Papa – Papa Francesco racconta le sue impressioni sulle sue due tappe africane e non solo…….
Introduzione di M. Bruni
Buongiorno a tutti, chiaramente questo è stato un viaggio particolare, particolare sia per le cose che abbiamo visto e che abbiamo sentito, ma anche perché è un viaggio che è avvenuto come un pellegrinaggio in compagnia, un pellegrinaggio per la pace e in compagnia, immagine che chiaramente si vede anche qui in questo momento. Io chiederei poi ai giornalisti quando sarà il momento di fare le loro domande, indicando anche a chi sono rivolte in questo caso, perché qui con noi insieme al Santo Padre, c’è il moderatore generale della Chiesa presbiteriana scozzese e conoscete l’arcivescovo Welby di Canterbury. Prima però di cominciare, chiederei prima di tutto a Sua Santità se vuole dire, rivolgerci una parola.
PAPA FRANCESCO
Buona domenica e grazie per il vostro lavoro in questi giorni. Questo è stato un viaggio ecumenico con i miei due fratelli e per questo ho voluto che nella conferenza stampa ci fossero anche loro due, soprattutto l’Arcivescovo di Canterbury, perché lui possiede la storia negli anni di questa strada di riconciliazione; lui ha lavorato tanto prima di me su questo. Per questo ho voluto che ambedue ci fossero. Grazie, e poi ci sentiamo.
WELBY
Good afternoon and thank you very much. And, Your Holiness, thank you. In 2014, in January, my wife and I visited South Sudan as part of a series of trips around the Anglican Communion. And on arriving, we were asked by the Archbishop, the Anglican Archbishop, to go up to a town called Bor. The civil war had been raging for about five weeks at the time and was very fierce. When we got up to Bor, we went up in a single-engine aircraft and landed on a deserted airfield and with the first bodies at the gate of the airfield. There were 3000 unburied bodies in Bor at the time and there had been 5000. There were a few UN and a lot of troops around. We went to the cathedral where all the clergy had been murdered, the Anglican clergy, their wives had been raped and then murdered. It was a terrible situation.
On the way back, both my wife and I felt a deep call to see what we could do to support the people of South Sudan. And from there, in one of the regular meetings that I have the privilege of having with Pope Francis, we spoke a lot about South Sudan and developed the idea of a retreat at the Vatican. My team at Lambeth, together with the Vatican, went through, went to, from about 2016, visited South Sudan most months and spent time working out in the field and working with leaders to try and set up this visit. My wife went and worked with bishops’ wives and women leaders again, who themselves were under enormous pressure, and we visited leaders who were in exile in Uganda.
In 2018, it became clear that there was going to be a possibility of a visit in early 2019, and we managed it. It was a miracle that it happened. One of the vice presidents was in house arrest in Khartoum. And I remember the day before the visit – I was flying to Rome very early the next morning for the visit. It was 36 hours the day before – I stood in a school car park in Nottingham in England, ringing the UN secretary-general in order to get him to clear the way, which he did very brilliantly, and give a visa to the vice president who got the last flight out of Khartoum just before the airspace closed because of the coup d’etat.
The high point of the 2019 conference was obviously the unforgettable sight of the Pope kneeling to kiss the feet of the leaders and saying, ‘I beg you to make peace’ while they tried to stop him. It took your mind straight away to the 13th chapter of John’s Gospel. It was a most remarkable moment.
We had some very tough conversations, and at one point the vice presidents went separately to a meeting, which was pretty intense, but they ended up committing to renew the peace agreement. And I think that moment of the Pope’s was the key moment, was the turning point.
But as a former football manager in England said, you’re only as good as your next match. And COVID delayed the next match very seriously. I think the result of that was a loss of momentum in the peace process. And as we came to this visit, the teams continued to go, but they were less confident than in 2019.
So I’ve ended this visit with a deep sense of encouragement, not so much that there was a breakthrough, but there was a sense, to use a past phrase from the Pope, of heart speaking to heart. It was not at the intellectual level that there was contact, as you may have noticed at the various gatherings where there were speeches. The heart spoke to the heart. And we… There is a momentum at middle level and at the grassroots. And what we now need is a serious change of heart from the leadership. They have to agree to a process that will lead to a peaceful transition of power. They’ve been told this publicly. We’ve said it to them. There has to be an end to corruption and gun smuggling and the amassing of huge quantities of weapons. That will require further work together with the Vatican and Lambeth, but most of all with governments, the troika, to turn this open door, which is not open as wide as I would like, which is open, to crash open the door and actually make progress. There’s basically a bit under two years till the elections, the end of ’24. We need serious progress by the end of ’23. I’ll hand over to the Moderator to say a word.
[Buon pomeriggio e grazie tante, Santità, grazie.
