Editoria – “Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io” di Lucio Brunelli

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Papa – A pochi giorni del settimo anniversario dell’elezione di papa Francesco (13 marzo 2013), esce oggi nelle librerie un diario di ricordi basato su colloqui, lettere, telefonate, da cui traspare una straordinaria e delicata storia di amicizia “Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io” edizioni San Paolo.

Francesco è un Papa molto rappresentato dai media di tutto il mondo, ma paradossalmente poco conosciuto nelle sue intenzioni più profonde.

Lucio Brunelli, giornalista, vaticanista di lungo corso, che ha conosciuto Bergoglio più di quindici anni fa e ha continuato a frequentarlo una volta eletto Papa, ci svela in queste pagine un volto sconosciuto ai più di un successore di Pietro chiamato a Roma dalle lontane americhe.

Un diario di ricordi basato su colloqui, lettere, telefonate, cui traspare una straordinaria e delicata storia di amicizia, parola, amicizia, che per pudore l’autore non usa mai nei confronti del Pontefice.

Ricco di tanti episodi inediti, che a volte emozionano altre volte strappano il sorriso, il volume presenta un ritratto diverso di Francesco, oltre ogni ideologismo.

Entriamo così in punta di piedi nel mondo interiore di Bergoglio-Papa Francesco: la sua preghiera  tradizionale; le tribolazioni, che non gli fanno perdere la sua pace; le resistenze alle novità del pontificato  e soprattutto quella fede in Gesù che prima di ogni altra cosa, con i limiti di ogni uomo, lo muove e lo sostiene.

L’autore narra del suo libro con queste parole: “Questo libro non doveva essere un libro. Doveva essere un diario dei miei ricordi personali di papa Francesco da condividere con figli, parenti e amici. Un lascito di memoria da predisporre in tempo, prima di perderla, la memoria. Così ho iniziato a scrivere appena andato in pensione, un anno fa, una paginetta al giorno, nessuna ansia, nessuna fretta. Avevo da occuparmi anche dell’orto e di altre importanti attività nella mia nuova vita.

La scrittura mi faceva compagnia e il racconto mi coinvolgeva. Mentre le dita accarezzavano la tastiera del Pc e le tante situazioni di cui sono stato testimone prendevano lentamente forma nella mente e sullo schermo, mi ritrovavo a sorridere o a emozionarmi. Perché il rapporto che il buon Dio mi ha concesso di vivere con Jorge Mario Bergoglio ha toccato in profondità la mia vita.

Mi avevano già affascinato i primi racconti su di lui, che udii nel lontano 2001: un cardinale che viveva come un monaco, si muoveva con i mezzi pubblici e sosteneva i preti delle villas miserias, le baraccapoli di Buenos Aires. Poi il primo incontro di persona, a Roma, otto anni prima che diventasse papa. Immaginavo di trovarmi di fronte un uomo di Dio così ascetico e severo da mettermi in soggezione. Scoprii un sacerdote mite, con il quale veniva facile conversare e confidarsi.

A quel tempo ero il ‘vaticanista’ del Tg2, succedeva di incontrare alti ecclesiastici. Ma sentii subito che quell’incontro sarebbe rimasto dentro la mia vita, non solo professionale. Restammo in contatto. All’inizio soprattutto mail, lui alternava un italiano incerto e il castigliano. Ci vedevamo quando veniva a Roma, a casa di Gianni e Stefania o nella basilica di San Lorenzo, una volta volai con altri amici a Buenos Aires. Si dialogava sulla Chiesa, la fede che non arrivava più ai giovani, la crudeltà di un’economia fondata sul Dio denaro. Ma non erano solo discussioni intellettuali, con il passare degli anni veniva spontaneo condividere, con pudore, gioie e dolori della vita.

Poi, la sera del 13 marzo 2013, mi toccò annunciare in diretta, da piazza san Pietro, l’elezione del nuovo Papa… E non fu facile controllare l’emozioni. Pensai che forse non ci saremmo più sentiti, con tutti gli impegni e i pensieri di un Papa. Non fu così. E la cosa ancora mi sconcerta, acuisce insieme il senso di una sproporzionata inadeguatezza e lo stupore di una gratuità.

Ecco, doveva essere solo un diario. Poi l’ho fatto leggere ad alcuni amici che mi hanno convinto a pubblicarlo così com’era. Ed è diventato un piccolo libro. “Farà bene a chi lo legge”, mi dicono. Speriamo sia così. Non è il bilancio di un pontificato (l’unico bilancio davvero interessante lo farà Dio), tanto meno un’operazione agiografica che farebbe rabbrividire per primo Francesco.

