Gaudete et Exsultate esortazione Apostolica di Papa Francesco sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo

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Lunedì prossimo, 9 aprile alle ore 12.15, nella Sala Stampa della Santa Sede si terrà la Conferenza Stampa di presentazione dell’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Gaudete et Exsultate”, sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Interverranno monsignor Angelo De Donatis, vicario generale del Papa per la Diocesi di Roma; Gianni Valente, giornalista e Paola Bignardi, dell’Azione Cattolica.
Fin dai primi passi dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro, Francesco si è soffermato sulla santità nella Chiesa e, in più occasioni, ha tracciato non solo un profilo di ciò che contraddistingue l’essere Santi, ma ha pure indicato cosa un Santo non è.
Il 2 ottobre del 2013, in una delle udienze generali del suo primo anno di Pontificato, sottolinea che la Chiesa “a tutti offre la possibilità di percorrere la strada della santità, che è la strada del cristiano” verso l’incontro con Gesù. La Chiesa, osserva, “non rifiuta i peccatori”, li accoglie e invita loro a lasciarsi “contagiare dalla santità di Dio”. Al termine di quella catechesi, il Papa cita dunque lo scrittore francese Léon Bloy che affermava, negli ultimi giorni della sua vita, che “c’è solo una tristezza nella vita, quella di non essere santi”.
I Santi, sottolinea nella prima Festa di Ognissanti da Papa, il primo novembre 2013, sono “gli amici di Dio”, perché nella loro vita “hanno vissuto in comunione profonda con Dio”. Francesco traccia dunque un identikit dei Santi che, avverte subito, “non sono superuomini, né sono nati perfetti”. I Santi, ribadisce, “sono come noi, come ognuno di noi”, hanno vissuto “una vita normale”, ma hanno “conosciuto l’amore di Dio” e lo hanno “seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie”. Da che cosa dunque si riconosce questa Santità? “I Santi – risponde il Papa – sono uomini e donne che hanno la gioia nel cuore e la trasmettono agli altri”. La gioia, dunque, tratto distintivo dei Santi, in contrapposizione a quella “faccia da funerale” che, lo dice tante volte, hanno alcuni cristiani che non vivono bene la loro fede.
Altra caratteristica dei Santi è l’umiltà. Nell’omelia mattutina a Casa Santa Marta, il 9 maggio 2014, Francesco si sofferma sulla figura di San Giovanni Paolo II. E osserva che “il grande atleta di Dio” finisce “annientato dalla malattia. Umiliato come Gesù”. La testimonianza di papa Karol Wojtyla, rammenta, mostra che la regola della santità “è diminuire perché il Signore cresca” e per questo occorre “la nostra umiliazione”. Nulla di più lontano dunque dall’immagine di persone con “superpoteri”. “La differenza tra gli eroi e i Santi – spiega ancora in quella omelia – è la testimonianza, l’imitazione di Gesù Cristo: andare sulla via di Gesù”. Altro tema particolarmente a cuore a Jorge Mario Bergoglio è “l’universale vocazione alla santità”. A questo dedica l’udienza generale del 19 novembre 2014. “Tutti i cristiani, in quanto battezzati – sottolinea – hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione che è quella alla santità”. Questa, afferma il Papa, “è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano”. E aggiunge che “per essere Santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi”, “tutti siamo chiamati a diventare Santi”.
Francesco mette in guardia da un’idea dei Santi con “la faccia da immaginetta”. E’ qualcosa di molto più profondo ed è alimentata da gesti, “tanti piccoli passi”, che ognuno può compiere laddove vive e lavora. “Ogni stato di vita – è la sua esortazione – porta alla santità, sempre!”. Un anno dopo, il primo novembre 2015, nella Messa al Cimitero del Verano, Francesco si sofferma sulla “strada per raggiungere la vera Beatitudine”, la santità. E osserva che i Santi sono miti e pazienti. Una via, quella della mitezza e della pazienza, che ha percorso Gesù. Nel 2016 torna più volte sul tema nelle Messe a Casa Santa Marta. Il 19 gennaio, incentrando l’omelia su Davide, annota che anche nella vita dei Santi ci sono tentazioni e peccati. La vita del re d’Israele è eloquente al riguardo: Santo e peccatore. Aveva i suoi peccati, “é stato anche un assassino”, ma alla fine li riconosce e chiede perdono. Una storia, conclude il Papa, che fa pensare che “non c’è alcun Santo senza passato, neppure alcun peccatore senza futuro”. Il 24 maggio avverte invece che la santità “non si può comprare e non si vende”. E’ un dono da accogliere. Un dono e un cammino. “La santità – sottolinea Francesco – è un cammino alla presenza di Dio” e “non può farlo un altro nel mio nome”. “Un cammino – dice ancora – che si deve fare con coraggio, con la speranza e con la disponibilità di ricevere questa grazia”.