Nel gennaio 2014 mia moglie e io abbiamo visitato il Sud Sudan nel quadro di una serie di visite alla Comunione anglicana; quando siamo arrivati, l’arcivescovo ci ha chiesto di andare in una città che si chiama Bor. La guerra civile stava infuriando da circa 5 settimane, e in quel momento era davvero feroce. A Bor siamo andati con un aereo monomotore e siamo atterrati in una zona desertica – ai cancelli dell’aeroporto c’erano già i primi cadaveri. In quel momento, a Bor c’erano tremila cadaveri insepolti, i morti erano stati cinquemila. C’erano alcuni soldati delle Nazioni Unite e molti soldati. Siamo andati alla cattedrale dove tutti i preti anglicani erano stati uccisi, le mogli prima violentate e poi uccise. Era una situazione orribile. Tornando a casa sia io che mia moglie abbiamo sentito l’urgenza di capire cosa potessimo fare per sostenere la gente del Sud Sudan. Da allora, in uno degli incontri regolari che ho il privilegio di avere con Papa Francesco, abbiamo parlato molto di Sud Sudan e abbiamo sviluppato l’idea di un ritiro [spirituale] in Vaticano. Dal 2016, il mio team a Lambeth e il Vaticano hanno visitato molto spesso il Sud Sudan, hanno passato del tempo a lavorare sul campo, hanno lavorato con i leader per cercare di organizzare questa visita. Anche mia moglie è andata e ha lavorato insieme alle mogli dei vescovi e con donne leader che subivano forti pressioni, e abbiamo visitato anche leader in esilio in Uganda. Nel 2018 è diventato chiaro che c’era la possibilità per una visita all’inizio del 2019 e ci siamo riusciti, è stato un miracolo che sia avvenuto. Uno dei due vicepresidenti era agli arresti domiciliari a Khartoum: ricordo ancora che il giorno prima della visita – sarei partito per Roma molto presto la mattina dopo – ero nel parcheggio di una scuola a Nottingham, in Inghilterra, e parlavo al telefono con il segretario generale dell’Onu per convincerlo a spianare la strada – cosa che ha fatto brillantemente – al vice presidente e fargli avere il visto: è riuscito a prendere l’ultimo volo in uscita da Khartum, poco prima che si chiudesse lo spazio aereoa causa del colpo di Stato. L’apice dell’incontro del 2019 è stato ovviamente l’indimenticabile gesto del Papa che si è inginocchiato ed ha baciato i piedi dei leader dicendo: “Vi prego di fare la pace”, mentre loro cercavano di fermarlo. La mente è andata immediatamente al capitolo 13 del Vangelo di Giovanni: è stato un momento davvero notevole. Abbiamo avuto discussioni difficili, e a un certo punto i vice presidenti si sono ritirati a un incontro separato, che è stato molto intenso [duro?], ma che è finito con il loro impegno a rinnovare l’accordo di pace. Io credo che quell’episodio del Papa sia stato il momento chiave, la chiave di volta. Ma come diceva un allenatore inglese, sei bravo fino alla prossima partita. Il covid ha inferto un brutto colpo di arresto alla partita successiva, e mi è sembrato che il risultato sia stato la perdita dell’attimo fuggente, per quanto riguarda il processo di pace. Quando abbiamo ripreso il filo per questa visita, i gruppi di lavoro continuavano nella loro opera ma erano meno fiduciosi [ottimisti?] che nel 2019. Ma sono uscito da quella visita con un profondo senso di incoraggiamento, non tanto perché ci fosse stata una reale svolta, quanto perché c’era la sensazione – per usare una frase del Papa – di un cuore che parlava al cuore. Il contatto non era stato tanto a livello intellettuale: come vi sarete accorti, nei diversi incontri nei quali ci sono stati discorsi, il cuore ha parlato al cuore. C’è uno slancio a livello medio e dalla base; quello di cui ora abbiamo bisogno è un serio cambiamento del cuore da parte della leadership. Devono accettare un processo che porterà ad una transizione pacifica. Glielo abbiamo detto loro pubblicamente, gliel’abbiamo detto: dev’essere messa fine alla corruzione, al contrabbando di armi e all’ammassare di enormi quantità di armi. Questo richiederà ulteriore lavoro insieme, con il Vaticano e con Lambeth, ma soprattutto con la troika del governo, per far sì che questa porta aperta, che però non è aperta quanto vorrei ma comunque è aperta, per sfondarla, questa porta e fare veri progressi. Mancano poco meno di due anni alle elezioni, che saranno alla fine del 2024: noi abbiamo bisogno di vedere progressi seri entro la fine del 2023. Passo il microfono al Moderatore [dell’Assemblea generale della Chiesa di Scozia], perché dica una parola anche lui.]
GREENSHIELDS
Thank you, Archbishop. My experience is obviously very different from the Pope and the Archbishop, in that this is my first time in South Sudan. However, it’s not my church’s first time in South Sudan because a previous Moderator had travelled into what was, in his estimation, an extremely vulnerable situation. Reconciliation, forgiveness, were at the very heart of the conversation and dialogue that took place then in 2015. People were invited to come to Scotland to reflect and to train and to go back to South Sudan. Now that’s within the Presbyterian constituency of South Sudan. I would echo what my friend said there, that strong words have been spoken. The truth has been spoken. To the heart as well as to the mind. I think the situation now clearly is this: that actions speak louder than words. We were invited by the government and the churches to go there as a friend would invite you to come into their room, into their house. And that invitation was one where we were asked to help in whatever way we could to make a difference in that situation, to meet with our partners, to try in whatever way we could to speak to those in power. That’s been done. Now it’s up to those who can make a difference to start the process urgently. And that’s what is asked for by us in this visit.
