Papa Francesco a Port Louis nelle splendida atmosfera di Mauritius

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Papa – Oggi a Port Louis il Papa ha celebrato Messa davanti ad una folla festosa. Un’isola bellissima, una natura incantevole, una località dove la popolazione è accogliente ed i turisti europei trascorrono vacanze da sogno.

In questo splendido scenario il Papa ha celebrato la giornata conclusiva di quedto viaggio pastorale emozionante e ricco di spunti. Dopo il meritato riposo serale domani, tutti in aereo per la consueta conferenza stampa ed il ritorno a Roma.

Qui, di fronte a questo altare dedicato a Maria, Regina della Pace, su questo monte da cui si vede la città e più in là il mare, ci troviamo a far parte di quella moltitudine di volti che sono venuti da Mauritius e da altre isole di questa regione dell’Oceano Indiano per ascoltare Gesù che annuncia le Beatitudini. La stessa Parola di Vita che, come duemila anni fa, ha la stessa forza, lo stesso fuoco che fa ardere anche i cuori più freddi. Insieme possiamo dire al Signore: crediamo in te e, con la luce della fede e il palpito del cuore, sappiamo che è verità la profezia di Isaia: annunci la pace e la salvezza, porti buone notizie… regna il nostro Dio.

Le Beatitudini «sono come la carta d’identità del cristiano. Così, se qualcuno di noi si pone la domanda: “Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?”, la risposta è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini. In esse si delinea il volto del Maestro, che siamo chiamati a far trasparire nella quotidianità della nostra vita» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 63), come ha fatto il cosiddetto “apostolo dell’unità mauriziana”, il Beato Jacques-Désiré Laval, tanto venerato in queste terre. L’amore per Cristo e per i poveri segnò la sua vita in modo tale da proteggerlo dall’illusione di compiere un’evangelizzazione “distante e asettica”. Sapeva che evangelizzare comporta farsi tutto a tutti (cfr 1Cor 9,19-22): imparò la lingua degli schiavi appena liberati e annunciò loro in maniera semplice la Buona Notizia della salvezza. Ha saputo radunare i fedeli e li ha formati ad intraprendere la missione e creare piccole comunità cristiane in quartieri, città e villaggi vicini, piccole comunità molte delle quali sono all’origine delle attuali parrocchie. Era sollecito nel dare fiducia ai più poveri e agli scartati, in modo che fossero i primi a organizzarsi e trovare risposte alle loro sofferenze.

Attraverso il suo dinamismo missionario e il suo amore, il Padre Laval ha dato alla Chiesa mauriziana una nuova giovinezza, un nuovo respiro che oggi siamo invitati a continuare nel contesto attuale.

E questo slancio missionario dev’essere conservato, perché può darsi che, come Chiesa di Cristo, cadiamo nella tentazione di perdere l’entusiasmo evangelizzatore rifugiandoci in sicurezze mondane che, a poco a poco, non solo condizionano la missione ma la rendono pesante e incapace di attirare la gente (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 26). Lo slancio missionario ha un volto giovane e capace di ringiovanire. Sono proprio i giovani che, con la loro vitalità e dedizione, possono apportare ad esso la bellezza e la freschezza tipica della giovinezza, quando provocano la comunità cristiana a rinnovarsi e ci invitano a partire verso nuovi orizzonti (cfr Esort. ap. postsin. Christus vivit, 37).

Ma questo non è sempre facile, perché richiede che impariamo a riconoscere e fornire ad essi un posto in seno alla nostra comunità e alla nostra società.

Ma com’è duro constatare che, nonostante la crescita economica che il vostro Paese ha avuto negli ultimi decenni, sono i giovani a soffrire di più, sono loro a risentire maggiormente della disoccupazione che non solo provoca un futuro incerto, ma inoltre toglie ad essi la possibilità di sentirsi protagonisti della loro storia comune. Futuro incerto che li spinge fuori strada e li costringe a scrivere la loro vita tante volte ai margini, lasciandoli vulnerabili e quasi senza punti di riferimento davanti alle nuove forme di schiavitù di questo secolo XXI. Loro, i nostri giovani, sono la prima missione! Dobbiamo invitarli a trovare la loro felicità in Gesù, non in maniera asettica o a distanza, ma imparando a dare loro un posto, conoscendo il loro linguaggio, ascoltando le loro storie, vivendo al loro fianco, facendo loro sentire che sono benedetti da Dio. Non lasciamoci rubare il volto giovane della Chiesa e della società! Non permettiamo ai mercanti di morte di rubare le primizie di questa terra!

