Papa – All’Angelus, Papa Francesco rilegge la parabola “dei due fratelli”, nel Vangelo di questa domenica, e ricorda che la vita cristiana “non è fatta di sogni e belle aspirazioni, ma di impegni concreti” per seguire la volontà di Dio e amare davvero chi ci sta accanto, non solo a parole ma con i fatti.
Papa Francesco, davanti ad una piazza San Pietro bagnata dalla pioggia, rilegge il Vangelo di questa domenica, prima della preghiera dell’Angelus, e la parabola dei due figli riportata da Matteo, per sottolineare qual è la religiosità che Gesù vuole dai suoi discepoli.
Nel suo saluto ai fedeli, Francesco ricorda un detto della sua Argentina: “A tempo brutto, buona faccia. Con questa buona faccia vi dico: buongiorno!” Gesù, spiega subito il Papa “si oppone a una religiosità che non coinvolge la vita umana, che non interpella la coscienza e la sua responsabilità di fronte al bene e al male”. Così, se all’invito del padre ad andare a lavorare nella vigna, il primo figlio risponde impulsivamente “no”, ma poi si pente e ci va, mentre il secondo figlio, che subito risponde “sì”, in realtà non lo fa: chi fa la figura migliore, ricorda Francesco, è il primo. Perché “l’obbedienza non consiste nel dire ‘sì’ o ‘no’, ma nell’agire, nel coltivare la vigna, nel realizzare il Regno di Dio, nel fare il bene”.
I peccatori che si convertono sono i “privilegiati della Grazia”
Gesù, spiega il Pontefice, disapprova “la religiosità ‘di facciata’, dei ‘capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo’” che, ammonisce il Signore “nel Regno di Dio saranno sorpassati dai pubblicani e dalle prostitute”. Un’affermazione, chiarisce che non deve far pensare “che fanno bene quanti non seguono i comandamenti di Dio, quelli che non seguono la morale”...
e dicono: «Tanto, quelli che vanno in Chiesa sono peggio di noi!». No, non è questo l’insegnamento di Gesù. Gesù non addita i pubblicani e le prostitute come modelli di vita, ma come “privilegiati della Grazia”.
Infatti queste persone, commenta ancora Papa Francesco, ascoltando la predicazione di Gesù, “si sono pentite e hanno cambiato vita”. Come san Matteo, “che era un pubblicano, un traditore della sua patria”. Chi esce meglio tra i due fratelli, prosegue, è il primo, che “dopo il ‘no’ si è convertito al ‘sì’. Si è pentito.
Fede in Dio è scegliere l’amore del prossimo e non l’egoismo
Dio è paziente con noi: non si stanca, non desiste dopo il nostro ‘no’; ci lascia liberi anche di allontanarci da Lui e di sbagliare”. La pazienza di Dio è meravigliosa, esclama il Papa, ed è meraviglioso “come il Signore ci aspetta sempre”, è “sempre accanto a noi per aiutarci, ma rispetta la nostra libertà”. E “attende trepidante il nostro ‘sì’, per accoglierci nuovamente tra le sue braccia paterne e colmarci della sua misericordia senza limiti”.
La fede in Dio chiede di rinnovare ogni giorno la scelta del bene rispetto al male, la scelta della verità rispetto alla menzogna, la scelta dell’amore del prossimo rispetto all’egoismo.
Combattere per il bene, combattere per non cadere nella tentazione, fare da parte nostra quello che possiamo e arrivare a vivere nella pace e nella gioia delle Beatitudini. Il Vangelo di oggi chiama in causa il modo di vivere la vita cristiana, che non è fatta di sogni o di belle aspirazioni, ma di impegni concreti, per aprirci sempre più alla volontà di Dio e all’amore verso i fratelli.
Ma, conclude il Papa, “anche il più piccolo impegno concreto, non si può fare senza la grazia. La conversione è una grazia che dobbiamo chiedere sempre: ‘Signore dammi la grazia di migliorare, di essere un buon cristiano’”. La preghiera finale è a Maria Santissima, perché “ci aiuti ad essere docili all’azione dello Spirito Santo”, che “scioglie la durezza dei cuori e li dispone al pentimento, per ottenere la vita e la salvezza promesse da Gesù”.
Prego per la pace nel Caucaso e chiedo alle parti in conflitto di compiere gesti concreti di buona volontà e di fratellanza che possano portare a risolvere i problemi non con l’uso della forza e delle armi, ma per mezzo del dialogo e del negoziato. Preghiamo insieme, in silenzio, per la pace nel Caucaso.
Le tensioni tra Armenia e Azerbaijan
Nell’area è alta la tensione tra Armenia e Azerbaijan, con scontri tra esercito azero e armeni del Nagorno-Karabakh. I combattimenti, riportano i media, sono iniziati all’alba, provocando un imprecisato numero di vittime. Le due ex repubbliche sovietiche hanno combattuto una sanguinosa guerra negli anni Novanta, costata la vita a 30 mila persone. Dal 1994 è in vigore un accordo di cessate il fuoco fra i due Paesi, che però non sono mai arrivati a una pace, malgrado la mediazione di Stati Uniti, Francia e Russia attraverso il cosiddetto Gruppo di Minsk.
In occasione dell’odierna Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato il Papa rivolge poi il suo saluto ai migranti e rifugiati presenti in Piazza San Pietro, ricordando come il suo Messaggio per questa Giornata sia stato dedicato agli sfollati interni, i quali, aggiunge…
sono costretti a fuggire come capitò anche a Gesù e alla sua famiglia: “Come Gesù, costretti a fuggire”, così gli sfollati, i migranti. A loro, in modo particolare, e a chi li assiste va il nostro ricordo e la nostra preghiera.
Rivolgo il mio incoraggiamento a quanti operano nel turismo, in particolare alle piccole imprese famigliari e ai giovani. Auspico che tutti possano presto risolversi nell’attuale difficoltà.
La Beata Maria Luigia, esempio di contemplazione e carità
Il Pontefice fa anche riferimento alla beatificazione, celebrata ieri a Napoli, di Maria Luigia del Santissimo Sacramento, al secolo Maria Velotti, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Adoratrici della Santa Croce.
Rendiamo grazie a Dio per questa nuova beata, esempio di contemplazione del mistero del calvario e instancabile nell’esercizio della carità
Nel saluto finale ai fedeli e ai pellegrini accorsi in Piazza San Pietro, un pensiero speciale Francesco lo rivolge alle donne e a tutte le persone impegnate nella lotta ai tumori del seno. Il Signore, è la sua preghiera, sostenga il vostro impegno.