I Santi sono anche “testimoni e compagni di speranza”. Su questo il Papa parla nell’udienza generale del 21 giugno 2017. E in tale occasione, sottolinea che per essere Santi “non bisogna pregare tutta la giornata”. La santità è anche “nella malattia e nella sofferenza”, nel lavoro e “nel custodire i figli”. “Che il Signore ci dia la speranza di essere Santi – è la sua invocazione – e non pensiamo che è una cosa difficile, che è più facile essere delinquenti che Santi! No. Si può essere Santi perché ci aiuta il Signore”. Il Papa parla di santità anche attraverso le Reti Sociali. Lo fa via Twitter il primo novembre dell’anno scorso quando sottolinea che “il mondo ha bisogno di santi e tutti noi, senza eccezioni, siamo chiamati alla santità”. E non bisogna “temere” di camminare sulla via della santità. Che è degli umili, non degli arroganti.
Un richiamo e un’esortazione che riecheggia anche nelle 15 cerimonie di Canonizzazione celebrate da Francesco, a partire da quelle di Madre Teresa, di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Ma pure nella Beatificazione di Paolo VI, laddove Francesco sottolinea innanzitutto la sua umiltà, virtù propria dei testimoni e non dei “superuomini”. Significativamente, Papa Francesco apre la via alla Beatificazione anche a chi, spinto dalla carità, ha offerto eroicamente la propria vita per il prossimo. Lo fa con un Motu proprio, intitolato Maiorem hac dilectionem, pubblicato nel luglio del 2017, che inizia con le parole di Gesù tratte dal Vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
E la figura dei Santi nella Chiesa? Sull’argomento ecco un significativo scritto del cardinale Josè Saraiva Martins. “Per fare di un uomo un santo occorre solo la Grazia. Chi dubita di questo non sa cosa sia un santo né cosa sia un uomo”, ha osservato con la sua caratteristica lapidarietà Pascal nei Pensieri. Prendo questa osservazione per accennare alle due prospettive di queste riflessioni: nel santo si congiungono la celebrazione di Dio (della sua Grazia appunto) e la celebrazione dell’uomo, nelle sue potenzialità e nei suoi limiti, nelle sue aspirazioni e nelle sue realizzazioni. Sono note le tante obiezioni che oggi si muovono al concetto di “santità” e di “santo”. Non poche critiche sono rivolte anche alla tradizionale e ininterrotta pratica della Chiesa di riconoscere e proclamare “santi” alcuni suoi figli più esemplari. Nel grande risalto, anche numerico, dato da Giovanni Paolo II alle beatificazioni e canonizzazioni durante il suo pontificato, qualcuno ha insinuato esservi una strategia espansionistica della Chiesa cattolica. Per altri, la proposta di nuovi beati e santi, così diversificati per categorie, nazionalità e culture, sarebbe solo un’operazione di marketing della santità con scopi di leadership del Papato nella società civile attuale. C’è, infine, chi vede nelle canonizzazioni e nel culto dei santi un residuo anacronistico di trionfalismo religioso, estraneo o persino contrario allo spirito e al dettato del Concilio Vaticano II che tanto ha evidenziato la vocazione alla santità di tutti i cristiani. Evidentemente, una lettura esclusivamente sociologica del nostro tema rischia di essere non solo riduttiva ma anche fuorviante dalla comprensione di questo fenomeno tanto caratteristico della Chiesa cattolica. Nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte, lettera che il Papa polacco ha consegnato alla Chiesa a conclusione del Giubileo dell’anno 2000, si parla con accenti profondi del tema della santità. Nella “grande schiera di santi e di martiri” che include “Pontefici ben noti alla storia o umili figure di laici e religiosi, da un continente all’altro del globo – ha osservato Giovanni Paolo II al n. 7 della Lettera – la santità è apparsa più che mai la dimensione che meglio esprime il mistero della Chiesa. Messaggio eloquente che non ha bisogno di parole, essa rappresenta al vivo il volto di Cristo”. Per capire la Chiesa occorre conoscere i santi che ne sono il segno e il frutto più maturo ed eloquente. Per contemplare il volto di Cristo nelle mutevoli e diversificate situazioni del mondo moderno occorre guardare ai santi che”rappresentano al vivo il volto di Cristo”, come ci ricorda il Papa. La Chiesa deve proclamare dei santi e lo deve fare in nome di quell’annuncio della santità che la riempie e la fa essere appunto, strumento di santità nel mondo. “Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia trasformati nell’immagine di Cristo, Dio manifesta vividamente agli uomini la sua presenza e il suo volto. In loro è egli stesso che ci parla e ci mostra il segno del suo regno, verso il quale, avendo davanti a noi un tal nugolo di testimoni e una tale affermazione della verità del Vangelo, siamo potentemente attirati”. In questo passaggio della Lumen Gentium troviamo la ragione profonda del culto di beati e santi.
