Africa – Pace, Speranza e Riconciliazione. Come non rammentare le parole chiave della visita effettuata da Papa Francesco un anno fa in Mozambico, Madagascar e Mauritius, dal 4 al 10 settembre 2019 e puntualmente ricordate dal messaggio pubblicato per l’anniversario dal Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar.
“Per papa Francesco tutto si perde con la guerra e tutto si guadagna con la pace.: “Con la guerra, molti uomini, donne e bambini soffrono perché non hanno una casa in cui vivere, niente cibo, niente scuole, ospedali per curarsi, chiese per incontrarsi per la preghiera e campi per impiegare la forza lavoro. Molte migliaia di persone sono costrette a spostarsi in cerca di sicurezza e di mezzi per sopravvivere (…) No alla violenza e sì alla pace!” recita la lettera dei prelati africani.
Per il Santo Padre- continua il messaggio- la pace non è solo assenza di guerre, ma impegno instancabile – soprattutto di chi è in posizione di maggiore responsabilità – a riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, così spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli e sorelle, in modo che possano sentirsi i principali protagonisti del destino della loro nazione e continente”.
I Vescovi africani ricordano come: “Papa Francesco ha insistito sul fatto che per rendere possibile la riconciliazione è necessario superare i tempi di divisione e violenza, di xenofobia e tribalismo. A questo proposito, dobbiamo raccogliere la sfida di accogliere e proteggere i migranti che arrivano in cerca di lavoro e alla ricerca di migliori condizioni di vita per le loro famiglie, di difendere gli incontri ecumenici e interreligiosi e di trovare modi per promuovere la collaborazione tra tutti – cristiani, religioni tradizionali, musulmani – per un futuro migliore per l’Africa”.
“È passato un anno dalla memorabile visita di Papa Francesco in Africa. In effetti, il calore della sua presenza e la ricchezza dei suoi messaggi sono ancora sentiti dalle persone di buon cuore. Tuttavia, atti di violenza brutali sono commessi in diversi Paesi africani, tra cui uno di quelli che il Santo Padre ha visitato lo scorso anno (Mozambico)” recita la conclusione. “In un discorso alla popolazione del Paese in occasione del primo anniversario della storica visita, i Vescovi del Mozambico hanno affermato: “Il Santo Padre ci ha lasciato un messaggio di incoraggiamento, animazione e guida per la nostra situazione attuale. Questo messaggio richiede da noi un impegno forte, continuo e rinnovato per la sua realizzazione”.
“Pertanto, con la presente ripetiamo l’appello di Papa Francesco che; tutti noi dobbiamo dire continuamente “no alla violenza e sì alla pace”; tutti devono unirsi per mano per porre fine alla povertà e tutti devono essere attivamente coinvolti nella cura della nostra casa comune. Ringraziamo Papa Francesco, messaggero di speranza, annunciatore di pace e fautore della riconciliazione” conclude il messaggio.
Frattanto oltre alla violenza in Africa resta alto l’allarme causato dal covid.
Le misure di prevenzione adottate per rallentare il tasso di infezioni da Covid-19 in Africa occidentale potrebbero avere un serio impatto sulla sicurezza alimentare e nutrizionale delle popolazioni. Le previsioni fatte prima del diffondersi del Covid-19 nella regione hanno stimato che durante la stagione secca (luglio-agosto 2020), 21 milioni di persone avrebbero sofferto di gravi carenze alimentari. Queste previsioni potrebbero essere ampiamente superate. Secondo il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (PAM), la pandemia Covid-19 potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare il numero di persone in crisi ed emergenze alimentari e nutrizionali, portandole dai 21 milioni inizialmente previsti a quasi 59 milioni tra giugno e agosto 2020 nell’Africa occidentale e centrale.
Circa il 50% della popolazione dell’Africa occidentale e centrale vive al di sotto della soglia di povertà ed è costretta a sopravvivere grazie all’agricoltura di sussistenza e a lavori informali. Pertanto, queste popolazioni sono gravemente colpite da restrizioni ai movimenti e dalle quarantene che influiscono sull’accesso di fornitori e consumatori ai mercati, portando a interruzioni della catena di approvvigionamento e anche a interruzioni al lavoro agricolo stagionale.
La chiusura dei mercati ha creato eccedenze di prodotti agricoli che non potevano essere assorbiti dai consumatori locali e in alcuni sono stati lasciati a marcire nei campi. Anche le restrizioni al commercio transfrontaliero hanno creato impedimenti alla libera circolazione di prodotti alimentari tra un Paese e l’altro della regione. Infine i Paesi dell’Africa occidentale e centrale hanno un deficit di produzione alimentare e dipendono dalle importazioni di cibo per poter nutrire le loro popolazioni. Ciò riguarda in particolare i cereali e in questo caso il riso, la cui produzione locale copre poco più del 50% del fabbisogno regionale. Le restrizioni all’importazione e all’esportazione sono quindi le principali preoccupazioni, poiché si stanno già osservando riduzioni a breve termine delle esportazioni di riso nell’Africa subsahariana.
La crisi, tuttavia, offre ai Paesi della regione e alle strutture regionali l’opportunità di ripensare le politiche agricole nazionali e regionali per l’istituzione di un sistema alimentare più resiliente al fine di risolvere in modo sostenibile i problemi endemici della carestia, della malnutrizione e prepararsi meglio alle crisi future.
Insomma aiutare gli africani in Africa e non servire coloro che vengono in Europa da paesi nei quali guerre e problemi alimentari non esistono.