Papa – Dignità, discernimento e fede. Sono le parole che Papa Francesco ha proposto oggi come linee guida della sua riflessione offerta ai partecipanti della Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Per l’umanità – ha osservato il Papa – “la strada principale resta quella del riconoscimento della dignità di ogni persona umana. Nella nostra epoca cresce la tentazione di considerare l’altro come estraneo o nemico, negandogli una reale dignità. Perciò, specialmente in questo tempo, siamo chiamati a richiamare che la dignità di ogni essere umano ha un carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale. Proprio l’affermazione di una tale dignità è il presupposto irrinunciabile per la tutela di un’esistenza personale e sociale, e anche la condizione necessaria perché la fraternità e l’amicizia sociale possano realizzarsi tra tutti i popoli della terra. La Chiesa ha sempre proclamato e promosso il valore intangibile della dignità umana. L’uomo è infatti il capolavoro della creazione: è voluto e amato da Dio come partner dei suoi disegni eterni, e per la sua salvezza Gesù ha dato la vita fino a morire sulla croce”.
Oggi – ha proseguito il Pontefice – “ai credenti è chiesta l’arte del discernimento. L’esercizio del discernimento trova un ambito di necessaria applicazione nella lotta contro gli abusi di ogni tipo. La Chiesa, con l’aiuto di Dio, sta portando avanti con ferma decisione l’impegno di rendere giustizia alle vittime degli abusi operati dai suoi membri, applicando con particolare attenzione e rigore la legislazione canonica prevista. In questa luce ho recentemente proceduto all’aggiornamento delle Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, con il desiderio di rendere più incisiva l’azione giudiziaria. Questa, da sola, non può bastare per arginare il fenomeno, ma costituisce un passo necessario per ristabilire la giustizia, riparare lo scandalo, emendare il reo”.
Il tema del discernimento è stato anche affrontato in chiave sinodale. “Un percorso sinodale senza discernimento – ha ribadito Francesco parlando a braccio – non è un percorso sinodale. Ci vuole nel percorso sinodale discernere continuamente le opinioni, i punti di vista, le riflessioni, ma non si può andare nel percorso sinodale senza discernere. Questo discernimento è quello che farà dal sinodo un vero sinodo per quale il personaggio il più importante è lo Spirito Santo e non un parlamento con scambio di opinioni che può fare nei media. Per questo sottolineo: è importante il discernimento sul percorso sinodale”.
“Senza la fede – che è l’ultima parola proposta dal Papa – la presenza dei credenti nel mondo si ridurrebbe a quella di un’agenzia umanitaria. La fede dev’essere il cuore della vita e dell’azione di ogni battezzato. E non una fede generica o vaga ma genuina, schietta. Non accontentiamoci di una fede tiepida e abitudinaria. Collaboriamo con lo Spirito Santo e tra di noi perché il fuoco che Gesù è venuto a portare nel mondo possa continuare ad ardere e a infiammare il cuore di tutti”.
Ecco il suo discorso integrale…..
Signori Cardinali,
cari fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!
Sono lieto di accogliervi al termine dei lavori della vostra Assemblea Plenaria. Ringrazio il Prefetto per la sua introduzione e saluto tutti voi, Superiori, Officiali e Membri della Congregazione per la Dottrina della Fede. Rinnovo la mia gratitudine per il vostro prezioso servizio alla Chiesa universale, nel promuovere e tutelare l’integrità della dottrina cattolica sulla fede e sulla morale. Integrità feconda.
In questa occasione, vorrei condividere con voi alcune riflessioni raccogliendole intorno a tre parole: dignità, discernimento e fede.
La prima parola: dignità. Come ho scritto all’inizio dell’Enciclica Fratelli tutti, è mio grande desiderio «che, in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità» (n. 8). Se la fraternità è la destinazione che il Creatore ha disegnato per il cammino dell’umanità, la strada principale resta quella del riconoscimento della dignità di ogni persona umana.
Nella nostra epoca, tuttavia, segnata da tante tensioni sociali, politiche e persino sanitarie, cresce la tentazione di considerare l’altro come estraneo o nemico, negandogli una reale dignità. Perciò, specialmente in questo tempo, siamo chiamati a richiamare, «in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2 Tm 4,2), e seguendo fedelmente un bimillenario insegnamento ecclesiale, che la dignità di ogni essere umano ha un carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale. Proprio l’affermazione di una tale dignità è il presupposto irrinunciabile per la tutela di un’esistenza personale e sociale, e anche la condizione necessaria perché la fraternità e l’amicizia sociale possano realizzarsi tra tutti i popoli della terra.