[Grazie. La mia esperienza è ovviamente molto diversa da quella del Papa e dell’arcivescovo: questa è stata la mia prima volta in Sud Sudan, ma non è la prima volta della mia Chiesa in Sud Sudan, perché il precedente moderatore ha visitato quella che lui definì una situazione estremamente vulnerabile. La riconciliazione e il perdono sono stati al centro delle conversazioni e del dialogo nell’incontro del 2015. Abbiamo invitato le persone a tornare [alla Chiesa di] in Scozia, per riflettere […] in Sud Sudan. […] circoscrizione presbiteriana del Sud Sudan. Vorrei fare eco a quello che hanno detto i miei amici: sono state dette parole forti, è stata detta la verità, al cuore e alla mente. Credo che la situazione attuale sia questa: le opere parlano più chiaramente delle parole. Siamo stati invitati dal governo e dalle Chiese a venire in Sud Sudan come si invita un amico a entrare nella loro casa e nelle loro stanze. Questo invito ha comportato la richiesta di aiutare in ogni modo che fosse possibile a fare la differenza in questa situazione, per incontrare i nostri partner, di parlare a chi detiene il potere. E questo noi abbiamo fatto. Ora sta a chi può fare la differenza iniziare questo processo, con urgenza. Questo abbiamo chiesto in questa visita.]
Prima domanda
Jean-Baptiste Malenge (RTCE-Radio Catholique Elikya ASBL)
Je suis Jean-Baptiste Malenge de la Radio-Télévision catholique Elikya de l’Archidiocèse de Kinshasa. Très Saint Père, vous avez desiré depuis longtemps visiter la Repubblique democratique du Congo, maintenant tous les pays rayonnent de la joie que vous venez de semer. Quelle importance accorderez vous désormais à l’accord signé en 2016 tra la Sainte Siège et la
Repubblique democratique du Congo, accord portant sur des matières d’intérêt commun comme l’éducation et la santé. L’accord est en train d’être mis en application, maintenant que vous avez touché des vos mains diverses blessures, maintenant que le Pasteur universel a senti l’odeur des brebis congolais…
PAPA FRANCESCO
Grazie. Primo, sull’Accordo. Io non conosco quell’Accordo, scusami. C’è qui il Segretario di Stato, può dare un’opinione. So che negli ultimi tempi c’era in cammino un Accordo fra la Santa Sede e la Repubblica Democratica del Congo ma non lo conosco, non posso risponderti su questo. Neppure conosco la differenza tra questo nuovo che è in cammino e l’altro. Queste cose le fa la Segreteria di Stato, il Segretario di Stato e anche più da vicino Mons. Gallagher che è qui, nella parte politica dei rapporti della S. Sede con gli Stati; loro sono bravi a fare degli accordi, accordi per il bene di tutti.
Ho visto nel Congo tanta voglia di andare avanti, tanta cultura. Ho avuto prima di arrivare qui, alcuni mesi fa, un incontro online con universitari africani, e alcuni erano del Congo: intelligentissimi; voi avete gente di un’intelligenza superiore, intelligentissimi. Questa è una delle vostre ricchezze, i giovani, giovani intelligenti; e si devono sostenere questi giovani, perché studino e vadano avanti; e si deve fare posto a loro, non chiudere le porte.
Voi avete tante ricchezze naturali, che attirano gente che viene – scusatemi la parola – a sfruttare il Congo. C’è questa idea, che ho già detto, che l’Africa va sfruttata. Qualcuno dice, non so se è vero, che i Paesi che avevano colonie hanno dato l’indipendenza ma “dal pavimento in su”: sotto non hanno dato indipendenza, vengono a cercare minerali. Non so se è vero, si dice così. Ma l’idea che l’Africa è da sfruttare dobbiamo toglierla. L’Africa ha la propria dignità. E il Congo in questo è a un altissimo livello.
E parlando di sfruttamento mi colpisce e mi dà dolore il problema dell’est, che è un problema di guerra e di sfruttamento. Nel Congo ho potuto avere un incontro con vittime di quella guerra. Terribile. Feriti, mutilati… Tanto dolore, tanto dolore. Tutto per prendere le ricchezze. Non va, non va!
Ma tornando alla tua domanda sul Congo, il Congo ha tante possibilità.
WELBY
I don’t know the west of Congo so well. My wife has been there again, working with women in conflict. But I was… I’ve done a lot of travelling in the East the last time in 2018, just before COVID. And I want to agree wholeheartedly with what His Holiness has said. We need to be clear. Congo is not the playground of the great powers or for the piracy of the small mining companies. The companies there act irresponsibly with artisanal mining, kidnap – the use of child soldiers, rape on a huge scale and they simply pillage the country. That country should be one of the richest on the face of the planet. One of the biggest grantors of aid to the rest of Africa. It has been tortured. It was given political independence technically, but no economic independence.
And all the experience of the East – I was last there during Ebola, right in the middle of the militia area, and we were training pastors in how to work with Ebola of all kinds… The churches are doing extraordinary work there. The only functional group, particularly, Father, the Roman Catholic Church, does wonderful work. The Great Lakes Peace Project, led by the Roman Catholic Church, is wonderful, but the great powers have to say: ‘Africa and Congo in particular hold so much in the way of the ore and the metals and the minerals and the resources that we will need round the world, if the world economy is to go green and save the planet from climate change.’ And the only way that that can be done in a way that does not cover our hands with blood is if the great powers seek the peace of the Congo and not merely their prosperity.
