Papa Francesco e la vera libertà dell’uomo

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Durante la meditazione nella Cappella di Santa Marta, Papa Francesco ha voluto metterci in guardia su quale sia la vera libertà dell’uomo.

In un mondo «schizofrenico», sempre «più schiavo» di mode, ambizioni e denaro, ecco la vera libertà proposta da Gesù stesso e realizzata, anche nelle prove, dagli apostoli e dai tanti cristiani che oggi sono vittime delle persecuzioni, restando comunque sempre liberi.
«Una delle parole che si ripete tanto in questo tempo pasquale è “libertà”, essere liberi» ha subito fatto notare il Papa all’inizio dell’omelia. E «Gesù, con la sua opera redentrice, ci ha ridonato la libertà, la libertà dei figli».
«Nel parlato quotidiano tante volte pensiamo che essere libero significa fare quello che io voglio e tante volte»; ma significa anche «diventare schiavo, perché se quello che io voglio è una cosa che mi tiene oppresso dal cuore, io sono schiavo di quello, non libero».
«La liturgia di oggi ci fa riflettere su tre persone, libere tutte e tre» ha spiegato il Pontefice riferendosi ai brani degli Atti degli apostoli (5, 34-42) e del Vangelo di Giovanni (6, 1-15) proclamati durante le letture. E «ci farà bene riflettere su ognuno di loro». A cominciare da Gamaliele che viene presentato «in questo passo, che è la fine di quella lunga storia della guarigione del paralitico, che abbiamo letto in questi giorni, dove i dottori della legge, i sacerdoti, avevano la “patata bollente” in mano e non sapevano come risolvere questo problema». Ma già «ne avevano risolto bene, secondo loro, un altro»: quello «dei soldati davanti al sepolcro: avevano pagato con i soldi». Però, ha affermato il Papa, «in questo caso non si poteva usare lo stesso sistema» e «neppure risolvere mettendo» gli apostoli «in carcere, perché hanno visto che l’angelo di Dio li ha liberati». Il loro problema era dunque cosa fare con i discepoli.
«Gamaliele, uomo libero, pensa a mente fredda, li fa ragionare e» guardando anche alla «storia recente», suggerisce: «Abbiate pazienza, non affrettatevi, date un po’ di tempo alla situazione, pensate a cosa è accaduto con Tèuda, con Giuda il Galileo, che sembravano essere proprio i salvatori e sono finiti male tutti». Insomma, il consiglio di Gamaliele è che «il tempo» faccia «il suo lavoro: prendete il tempo».
«L’uomo libero non ha paura del tempo: lascia fare a Dio» ha spiegato Francesco. E, appunto, «dà spazio perché Dio agisca nel tempo: l’uomo libero è paziente». Gamaliele «era un ebreo — non era un cristiano, non aveva riconosciuto Gesù salvatore — ma era un uomo libero: fa il suo pensiero, lo offre agli altri ed è accettato». Del resto «la libertà non è impaziente» ha riconosciuto il Papa. Anzi, «la vera libertà ha la pazienza di saper aspettare, di lasciar fare a Dio».
È vero, ha proseguito il Pontefice, «anche Pilato pensa a mente fredda», tanto che si «accorse che Gesù era innocente», Oltretutto «anche la moglie» si era aggiunta «con quella storia dell’incubo a dargli un po’ di paura». Però Pilato «non è riuscito a risolvere il problema perché non era libero, era attaccato alla promozione». Il suo pensiero fisso era più o meno questo: «Se a me va bene qui in Giudea, poi verrà una promozione verso un altro posto più grande». Insomma, Pilato non era un uomo «libero: pensava bene, ma gli mancava il coraggio della libertà perché era schiavo del carrierismo, dell’ambizione, del suo successo».
Invece «Gamaliele è un esempio di uomo libero, che oggi la Chiesa ci offre» ha osservato il Pontefice. Indicando poi come un «altro esempio Pietro e Giovanni che avevano guarito il paralitico e adesso erano davanti al sinedrio». Alla fine «il sinedrio li rimise in libertà ma “li fecero flagellare” — erano innocenti — “e ordinarono loro di non parlare in nome di Gesù”». Dunque Pietro e Giovanni, se anche «sono stati flagellati ingiustamente, dopo “se ne andarono via dal sinedrio lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù”».
Ecco «la gioia di imitare Gesù: è un’altra libertà, più grande, più ampia, più cristiana». E Pietro sarebbe potuto anche andare «dal giudice e fare causa contro il sinedrio — dicendo “sono stato flagellato ingiustamente” — e chiedere un risarcimento». Invece «Pietro era gioioso, Giovanni era gioioso, perché avevano sofferto in nome di Gesù». E «forse nella mente loro, venivano quelle parole di Gesù: “Beati voi, quando sarete insultati, perseguitati, a causa mia. Beati voi”». Proprio «questa è la gioia che loro sentivano: erano liberi — diciamolo così — nella sofferenza per seguire Gesù». È «quell’atteggiamento cristiano» che ci porta a riconoscere: «Signore, tu mi hai dato tanto, hai sofferto tanto per me. Cosa posso fare per te? Prendi, Signore, la mia vita, la mia mente, il mio cuore, tutto è tuo».
