Nell’omelia della Messa per la III Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, celebrata nella Basilica Vaticana, Francesco esorta a coltivare le relazioni con chi è avanti negli anni perché ci sia uno scambio fecondo tra generazioni.
Per parlarci del regno di Dio, Gesù usa delle parabole. Racconta storie semplici, che raggiungono il cuore di chi ascolta; e questo linguaggio, pieno di immagini, somiglia a quello che tante volte i nonni utilizzano con i nipoti, magari tenendoli sulle ginocchia: così comunicano una sapienza importante per la vita. Pensando ai nonni e agli anziani, radici di cui i più giovani hanno bisogno per diventare adulti, vorrei rileggere i tre racconti contenuti nel Vangelo di oggi a partire da un aspetto che hanno in comune: il crescere insieme.
Nella prima parabola, sono il grano e la zizzania a crescere insieme, nel medesimo campo (cfr Mt 13,24-30). È un’immagine che ci aiuta a fare una lettura realistica: nella storia umana, come nella vita di ognuno, c’è una compresenza di luci e ombre, di amore ed egoismo. Anzi, il bene e il male sono intrecciati al punto da sembrare inseparabili. Questo approccio realistico ci aiuta a guardare la storia senza ideologie, senza ottimismi sterili e pessimismi nocivi. Il cristiano, animato dalla speranza di Dio, non è un pessimista, ma nemmeno un ingenuo che vive nel mondo delle favole, che fa finta di non vedere il male e dice che “va tutto bene”. No, il cristiano è realista: sa che nel mondo ci sono grano e zizzania, e si guarda dentro riconoscendo che il male non viene solo “da fuori”, che non è sempre colpa degli altri, che non bisogna “inventare” dei nemici da combattere per evitare di fare luce dentro sé stessi. Si accorge che il male viene da dentro, nella lotta interiore che tutti noi abbiamo.
Ma la parabola ci pone una domanda: quando vediamo che nel mondo grano e zizzania convivono insieme, che cosa dobbiamo fare? Come comportarci? Nel racconto i servi vorrebbero strappare la zizzania subito (cfr v. 28). È un atteggiamento animato da buona intenzione, ma impulsivo, persino aggressivo. Ci si illude di poter strappare con le proprie forze il male per fare la purezza. Una tentazione che ricorre tante volte: una “società pura”, una “Chiesa pura” ma, per raggiungere questa purezza, si rischia di essere impazienti, intransigenti, anche violenti verso chi è caduto nell’errore. E così, insieme alla zizzania, si strappa pure il grano buono e si impedisce alle persone di fare un cammino, di crescere, di cambiare. Ascoltiamo invece ciò che dice Gesù: “Lasciate che il grano buono e la zizzania crescano insieme fino al tempo della mietitura” (cfr Mt 13,30). Com’è bello questo sguardo di Dio, questa sua pedagogia misericordiosa, che c’invita ad avere pazienza verso gli altri, ad accogliere – in famiglia, nella Chiesa e nella società – fragilità, ritardi e limiti: non per abituarci ad essi con rassegnazione o per giustificarli, ma per imparare a intervenire con rispetto, portando avanti con mitezza e pazienza la cura del buon grano. Ricordando sempre una cosa: che la purificazione del cuore e la vittoria definitiva sul male sono, essenzialmente, opera di Dio. E noi, vincendo la tentazione di dividere grano e zizzania, siamo chiamati a capire quali sono i modi e i momenti migliori per agire.