[Non conosco molto bene l’Occidente del Congo: mia moglie è stata lì e ha lavorato con donne coinvolte nel conflitto. Io sono stato molte volte nell’Est, l’ultima volta nel 2018, appena prima del covid. Concordo pienamente con quanto ha detto Sua Santità: dobbiamo essere chiari, il Congo non è terreno di gioco delle grandi potenze né per il potere delle piccole compagnie minerarie, che agiscono irresponsabilmente con attività mineraria artigianale, il sequestro di persona, l’uso di bambini soldato, stupri su larga scala … Stanno semplicemente saccheggiando il Paese, un Paese che dovrebbe essere uno dei più ricchi sulla faccia della terra, uno dei Paesi maggiormente capace di aiutare il resto dell’Africa. Invece è stato torturato, gli è stata data indipendenza politica – tecnicamente – ma non indipendenza economica. L’esperienza che ho fatto nell’Est, nel corso della mia ultima visita, quando infuriava Ebola, proprio nella zona dove imperversava la milizia, abbiamo formato i pastori a gestire Ebola in ogni sua forma. Le Chiese stanno facendo un lavoro straordinario, sono l’unica forza funzionante. Ma Padre, mi lasci dire, la Chiesa cattolica fa un lavoro meraviglioso: il progetto per i Grandi Laghi avviato dalla Chiesa cattolica è meraviglioso. Ma ora le grandi potenze devono dire: l’Africa, e in particolare il Congo, hanno davvero tante risorse in minerali e metalli di cui ha bisogno tutto il mondo se vuole fare una transizione ecologica e salvare il pianeta dal cambiamento climatico; e l’unico modo per farlo senza macchiarci le mani di sangue è che le grandi potenze cerchino veramente la pace per il Congo e non unicamente la loro ricchezza.]
GREENSHIELDS
I don’t want to add too much because I think that was a very eminent answer to it. But it’s a warning, isn’t it, to those of us who have. But I think that it was something that the Pope mentioned here about young people. Bright, good young minds deserve the opportunity to develop. Now, from my own experience in other parts of the world, bright young female minds deserve the right to the same opportunities exactly as any others in whatever country, but especially in the developing countries. And that would be my plea. The rights of women and young women in particular have to be recognised as paramount.
[Non voglio aggiungere molto perché credo che questa risposta sia esaustiva. Ma credo che sia un ammonimento per noi tutti. Ma mi sembra che ci sia una cosa che il Papa abbia detto a proposito dei giovani: menti brillanti e positive e giovani hanno il diritto di avere l’opportunità di svilupparsi. Secondo la mia esperienza in altre parti del mondo, soprattutto alle menti brillanti delle giovani donne deve essere riconosciuto il diritto di avere esattamente le stesse opportunità degli altri giovani, in qualsiasi Paese, ma in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Questa è la mia supplica: il riconoscimento dei diritti delle donne, specialmente delle giovani, è fondamentale.]
Seconda domanda
Jean-Luc Mootosamy (CAPAV) [in inglese]
Abbiamo visto come la violenza non cessi nonostante decenni di presenza di missioni ONU. Come potete voi, insieme, aiutare nel promuovere un nuovo modello di intervento vista la crescente tentazione di molte nazioni africane a scegliersi altri partner per garantirsi la sicurezza, partners che potrebbero non rispettare la leggi internazionali come alcune compagnie private russe o altre organizzazioni, nella regione del Sahel per esempio?
PAPA FRANCESCO
Grazie. Il tema della violenza è un tema quotidiano. Lo abbiamo appena visto anche qui in Sud Sudan. Ma è doloroso vedere come si provoca la violenza. Uno dei punti è la vendita delle armi. L’Arcivescovo Welby ha detto qualcosa su questo. La vendita delle armi. Oggi credo che nel mondo questa sia la peste, la peste più grande: l’affare, la vendita delle armi. Qualcuno mi diceva – uno che se ne intende – che con quello che si spende in un anno per le armi si potrebbe eliminare la fame nel mondo. Non so se è vero o no. Ma oggi, al top, c’è la vendita delle armi. E non solo tra le grandi potenze, anche con questa povera gente. Gente a cui, con questo, seminano la guerra dentro. È crudele. Dicono: “Vai alla guerra!”, e gli danno le armi, perché dietro ci sono degli interessi, soprattutto interessi economici, per sfruttare la terra, per sfruttare i minerali, per sfruttare le ricchezze.
È vero che il tribalismo in Africa non aiuta. Non so bene come sia in Sud Sudan, ma credo che ci sia. Ci vuole dialogo fra le diverse tribù. Ricordo quando sono stato in Kenya, nello stadio pieno tutti si sono alzati in piedi a dire: “No al tribalismo, no al tribalismo!”. È vero che ogni tribù ha la propria storia, che hanno inimicizie vecchie o culture diverse. Ma è anche vero che si provoca la lotta fra le tribù con la vendita delle armi e poi si sfrutta la terra di ambedue le tribù. Questo è diabolico. Non mi viene un’altra parola. Questo è distruggere: distruggere il creato, distruggere la persona, distruggere la società.
