Giuramento guardie svizzere vaticane. Comandante Graf: “Salda fiducia in Dio”

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Guardie Svizzere – A rappresentare il Papa, è monsignor Edgar Peña Parra, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato.

Uno squillo di tromba e il rullo dei tamburi accompagnano l’ingresso degli uomini della Guardia Svizzera Pontificia nel Cortile San Damaso. Prima del giuramento risuonano l’inno Pontificio e quello nazionale svizzero. “Giuro di servire fedelmente, lealmente e onorevolmente il Sommo Pontefice Francesco e i suoi legittimi successori, come pure di dedicarmi a loro con tutte le forze, sacrificando, ove occorra, anche la vita per la loro difesa”. Le nuove 34 Guardie Svizzere, una ad una, pronunciano queste parole che ricordano il loro compito di vegliare sulla sicurezza del Papa e che comprende anche quello di custodire il Collegio cardinalizio durante la Sede Vacante. La mano sinistra è posta sulla bandiera del Corpo e la destra alzata con tre dita aperte, a simbolo della Trinità. Sullo sfondo, i colori giallo, blu e rosso della “Gran Gala”, l’uniforme di gala comprensiva di armatura, che viene usata esclusivamente per la benedizione papale “Urbi et Orbi” a Natale e Pasqua.
A rappresentare il Papa, è monsignor Edgar Peña Parra, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato. Oltre a genitori e fratelli, vi prendono parte alcuni rappresentanti della Confederazione Elvetica ed Esercito Svizzero, della Conferenza Episcopale Svizzera e delle Fondazioni della Guardia Svizzera Pontificia. Oggi il Presidente della Confederazione Elvetica, Guy Parmelin ha anche incontrato il Papa.
A sottolineare come la missione delle Guardie Svizzere sia profondamente intrecciata con la fede, è il cappellano, don Thomas Widmer, nel suo discorso: “L’atto di giurare – evidenzia – non è semplicemente una vuota formula da ripetere, perché state prendendo Dio stesso a testimone. Il vostro giuramento, quindi, è esso stesso un atto di venerazione a Dio”. In una società in cui Dio e la sua Parola rischiano di essere dimenticati, il sacerdote ricorda alle nuove Guardie Svizzere che anche grazie alla testimonianza di fede che danno, in questo tempo di pandemia che necessariamente costringe a chiederci ciò che davvero conti nella vita, “che l’uomo moderno può essere ricondotto nuovamente a Dio”.
L’esempio di San Giuseppe, che sembra un uomo non di molte parole ma dell’ascolto, dell’azione e integro, “che, a dispetto di ogni paura e di ogni dubbio, faceva con coraggio e totale fiducia in Dio tutto ciò che gli veniva chiesto”, viene richiamato dal comandante il colonnello Christoph Graf nel suo discorso che ricorda anche la Lettera Apostolica Patris corde, con cui Papa Francesco ha proclamato un anno dedicato a san Giuseppe. “Lasciamoci ispirare ogni giorno da san Giuseppe e facciamo nostre tali qualità, ma soprattutto la sua salda fiducia in Dio”, sottolinea. Vengono anche evidenziate le necessità del Corpo della Guardia svizzera che ha bisogno ogni anno di circa 35 nuove guardie per poter garantire un effettivo completo di 135 uomini.
Dal comandante anche un ringraziamento a Papa Francesco, ai responsabili della Segreteria di Stato, del Governatorato e della Prefettura della Casa Pontificia per il loro benevolo sostegno, e alla Conferenza episcopale elvetica, alla Chiesa cattolica romana in Svizzera, alla Confederazione e i Cantoni, all’esercito svizzero e ai corpi di polizia cantonali, alle ex guardie e anche alle due fondazioni che, con generoso impegno, si dedicano alle questioni che concernono la Guardia Svizzera Pontificia. In proposito si ricorda il progetto della ricostruzione della caserma, “che – afferma – nei prossimi anni costituirà una grande sfida per tutti noi, ma che alla fine sarà molto importante per il futuro della Guardia Svizzera Pontificia”.
