu, il tasso di povertà, nel 2020, è salito al 55%. La percentuale di libanesi in condizioni di povertà estrema è passata dall’8% al 23%. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite World Food Program, il 41% della popolazione accede con difficoltà a risorse alimentari e di prima necessità. In base a dati forniti dalla Banca Mondiale, il prodotto interno lordo dovrebbe subire una contrazione del 9,5% entro la fine del 2021. Il tasso di disoccupazione ha fatto registrare un rilevante incremento e la povertà dilagante ha colpito anche la classe media.
Tra i più colpiti gli incolpevoli bambini. Infatti
Secondo un’indagine ’UNICEF, i bambini in Libano stanno sopportando il peso di uno dei peggiori collassi economici del mondo negli ultimi tempi. I dati che ne emergono son o terrificanti:
– Più del 30% dei bambini sono andati a letto affamati e hanno saltato i pasti nell’ultimo mese.
– Il 77% per cento delle famiglie non ha abbastanza cibo o abbastanza denaro per comprare il cibo. Nelle famiglie di rifugiati siriani, questa cifra raggiunge il 99%.
– Il 60% delle famiglie deve comprare cibo a credito o prendere in prestito denaro.
– Il 30% dei bambini non sta ricevendo l’assistenza sanitaria di base di cui ha bisogno, mentre il 76% delle famiglie ha dichiarato di essere stato colpito dal massiccio aumento dei prezzi dei farmaci.
– Un bambino su 10 è stato mandato a lavorare.
– Il 40% dei bambini proviene da famiglie in cui nessuno ha un lavoro e il 77% da famiglie che non ricevono alcuna assistenza sociale.
– Il 15% delle famiglie ha interrotto l’istruzione dei propri figli.
– L’80% delle persone che si occupano dei bambini ha dichiarato che questi hanno difficoltà a concentrarsi sugli studi a casa – il che potrebbe indicare fame o stress mentale.
“I bambini vanno a letto affamati”. Una serie di crisi che si alimentano a vicenda, compresa una devastante recessione, hanno lasciato le famiglie e i bambini in Libano in una situazione disastrosa, che colpisce praticamente ogni aspetto della loro vita, con poche risorse e praticamente nessun accesso al sostegno sociale. “Senza alcun miglioramento in vista – dice Yukie Mokuo, rappresentante dell’UNICEF in Libano – più bambini che mai vanno a letto affamati. La salute dei bambini, l’istruzione e il loro stesso futuro sono colpiti mentre i prezzi salgono alle stelle e la disoccupazione continua a crescere. Sempre più famiglie sono costrette a ricorrere a misure di adattamento negative, tra cui mandare i figli a lavorare, spesso in condizioni pericolose, far sposare le loro giovani figlie o vendere i propri averi”,
La persistente instabilità politica. La depressione economica prolungata è solo una delle crisi aggravate in Libano, che sta risentendo dell’impatto della pandemia da COVID-19 e delle conseguenze delle massicce esplosioni del porto di Beirut dell’agosto 2020, così come della persistente instabilità politica. Mentre 1,5 milioni di rifugiati siriani sono i più duramente colpiti, il numero di libanesi che hanno bisogno di sostegno sta crescendo rapidamente. “La Banca Mondiale – ha osservato Yukie Mokuo – ha descritto ciò che sta accadendo in Libano come forse uno dei tre principali crolli economici visti dalla metà del XIX secolo. Ciò che l’indagine dell’UNICEF mostra è che i bambini stanno sopportando il peso maggiore della catastrofe”.
A proposito della drammatica situazione che colpisce il Libano, nuove violenze in queste ore a 90 chilometri dalla capitale.
L’esercito libanese è infatti dovuto intervenire in forze a Tripoli, porto nel nord del Paese, dopo che non meglio identificati uomini armati hanno ripetutamente aperto il fuoco con fucili automatici in diversi punti della città.
Lo riferiscono i media locali secondo cui le raffiche di armi da fuoco sono state esplose “come segno di protesta per le penose condizioni di vita” in cui versa Tripoli e tutto il Libano.
Il sindaco di Tripoli, Riad Yamaq, ha affermato, citato dai media locali, che “la situazione a Tripoli sta sfuggendo di mano”. Poco dopo l’intervento dell’esercito, lo stesso sindaco ha gettato acqua sul fuoco affermando che “per il momento la situazione in città è tornata calma”.
Tripoli, 90 km a nord di Beirut, è l’epicentro delle proteste governative scoppiate nell’autunno del 2019, quando gli effetti della crisi economica si sono palesati in tutto il paese. A Tripoli si registrano i più alti tassi di disoccupazione.
La domanda sorge spontanea: l’Europa dove si trova? Quell’Europa “solidale” ( a parole) con i migranti che sbarcano in Italia e che poi nessuno accoglie dove si trova quando la necessità è quella di aiutare il Libano e la sua popolazione allo stremo delle forze? Arriverà il momento nel quale l’’Unione Europea aiuterà la gente effettivamente portando loro aiuti nei loro Paesi invece di ospitare chi non ha realmente bisogno di tutto questo? Famiglie e bambini soffrono nelle loro case e nelle loro case necessitano di aiuto.
Qualcuno se ne interesserà “oggi” e non in un lontanissimo domani?.