Non so se in Sud Sudan succede, ma in alcuni Paesi i ragazzini sono portati via per far parte delle milizie e lottare, da ragazzini. Questo è molto doloroso.
Riassumo: credo che il problema più grave è l’ansia di prendere la ricchezza di quel Paese – coltan, litio e tutte queste cose – tramite la guerra, per la quale vendono le armi, e sfruttano anche i bambini.
GREENSHIELDS
I think one of the issues that comes to mind with respect to this, is the high degree of illiteracy that exists within countries, in which case people don’t have a clear understanding of who they are and where they are and making educated choices. That’s one thing. We certainly have to challenge the arms race, where people make more money through that than the world and probably anything else. How we do that is through persuasion and how we overcome division is through dialogue.
I want to just give you one small story about Scotland, the country that I come from, which was religiously a deeply divided country where we had terrible things happening, terrible violence, terrible division within our nation. There then began a process of dialogue between ourselves, the Church of Scotland and the Catholic Church in Scotland that arrived at the point last year where we signed a declaration of friendship, where we would walk together in our differences, but also in agreement with the things that we agree with. And it’s only when you can get to that stage of dialogue and encounter with the other person that you start to bring down those walls. And that’s what we’ve noticed in Scotland. And what when I was young, was a deeply divided country and is changing. And education, too, helps to do that.
[Credo che uno dei problemi che emergono è l’alto livello di analfabetismo che esiste in questi Paesi: la gente non ha una chiara comprensione di chi sono, dove sono e su come fare scelte informate. Questa è una cosa. Sicuramente dobbiamo affrontare il fenomeno della corsa agli armamenti: ci sono persone che fanno tantissimi soldi con questo, più che con qualsiasi altra cosa al mondo. Come farlo? Con la persuasione. E come superiamo le divisioni? Attraverso il dialogo. Voglio farvi un esempio calato in Scozia, il Paese dal quale vengo, che è stato un Paese profondamente diviso dalla religione, nel quale sono successe cose terribili: violenze terribili, terribili divisioni all’interno della nostra Nazione. Abbiamo iniziato un processo di dialogo tra noi stessi – Chiesa di Scozia – e la Chiesa cattolica che era in Scozia per arrivare l’anno scorso alla firma di una Dichiarazione di amicizia secondo la quale vogliamo camminare insieme nelle nostre differenze ma in concordanza nelle cose su cui siamo d’accordo. Ed è solo quando si riesce ad arrivare a questo livello di dialogo e di incontro con l’altro che si iniziano ad abbattere i muri. Questo è quello che è successo in Scozia che, quando io ero giovane, era ancora un Paese profondamente diviso. E questo sta cambiando. Anche l’istruzione contribuisce a questo processo.]
WELBY
I want to take a different tack because it was a very good, very helpful question. It’s not the UN or other things. It is ‘and.’ It’s always ‘and’ rather than ‘or.’
What the churches bring is not only functional networks where they’re almost uncorrupt. And so when you put aid in, it gets to the people on the ground; and their networks that cross the fighting lines, and all the rest of it. On Saturday, our archbishop in Kajo Keji buried twenty people. He went straight down there. He was back Saturday evening. He had made a big difference. It’s the change of heart. And that’s the point of this visit.
A hundred and thirty years ago, hundred years ago, the Nuer and the Dinka were constantly at war. It was a vendetta culture. The Nuer, in particular, were at war with clans among themselves, as well. Cattle raiding. The difference was not made by the colonial government. It was made by the churches and the change of heart, as people received faith in Christ and realized there was a new way to live.
So my prayer at the end of this visit is not just lots of activism, but also that the Holy Spirit of God brings a new spirit of reconciliation and healing to the people of South Sudan.
[Io invece voglio rispondere da un punto di vista diverso, perché la sua è una domanda molto utile. Non si tratta di Onu “oppure” altro, ma è Onu “con”: è sempre “con”, piuttosto che “oppure”. Cosa portano le Chiese? Non solo reti funzionanti praticamente incorruttibili per cui quando mandi un aiuto, quell’aiuto arriva alla gente del posto; quelle reti che riescono pure a superare le linee di fuoco, e tutto il resto. Sabato scorso, il nostro arcivescovo ha celebrato a Kajo Keji il funerale di 20 persone: è andato appena avuto la notizia dell’attentato ed è tornato sabato sera stessa. Questa sua visita e il suo intervento hanno fatto una grande differenza: è il cambiamento del cuore, e questo è stato il punto di questa visita. 100 anni fa, le popolazioni NuereDinkaerano perennemente in guerra, era una cultura della vendetta; i Nuer in particolare erano sempre in lotta anche tra i loro stessi clan, con il sequestro del bestiame. La differenza non l’ha fatta il governo coloniale, ma le Chiese e il cambiamento del cuore quando le persone hanno ricevuto la fede in Cristo e hanno realizzato che esiste un modo nuovo di vivere. Per questo, la mia preghiera alla fine di questa visita non è solo per un grandissimo attivismo, ma soprattutto affinché lo Spirito di Dio porti un nuovo spirito di riconciliazione e guarigione alla gente del Sud Sudan.]