 

Sono alcuni ricordi di cose vissute, raccontati spero con la penna di un giornalista (mestiere che non smetterò mai di amare). Frammenti di storia che possono contribuire, forse, ad una conoscenza più completa di un Papa molto rappresentato dai media di tutto il mondo ma paradossalmente poco conosciuto nelle sue intenzioni più profonde, in quella fede in Cristo Gesù che prima di ogni altra cosa, con i limiti di ogni uomo, lo muove e lo sostiene.

 

Lucio Brunelli, giornalista, ha raccontato l’attività dei papi come “vaticanista” del Tg2 (1995-2014), diventando poi direttore per l’informazione a Tv2000 e Inblu Radio (2014-2019). Romano, 67 anni, si è laureato in Scienze Politiche con una tesi su Giorgio La Pira. Padre di due figli, vedovo, ha iniziato il suo percorso professionale nel mensile internazionale 30Giorni.

Ha seguito decine di viaggi apostolici all’estero e realizzato interviste a personalità di spicco, dal cardinale Ratzinger a papa Francesco.

Nel 2013 gli è stato conferito il premio Giuseppe De Carli per l’informazione religiosa.

 

Brunelli parlando del duo libro aggiunge: “ Sentii parlare di lui la prima volta nel 2001, tanti anni fa, e rimasi subito affascinato dai racconti che lo descrivevano come una personalità assolutamente atipica non mediatica.

Un uomo che si svegliava la mattina presto quando era buio per pregare, che viveva in povertà in un piccolo appartamento. Io ero già vaticanista e una figura così di cardinale ovviamente mi incuriosiva.

Alla luce di questi racconti me lo aspettavo anche molto severo e austero, una personalità che poteva mettere soggezione.

L’ho poi conosciuto nel 2005, quindi 8 anni prima della sua elezione, era allora cardinale di Buenos Aires. Lo incontrai a casa di Gianni Valente e di Stefania Falasca, che già lo conoscevano, e lì scoprii un uomo di chiesa che definirei particolare, molto modesto, che veniva a Roma senza segretari, una persona molto mite ma anche ilare, che ti metteva a proprio agio e che sapeva sorridere delle cose.

Questo è un tratto che mi ha sempre colpito di lui. Lui stesso dice che l’umorismo è l’espressione umana più vicina alla grazia di Dio, nel senso che è tipica di chi non si prende troppo sul serio perché sa perfettamente che è una sola la cosa seria e importante nella vita, quella che dà il senso di tutto mentre sul resto – noi, i nostri limiti – si può sorridere.

 

A me colpisce però la sua dimensione di sacerdote per cui le anime vengono prima di ogni altra cosa. “Prima le anime”: potrebbe essere il suo motto.

Ricordo che eravamo al telefono, era il 2014, gli raccontavo di una mia collega della Rai con la quale ho collaborato per tanti anni perché lei faceva il montaggio dei miei servizi proprio sul Papa. Lei mi chiese un consiglio perché voleva confessarsi da un sacerdote, erano 40 anni che non si confessava più. Stavo parlando con il Papa di altre cose e raccontai per inciso quest’episodio. Mi interruppe e lo fece con una voce per me indimenticabile, dicendo che la mia collega si doveva confessare da un prete misericordioso. Insistette su questo punto. Risposi che lo avremmo cercato. “Altrimenti la fai venire da me – disse il Papa – rinuncio alla mia siesta e la confesso io”.

Questo dice molto sul sacerdote Bergoglio per il quale l’anima di una persona, l’anima nel senso del desiderio di felicità di vita di una persona, viene prima di ogni altra cosa.

 

Papa Francesco è  un uomo che si nutre di rosari, di adorazione eucaristica, che vive ogni giorno di novene a santa Teresina di Lisieux, a san Giuseppe.

Quando io una volta ho avuto un grande dolore famigliare mi ha mandato una busta con dei santini proprio di santa Teresina, di san Giuseppe, con le preghiere da recitare per chiedere una grazia nei momenti di grande dolore e tribolazione.

Poi invece leggo chi lo dipinge come un Papa quasi secolarizzato, che non parla di Dio, relativista. E’ chiaro che sento un divario rispetto all’uomo che ho conosciuto io, un uomo che veramente vive di preghiera.

Questo aspetto della sua pace interiore insieme alla sua ilarità è il segreto che mi ha sempre più intricato. La sua è una pace che nasce dalla preghiera, nasce dalla fede e dalla grazia di Dio”.




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