PAPA – Nella riflessione che precede la preghiera mariana dell’Angelus, Francesco parla ai 25mila fedeli presenti in piazza San Pietro dell’episodio evangelico che vede protagonista un uomo nato cieco al quale Gesù ridona la vista.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Oggi il Vangelo ci mostra Gesù che ridona la vista a un uomo cieco dalla nascita (cfr Gv 9,1-41). Ma questo prodigio è accolto in malo modo da varie persone e gruppi. Vediamo nei particolari.
Ma prima vorrei dirvi: oggi, prendete il Vangelo di Giovanni e leggete voi questo miracolo di Gesù, è bellissimo il modo in cui Giovanni lo racconta. Capitolo 9, in due minuti si legge. Fa vedere come procede Gesù e come procede il cuore umano: il cuore umano buono, il cuore umano tiepido, il cuore umano timoroso, il cuore umano coraggioso. Capitolo 9 del Vangelo di Giovanni. Fatelo oggi, vi aiuterà tanto. E in che modo le persone accolgono questo segno?
Anzitutto ci sono i discepoli di Gesù, che di fronte al cieco nato finiscono nel chiacchiericcio: si chiedono se la colpa sia dei genitori o sua (cfr v. 2). Cercano un colpevole; e noi tante volte cadiamo in questo che è tanto comodo: cercare un colpevole, anziché porsi domande impegnative nella vita. E oggi possiamo dire: cosa significa per noi la presenza di questa persona, cosa chiede a noi? Poi, avvenuta la guarigione, le reazioni aumentano. La prima è quella dei vicini, che sono scettici: “Quest’uomo è stato sempre cieco: non è possibile che ora veda, non può essere lui!, è un altro”: scetticismo (cfr vv. 8-9). Per loro è inaccettabile, meglio lasciare tutto come era prima (cfr v. 16) e non mettersi in questo problema. Hanno paura, temono le autorità religiose e non si pronunciano (cfr vv. 18-21). In tutte queste reazioni, emergono cuori chiusi di fronte al segno di Gesù, per motivi diversi: perché cercano un colpevole, perché non sanno stupirsi, perché non vogliono cambiare, perché sono bloccati dalla paura. E tante situazioni assomigliano oggi a questa. Davanti a una cosa che è proprio un messaggio di testimonianza di una persona, è un messaggio di Gesù, noi cadiamo in questo: cerchiamo un’altra spiegazione, non vogliamo cambiare, cerchiamo una via di uscita più elegante che accettare la verità.
L’unico che reagisce bene è il cieco: lui, felice di vedere, testimonia quanto gli è accaduto nel modo più semplice: «Ero cieco e ora ci vedo» (v. 25). Dice la verità. Prima era costretto a chiedere l’elemosina per vivere e subiva i pregiudizi della gente: “è povero e cieco dalla nascita, deve soffrire, deve pagare per i suoi peccati o per quelli dei suoi antenati”. Adesso, libero nel corpo e nello spirito, rende testimonianza a Gesù: non inventa nulla e non nasconde nulla. “Ero cieco e adesso ci vedo”. Non ha paura di quello che diranno gli altri: il sapore amaro dell’emarginazione lo ha già conosciuto, per tutta la vita, ha già sentito su di sé l’indifferenza il disprezzo dei passanti, di chi lo considerava come uno scarto della società, utile al massimo per il pietismo di qualche elemosina. Ora, guarito, quegli atteggiamenti sprezzanti non li teme più, perché Gesù gli ha dato piena dignità. E questo è chiaro, succede sempre: quando Gesù ci guarisce, ci ridona dignità, la dignità della guarigione di Gesù, piena, una dignità che esce dal fondo del cuore, che prende tutta la vita; e Lui di sabato, davanti a tutti, lo ha liberato e gli ha donato la vista senza chiedergli nulla, nemmeno un grazie, e lui ne rende testimonianza. Questa è la dignità di una persona nobile, di una persona che si sa guarita e riprende, rinasce; quel rinascere nella vita, di cui si parlava oggi in “A Sua Immagine”: rinascere.
Fratelli, sorelle, con tutti questi personaggi il Vangelo odierno mette anche noi nel mezzo della scena, così che ci chiediamo: che posizione prendiamo, che cosa avremmo detto allora? E soprattutto, che cosa facciamo oggi? Come il cieco, sappiamo vedere il bene ed esser grati per i doni che riceviamo? Mi domando: com’è la mia dignità? Com’è la tua dignità? Testimoniamo Gesù oppure spargiamo critiche e sospetti? Siamo liberi di fronte ai pregiudizi o ci associamo a quelli che diffondono negatività e pettegolezzi? Siamo felici di dire che Gesù ci ama, che ci salva oppure, come i genitori del cieco nato, ci lasciamo ingabbiare dal timore di quello che penserà la gente? I tiepidi di cuore che non accettano la verità e non hanno il coraggio di dire: “No, questo è così”. E ancora, come accogliamo le difficoltà e l’indifferenza degli altri? Come accogliamo le persone che hanno tante limitazioni nella vita? Siano fisiche, come questo cieco; siano sociali, come i mendicanti che troviamo per la strada? E questo lo accogliamo come una maledizione o come occasione per farci vicini a loro con amore?
Fratelli e sorelle, chiediamo oggi la grazia di stupirci ogni giorno dei doni di Dio e di vedere le varie circostanze della vita, anche le più difficili da accettare, come occasioni per operare il bene, come ha fatto Gesù col cieco. La Madonna ci aiuti in questo, insieme a San Giuseppe, uomo giusto e fedele.