Papa Francesco: chi fa la guerra non sa dominare le proprie passioni

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Papa – E’ un viaggio tra le cadute e le risalite dell’uomo quello che Francesco offre all’Angelus in Piazza San Pietro, commentando il passo del Vangelo tratto dal “Discorso della montagna”. E’ una riflessione sui Comandamenti dati a Mosè e un invito a vivere la Legge come “strumento di libertà”, a guidare i desideri perché “non è bene – afferma il Papa – cedere a sentimenti egoistici e possessivi”. La Legge però non esclude l’amore; Gesù sa che non è semplice vivere profondamente i Comandamenti “per questo ci offre il soccorso del suo amore”; “si tratta – continua il Pontefice – di affidarsi a Lui”. E’ quella la via per dirsi davvero cristiani.

 

“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Il Vangelo di oggi (cfr Mt 5,17-37) è tratto dal “discorso della montagna” e affronta l’argomento dell’adempimento della Legge: come io devo compiere la Legge, come fare. Gesù vuole aiutare i suoi ascoltatori ad avere un approccio giusto alle prescrizioni dei Comandamenti dati a Mosè, esortando ad essere disponibili a Dio che ci educa alla vera libertà e responsabilità mediante la Legge. Si tratta di viverla come uno strumento di libertà.

 

Non dimentichiamo questo: vivere la Legge come uno strumento di libertà, che mi aiuta ad essere più libero, che mi aiuta a non essere schiavo delle passioni e del peccato. Pensiamo alle guerre, pensiamo alle conseguenze delle guerre, pensiamo a quella bambina morta di freddo in Siria l’altro ieri. Tante calamità, tante. Questo è frutto delle passioni e la gente che fa la guerra non sa dominare le proprie passioni. Gli manca di adempiere la Legge. Quando si cede alle tentazioni e alle passioni, non si è signori e protagonisti della propria vita, ma si diventa incapaci di gestirla con volontà e responsabilità.

 

Il discorso di Gesù è strutturato in quattro antitesi, espresse con la formula «Avete inteso che fu detto … ma io vi dico».  Queste antitesi fanno riferimento ad altrettante situazioni della vita quotidiana: l’omicidio, l’adulterio, il divorzio e i giuramenti. Gesù non abolisce le prescrizioni che riguardano queste problematiche, ma ne spiega il significato pieno e indica lo spirito con cui occorre osservarle. Egli incoraggia a passare da un’osservanza formale della Legge a un’osservanza sostanziale, accogliendo la Legge nel cuore, che è il centro delle intenzioni, delle decisioni, delle parole e dei gesti di ciascuno di noi. Dal cuore partono le azioni buone e quelle cattive.

 

Accogliendo la Legge di Dio nel cuore si capisce che, quando non si ama il prossimo, si uccide in qualche misura sé stessi e gli altri, perché l’odio, la rivalità e la divisione uccidono la carità fraterna che è alla base dei rapporti interpersonali. E questo vale per quello che ho detto delle guerre e anche per le chiacchiere, perché la lingua uccide. Accogliendo la Legge di Dio nel cuore si capisce che i desideri vanno guidati, perché non tutto ciò che si desidera si può avere, e non è bene cedere ai sentimenti egoistici e possessivi. Quando si accoglie la Legge di Dio nel cuore si capisce che bisogna abbandonare uno stile di vita fatto di promesse non mantenute, come anche passare dal divieto di giurare il falso alla decisione di non giurare affatto, assumendo l’atteggiamento di piena sincerità con tutti.

 

E Gesù è consapevole che non è facile vivere i Comandamenti in questo modo così totalizzante. Per questo ci offre il soccorso del suo amore: Egli è venuto nel mondo non solo per dare compimento alla Legge, ma anche per donarci la sua Grazia, così che possiamo fare la volontà di Dio, amando Lui e i fratelli. Tutto, tutto possiamo fare con la Grazia di Dio! Anzi, la santità non è altra cosa che custodire questa gratuità che ci ha dato Dio, questa Grazia. Si tratta di fidarsi e affidarsi a Lui, alla sua Grazia, a quella gratuità che ci ha dato e accogliere la mano che Egli ci tende costantemente, affinché i nostri sforzi e il nostro necessario impegno possano essere sostenuti dal suo aiuto, ricolmo di bontà e di misericordia.

 

Gesù oggi ci chiede di progredire sulla via dell’amore che Lui ci ha indicato e che parte dal cuore. Questa è la strada da seguire per vivere da cristiani. La Vergine Maria ci aiuti a seguire la via tracciata dal suo Figlio, per raggiungere la gioia vera e diffondere dappertutto la giustizia e la pace”.