La Chiesa compie la missione affidatale dal Divin Maestro di essere strumento di santità attraverso le vie dell’evangelizzazione, dei sacramenti e della pratica della carità. Tale missione riceve un notevole contributo di contenuti e di stimoli spirituali anche dalla proclamazione dei beati e santi, perché essi mostrano che la santità è accessibile alle moltitudini, che la santità è imitabile. Con la loro concretezza personale e storica fanno sperimentare che il Vangelo e la vita nuova in Cristo non sono un’utopia o un mero sistema di valori, ma sono “lievito” e “sale” capaci di far vivere la fede cristiana all’interno e dall’interno delle diverse culture, aree geografiche ed epoche storiche. “L’avvenire degli uomini – ha osservato il cardinale Giuseppe Siri – non è mai chiaro, perché tutti i loro peccati corrodono tutti i sentieri della storia e inducono una dialettica intricata di cause e di effetti, di errori e di nemesi, di esplosioni e di interruzioni. La certezza che i santi continueranno ad accompagnare gli uomini è una delle poche garanzie dell’avvenire”. Il fenomeno dei santi e della santità cristiana, crea uno stupore che non è mai venuto meno nella vita della Chiesa e che non può non sorprendere anche un osservatore laico attento, soprattutto oggi, in un mondo che cambia continuamente e rapidamente, in un mondo frammentato culturalmente sia a livello di valori che di costumi… Ciò detto, va riconosciuto che Papa Giovanni Paolo II ha fatto della proclamazione di nuovi beati e santi una autentica e costante forma di evangelizzazione e di magistero. Ha voluto accompagnare la predicazione delle verità e dei valori evangelici con la presentazione di santi che hanno vissuto quelle verità e quei valori in modo esemplare. Nel corso del suo pontificato, e dunque dal 1978 ad oggi, Giovanni Paolo II ha beatificato 1.299 persone di cui 1.029 sono martiri, mentre ne ha canonizzate 464 di cui 401 hanno incontrato il martirio. I laici elevati agli onori degli altari sono anche molti di più di quanto si pensi, di solito: si tratta infatti di 268 beati e 246 santi, in tutto sono ben 514 laici… Nella Tertio Millennio adveniente Giovanni Paolo II scrive:”In questi anni si sono moltiplicate le canonizzazioni e le beatificazioni. Esse manifestano la vivacità delle Chiese locali, molto più numerose oggi che nei primi secoli e nel primo millennio. Il più grande omaggio, che tutte le Chiese renderanno a Cristo alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell’onnipotente presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della vocazione cristiana. Le vie della santità sono molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno. Ringrazio il Signore che mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani, e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita”.Vorrei infine soffermarmi sul contributo culturale dato dai santi, dal loro culto e dal fervoroso e serio lavoro di studio che precede e segue la loro canonizzazione. Il Concilio Vaticano II chiese che un'”accurata investigazione storica, teologica e pastorale” circondasse la proposta del culto dei santi. Tale indicazione trovava già preparata, e oggi pienamente sperimentata, la Congregazione delle Cause dei Santi. La cura della verità storica fu sempre presente nel lavoro della Congregazione delle Cause dei Santi. Già in un “Decreto” di Pio X del 26.8.1913, poi recepito nel “Codice di Diritto Canonico” del 1917, chiedeva la raccolta e lo studio di tutti i documenti storici relativi alle cause. Ma la fondamentale novità fu apportata dal Motu Proprio “Già da qualche tempo” del 6.2.1930, con il quale Pio XI istituiva presso la Congregazione dei Riti la “Sezione storica”, con il compito di portare il suo efficace contributo per la trattazione delle cause “storiche”, cioè di quelle senza testimoni contemporanei ai fatti in causa. Il servizio reso dalla “Sezione storica”, poi denominata dal 1969 “Ufficio storico-agiografico”, fu esteso a tutte le cause, anche a quelle “recenti”, accrescendo la sensibilità storico-critica a tutti i livelli e in tutte le fasi del processo. Finalmente, la Costituzione Apostolica “Divinus perfectionis Magister, seguita dalle “Normae servandae” sancì definitivamente il determinante apporto del metodo e della qualità storica nella trattazione delle cause dei santi… I santi sono come dei fari; hanno indicato agli uomini le possibilità di cui l’essere umano dispone. Per questo sono interessanti anche culturalmente, indipendentemente dall’approccio culturale, religioso e di studio con cui li si avvicini. Un grande filosofo francese del XX secolo, Henry Bergson, ha osservato che “i più grandi personaggi della storia non sono i conquistatori ma i santi”. In tempi più recenti, . Joseph Ratzinger ha giustamente affermato che “Non sono le maggioranze occasionali che si formano qui o là nella Chiesa a decidere il suo e nostro cammino. Essi, i Santi, sono la vera, determinante maggioranza secondo la quale noi ci orientiamo. Ad essa noi ci atteniamo! Essi traducono il divino nell’umano, l’eterno nel tempo”… Nella Chiesa dunque tutto, ed ogni vocazione in particolare è a servizio della santità! Ed è indubbiamente in questo senso che quando guardiamo alla Chiesa, non dobbiamo mai dimenticare di vedere in essa il volto della “madre dei santi”, che genera santità con feconda e magnanima sovrabbondanza.

Raffaele Dicembrino




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