Comunità di Bose: gli allontanamenti di Papa Francesco

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Comunità di BoseAllontanati dal Papa l’ex priore e il monaco scledense Lino Breda .

Il provvedimento è stato preso dal pontefice a seguito della visita apostolica ordinata nei mesi scorsi, per verificare le segnalazioni arrivate alla Santa Sede in merito a tensione tra il fondatore e il nuovo priore Luciano Manicardi. E’ in corso un tentativo di mediazione.

L’ex priore Enzo Bianchi in una nota, si appella alla Santa Sede «perché ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto. Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia».

“Io, fr. Enzo Bianchi, il fondatore, sr. Antonella Casiraghi, già sorella responsabile generale, fr. Lino Breda, segretario della comunità, e fr. Goffredo Boselli, responsabile della liturgia, sono stati invitati a lasciare temporaneamente la comunità e ad andare a vivere altrove”.

La comunicazione arriva a seguito della visita apostolica, effettuata dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020 e affidata dal Santo Padre a Rev.do P. Abate Guillermo León Arboleda Tamayo, OSB, al Rev.do P. Amedeo Cencini, FDCC e alla Rev.da M. Anne-Emmanuelle Devéche, OCSO, Abbadessa di Blauvac nella comunità monastica piemontese fondata da Enzo Bianchi.

Ispezione” che sarebbe stata disposta a seguito delle tensioni venutesi a creare tra il fondatore e il nuovo priore fratel Luciano Manicardi. “Come da noi annunciato a suo tempo –  spiega in un comunicato ufficiale il fondatore Enzo Bianchi – in seguito a serie preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede che segnalavano una situazione tesa e problematica nella nostra Comunità per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno il Santo Padre ha disposto la visita apostolica”.

Ecco che la Santa Sede, in data 13 maggio, a firma del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità e approvato in forma specifica dal Papa, ha quindi sottoscritto il decreto che prevede il trasferimento in altro luogo di padre Bianchi e il conseguente decadimento da tutti gli incarichi del fondatore. Provvedimento che si estende anche al monaco laico, nativo di Schio, Lino Breda.

“Abbiamo chiesto che ci fosse permesso di conoscere le prove delle nostre mancanze e di poterci difendere da false accuse – continua padre Enzo Bianchi – In questi due ultimi anni, durante i quali volutamente sono stato più assente che presente in comunità, soprattutto vivendo nel mio eremo, ho sofferto di non poter più dare il mio legittimo contributo come fondatore”.

“In quanto fondatore, oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore – continua – ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema. Mai però ho contestato con parole e fatti l’autorità del legittimo priore, Luciano Manicardi, un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità”.

“In questa situazione, per me come per tutti, molto dolorosa – sottolinea – chiedo che la Santa Sede ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto. Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia. Nella sofferenza e nella prova abbiamo altresì chiesto e chiediamo che la comunità sia aiutata in un cammino di riconciliazione”.

“Ringrazio dal profondo del cuore i tanti fratelli e sorelle di Bose che in queste ore di grande dolore mi sostengono e le tante persone che mi e ci hanno attestato la loro umana vicinanza e il loro affetto sincero – conclude – Nella tristezza più profonda, sempre obbediente, nella giustizia e nella verità, alla volontà di papa Francesco, per il quale nutro amore e devozione finale”.

Ritrovare la rotta in mezzo alla burrasca. È la grande sfida della Comunità di Bose che sta attraversando il momento più cupo della sua storia. Il giorno dopo il terremoto, i fratelli e le sorelle di Bose – una novantina sparsi in cinque comunità oltre alla sede storica nel Biellese – hanno scelto il silenzio.

Indietro però non si può tornare. Perché il decreto, datato 13 maggio 2020, che porta la firma del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ed è stato «approvato in forma specifica dal Papa», non è appellabile.

Il dialogo coordinato da padre Amedeo Cencini, cui è stato affidato l’incarico di delegato pontificio, non si ferma e l’auspicio di tutti è che, nel rispetto del decreto della Segreteria di Stato, si possa arrivare ad una soluzione condivisa.