I nostri giovani e quanti come loro sentono di non avere voce perché sono immersi nella precarietà, Padre Laval li inviterebbe a far risuonare l’annuncio di Isaia: «Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme» (52,9). Anche quando ciò che ci circonda può sembrare senza soluzione, la speranza in Gesù ci chiede di recuperare la certezza del trionfo di Dio non solo al di là della storia ma anche nella trama nascosta delle piccole storie che si intrecciano e che ci vedono protagonisti della vittoria di Colui che ci ha donato il Regno.

Per vivere il Vangelo, non possiamo aspettare che tutto intorno a noi sia favorevole, perché spesso le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi. San Giovanni Paolo II ha affermato che «è alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione [del] dono [di sé] e il costituirsi [della] solidarietà interumana»(Enc. Centesimus annus, 41c). In una società così diventa difficile vivere le Beatitudini; può persino diventare qualcosa di malvisto, sospettato, ridicolizzato (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 91). È vero, ma non possiamo lasciarci vincere dallo scoraggiamento.

Ai piedi di questo monte, che oggi vorrei fosse il monte delle Beatitudini, anche noi dobbiamo recuperare questo invito a essere felici. Solo i cristiani gioiosi suscitano il desiderio di seguire quella strada; « La parola “felice” o “beato” diventa sinonimo di “santo”, perché esprime che la persona fedele a Dio e che vive la sua Parola raggiunge, nel dono di sé, la vera beatitudine» (ibid., 64).

Quando sentiamo il minaccioso pronostico “siamo sempre di meno”, dovremmo prima di tutto preoccuparci non della diminuzione di questa o quella forma di consacrazione nella Chiesa, ma piuttosto della carenza di uomini e donne che vogliono vivere la felicità facendo percorsi di santità, uomini e donne che facciano ardere il loro cuore con l’annuncio più bello e liberatore. «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, senza la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, vivono senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 49).

Quando un giovane vede un progetto di vita cristiana realizzato con gioia, questo lo entusiasma e lo incoraggia e sente un desiderio che può esprimere in questo modo: “Voglio salire su quel monte delle Beatitudini, voglio incontrare lo sguardo di Gesù e che Lui mi dica qual è il mio cammino di felicità”.

Preghiamo, cari fratelli e sorelle, per le nostre comunità, perché dando testimonianza della gioia della vita cristiana, vedano fiorire la vocazione alla santità nelle diverse forme di vita che lo Spirito ci propone. Imploriamolo per questa diocesi, e anche per le altre che oggi hanno fatto lo sforzo di venire qui. Padre Laval, il Beato di cui veneriamo le reliquie, ha pure vissuto momenti di delusione e difficoltà con la comunità cristiana, ma alla fine il Signore ha vinto nel suo cuore. Ha avuto fiducia nella forza del Signore. Lasciamo che essa tocchi i cuori di tanti uomini e donne di questa terra, lasciamo che tocchi anche i nostri cuori, perché la sua novità rinnovi la nostra vita e quella della nostra comunità (cfr ibid., 11). E non dimentichiamo che Colui che chiama con forza, Colui che costruisce la Chiesa, è lo Spirito Santo, con la sua forza. Lui è il protagonista della missione, Lui è il protagonista della Chiesa.

L’immagine di Maria, la Madre che ci protegge e ci accompagna, ci ricorda che lei è stata chiamata la “beata”. A lei, che ha vissuto il dolore come una spada che le trafigge il cuore, a lei, che ha attraversato la peggiore soglia di dolore che è vedere morire il suo figlio, chiediamo il dono dell’apertura allo Spirito Santo, della gioia perseverante, quella che non si abbatte e non indietreggia, quella che sempre fa sperimentare e affermare: “Grandi cose fa l’Onnipotente, e santo è il suo nome”.

INCONTRO CON LE AUTORITÀ, LA SOCIETÀ CIVILE E IL CORPO DIPLOMATICO

Sono lieto, grazie a questa breve visita, di poter incontrare il vostro popolo, caratterizzato non solo da un volto multiforme sul piano culturale, etnico e religioso, ma soprattutto dalla bellezza che deriva dalla vostra capacità di riconoscere, rispettare e armonizzare le differenze in funzione di un progetto comune. Così è tutta la storia del vostro popolo, che è nato con l’arrivo di migranti venuti da diversi orizzonti e continenti, portando le loro tradizioni, la loro cultura e la loro religione, e che hanno imparato, a poco a poco, ad arricchirsi con le differenze degli altri e a trovare il modo di vivere insieme cercando di costruire una fraternità attenta al bene comune.

In questo senso avete una voce autorevole – perché fattasi vita –, in grado di ricordare che è possibile raggiungere una pace stabile a partire dalla convinzione che «la diversità è bella quando accetta di entrare costantemente in un processo di riconciliazione, fino a sigillare una specie di patto culturale che faccia emergere una “diversità riconciliata”» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 230). Questa è base e opportunità per la costruzione di una effettiva comunione all’interno della grande famiglia umana senza la necessità di emarginare, escludere o respingere.

