Papa – Papa Francesco presiede la Messa a Casa Santa Marta nel lunedì della Settimana Santa.
Il Pontefice torna a rivolgere il suo pensiero ai carcerati e al problema grave del sovraffollamento degli istituti di pena, pregando affinché i responsabili trovino delle soluzioni. Nell’omelia, parla dei poveri, vittime dell’ingiustizia delle politiche economiche mondiali, e ricorda: alla fine della vita saremo giudicati sul nostro rapporto coi poveri.
Penso ad un problema grave che c’è in parecchie parti del mondo. Io vorrei che oggi pregassimo per il problema del sovraffollamento nelle carceri. Dove c’è un sovraffollamento – tanta gente lì – c’è il pericolo, in questa pandemia, che finisca in una calamità grave. Preghiamo per i responsabili, per coloro che devono prendere le decisioni in questo, perché trovino una strada giusta e creativa per risolvere il problema.
Nell’omelia, Papa Francesco commenta il passo del Vangelo di Giovanni (Gv 12, 1-11) in cui Maria, sorella di Lazzaro, cosparge i piedi di Gesù di un profumo prezioso, provocando le critiche di Giuda: quel profumo – dice colui che si apprestava a tradire il Signore – poteva essere venduto e il ricavato dato ai poveri. L’evangelista nota che disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù gli risponde: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Il Papa parla dei poveri: ce ne sono tanti, in gran parte sono nascosti e non li vediamo perché siamo indifferenti. Tanti poveri sono vittime delle politiche finanziarie e dell’ingiustizia strutturale dell’economia mondiale. Tanti poveri si vergognano di non avere mezzi e vanno alla Caritas di nascosto. I poveri – ricorda il Papa – li incontreremo nel giudizio finale: Gesù si identifica in loro. Saremo giudicati sul nostro rapporto con i poveri.
Questo passo finisce con un’osservazione: “I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù” (Gv.12,10-11). L’altro giorno abbiamo visto i passi della tentazione: la seduzione iniziale, l’illusione, poi cresce – secondo passo – e terzo, cresce e si contagia e si giustifica. Ma c’è un altro passo: va avanti, non si ferma. Per questi non era sufficiente mettere a morte Gesù, ma adesso anche Lazzaro, perché era un testimone di vita.
Ma io vorrei oggi soffermarmi su una parola di Gesù. Sei giorni prima della Pasqua – siamo proprio alla porta della Passione -, Maria fa questo gesto di contemplazione: Marta serviva – come l’altro passo – e Maria apre la porta alla contemplazione. E Giuda pensa ai soldi e pensa ai poveri, ma “non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro” (Gv.12,6). Questa storia dell’amministratore non fedele è sempre attuale, sempre ce ne sono, anche a un alto livello: pensiamo ad alcune organizzazioni di beneficenza o umanitarie che hanno tanti impiegati, tanti, che hanno una struttura molto ricca di gente e alla fine arriva ai poveri il quaranta percento, perché il sessanta è per pagare lo stipendio a tanta gente. È un modo di prendere i soldi dei poveri. Ma la risposta è Gesù. E qui voglio fermarmi: “I poveri infatti li avete sempre con voi” (Gv.12,8). Questa è una verità: “I poveri infatti li avete sempre con voi”. I poveri ci sono. Ce ne sono tanti: c’è il povero che noi vediamo, ma questa è la minima parte; la grande quantità dei poveri sono coloro che noi non vediamo: i poveri nascosti. E noi non li vediamo perché entriamo in questa cultura dell’indifferenza che è negazionista e neghiamo: “No, no, non ce ne sono tanti, non si vedono; si, quel caso …”, diminuendo sempre la realtà dei poveri. Ma ce ne sono tanti, tanti.
O anche, se non entriamo in questa cultura dell’indifferenza, c’è un’abitudine di vedere i poveri come ornamenti di una città: sì, ci sono, come le statue; sì, ci sono, si vedono; sì, quella vecchietta che chiede l’elemosina, quell’altro … Ma come [se fosse] una cosa normale. È parte dell’ornamentazione della città avere dei poveri. Ma la grande maggioranza sono i poveri vittime delle politiche economiche, delle politiche finanziarie. Alcune recenti statistiche fanno il riassunto così: ci sono tanti soldi in mano a pochi e tanta povertà in tanti, in molti. E questa è la povertà di tanta gente vittima dell’ingiustizia strutturale dell’economia mondiale. E [ci sono] tanti poveri che provano vergogna di far vedere che non arrivano a fine mese; tanti poveri del ceto medio, che vanno di nascosto alla Caritas e di nascosto chiedono e provano vergogna. I poveri sono molto più dei ricchi; molto, molto … E quello che dice Gesù è vero: “I poveri infatti li avete sempre con voi”. Ma io li vedo? Io me ne accorgo di questa realtà? Soprattutto della realtà nascosta, coloro che provano vergogna di dire che non arrivano a fine mese.