Bose aveva però da tempo la necessità di trovare nuove modalità per vivere pienamente il suo carisma, per rimettere a punto «le linee portanti di un processo di rinnovamento che – come auspicato dalla comunità stessa – infonderà rinnovato slancio alla nostra vita monastica ed ecumenica». In questo progetto è apparso ai visitatori apostolici – la delegazione vaticana era composta dall’abate Guillermo Leon Arboleda Tamayo, da padre Amedeo Cencini e da suor M. Anne-Emmanuelle Devéche, abbadessa di Blauvac – che dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020 sono rimasti a Bose raccogliendo testimonianze e pregando insieme ai fratelli, che la presenza del fondatore potesse rappresentare motivo di incomprensioni e non agevolare la risoluzione di problemi e tensioni. Troppo forte la personalità di Enzo Bianchi per non rischiare che quella ricchezza si traducesse anche in un ingombro.

Ma andiamo a rivisitare la comunità di Bose, la sua attività, il suo modo di vivere il cristianesimo.

A partire dai primi secoli vi sono stati uomini e donne, chiamati ben presto monaci, che hanno abbandonato tutto per tentare di vivere l’evangelo nel celibato e riuniti in comunità

A partire dai primi secoli vi sono stati uomini e donne, chiamati ben presto monaci, che hanno abbandonato tutto per tentare di vivere radicalmente l’evangelo nel celibato e riuniti in comunità.

Bose si innesta in questa tradizione, propria dell’oriente e dell’occidente cristiani, per vivere oggi il progetto del monachesimo, sotto la guida di una regola e di un padre spirituale, chiamato priore, che hanno il compito di rimandare costantemente all’unica luce dell’evangelo di Gesù Cristo.

  • «Bose» è una comunità di monaci e monache appartenenti a chiese cristiane diverse
  • che cercano Dio nell’obbedienza all’evangelo, nella comunione fraterna, nel celibato
  • presente nella compagnia degli uomini, si pone al loro servizio
la casa dell’inizio della comunità come si presenta oggi

la casa dell’inizio della comunità come si presenta oggi

La Comunità monastica di Bose è stata canonicamente approvata  cf. decreto del Vescovo di Biella, mons. Massimo Giustetti in data 11 luglio 2000 che ne ha anche  approvato lo statuto e l’annessa regola monastica. L’attuale Ordinario di Biella, mons. Gabriele Mana ha confermato la suddetta acquisizione della personalità giuridica e approvato le modifiche allo statuto con decreto in data 29 giugno 2010. La regola monastica era stata approvata dal card. Michele Pellegrino di Torino in occasione della professione dei primi sette fratelli il 23 aprile 1973 e confermata dal suo successore, il card. Anastasio Ballestrero il 6 agosto 1978.

La comunità nasce l’8 dicembre del 1965, giorno in cui si chiude il concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi decide di iniziare a vivere, solo, in una casa affittata presso le cascine di Bose. I primi fratelli giungono tre anni dopo, e fra essi una donna e un pastore evangelico. Da allora, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, si celebra la liturgia delle ore cantata, si lavora, si pratica l’accoglienza, si studia la Scrittura e la tradizione monastica, e si vive la faticosa ma feconda avventura comunitaria.

Oggi la comunità è formata da circa ottanta persone, uomini e donne, alcuni dei quali evangelici e ortodossi, cinque presbiteri e un pastore. Senza averlo ricercato, ma per un grande dono dello Spirito, fin dall’inizio hanno fatto parte della comunità cristiani appartenenti a confessioni diverse. Di questo dono si è cercato di fare un impegno per l’unità di tutti i cristiani, nella fedeltà alla parola di Cristo: “Che tutti siano una sola cosa”.

la comunità riunita in preghiera

la comunità riunita in preghiera

Alla preghiera comunitaria, nei tre uffici quotidiani, fa eco nella vita di ogni fratello e ogni sorella la preghiera personale, anzitutto la lectio divina, offerta ogni giorno anche agli ospiti da un membro della comunità. Il sabato sera, in preparazione all’eucaristia domenicale, comunità e ospiti si ritrovano per la veglia comunitaria, nel corso della quale si ascoltano insieme i testi biblici della domenica e il priore, o un fratello da lui incaricato, aiuta a cogliere l’unità spirituale che caratterizza i brani della Scrittura proposti dal lezionario.