La Chiesa, fin dall’inizio della sua missione, ha sempre proclamato e promosso il valore intangibile della dignità umana. L’uomo è infatti il capolavoro della creazione: è voluto e amato da Dio come partner dei suoi disegni eterni, e per la sua salvezza Gesù ha dato la vita fino a morire sulla croce per ogni uomo, per ciascuno di noi.
Vi ringrazio dunque per la riflessione che avete avviato sul valore della dignità umana, tenendo conto delle sfide che la realtà attuale pone a tale proposito.
La seconda parola è discernimento. Sempre di più oggi ai credenti è chiesta l’arte del discernimento. Nel cambiamento d’epoca che stiamo attraversando, mentre da una parte i credenti si trovano davanti a questioni inedite e complesse, dall’altra aumenta un bisogno di spiritualità che non sempre trova nel Vangelo il suo punto di riferimento. Accade così che non di rado si abbia a che fare con presunti fenomeni soprannaturali, per i quali il popolo di Dio deve ricevere indicazioni sicure e solide.
L’esercizio del discernimento trova poi un ambito di necessaria applicazione nella lotta contro gli abusi di ogni tipo. La Chiesa, con l’aiuto di Dio, sta portando avanti con ferma decisione l’impegno di rendere giustizia alle vittime degli abusi operati dai suoi membri, applicando con particolare attenzione e rigore la legislazione canonica prevista. In questa luce ho recentemente proceduto all’aggiornamento delle Norme sui delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, con il desiderio di rendere più incisiva l’azione giudiziaria. Questa, da sola, non può bastare per arginare il fenomeno, ma costituisce un passo necessario per ristabilire la giustizia, riparare lo scandalo ed emendare il reo.
Un simile impegno di discernimento si esprime anche in un altro campo di cui vi occupate quotidianamente: lo scioglimento del vincolo matrimoniale in favorem fidei. Quando, in virtù della potestà petrina, la Chiesa concede lo scioglimento di un vincolo matrimoniale non-sacramentale, non si tratta solo di porre fine canonica ad un matrimonio, comunque già fallito di fatto, ma, in realtà, tramite questo atto eminentemente pastorale intendo sempre favorire la fede cattolica – in favorem fidei! – nella nuova unione e nella famiglia, di cui tale nuovo matrimonio sarà il nucleo.
E qui vorrei soffermarmi anche sulla necessità del discernimento nel percorso sinodale. Qualcuno può pensare che il percorso sinodale è ascoltare tutti, fare un’inchiesta e dare dei risultati. Tanti voti, tanti voti, tanti voti… No. Un percorso sinodale senza discernimento non è un percorso sinodale. Occorre – nel percorso sinodale – discernere continuamente le opinioni, i punti di vista, le riflessioni. Non si può andare nel percorso sinodale senza discernere. Questo discernimento è quello che farà del Sinodo un vero Sinodo, di cui il personaggio – diciamo così – più importante è lo Spirito Santo, e non un parlamento o un’inchiesta di opinioni che possono fare i media. Per questo sottolineo: è importante il discernimento nel percorso sinodale.
L’ultima parola è fede. La vostra Congregazione è chiamata non solo a difendere ma anche a promuovere la fede. Senza la fede, la presenza dei credenti nel mondo si ridurrebbe a quella di un’agenzia umanitaria. La fede dev’essere il cuore della vita e dell’azione di ogni battezzato. E non una fede generica o vaga, come se fosse vino annacquato che perde valore; ma una fede genuina, schietta, come la vuole il Signore quando dice ai discepoli: «Se aveste fede quanto un granello di senape…» (Lc 17,6). Per questo, mai dobbiamo dimenticare che «una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta» (Discorso alla Curia Romana, 21 dicembre 2017).
Non accontentiamoci di una fede tiepida, abitudinaria, da manuale. Collaboriamo con lo Spirito Santo e collaboriamo tra di noi perché il fuoco che Gesù è venuto a portare nel mondo possa continuare ad ardere e a infiammare il cuore di tutti.
Carissimi, vi ringrazio tanto per il vostro lavoro e vi incoraggio ad andare avanti con l’aiuto del Signore. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.