Ricordo che a Buenos Aires mi avevano detto che l’edificio di una fabbrica abbandonata, vuota da anni, era abitata da una quindicina di famiglie che erano arrivate in quegli ultimi mesi. Io sono andato lì. Erano famiglie con bambini e avevano preso ognuno una parte della fabbrica abbandonata per vivere. E, guardando, ho visto che ogni famiglia aveva dei mobili buoni, mobili che ha un ceto medio, avevano la televisione, ma sono andati lì perché non potevano pagare l’affitto. I nuovi poveri che devono lasciare la casa perché non possono pagarla, vanno lì. È quell’ingiustizia dell’organizzazione economica o finanziaria che li porta così. E ce ne sono tanti, tanti, a tal punto che li incontreremo nel giudizio. La prima domanda che ci farà Gesù è: “Come vai con i poveri? Hai dato da mangiare? Quando era in carcere, lo hai visitato? In ospedale, lo hai visto? Hai assistito la vedova, l’orfano? Perché lì ero Io”. E su questo saremo giudicati. Non saremo giudicati per il lusso o i viaggi che facciamo o l ‘importanza sociale che avremo. Saremo giudicati per il nostro rapporto con i poveri. Ma se io, oggi, ignoro i poveri, li lascio da parte, credo che non ci siano, il Signore mi ignorerà nel giorno del giudizio. Quando Gesù dice: “I poveri li avete sempre con voi”, vuol dire: “Io, sarò sempre con voi nei poveri. Sarò presente lì”. E questo non è fare il comunista, questo è il centro del Vangelo: noi saremo giudicati su questo.
Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antica antifona mariana Ave Regina Caelorum (“Ave Regina dei Cieli”):
“Ave, Regina dei Cieli, ave, Signora degli angeli; porta e radice di salvezza, rechi nel mondo la luce. Godi, Vergine gloriosa, bella fra tutte le donne; salve, o tutta santa, prega per noi Cristo Signore”.
La povertà, come ci insegna la Scrittura, nasce da un disordine sociale, dall’ingiustizia e dal sopruso perpetrato da chi, disponendo di molti mezzi, tende a prevaricare sugli altri. Contro questo disordine si leva la parola profetica che fa memoria degli impegni dell’alleanza per orientare i cuori verso la via della vita e denuncia con forza tutto ciò che genera oppressione e sfruttamento e lede la dignità dell’essere umano. Nella vicenda storica di Israele ciò che ha provocato un’alterazione drastica del delle condizioni di vita delle persone è stato l’avvento della monarchia con i suoi effetti, quali il lusso della corte (cf. 1Re 5,2-8), le grandi opere pubbliche (cf. 1Re 5,27-32; 9,15), l’immissione nella rete del commercio internazionale (cf. 1Re 10,14-15), le spese per il mantenimento dell’esercito (cf. 1Sam 8,11-12). Da tutto questo parte un processo che porta al costituirsi della classe degli sfruttati, vittime del potere, cui i profeti danno voce, attraverso una parola di fuoco che punta a estirpare le radici del male.
È soprattutto il profeta Amos che denuncia le ingiustizie che innescano il processo di impoverimento del popolo che viene trascinato in una condizione simile alla servitù. Questo popolo oppresso è in balìa di uomini potenti che lo schiacciano, per cui il povero risulta essere un uomo diminuito nelle sue capacità e nel suo valore. L’assenza di difese umane pone il povero alla mercé di gente senza scrupoli, i ricchi, che «hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali, essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri» (Am 2,6-7). Accumulando ricchezze e costruendo residenze lussuose, i ricchi hanno superato ogni misura di sfruttamento e per questo su di loro si abbatte un giudizio impietoso.
In difesa dei poveri si erge Dio che offre indicazioni molto precise all’interno del Codice dell’alleanza:
«Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti: li lascerai per il povero (‘ănî, «colui che è dipendente e sottomesso») e per il forestiero. Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,9-10; cf. Lv 23,22).
Questa prassi si basa sul fatto che il povero ha necessariamente bisogno di essere tutelato nella difesa dei suoi diritti (cf. Es 23,6). Egli, ad esempio, ha diritto alla produzione del settimo anno (cf. Es 23,11). La legge relativa al condono dei debiti nell’anno sabbatico ha poi come fondamento il principio secondo cui sarà estirpata la povertà di mezzo ad Israele (cf. Dt 15,4.12). Dio dunque ha a cuore la cura del povero, come leggiamo nel Deuteronomio:
«Se vi sarà in mezzo a te qualche tuo fratello che sia bisognoso (‘ĕbīôn) in una delle tue città nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la mano davanti al tuo fratello bisognoso, ma gli aprirai la mano e gli presterai quanto occorre alla necessità in cui si trova. Bada bene che non ti entri in cuore questo pensiero iniquo: “È vicino il settimo anno, l’anno della remissione”; e il tuo occhio sia cattivo verso il tuo fratello bisognoso e tu non gli dia nulla: egli griderebbe al Signore contro di te e un peccato sarebbe su di te» (Dt 15,7-9).
È l’invito divino a intenerire il cuore e ad aprire la mano nei confronti di chi fa fatica a tirare avanti, vivendo pienamente le esigenze dell’alleanza.