Qual è la vita dei fratelli e delle sorelle a Bose? È una vita semplice, tendente all’essenziale: una vita cenobitica fatta di preghiera e lavoro. Non c’è infatti un’opera propria della comunità monastica, se non quella di credere e vivere in colui che Dio ha mandato: Gesù Cristo. Tutti i membri della comunità lavorano, guadagnandosi da vivere con le proprie mani, come tutti gli altri uomini e sull’esempio degli apostoli e dei padri. Frutteto e orto, atelier di ceramica, di icone, la falegnameria, una casa editrice, la tipografia, così come la ricerca biblica e catechetica sulla grande tradizione ebraica e cristiana sono alcune delle attività professionali sviluppate fino a oggi, a servizio della comunità e delle chiese locali che spesso manifestano l’esigenza di compiere un piccolo tratto di strada in compagnia della comunità, per approfondire assieme ad essa temi di carattere biblico e spirituale.

La nostra comunità non riceve finanziamenti di nessun tipo e vive unicamente dei proventi del lavoro dei suoi membri: con questo spirito vuole restare un luogo di accoglienza aperto a tutti. Per le spese dell’ospitalità chiediamo a ciascuno di partecipare liberamente nella misura delle sue possibilità. Dal nostro lavoro e dalla vostra sensibilità dipende la possibilità di non escludere nessun ospite per motivi economici.

ospiti e case dell’ospitalità

ospiti e case dell’ospitalità

L’ospitalità è un ministero praticato fin dalle origini del monachesimo. A Bose tutti sono accolti, ma soprattutto coloro che cercano un’occasione per confrontarsi o per saggiare la vita comunitaria, e quanti hanno bisogno di un luogo in disparte, nel quale sostare in silenzio. La nostra comunità pratica l’accoglienza di tutti, ma soprattutto di chi vuole condividere la nostra preghiera e la nostra vita, o di chi cerca un luogo per confrontarsi con dei fratelli sui problemi del mondo e della chiesa.

Nel corso dei quarant’anni della sua storia, la comunità di Bose si è arricchita di volti nuovi provenienti da numerose regioni italiane e anche dall’estero (Francia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna e Svizzera). Essa è composta attualmente da circa novanta membri, tra fratelli e sorelle, di sei nazionalità differenti. Sono praticamente tutti laici, nel solco della tradizione del monachesimo primitivo e a riprova della semplicità e della poca visibilità e rilevanza che Bose vuole assumere in seno alla chiesa, nella quale vuole servire con la povertà e la semplicità di chi nel battesimo si è impegnato a servire l’Evangelo e nient’altro.

I cinque presbiteri presenti a Bose garantiscono i servizi del loro ministero per i membri della comunità e per gli ospiti. Dal 1995 e fino al suo passaggio da questo mondo al Padre, avvenuto nel febbraio 2008, la decisione assunta da mons. Emilianos Timiadis, metropolita della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, di vivere a Bose come un fratello dopo aver servito per tutta la vita il dialogo e la comunione fra le chiese, ha arricchito la comunità di un dono del Signore di inestimabile importanza.

