Intercomunione – Il 22 marzo scorso, gli arcivescovi di Bamberga e di Colonia insieme ai vescovi di Augusta, Eichstätt, Görlitz, Passau e Ratisbona, hanno scritto una lettera comune al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e all’arcivescovo Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
La domanda che ci si pone non è di poco conto: è possibile per una protestante o per un protestante partecipare all’eucaristia del coniuge cattolico?
L’occasione – spiega una nota dell’Arcidiocesi di Colonia – è stata una decisione presa nel corso dell’assemblea di primavera della Conferenza episcopale tedesca, che si è svolta dal 19 al 22 febbraio a Ingolstadt. Il 20 febbraio, la maggioranza di due terzi dei vescovi tedeschi ha adottato il testo per una “mano tesa pastorale” per rendere possibile la Comunione data a coniugi di confessione cristiana diversa in alcuni singoli casi e dopo maturo esame in dialogo con il parroco o con una persona da lui incaricata.
Nella lettera, i vescovi firmatari chiedono alla Santa Sede di chiarire se la questione della Comunione a coniugi di confessioni diverse possa “essere risolta nell’ambito di una Conferenza episcopale nazionale o se sia necessaria una decisione della Chiesa universale”. Lo scopo dei sette vescovi – afferma la nota – è quello di “evitare ‘eccezioni’ nazionali” in una “questione così centrale per la fede e per l’unità della Chiesa”, “per arrivare invece, attraverso un colloquio ecumenico, ad una soluzione universalmente unitaria e attuabile”.
A questo proposito si può ricordare quanto affermato da Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia a paragrafo 247 intitolato ‘Alcune situazioni complesse’: “Le problematiche relative ai matrimoni misti richiedono una specifica attenzione. I matrimoni tra cattolici e altri battezzati “presentano, pur nella loro particolare fisionomia, numerosi elementi che è bene valorizzare e sviluppare, sia per il loro intrinseco valore, sia per l’apporto che possono dare al movimento ecumenico”. A tal fine “va ricercata […] una cordiale collaborazione tra il ministro cattolico e quello non cattolico, fin dal tempo della preparazione al matrimonio e delle nozze” (Familiaris consortio, 78). Circa la condivisione eucaristica si ricorda che “la decisione di ammettere o no la parte non cattolica del matrimonio alla comunione eucaristica va presa in conformità alle norme generali esistenti in materia, tanto per i cristiani orientali quanto per gli altri cristiani, e tenendo conto di questa situazione particolare, che cioè ricevono il sacramento del matrimonio cristiano due cristiani battezzati. Sebbene gli sposi di un matrimonio misto abbiano in comune i sacramenti del battesimo e del matrimonio, la condivisione dell’Eucaristia non può essere che eccezionale e, in ogni caso, vanno osservate le disposizioni indicate” (Pont. Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per l’Applicazione dei Principi e delle Norme sull’Ecumenismo, 25 marzo 1993, 159-160)”.
Da aggiungere che Nel 2015, durante la visita alla comunità luterana tedesca di Roma, Papa Francesco rispondendo a una domanda aveva affermato che, pur non essendoci alcun permesso generale per i protestanti di ricevere l’eucaristia, la decisione doveva essere rinviata alla coscienza personale dell’individuo ed era sembrato aprire alla possibilità caso per caso.
Il presidente della Conferenza episcopale tedesca, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, si è detto sorpreso della lettera dei sette vescovi e dei loro dubbi, considerando il fatto che il testo, approvato dall’assemblea episcopale a stragrande maggioranza, è tra l’altro solo una bozza, dunque soggetta a ulteriori modifiche.
Ma ci sono state altre forti prese di posizioni sul delicato argomento. Tra queste va ricordata quella del cardinale Robert Sarah: “L’intercomunione non è consentita tra cattolici e non cattolici. È necessario confessare la fede cattolica. Un non-cattolico non può ricevere la comunione. Questo è molto, molto chiaro. Non è una questione che riguarda la libertà di coscienza” aveva risposto con queste parole il prefetto della Congregazione del Culto Divino, a coloro che hanno visto un’apertura all’intercomunione tra cattolici e luterani in una risposta data da Papa Francesco ad una luterana durante la sua recente visita alla comunità luterana di Roma. “Noi diamo la comunione ai cattolici, dare la comunione a tutti è una sciocchezza”, aveva sottolineato il cardinale.