 

Quindi giustizia, pace e niente guerra perché fare guerra porta ad uccidere ed  il quinto comandamento prescrive di non uccidere . Proibisce anche di bastonare, ferire o arrecare un qualsiasi danno fisico ingiusto a se e al prossimo, sia direttamente che per mezzo di altri. Proibisce anche di offendere con parole ingiuriose e di volere il male degli altri. In questo comandamento è inclusa anche la proibizione di togliersi la vita.

 

 

«Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l’omicidio diretto e volontario . L’omicida e coloro che volontariamente cooperano all’uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo (cfr. Gn 4, 19)» ( Catechismo , 2268).

 

L’enciclica Evangelium vitae ha formulato in maniera definitiva e infallibile la seguente norma negativa: «con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cfr. Rm 2, 14-15), è riaffermata dalla sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal magistero ordinario e universale». Così l’omicidio, che è senza eccezioni gravemente immorale, è quello che risponde a una scelta deliberata che è diretta a una persona innocente . Pertanto la legittima difesa e la pena di morte non sono incluse in questa formulazione assoluta e sono oggetto di un trattamento specifico  .

 

Mettere la vita nelle mani dell’uomo comporta un potere di disposizione che bisogna saper amministrare come una collaborazione con Dio. Questo richiede una disposizione di amore e di servizio, e non di dominio arbitrario: si tratta di una padronanza ministeriale, non assoluta, riflesso della signoria unica e assoluta di Dio  .

 

«La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento» ( Catechismo , 2270). Non è ammissibile nessuna discriminazione, neppure quella fondata sulle differenti tappe dello sviluppo della vita. Nella valutazione di situazioni conflittuali, è determinante tenere in conto l’appartenenza naturale alla specie umana. Con questo non si impongono alla ricerca biomedica limiti diversi da quelli che la dignità umana stabilisce in qualunque altro campo dell’attività umana.

«L’ aborto diretto , cioè voluto come fine o come mezzo , costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente». L’espressione come fine o come mezzo intende indicare le due modalità della volontarietà diretta nelle quali chi agisce lo fa volendo uccidere coscientemente.

«Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa» . Il rispetto della vita dev’essere riconosciuto come limite che nessuna entità pubblica o privata può trascurare. Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente è un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione e come tale deve essere riconosciuto e rispettato sia da parte della società che da parte dell’autorità politica (cfr. Catechismo , 2273).

 

Pertanto possiamo affermare che «il diritto a comandare costituisce una esigenza dell’ordine spirituale [morale] e scaturisce da Dio. Perciò, se i governanti promulgano una legge o dettano una qualsiasi disposizione contraria all’ordine spirituale, e per conseguenza opposta alla volontà di Dio, in tal caso né la legge promulgata né la disposizione dettata possono obbligare in coscienza il cittadino […]; non solo, ma in simili casi, lastessa autorità si sgretola completamente e degenera in un sopruso preoccupante». Questo è tanto vero che «leggi di questo tipo non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi a esse mediante l’ obiezione di coscienza ».

 

«L’embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano» ( Catechismo , 2274).

 

«Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un’azione o un’omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore […]. È una grave violazione della legge di Dio , in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana […]. Una tale pratica comporta, a seconda delle circostanze, la malizia propria del suicidio o dell’omicidio». Si tratta di una conseguenza, gravemente lesiva della dignità della persona umana, alla quale può indurre l’edonismo e la perdita del significato cristiano del dolore.

 

«L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’ accanimento terapeutico . Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» ( Catechismo , 2278).

 

Invece, «anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte» ( Catechismo , 2279). L’alimentazione e l’idratazione artificiali sono, per principio, cure ordinarie dovute ai malati .

 

 

Difendere il bene comune della società richiede che si metta l’aggressore in condizione di non poter nuocere. Per questo, la legittima autorità può infliggere pene proporzionali alla gravità dei delitti. Le pene hanno il fine di compensare il disordine introdotto dalla mancanza compiuta, preservare l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone, e correggere il colpevole (cfr. Catechismo, 2266).

 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che «per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte dell’autorità legittima, dopo il dovuto processo, è stato considerato una risposta appropriata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo ammissibile, seppure estremo, per la tutela del bene comune.

 

Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non si perde neppure dopo aver commesso crimini molto gravi. Inoltre si è diffusa una nuova concezione delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine sono stati attivati alcuni sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la necessaria difesa dei cittadini, ma che, contemporaneamente, non tolgono al reo la possibilità di redimersi definitivamente.

 

Pertanto la Chiesa, alla luce del Vangelo, insegna che «la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona» (Discorso del Santo Padre Francesco nel XXV Anniversario del ‘Catechismo della Chiesa Cattolica’, 11 ottobre 2017) e si impegna con determinazione alla sua abolizione in tutto il mondo» (cfr. Catechismo, 2267)




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