Terza domanda
Claudio Lavanga (NBC NEWS)
Buongiorno a tutti quanti. A Lei Santo Padre volevo chiedere, visto che l’arcivescovo Welby ha ricordato quel momento incredibile nel 2019, quando si è inginocchiato davanti ai leader del Sud Sudan per chiedere la pace, purtroppo fra due settimane ci sarà il primo anniversario di un altro conflitto terribile, quello in Ucraina, e la mia domanda è: Lei sarebbe pronto a compiere lo stesso gesto nei confronti di Vladimir Putin se avesse la possibilità di incontrarlo, visto che i suoi appelli alla pace finora sono caduti nel vuoto? E a tutti e tre: volevo sapere se volete fare un appello congiunto per la pace in Ucraina, visto che è un momento raro in cui siete tutti e tre?
PAPA FRANCESCO
Io sono aperto a incontrare entrambi i Presidenti, quello dell’Ucraina e quello della Russia, sono aperto per l’incontro. Se non sono andato a Kiev è perché non era possibile in quel momento andare a Mosca. Ma ero in dialogo, anzi il secondo giorno della guerra sono andato all’Ambasciata russa a dire che volevo andare a Mosca a parlare con Putin, a patto che ci fosse una piccola finestrina per negoziare. Poi il ministro Lavrov mi ha risposto: “Bene”, che sì, valutava bene questo, ma “vediamo più avanti”. Quel gesto è stato un gesto pensato, dicendo “lo faccio per lui”.
Ma quel gesto dell’incontro del 2019 non so come è successo, non era stato pensato, e le cose che non sono state pensate tu non puoi ripeterle, è lo Spirito che ti porta lì, non si può spiegare, punto, e io l’ho anche dimenticato. È stato un servizio, sono stato strumento di qualche impulso interiore, non una cosa pianificata.
Oggi siamo… ma non è l’unica guerra, io vorrei fare giustizia: da dodici, tredici anni la Siria è in guerra; da più di dieci anni lo Yemen è in guerra; pensa al Myanmar, alla povera gente Rohingya che gira il mondo, gira il mondo perché sono stati cacciati via dalla propria patria. Dappertutto, nell’America Latina, quanti focolai di guerra ci sono! Sì, ci sono guerre più importanti per il rumore che fanno, ma, non so, tutto il mondo è in guerra, è in autodistruzione. Dobbiamo pensare seriamente. È in autodistruzione. Fermiamoci in tempo! Perché una bomba ne richiama una più grande e una più grande e una più grande, e nell’escalation tu non sai dove finirai… Bisogna avere la testa fredda.
Poi, Sua Eccellenza ha parlato delle donne: le donne, le ho viste nel Sud Sudan, portano avanti i figli, a volte rimangono sole, ma hanno la forza di creare un Paese. Le donne sono brave, sono quelle che stanno portando avanti… Perché gli uomini vanno alla lotta, vanno alla guerra e queste signore con due, tre, quattro, cinque bambini vanno avanti… Le ho viste qui in Sud Sudan. E, parlando di donne, vorrei direi una parola sulle suore, le suore che si coinvolgono, ne ho viste alcune qui in Sud Sudan e poi nella Messa di oggi: avete sentito il nome di tante suore che sono state uccise, sgozzate in questa guerra… Ma torniamo alla forza della donna, dobbiamo prenderla sul serio e non usarla solamente come pubblicità di maquillage! Per favore, questo è un insulto alla donna, la donna è per le cose più grandi!
Per l’altro punto già ti ho detto, ma bisogna guardare le guerre che ci sono nel mondo.
WELBY
I talked about Russia and President Putin and Ukraine when I was there at the end of November, early December. I’ve really nothing to add, except to say that an end to this war is within the hands of President Putin. He could end it with withdrawal and ceasefire and then negotiations about long-term settlement. But it can’t… It is a terrifying and a terrible war.
But I want to agree with Pope Francis. There are many other wars. I talk every few weeks to the head of our church in Myanmar. I talk to church leaders in Nigeria – 40 people killed in fighting in Katsina yesterday. I talk to many around the world. I entirely agree with the Holy Father. And no war ends without the involvement of women and of young people for exactly the reasons he said.
[Ho parlato della Russia, del presidente Putin e dell’Ucraina quando sono andato lì tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, e davvero non ho nulla da aggiungere se non che la fine di questa guerra è nelle mani del presidente Putin. Potrebbe fermarla con un ritiro e un cessate-il-fuoco e poi con negoziati per accordi a lungo termine. Ma io non posso … È una guerra terrificante e terribile, ma voglio dire anche che sono d’accordo con Papa Francesco: ci sono molte altre guerre. Parlo ogni qualche settimana con il capo della nostra Chiesa in Myanmar, ho parlato ai leader della nostra Chiesa in Nigeria, dove ancora ieri sono state uccise 40 persone a Katsina in un conflitto armato, ho parlato a molti nel mondo: sono pienamente d’accordo con il Santo Padre. Nessuna guerra potrà finire se non saranno coinvolte le donne e i giovani, esattamente per le ragioni che egli ha espresso.]