Papa Francesco ricevendo le guardie svizzere in mattinata le aveva incoraggiate e ringraziate: “Apprezzo molto la vostra capacità di coniugare gli aspetti professionali e quelli spirituali, esprimendo così la vostra devozione e fedeltà alla Sede Apostolica. Da parte loro, i pellegrini e i turisti che vengono a Roma hanno la possibilità di sperimentare la cortesia e la disponibilità delle guardie ai vari ingressi della Città del Vaticano. Non dimenticate mai queste qualità, che rappresentano una bella testimonianza e sono il segno dell’accoglienza della Chiesa.
Il Signore talvolta chiama alcuni tra voi a seguirlo nella strada del sacerdozio o della vita consacrata, trovando un terreno disponibile coltivato proprio durante il tempo di servizio nella Guardia. Altri invece seguono la vocazione coniugale e formano una propria famiglia. Ringrazio con voi il Signore, fonte di ogni bene, per i diversi doni e le varie vocazioni che vi affida, e prego perché anche quanti iniziano ora il loro servizio possano rispondere pienamente alla chiamata di Cristo, seguendolo con fedele generosità.
Va ricordato che le guardie svizzere pontificie hanno una storia che arriva da lontano.
l 22 gennaio 1506 un gruppo di 150 mercenari elvetici al comando del capitano Kaspar von Silenen, del Canton d’Uri, dopo una marcia di 800 chilometri lungo la via Francigena, attraverso porta del Popolo entrò per la prima volta in Vaticano per servire papa Giulio II. Già in precedenza Sisto IV aveva concluso nel 1479 un accordo con la confederazione, che prevedeva la possibilità di reclutare mercenari elvetici. Successivamente il Corpo delle guardie si ampliò ulteriormente.
La prima rappresentazione conosciuta di alcune Guardie Svizzere nelle loro eleganti divise multicolori è effigiato da Raffaello con lo stesso Papa Giulio II nell’affresco della “Messa di Bolsena”.
Le guardie svizzere non furono solo impiegate come scorta personale del papa, ma parteciparono a numerose battaglie, prima fra tutte quella avvenuta il 6 maggio 1527 durante il sacco di Roma da parte delle milizie del conestabile di Borbone, permettendo con il loro sacrificio a papa Clemente VII di avere salva la vita.
Dei 189 svizzeri se ne salvarono solo quarantadue, cioè quelli che all’ultimo momento avevano accompagnato Clemente VII nella fuga lungo il Passetto di Borgo, il passaggio che collega il Vaticano a Castel Sant’Angelo. Il 5 giugno Clemente VII si arrendeva. Per aver salva la vita dovette accettare pesanti condizioni (l’abbandono delle fortezze di Ostia, Civitavecchia e Civita Castellana e delle città di Modena, Parma e Piacenza oltre che al pagamento di quattrocentomila ducati). La guarnigione papale fu sostituita con mercenari spagnoli e lanzichenecchi. Il Papa ottenne che gli svizzeri sopravvissuti fossero inclusi nella nuova Guardia, ma solo 12 di essi accettarono.
Con la conquista di Roma da parte delle truppe del Regno d’Italia nel 1870, le Guardie Svizzere rimasero a difesa personale del papa nei suoi alloggi, e papa Pio X nel 1914 decise di fissare il numero dei militi che compongono questo corpo speciale a 106 membri: 100 soldati e 6 ufficiali, tra cui il comandante che ha il grado di colonnello. Durante la seconda guerra mondiale papa Pio XII ampliò temporaneamente il corpo delle guardie svizzere che fu portato a oltre 300 effettivi, questo sia per dare rifugio ai molti sfollati sia per dare una maggiore stabilità alla Città del Vaticano.
Chiuso il capitolo del giuramento, un interessante novità giunge dalla sala stampa vaticana sulle udienze di Papa Francesco.
l Papa presidierà nuovamente l’udienza generale nel Cortile di san Damaso da mercoledì 12 maggio e, secondo le indicazioni sanitarie previste, i fedeli potranno parteciparvi. Lo ha riferito la Sala Stampa vaticana riportando quanto comunicato dalla Prefettura della Casa Pontificia.
Dal 2 settembre dello scorso anno, il 2020, erano tornate a svolgersi con la presenza dei fedeli ma dal 4 novembre si erano nuovamente tenute “a distanza”, dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico. Dall’11 marzo del 2020 Francesco, adeguandosi alle misure sanitarie anticontagio, aveva iniziato a rivolgere la catechesi del mercoledì dalla stessa Biblioteca.




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