Il DNA del vostro popolo conserva la memoria di quei movimenti migratori che hanno portato i vostri antenati su questa isola e che li hanno anche condotti ad aprirsi alle differenze per integrarle e promuoverle in vista del bene di tutti. Ecco perché vi incoraggio, nella fedeltà alle vostre radici, ad accettare la sfida dell’accoglienza e della protezione dei migranti che oggi vengono qui per trovare lavoro e, per molti di loro, migliori condizioni di vita per le loro famiglie. Abbiate a cuore di accoglierli come i vostri antenati hanno saputo accogliersi a vicenda, quali protagonisti e difensori di una vera cultura dell’incontro che consente ai migranti (e a tutti) di essere riconosciuti nella loro dignità e nei loro diritti.

Nella storia recente del vostro popolo, merita apprezzamento la tradizione democratica instaurata a partire dall’indipendenza e che contribuisce a fare dell’Isola Mauritius un’oasi di pace. Auspico che questo stile di vita democratica possa essere coltivato e sviluppato, combattendo in particolare contro ogni forma di discriminazione. Poiché «la vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali» (Messaggio per la 52ª Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2019).Voi che siete impegnati nella vita politica della Repubblica di Mauritius, possiate essere un esempio per coloro che contano su di voi, specialmente per i giovani. Col vostro comportamento e la volontà di combattere tutte le forme di corruzione, possiate manifestare il valore dell’impegno al servizio del bene comune ed essere sempre degni della fiducia dei vostri connazionali.

Dalla sua indipendenza, il vostro Paese ha registrato un forte sviluppo economico, del quale, senza dubbio, dobbiamo rallegrarci, rimanendo al tempo stesso vigilanti. Nel contesto attuale, spesso risulta che la crescita economica non vada sempre a vantaggio di tutti e che lasci da parte – per certe strategie della sua dinamica – un certo numero di persone, specialmente i giovani. Perciò vorrei incoraggiarvi a sviluppare una politica economica orientata alle persone e che sappia privilegiare una migliore distribuzione delle entrate, la creazione di opportunità di lavoro e una promozione integrale dei più poveri (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 204). Incoraggiarvi a non cedere alla tentazione di un modello economico idolatrico che ha bisogno di sacrificare vite umane sull’altare della speculazione e della mera redditività, che tiene conto solo del beneficio immediato a scapito della protezione dei più poveri, dell’ambiente e delle sue risorse. Si tratta di andare avanti con quell’atteggiamento costruttivo che, come ha scritto il Card. Piat in occasione del 50° anniversario dell’indipendenza di Mauritius, spinge a incentivare una conversione ecologica integrale. Tale conversione mira non solo a evitare terribili fenomeni climatici o grandi disastri naturali, ma cerca anche di promuovere un cambiamento negli stili di vita in modo che la crescita economica possa davvero giovare a tutti, senza correre il rischio di provocare catastrofi ecologiche o gravi crisi sociali.

Signore e Signori, desidero esprimere apprezzamento per il modo in cui a Mauritius le diverse religioni, con le loro rispettive identità, collaborano insieme per contribuire alla pace sociale e per ricordare il valore trascendente della vita contro ogni tipo di riduzionismo. E ribadisco la disponibilità dei cattolici di Mauritius di continuare a partecipare a questo fruttuoso dialogo che ha segnato così fortemente la storia del vostro popolo. Grazie per la vostra testimonianza.

Grazie ancora per la vostra calorosa accoglienza. Auspico di cuore che Dio benedica il vostro popolo e tutti gli sforzi che fate per favorire l’incontro tra culture, civiltà e tradizioni religiose diverse nella promozione di una società giusta, che non dimentica i suoi figli, specialmente quelli più bisognosi. Che il suo amore e la sua misericordia continuino ad accompagnarvi e proteggervi! Grazie tante per la vostra attenzione.

CONCLUSIONE VIAGGIO

La Guardia d’Onore rende omaggio a Papa Francesco, che lascia Port Louis per tornare in Madagascar. Volge pressoché al termine, quindi, il viaggio apostolico del Pontefice in Mozambico, Madagascar e Mauritius. Le oltre otto ore trascorse nell’isola dell’Oceano Indiano, sul tema: “Papa Francesco pellegrino di pace”, sono state intense e significative e sono culminate con la cerimonia di congedo.

All’aeroporto di Port Louis Papa Bergoglio è accolto dal Primo Ministro, Pravind Kumar Jugnauth, ai piedi dell’aereo, che lo ricondurrà ad Antananarivo, dopo circa due ore. Dalla capitale del Madagascar, domani mattina, il Pontefice prenderà poi un altro volo che lo porterà a Roma.




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