Quarta domanda
Bruce De Galzain (Radio France)
Santo Padre, prima di partire per il suo viaggio apostolico Lei ha denunciato la criminalizzazione dell’omosessualità. E’ un delitto. In Sud Sudan e in Congo non è accettata dalle famiglie. Io stesso ho incontrato questa settimana a Kinshasa cinque omosessuali, ognuno dei quali era stato rifiutato e persino cacciato dalla propria famiglia. Questi omosessuali mi hanno spiegato che il loro rifiuto viene dall’educazione religiosa dei loro genitori. Alcuni di loro vengono addirittura portati da sacerdoti esorcisti perché le loro famiglie credono che siano posseduti da spiriti impuri. La mia domanda Santo Padre: cosa dice alle famiglie del Congo-Kinshasa e del Sud Sudan che ancora rifiutano i loro figli e che cosa dice ai preti, ai vescovi? Grazie.
PAPA FRANCESCO
Su questo problema ho parlato in occasione di due viaggi: prima, di ritorno dal Brasile: se una persona di tendenza omossessuale è credente e cerca Dio, chi sono io per giudicarlo? Questo ho detto in quel viaggio. Secondo, tornando dall’Irlanda – un viaggio un po’ problematico perché quel giorno era uscita la lettera di quel ragazzo –, lì ho detto chiaramente ai genitori: hanno diritto di rimanere in casa i figli che hanno questo orientamento, voi non potete cacciarli via di casa, hanno diritto su questo. E poi ultimamente ho detto qualcosa, non ricordo bene cosa ho detto, nell’intervista della Associated Press. La criminalizzazione dell’omosessualità è un problema da non lasciar passare. Il calcolo è, più o meno, che cinquanta Paesi in un modo o nell’altro portano a questa criminalizzazione. Alcuni dicono di più, diciamo almeno cinquanta. E alcuni di questi – credo saranno dieci – hanno anche la pena di morte, aperta o nascosta, ma la pena di morte. Questo non è giusto, le persone di tendenza omosessuale sono figli di Dio, Dio vuole loro bene, Dio li accompagna. È vero che alcuni sono in questo stato per diverse situazioni non volute, ma condannare una persona così è peccato, criminalizzare le persone di tendenza omosessuale è una ingiustizia. Non sto parlando dei gruppi, no, delle persone. Si può dire: “Ma fanno dei gruppi che fanno chiasso…”. Le persone. Le lobby sono un’altra cosa. Sto parlando delle persone. E credo che nel Catechismo della Chiesa Cattolica c’è la frase che “non vanno marginalizzati”. Credo che la cosa è chiara su questo.
WELBY
It may not have entirely escaped your notice that, in the Church of England, we’ve been talking about this “just a little” recently, including a good deal of debate in Parliament and all kinds of things. I want to say I wish I had spoken as eloquently and clearly as the Pope. I entirely agree with every word he said there. The criminalization – the Church of England, the Anglican Communion – has passed resolutions at two Lambeth conferences against criminalization, but it has not really changed many people’s mind. Over the next four days in the General Synod of the Church of England, this is our main topic of discussion, and I shall certainly quote the Holy Father. He said it beautifully and accurately.
[Forse non vi è sfuggito del tutto che nella Chiesa d’Inghilterra si è parlato di questo “appena un po’”, recentemente … compresi dibattiti in Parlamento e via dicendo. Vorrei aver parlato con la stessa eloquenza e la stessa chiarezza con cui ha parlato il Papa. Concordo pienamente con ogni parola che ha detto. La criminalizzazione … la Chiesa d’Inghilterra, la Comunione anglicana ha approvato risoluzioni in due Conferenze di Lambeth contro la criminalizzazione, ma questo non ha realmente cambiato la mentalità della maggioranza delle persone. Nei prossimi quattro giorni, nel Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra, questo sarà il tema principale della discussione e sicuramente citerò il Santo Padre. L’ha detto in maniera meravigliosa e accurata.]
GREENSHIELDS
Just a very short observation: There is nowhere in my reading of the four Gospels where I see Jesus turning anyone away. There is nowhere in the four Gospels where I see anything other than Jesus expressing love to whoever he meets. And as Christians, that’s the only expression that we can possibly give to any human being in any circumstances.
[Solo un’osservazione molto breve. In nessun punto dei quattro Vangeli vedo Gesù respingere qualcuno. In nessun punto dei quattro Vangeli vedo altro se non Gesù esprimere amore nei riguardi di chiunque incontri. E, da cristiani, questa è l’unica espressione che possiamo rivolgere a qualunque essere umano e in qualsiasi circostanza.]
Quinta domanda
Alexander Hecht (ORF TV)
Una domanda al Papa: si è parlato molto in questi ultimi giorni di unità, si è vista anche una dimostrazione di unità della Cristianità, in Sud Sudan, anche di unità della Chiesa Cattolica stessa, vorrei chiederle se lei sente che dopo la morte di Benedetto XVI è stato più difficile per lei il suo lavoro e la sua missione, perché si sono rafforzate le tensioni tra le diverse ali della Chiesa Cattolica?
PAPA FRANCESCO
Su questo punto, vorrei dire che ho potuto parlare di tutto con Papa Benedetto, e scambiare opinioni, e lui sempre era al mio fianco, appoggiando; e se aveva qualche difficoltà me la diceva e parlavamo e non c’erano problemi.