“Non c’è intercomunione tra anglicani e cattolici, tra cattolici e protestanti. Se vanno a messa insieme, il cattolico può andare alla comunione ma il luterano o l’anglicano no». Senza un’unione nella fede e nella dottrina, aprire le porte all’intercomunione «sarebbe promuovere la profanazione». «Noi non possiamo farlo. Non è che dobbiamo parlare con il Signore per sapere se possiamo fare la Comunione. Noi dobbiamo sapere se siamo in accordo con le regole della Chiesa. La nostra coscienza deve essere illuminata dalle regole della Chiesa che dice che, per comunicarsi, abbiamo bisogno di essere in stato di grazia, senza peccato, e avere fede nell’Eucaristia. Non è un desiderio o un dialogo personale con Gesù che determina se possiamo ricevere la comunione nella Chiesa cattolica. Una persona non può decidere se è in grado di ricevere la Comunione. Deve essere cattolica, in stato di grazia, correttamente sposata [se coniugata]». L’intercomunione non permette l’unità perché «il Signore ci aiuta ad essere uno se lo riceviamo in modo corretto altrimenti noi mangeremo la nostra condanna, come dice san Paolo (1 Corinzi 11,27-29). Non riusciamo a diventare una cosa sola se si partecipa alla comunione con il peccato, con disprezzo per il Corpo di Cristo”.
Il catechismo della Chiesa Cattolica non lascia adito ad interpretazioni essendo molto chiaro sull’argomento.
«1400. Le comunità ecclesiali sorte dalla Riforma, separate dalla Chiesa cattolica, “specialmente per la mancanza del sacramento dell’Ordine, non hanno conservata la genuina ed integra sostanza del Mistero eucaristico” [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 22]. Per questo motivo, non è possibile, per la Chiesa cattolica, l’intercomunione eucaristica con queste comunità. Tuttavia, queste comunità ecclesiali “mentre nella santa Cena fanno memoria della morte e della Risurrezione del Signore, professano che nella Comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa” [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 22]».
«1401. In presenza di una grave necessità, a giudizio dell’Ordinario, i ministri cattolici possono amministrare i sacramenti (Eucaristia, Penitenza, Unzione degli infermi) agli altri cristiani che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, purché li chiedano spontaneamente: è necessario in questi casi che essi manifestino la fede cattolica a riguardo di questi sacramenti e che si trovino nelle disposizioni richieste [Cf ⇒ Codice di Diritto Canonico, 844, 4]».
Essendo scritto bene, si capisce bene che cosa vuole dire: la chiesa cattolica i sacramenti non li tiene per sé, ma proprio perché non sono di sua proprietà bensì li amministra in nome di Cristo, nel metterli a disposizione di tutti i cristiani non può fare quel che le pare e piace ma è tenuta ad averne la cura che è richiesta quando si custodisce un tesoro che non ci appartiene.
Certo che un protestante può fare la comunione (e
può confessarsi! ma di questo, curiosamente, non si parla mai), però a certe condizioni, molto chiare e ragionevoli: a) in presenza di una grave necessità; b) non per decisione individuale ed autonoma, ma a giudizio dell’autorità della chiesa; c) professando la fede cattolica riguardo ai sacramenti; d) essendo nelle disposizioni ordinariamente richieste anche ai cattolici per ricevere legittimamente la comunione eucaristica.
Il 22 Febbraio del 2007 Papa Benedetto XVI scriveva nel ‘Sacramentum Caritatis’.
Eucaristia, pienezza dell’iniziazione cristiana
17. Se davvero l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa, ne consegue innanzitutto che il cammino di iniziazione cristiana ha come suo punto di riferimento la possibilità di accedere a tale sacramento. A questo proposito, come hanno detto i Padri sinodali, dobbiamo chiederci se nelle nostre comunità cristiane sia sufficientemente percepito lo stretto legame tra Battesimo, Confermazione ed Eucaristia. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che veniamo battezzati e cresimati in ordine all’Eucaristia. Tale dato implica l’impegno di favorire nella prassi pastorale una comprensione più unitaria del percorso di iniziazione cristiana. Il sacramento del Battesimo, con il quale siamo resi conformi a Cristo, incorporati nella Chiesa e resi figli di Dio, costituisce la porta di accesso a tutti i Sacramenti. Con esso veniamo inseriti nell’unico Corpo di Cristo (cfr 1 Cor 12,13), popolo sacerdotale. Tuttavia è la partecipazione al Sacrificio eucaristico a perfezionare in noi quanto ci è donato nel Battesimo. Anche i doni dello Spirito sono dati per l’edificazione del Corpo di Cristo (1 Cor 12) e per la maggiore testimonianza evangelica nel mondo. Pertanto la santissima Eucaristia porta a pienezza l’iniziazione cristiana e si pone come centro e fine di tutta la vita sacramentale.