Penso agli anziani e ai nonni, che hanno già fatto un lungo tratto di strada nella vita e, se si voltano indietro, vedono tante cose belle che sono riusciti a realizzare, ma anche delle sconfitte, degli errori, qualcosa che – come si dice – “se tornassi indietro non rifarei”. Oggi però il Signore ci raggiunge con una parola dolce, che invita ad accogliere con serenità e pazienza il mistero della vita, a lasciare a Lui il giudizio, a non vivere di rimpianti e di rimorsi. Come se volesse dirci: “Guardate al grano buono che è germogliato nel cammino della vostra vita, fatelo crescere ancora, affidando tutto a me, che sempre perdono: alla fine, il bene sarà più forte del male”. La vecchiaia è un tempo benedetto anche per questo: è la stagione per riconciliarsi, per guardare con tenerezza alla luce che è avanzata nonostante le ombre, nella fiduciosa speranza che il grano buono seminato da Dio prevarrà sulla zizzania con cui il diavolo ha voluto infestarci il cuore.
Vediamo ora la seconda parabola. Il regno dei cieli, dice Gesù, è l’opera di Dio che agisce in modo silenzioso nelle trame della storia, al punto da sembrare un’azione piccola e invisibile, come quella di un minuscolo granello di senape. Ma, quando questo granello cresce, «è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami» (Mt 13,32). Anche la nostra vita è così, fratelli e sorelle: veniamo al mondo nella piccolezza, diventiamo adulti, poi anziani; all’inizio siamo un piccolo seme, poi ci nutriamo di speranze, realizziamo progetti e sogni, il più bello dei quali è diventare come quell’albero, che non vive per sé stesso, ma per fare ombra a chi lo desidera e offrire spazio a chi vuole costruirci il nido. Così che a crescere insieme, in questa parabola, sono alla fine il vecchio albero e gli uccellini.
Penso ai nonni: come sono belli questi alberi rigogliosi, sotto i quali i figli e i nipoti realizzano i propri “nidi”, imparano il clima di casa e provano la tenerezza di un abbraccio. Si tratta di crescere insieme: l’albero verdeggiante e i piccoli che hanno bisogno del nido, i nonni con i figli e i nipoti, gli anziani con i più giovani. Fratelli e sorelle, abbiamo bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, perché la linfa di chi ha alle spalle una lunga esperienza di vita irrori i germogli di speranza di chi sta crescendo. In questo scambio fecondo impariamo la bellezza della vita, realizziamo una società fraterna, e nella Chiesa permettiamo l’incontro e il dialogo fra la tradizione e le novità dello Spirito.
Infine la terza parabola, dove a crescere insieme sono il lievito e la farina (cfr Mt 13,33). Questa mescolanza fa crescere tutta la pasta. Gesù usa proprio il verbo “mescolare”, che richiama a quell’arte che è «la mistica di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio», e di «uscire da sé stessi per unirsi agli altri» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 87). Questo sconfigge gli individualismi e gli egoismi, e ci aiuta a generare un mondo più umano e più fraterno. Così oggi la Parola di Dio è un richiamo a vigilare perché nelle nostre vite e nelle nostre famiglie non emarginiamo i più anziani. Stiamo attenti che le nostre città affollate non diventino dei “concentrati di solitudine”; non succeda che la politica, chiamata a provvedere ai bisogni dei più fragili, si dimentichi proprio degli anziani, lasciando che il mercato li releghi a “scarti improduttivi”. Non accada che, a furia di inseguire a tutta velocità i miti dell’efficienza e della prestazione, diventiamo incapaci di rallentare per accompagnare chi fatica a tenere il passo. Per favore, mescoliamoci, cresciamo insieme.
Fratelli, sorelle, la Parola divina ci invita a non separare, a non chiuderci, a non pensare di potercela fare da soli, ma a crescere insieme. Ascoltiamoci, dialoghiamo, sosteniamoci a vicenda. Non dimentichiamo i nonni e gli anziani: per una loro carezza tante volte siamo stati rialzati, abbiamo ripreso il cammino, ci siamo sentiti amati, siamo stati risanati dentro. Loro si sono sacrificati per noi e noi non possiamo derubricarli dall’agenda delle nostre priorità. Fratelli e sorelle, cresciamo insieme, andiamo avanti insieme: il Signore benedica il nostro cammino.