Una volta io ho parlato del matrimonio delle persone omosessuali, del fatto che il matrimonio è un sacramento e noi non possiamo fare un sacramento, ma c’è la possibilità di assicurare i beni con la legge civile – è incominciata in Francia, non ricordo come si chiama –; qualsiasi persona può fare una unione civile, non necessariamente di coppia, le vecchiette in pensione fanno un’unione civile… e così via. Allora una persona, che si crede un grande teologo, tramite un amico di Papa Benedetto, è andato da lui e ha fatto la denuncia contro di me. Benedetto non si è spaventato, ha chiamato quattro Cardinali teologi di primo livello e ha detto: “Spiegatemi questo fatto”, e loro lo hanno spiegato. E così è finita la storia.
È un aneddoto per far vedere come si muoveva Benedetto quando c’era una denuncia. Alcune storie che si dicono, che Benedetto era amareggiato per questo o quell’altro che ha fatto il nuovo Papa… sono “storie cinesi”. Anzi, Benedetto, io l’ho consultato per alcune decisioni da prendere e lui era d’accordo.
Credo che la morte di Benedetto è stata strumentalizzata da gente che vuole portare acqua al proprio mulino. E la gente che, in un modo o in un altro, strumentalizza una persona così brava, così di Dio, quasi direi un santo padre della Chiesa, quella gente non ha etica, è gente di partito, non di Chiesa. Si vede in ogni parte la tendenza di fare con le posizioni teologiche dei partiti e poi portare a questo… Lasciar perdere… Queste cose cadranno da sole, o alcune non cadranno e andranno avanti, come nella storia della Chiesa è successo. Ma ho voluto dire chiaramente chi era Papa Benedetto, non era un amareggiato.
Sesta domanda
Jorge Barcia Antelo (RNE)
Buongiorno Santità. Questa è una domanda prima per lei. Ritorniamo adesso da due Paesi vittime di quello che lei ha chiamato la “globalizzazione dell’indifferenza”. Lei lo va dicendo dall’inizio del suo pontificato e anche dal suo viaggio a Lampedusa. In un certo senso in questa settimana si è chiuso un cerchio. Pensa ancora ad ampliare il raggio di questo cerchio, ad andare altrove, di visitare altri Paesi dimenticati? In quali luoghi ha in mente di andare? E dopo questo viaggio, che è stato così lungo, esigente, come si trova? Si sente ancora forte? Ha anche la salute necessaria per andare in tutti questi posti?
[Chiede in inglese al Moderatore e all’Arcivescovo se si uniranno al Papa in un altro viaggio come questo]
PAPA FRANCESCO
Dipende dal menu!
Parlo della globalizzazione dell’indifferenza, poi c’era una cosa al centro della tua domanda…
Sì, è vero, c’è dappertutto la globalizzazione dell’indifferenza, sia all’interno del Paese, può darsi… Diverse persone che hanno dimenticato di guardare i propri compatrioti, i propri concittadini, e li mettono all’angolo per non pensarci. Fa pensare che le fortune più grandi del mondo sono nelle mani di una minoranza; e questa gente non guarda le miserie, il cuore non gli si apre per aiutare queste situazioni.
Sui viaggi. Credo che per l’India sarà il prossimo anno, credo… Il 23 settembre vado a Marsiglia; e c’è la possibilità che da Marsiglia voli in Mongolia, ma non è definito questo, è possibile. E poi un altro quest’anno: Lisbona. Ma il criterio è questo: ho scelto di visitare i Paesi più piccoli dell’Europa. Lei dirà: “Ma è andato in Francia”. No, sono andato a Strasburgo, andrò a Marsiglia, non in Francia. I più piccoli, i più piccoli, per conoscere un po’ l’Europa nascosta, l’Europa che ha tanta cultura ma non è a conoscenza di tutti, per accompagnare Paesi, per esempio l’Albania – che è stato il primo – che è il Paese che ha sofferto la dittatura più crudele della storia. La scelta mia è un po’ questa: cercare di non cadere io stesso nella globalizzazione dell’indifferenza.
[Gli chiedono della sua salute] Tu sai che l’erba cattiva non muore mai! No, non come all’inizio del pontificato, davvero, questo ginocchio dà fastidio, ma va avanti lentamente, poi vediamo. Grazie.
WELBY
Certainly this is the best airline I’ve ever flown on. So I’d be delighted to go…. But joking aside, yes, if the Holy Father felt that I added any value, or the Archbishop in the future added any value, it is always a huge privilege. It depends where it is and whether we would be hindrance or a help.
Sicuramente questa è la migliore linea aerea con cui io abbia viaggiato! Scherzi a parte, sì: qualora il Santo Padre abbia l’impressione che io abbia aggiunto valore, o che in futuro l’arcivescovo (di Canterbury) possa aggiungere valore, sarà sempre un grande privilegio. Dipende dalla destinazione e dal fatto che possiamo essere un impedimento o un aiuto.
GREENSHIELDS
We would certainly be delighted to do something like this again. The only caveat I would add to that is that I finish my role on the 20th of May, and a very capable woman will be taking over as the Moderator of the Church of Scotland, but she will be delighted to do the same thing!
Sicuramente saremmo ansiosi, felici di rifare una cosa simile. L’unico limite è che il mio mandato scade il 20 maggio e il prossimo moderatore [dell’Assemblea generale] della Chiesa di Scozia sarà una donna, molto capace [in gamba?], e sono sicuro che sarebbe felice di fare lo stesso.