L’ordine dei Sacramenti dell’iniziazione
18. A questo riguardo è necessario porre attenzione al tema dell’ordine dei Sacramenti dell’iniziazione. Nella Chiesa vi sono tradizioni differenti. Tale diversità si manifesta con evidenza nelle consuetudini ecclesiali dell’Oriente, e nella stessa prassi occidentale per quanto concerne l’iniziazione degli adulti, rispetto a quella dei bambini. Tuttavia tali differenziazioni non sono propriamente di ordine dogmatico, ma di carattere pastorale. Concretamente, è necessario verificare quale prassi possa in effetti aiutare meglio i fedeli a mettere al centro il sacramento dell’Eucaristia, come realtà cui tutta l’iniziazione tende. In stretta collaborazione con i competenti Dicasteri della Curia Romana le Conferenze Episcopali verifichino l’efficacia degli attuali percorsi di iniziazione, affinché il cristiano dall’azione educativa delle nostre comunità sia aiutato a maturare sempre di più, giungendo ad assumere nella sua vita un’impostazione autenticamente eucaristica, così da essere in grado di dare ragione della propria speranza in modo adeguato per il nostro tempo (cfr 1Pt 3,15).
Iniziazione, comunità ecclesiale e famiglia
19. Occorre tenere sempre presente che l’intera iniziazione cristiana è cammino di conversione da compiere con l’aiuto di Dio ed in costante riferimento alla comunità ecclesiale, sia quando è l’adulto a chiedere di entrare nella Chiesa, come avviene nei luoghi di prima evangelizzazione e in tante zone secolarizzate, oppure quando i genitori chiedono i Sacramenti per i loro figli. A questo proposito, desidero portare l’attenzione soprattutto sul rapporto tra iniziazione cristiana e famiglia. Nell’opera pastorale si deve associare sempre la famiglia cristiana all’itinerario di iniziazione. Ricevere il Battesimo, la Cresima ed accostarsi per la prima volta all’Eucaristia sono momenti decisivi non solo per la persona che li riceve ma anche per l’intera famiglia, la quale deve essere sostenuta nel suo compito educativo dalla comunità ecclesiale, nelle sue varie componenti. Qui vorrei sottolineare la rilevanza della prima Comunione. In tantissimi fedeli questo giorno rimane giustamente impresso nella memoria come il primo momento in cui, seppur ancora in modo iniziale, si è percepita l’importanza dell’incontro personale con Gesù. La pastorale parrocchiale deve valorizzare adeguatamente questa occasione così significativa.
C’è poi un capitolo dell’attuale Papa Emerito che tratta la partecipazione dei cristiani non cattolici.
56. Con il tema della partecipazione ci troviamo inevitabilmente a trattare dei cristiani appartenenti a Chiese o a Comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica. A questo proposito, si deve dire che l’intrinseco legame esistente tra Eucaristia e unità della Chiesa, da una parte, ci fa desiderare ardentemente il giorno in cui potremo celebrare insieme con tutti i credenti in Cristo la divina Eucaristia ed esprimere così visibilmente la pienezza dell’unità che Cristo ha voluto per i suoi discepoli (cfr Gv 17,21). Dall’altra parte, il rispetto che dobbiamo al sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo ci impedisce di farne un semplice « mezzo » da usarsi indiscriminatamente per raggiungere questa stessa unità. L’Eucaristia, infatti, non manifesta solo la nostra personale comunione con Gesù Cristo, ma implica anche la piena communio con la Chiesa. Questo è, pertanto, il motivo per cui con dolore, ma non senza speranza, chiediamo ai cristiani non cattolici di comprendere e rispettare la nostra convinzione che si rifà alla Bibbia e alla Tradizione. Noi riteniamo che la Comunione eucaristica e la comunione ecclesiale si appartengano così intimamente da rendere generalmente impossibile accedere all’una senza godere dell’altra, da parte di cristiani non cattolici. Ancora più priva di senso sarebbe una vera e propria concelebrazione con ministri di Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa Cattolica. Resta tuttavia vero che, in vista dell’eterna salvezza, vi è la possibilità dell’ammissione di singoli cristiani non cattolici all’Eucaristia, al sacramento della Penitenza e all’Unzione degli infermi. Ciò suppone però il verificarsi di determinate ed eccezionali situazioni connotate da precise condizioni. Esse sono indicate con chiarezza nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nel suo Compendio. È dovere di ciascuno attenervisi fedelmente.
E’ evidente come in gran parte della Chiesa tedesca vi sia stata già in quei giorni una vera e propria smania di voler creare una “messa ecumenica” per unirsi ai protestanti ed oggi un’intercomunione che dia loro ‘forza’. Allora Benedetto XVI si oppose in modo forte e subì dei duri attacchi da alcuni porporati del suo paese natio. Arginò la forte pressione attraverso l’Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis, sull’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa.
Ora è Papa Francesco a dover spiegare, ancora una volta, quello che in molti dimostrano di non voler sentire e soprattutto capire.
Raffaele Dicembrino