Musei Vaticani – Giunta alla III edizione, con l’esposizione del Sarcofago della sacerdotessa e cantatrice di Amon, Djedmut, riprende ai Musei Vaticani, dopo la pausa imposta dalla pandemia la rassegna “Collezioni in dialogo”. Il progetto vede la collaborazione tra le più importanti istituzioni museali italiane e internazionali.
C’è il più bel sarcofago ligneo policromo della Collezione di Antichità Egizie e del Vicino Oriente ad accogliere il visitatore che entra nel Museo Gregoriano Egizio dei Musei Vaticani. Si tratta di quello appartenente alla sacerdotessa e cantatrice di Amon, Djedmut. Per un anno, fino al 30 settembre 2023, sarà in Sala 1 a raccontare in un suggestivo allestimento la sua storia. Questo è l’intento del progetto scientifico internazionale e multidisciplinare Vatican Coffin Project che coinvolge i sarcofagi lignei policromi del Terzo Periodo Intermedio, tra il 1070 e il 712 a.C., conservati nelle collezioni pontificie. “Questi oggetti hanno una vita”, spiega la curatrice del Reparto Antichità Egizie e del Vicino Oriente Alessia Amenta, “vogliamo che questi oggetti parlino”.
“Abbiamo avviato una collaborazione nel 2018 con il Museo Egizio di Torino proprio per raccontare come il dialogo tra le nostre istituzioni e con altre abbia creato i presupposti per una conoscenza più approfondita. Siamo fermamente convinti che la condivisione di dati, di esperienze e di informazioni sia il primo passo per la conoscenza. Nella Sala 1 che accoglie i nostri visitatori vogliamo raccontare che cos’è un museo. Prima di tutto è un luogo di dialogo tra gli oggetti e i visitatori, ma anche tra gli oggetti e coloro i quali si occupano di questi oggetti. Gli oggetti hanno tante vite: una vita antica, una vita che rinasce nel momento della loro scoperta e poi tutte le vite successive che hanno permesso di interpretarli ogni volta in maniera diversa”.
Collezioni in Dialogo 2022. L’edizione di quest’anno propone un capolavoro delle collezioni vaticane: il Sarcofago della sacerdotessa e cantatrice di Amon, Djedmut. Che cosa racconta questo sarcofago?
“È un sarcofago ligneo dipinto, splendido da un punto di vista iconografico, della resa del dettaglio, della cromia, esposto da sempre nel museo. Dal 1839 quando viene inaugurato il museo con Papa Gregorio XVI era già in sala 1. Successivamente invece è stato spostato nella sala 2 all’interno della vetrina dedicata ai sarcofagi. Oggi lo esponiamo temporaneamente di nuovo in sala 1 dove diventa un elemento fondamentale di racconto che vogliamo portare avanti attraverso un progetto internazionale multidisciplinare che si chiama Vatican Coffin Project. Coffin significa in inglese “sarcofago ligneo”. A questo progetto aderiscono una serie di istituzioni molto importanti: il museo del Louvre, il Museo Egizio di Torino, il Rijksmuseum van Oudheden di Leiden, il Centre de Recherche di Parigi, il centro di conservazione La Venaria Reale e anche Xylodata, sempre di Parigi, che si occupa della identificazione delle specie legnose. Tutte istituzioni che hanno deciso di condividere le proprie esperienze sui sarcofagi lignei. Vogliamo che sia questo sarcofago a raccontare tante informazioni. Prima fra tutti, per esempio, quella della tecnologia. La tecnologia raggiunta nel costruire e dipingere un sarcofago racconta l’organizzazione centralizzata della società del suo tempo, le modalità di procacciamento delle materie prime, il livello di artigianato raggiunto. E poi anche il personaggio a cui era dedicato racconta qualcosa: l’iconografia, l’apparato testuale raccontano tante informazioni”.
Chi fino a tutto settembre 2023 accede al Museo Gregoriano Egizio trova dunque ad accoglierlo la sacerdotessa e cantatrice di Amon- Ra, Djedmut.