«Essi allora se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù». Un atteggiamento che rivela, ha spiegato, «un’altra libertà». Se infatti «la prima era la libertà di un uomo giusto», che «ragionava bene e cercava il bene, questa è la libertà di un innamorato di Gesù Cristo, sigillato dallo Spirito Santo, con la fede in Gesù Cristo: tu hai fatto questo per me, io faccio questo per te». E non bisogna dimenticare, ha ricordato Francesco, che «anche oggi ci sono tanti cristiani in carcere, torturati, che portano avanti questa libertà di confessare Gesù Cristo». Dunque, ha insistito, «ecco il secondo esempio di uomini liberi: il primo è Gamaliele, il secondo gli apostoli, ma con motivi differenti».
«Il terzo esempio è Gesù stesso che fa questo miracolo della moltiplicazione dei pani, che non è stato fatto con la bacchetta magica: è stato proprio fatto dal potere di Dio che Gesù aveva in lui, perché lui era Dio». E «la gente se ne accorse» ha affermato il Papa, ripetendo le parole del Vangelo: «La gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: “Questi è davvero il profeta — è questo, alla fine è tornato, è venuto — colui che viene nel mondo!”».
Davanti alla gente «entusiasta», Gesù, «sapendo che venivano a prenderlo per farlo re — perché, quando il popolo si muove così, fa la rivoluzione, e lo fanno re — si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo». Insomma «si staccò dal trionfalismo, non si lasciò ingannare da questo trionfalismo: era libero».
Francesco ha suggerito di pensare alla «prima volta che Gesù sentì questa libertà, e ce l’ha insegnata, nel deserto quando è stato tentato da Satana» che gli offrì ricchezze» dicendogli «tu puoi convertire le pietre in pane, e anche le pietre in oro, in argento». E la riposta di Gesù è «no». Ma ecco che subito Satana rilancia, dicendo ancora «tu puoi fare un miracolo tale, buttarti dal tempio, e la gente crederà». Ma la risposta di Gesù è sempre «no, perché era libero». E «la libertà che aveva era seguire la volontà del Padre». Così quando, di nuovo, Satana propone «uno scambio: fa a me un atto di adorazione, e io ti darò tutto», Gesù dice ancora «no: il Padre vuole un’altra via di salvezza». E «finirà nella croce: Gesù è l’esempio di libertà più grande».
«Pensiamo in questo giorno alla mia libertà, la nostra libertà» ha invitato il Pontefice, riproponendo i tre esempi: «Gamaliele, Pietro e Giovanni e Gesù stesso». E suggerendo alcune domande dirette: «La mia libertà è cristiana? Sono libero o sono schiavo delle mie passioni, delle mie ambizioni, di tante cose, delle ricchezze, della moda?». È vero, ha fatto presente il Papa, «sembra uno scherzo, ma quanta gente è schiava della moda!».
Dunque, ha proseguito Francesco nella proposta delle domande per un esame di coscienza, «sono libero e so pensare a mente fredda, come Gamaliele, e dare spazio a Dio, nella mia vita? Sono libero? E quando viene qualche sofferenza, parlo con Gesù, e ho detto “tu hai sofferto tanto per me, per ridarmi la dignità di figlio, io offro questo? Sono libero come Gesù, che seguì la volontà del Padre per risanare la nostra figliolanza?».
«Pensiamo alla nostra libertà in questo mondo che è un po’ “schizzoide”, “schizofrenico”», a tal punto che «grida “libertà, libertà, libertà!” ma è più schiavo, schiavo, schiavo: pensiamo a questa libertà che Dio, in Gesù, ci dona».
Come sintetizzare la libertà dell’uomo credente? Un aiuto ci viene anche dal catechismo della Chiesa cattolica.
Dio « lasciò» l’uomo «in balia del suo proprio volere» (Sir 15,14), perché potesse aderire al suo Creatore liberamente e così giungere alla beata perfezione.60
La libertà è il potere di agire o di non agire e di porre così da se stessi azioni libere. Essa raggiunge la perfezione del suo atto quando è ordinata a Dio, Bene supremo.
La libertà caratterizza gli atti propriamente umani. Rende l’essere umano responsabile delle azioni che volontariamente compie. Il suo agire libero gli appartiene in proprio.
L’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate dall’ignoranza, dalla violenza, dal timore e da altri fattori psichici o sociali.
Il diritto all’esercizio della libertà è un’esigenza inseparabile dalla dignità dell’uomo, particolarmente in campo religioso e morale. Ma l’esercizio della libertà non implica il supposto diritto di dire e di fare qualsiasi cosa.
« Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi » (Gal 5,1).




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