Papa Francesco, nella prima domenica di luglio torna a parlare di pace ma anche di Verità.
“È lodevole la richiesta di un cessate-il-fuoco globale e immediato, che permetterebbe la pace e la sicurezza indispensabili per fornire l’assistenza umanitaria così urgentemente necessaria. Auspico che tale decisione venga attuata effettivamente e tempestivamente per il bene di tante persone che stanno soffrendo. Possa questa Risoluzione del Consiglio di Sicurezza diventare un primo passo coraggioso per un futuro di pace”.
Le parole di Papa Francesco, al termine della recita dell’Angelus, auspicano che il cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite possa permettere di portare l’assistenza necessaria in quei Paesi, già molto sofferenti a causa delle guerre e della povertà, in cui la situazione, sia umanitaria, che sanitaria, è notevolmente peggiorata a causa della pandemia.
Questa importante decisione è stata approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite lo scorso 1° luglio a favore di una cessazione immediata delle ostilità in tutte le situazioni di conflitto per almeno 90 giorni consecutivi, con lo scopo di contrastare la diffusione del Covid-19 e garantire così l’assistenza umanitaria ai rifugiati e alle popolazioni colpite dai conflitti. Una risposta all’appello lanciato attraverso un video lo scorso 24 marzo dal segretario generale, Antonio Guterres, per un immediata tregua in tutte le zone del mondo che soffrono il dramma della guerra, per fare fronte alla pandemia in corso.
Papa Francesco all’Angelus, commentando il brano dell’evangelista Matteo nella liturgia domenicale, ricorda che anche oggi Gesù chiede a tutti gli uomini di buona volontà di farsi “miti e umili” come Lui e di assistere e sfamare i poveri, che la Chiesa è chiamata ad evangelizzare.
In un mondo “che esalta chi si fa ricco e potente” con qualsiasi mezzo, anche calpestando “la persona umana e la sua dignità”, Gesù chiede anche oggi a tutti gli uomini di buona volontà di farsi piccoli, “miti e umili” come Lui, e di guardare agli affaticati e oppressi, da abbracciare e sfamare, come ai “costruttori della nuova umanità”. E chiede alla Chiesa di “vivere le opere di misericordia ed evangelizzare i poveri”
Il Papa divide in tre parti il brano dell’evangelista Matteo proposto dalla liturgia. Prima Gesù loda il Padre, perché ha rivelato ai poveri e ai semplici “i misteri del Regno dei cieli”, della sua Verità, nascondendoli “ai sapienti e ai dotti”.
Li chiama così con un velo di ironia, perché presumono di essere saggi, sapienti e dunque hanno il cuore chiuso, tante volte. La vera saggezza viene anche dal cuore, non è soltanto capire idee: la vera saggezza anche entra nel cuore. E se tu sai tante cose e hai il cuore chiuso, tu non sei saggio. I misteri di suo Padre, Gesù li dice rivelati ai «piccoli», a quanti cioè si aprono con fiducia alla sua Parola di salvezza, sentono il bisogno di Lui e attendono tutto da Lui.
Quindi nella seconda parte, Gesù “svela il rapporto intimo e singolare che c’è tra Lui e il Padre”, spiega “che ha ricevuto tutto dal Padre”. Lo chiama “Padre mio”, ricorda Francesco, “per affermare l’unicità del suo rapporto con Lui”. Che è di “totale reciprocità: l’uno conosce l’altro, l’uno vive nell’altro”. Ma questa comunione unica, chiarisce il Pontefice, “è come un fiore che sboccia, per rivelare gratuitamente la sua bellezza e la sua bontà”.
Infatti, e questa è la terza parte, Cristo “vuole donare quanto attinge dal Padre”, vuole donarci la sua Verità, che è “sempre è gratuita: è un dono, è lo Spirito Santo”. E quindi “invita ad andare a Lui e a seguirlo per trovare sollievo”. Come il Padre ha una preferenza per i “piccoli”, sottolinea Papa Francesco, così anche Gesù si rivolge agli “affaticati e oppressi”. Anzi, mette sé stesso tra loro, perché Egli è il “mite e umile di cuore”.
Così Gesù, «mite e umile», non è un modello per i rassegnati né semplicemente una vittima, ma è l’Uomo che vive «di cuore» questa condizione in piena trasparenza all’amore del Padre, cioè allo Spirito Santo.
Cristo, ribadisce il Pontefice, è il modello dei “poveri in spirito” e di tutti gli altri “beati” del Vangelo, che compiono la volontà di Dio e testimoniano il suo Regno. Il “ristoro” che Gesù offre agli affaticati e oppressi, chiarisce Papa Francesco, “non è un sollievo soltanto psicologico o un’elemosina elargita, ma la gioia dei poveri di essere evangelizzati e costruttori della nuova umanità”.
La gioia che ci dà Gesù. E’ unica. E’ la gioia che ha lui stesso. È un messaggio per tutti noi, per tutti gli uomini di buona volontà, che Gesù rivolge ancora oggi in un nel mondo che esalta chi si fa ricco e potente … Ma quante volte noi diciamo: “Ah, io vorrei essere come quello, come quella, che è ricco, ha tanto potere, non gli manca nulla …”. Il mondo esalta il ricco e potente, non importa con quali mezzi, e a volte calpesta la persona umana e la sua dignità. E questo noi lo vediamo tutti i giorni, i poveri calpestati … Ed è un messaggio per la Chiesa, chiamata a vivere le opere di misericordia e a evangelizzare i poveri, a essere mite, umile. Così il Signore vuole che sia la sua Chiesa, cioè noi.
Il Papa si rivolge infine a Maria, perché “implori da Dio per noi la sapienza del cuore, affinché sappiamo discernere i suoi segni nella nostra vita ed essere partecipi di quei misteri che, nascosti ai superbi, vengono rivelati agli umili”. E dopo la preghiera mariana, Francesco, nel salutare i pellegrini polacchi, benedice “il grande pellegrinaggio della famiglia di Radio Maria al Santuario di Częstochowa”, che avrà luogo sabato prossimo, nel centenario della nascita di san Giovanni Paolo II, con il motto “Totus tuus”.