Ma al di là della straordinarietà di certi eventi, suscitati unicamente dalla grazia, il senso e lo “scopo” di Bose continuano a riposare solamente nella sua tensione a una vita radicalmente evangelica. Ciascuno dei suoi membri ricerca questo mirando a un’interiorizzazione delle esigenze evangeliche e vivendo nell’intimo di sé, nella radice del proprio essere, la povertà, l’obbedienza e la castità. Ognuno ricerca l’unità della propria persona per offrire il proprio essere indiviso al Signore nell’assiduità con lui e per essere segno credibile e autorevole di unità e pacificazione per i fratelli e per gli uomini che incontra. Nella vita monastica è lo Spirito a chiamare, pur servendosi di mediazioni umane, e non la chiesa tramite il ministero episcopale, come accade per i ministeri ordinati. Per questa ragione il segno che il monachesimo costituisce ha bisogno di una fedeltà costantemente rinnovata e creativa alla chiamata del Signore per poter essere leggibile. Così, se la comunità può svolgere, ove vi discerna un appello dell’Evangelo e ove le sia richiesto dalla chiesa, diversi servizi e ministeri, nessuno di essi tuttavia costituisce lo specifico della vita monastica che essa si sforza di vivere.

La comunità non è fine a se stessa: essa è stata inviata al mondo per annunciare la buona notizia. Il senso della missione deve perciò pervaderla. Per attuare tale missione, la comunità può decidere la creazione di fraternità. Come i discepoli di Cristo inviati a due a due, i fratelli in missione e fraternità sono un segno dell’annuncio del Cristo presente. Fratello, sorella, tu provieni da una chiesa cristiana. Non sei entrato in comunità per rifare una chiesa che ti soddisfi, a tua propria misura; tu appartieni a Cristo attraverso la chiesa che ti ha generato a lui con il battesimo. Riconoscerai perciò i suoi pastori, riconoscerai i suoi ministeri nella loro diversità, e cercherai di essere sempre segno di unità. Guardati dal criticare meschinamente e con amarezza, senza amore, la chiesa. Più volte sarai tentato di farlo. Ma guarda prima la vita della comunità. Non scopri in essa tante deficienze come nella chiesa?

(Regola di Bose 41-43.45)

 

...come i discepoli di Cristo inviati a due a due...

…come i discepoli di Cristo inviati a due a due…

Se a Bose si è ben poco propensi a parlare di fuga dal mondo (quello che si cerca è piuttosto una fuga dalla mondanità e dagli idoli che possono rendersi ben presenti anche in monastero!), ancora meno si è mai pensata o praticata una fuga ecclesiae.
La comunità è radicata nella chiesa locale in cui il Signore l’ha voluta e svolge un ministero tipicamente ecclesiale sia all’interno della propria diocesi di appartenenza che in altre chiese locali: predicazioni, ritiri spirituali, pubblicazione di sussidi biblici, di collane di spiritualità, di testi ebraici e patristici.

Nell’intento di servire le altre chiese imparando anzitutto ad ascoltarle e a conoscerle, dal 1993 la comunità organizza i Convegni ecumenici internazionali di spiritualità ortodossa, che si svolgono a Bose tutti gli anni nel mese di settembre e offrono l’occasione a studiosi ortodossi e di altre confessioni cristiane di incontrarsi per accrescere la comunione attraverso la conoscenza reciproca e l’approfondimento dei tesori spirituali delle tradizioni proprie di ciascuno.

 

edizione dell’anno 2005

edizione dell’anno 2005

Con spirito analogo, dal 1996 la comunità ha iniziato a promuovere una serie di Convegni sulla spiritualità della Riforma, in collaborazione con le facoltà protestanti di Neuchâtel e di Strasburgo. Dal 1994 partendo con una riflessione sulla celebrazione eucaristica rinnovata dal Concilio Vaticano II si svolgono a Bose i Convegni Liturgici Internazionali. Dal 1998 con un convegno su Cristina Campo si svolgono i Convegni internazionali di spiritualità.

Cosciente di essere peccatrice, la comunità si guarda dal criticare con grettezza e meschinità le miserie della chiesa, ma in forza dell’Evangelo, che è potenza di Dio, osa umilmente ma fermamente richiamare se stessa anzitutto, e tutti coloro che le chiedono una parola, alla vigilanza contro le tentazioni antievangeliche che essa discerne nella chiesa e nella storia.

 

 

 

 

 



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