7 LUGLIO 1946: SANTA FRANCESCA CABRINI

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Francesca Cabrini – Il 7 Luglio del 1946 madre Francesca Saverio Cabrini diventa la prima cittadina americana ad essere canonizzata.
Ma chi era Francesca Saverio Cabrini e quali sono i passi più importanti della sua vita?
Francesca nacque nel 1850 a Sant’Angelo Lodigiano, in una numerosa famiglia di contadini benestanti e cristianamente praticanti. Nella sua famiglia imparò non solo il fervore religioso e un certo spirito di iniziativa, ma anche un sincero amore alla patria italiana, non frequente in quei tempi. Questo giusto sentimento patriottico che cercò di risvegliare o di tenere desto nei numerosi emigranti italiani negli Stati Uniti.
Conseguito il diploma magistrale e l’abilitazione, anche per accudire insieme alla sorella Rosa l’altra sorella disabile Maddalena, accettò subito il lavoro di supplente nella scuola vicina di Vidardo. Qui insegnò due anni. Un episodio ci rivela il carattere e la determinazione di Francesca. Riuscì infatti a vincere la battaglia contro il sindaco anticlericale del paese: ottenne il permesso all’insegnamento della dottrina cristiana in classe nonostante la proibizione governativa. Lei però desiderava ardentemente diventare missionaria. Sogno che non poté realizzare subito. Fece anche i voti religiosi entrando nella Casa della Provvidenza di Codogno. Furono anni difficili, (“ho pianto molto” dirà lei stessa) che lei affrontò con coraggio e praticando la virtù dell’obbedienza.


Ma la Provvidenza le venne incontro nella persona del Vescovo di Lodi che le propose di fondare un istituto religioso per l’assistenza degli emigrati italiani in America. L’America non era la Cina che lei sognava, ma l’ideale missionario si poteva concretizzare ugualmente. Fondò presto Le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, con case in Lombardia, ed una anche a Roma. Il secondo intervento provvidenziale arrivò con Mons. Giovanni B. Scalabrini. Questi cercava un ramo femminile al suo Istituto, e stimava molto la Cabrini. Lei però temendo di perdere l’autonomia dell’istituto, resistette alla proposta. Ma accettò subito la direzione di una scuola e di un asilo a New York. Questo significava l’addio per sempre alla Cina. D’altra parte, ed ecco il terzo intervento provvidenziale, era stato nientemeno che il Papa Leone XIII a dirle paternamente: “Non a Oriente, Cabrini, ma all’Occidente. L’Istituto è ancora giovane. Ha bisogno di mezzi. Andate negli Stati Uniti, ne troverete. E con essi un grande campo di lavoro. La vostra Cina sono gli Stati Uniti, vi sono tanti italiani emigrati che hanno bisogno di assistenza”.
Francesca partì nel 1889. Destinazione l’America, città New York. Era sicura della volontà di Dio, e del campo di lavoro missionario. Ma le difficoltà non si fecero attendere. Uno dei primi che si mise a ‘remare contro’ di lei e il suo progetto fu addirittura l’arcivescovo Corrigan. Fece la parte dell’avvocato del diavolo scoraggiando quel manipolo di suore temerarie e… italiane che sembravano avere tanta fede ma, ahimè, poco “money”. Anche per le opere del Signore, pensava lui, ci vuole molto “denaro”. Che, poverette, non avevano. Non era più saggio tornare in Italia? La Cabrini gli oppose un argomento spirituale… la benedizione del Papa, e uno materiale: l’amicizia di una ricca cattolica americana, moglie di un emigrato italiano illustre, Luigi Palma de Cesnola, direttore del Metropolitan Museum.
Non si sa se il prelato fu convinto da questi due “argomenti”, ma è sicuro che la Cabrini continuò per la sua strada e il suo progetto. “Le suore aprirono una prima scuola femminile in un modesto appartamento offerto dalla contessa de Cesnola, ma si impegnarono anche in un lavoro di assistenza e di insegnamento nei quartieri più degradati della città, compiendo ogni giorno chilometri di strada ed entrando senza paura in ambienti spaventosi per miseria e violenza. Madre Cabrini dimostrò subito di saper affiancare alla sua attività di educatrice religiosa una spiccata sensibilità per i problemi degli emigranti italiani: “Gli italiani qui sono trattati come schiavi… bisognerebbe non sentire amor di patria per non sentirsi ferita” (L. Scaraffia).
Ella lavorò tutta la vita, con innumerevoli viaggi, per aiutare ad inserire gli emigrati nella realtà sociale americana, facendone dei buoni cittadini, ma nello stesso tempo rafforzando in loro anche l’identità italiana e cattolica. In questa promozione sociale Francesca usò una tecnica il cui principio era: convincere gli italiani ricchi ad aiutare gli altri italiani meno favoriti. Ed alcuni dei suoi benefattori, convinti e incalliti anticlericali, la aiutavano trascinati dal suo carisma più che dalle motivazioni teologiche.
“Si è detto che se Cristoforo Colombo ha scoperto l’America, la Cabrini ha scoperto tutti gli italiani in America. Ma pur sentendosi autentica patriota e quantunque circostanze particolari la inducessero a rendersi cittadina americana nel 1909, il suo ideale missionario rimase sempre quello genuino, senza confini di razze e di geografia” (G. Pelliccia).
Continuò con coraggio nel suo lavoro di fondazioni di nuovi istituti e di rafforzamento di quelli esistenti e soprattutto nel seguire l’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, da lei fondato. E questo fino alla fine della sua vita, che si spense a Chicago, durante uno di questi viaggi, nel 1917. Lasciando dietro di sé in eredità alla chiesa tutta e al mondo un fiorente istituto religioso e la sua personale santità e testimonianza di carità apostolica a beneficio particolarmente degli emigrati italiani (ma non solo).
Fu dichiarata santa da Pio XII il 7 luglio 1946 e nel 1950 proclamata “Celeste Patrona di tutti gli Emigranti”. Due anni dopo, in considerazione del suo lavoro per gli Italo-americani, il Comitato Americano per l’Emigrazione Italiana le decretava un importante riconoscimento dichiarandola “La Immigrata Italiana del Secolo”. Per gli emigrati italo-americani è semplicemente “la loro santa”: la sua opera geniale, coraggiosa la fece stimare anche in ambienti non benevoli verso il cattolicesimo, e aiutò enormemente a far cambiare idea sui nostri connazionali emigrati.
Francesca Cabrini non la ricordiamo per le sue opere teologiche o per grandi rivelazioni e miracoli. Niente di tutto questo. Noi la ricordiamo per la sua santità semplice, umile, fatta non di tante ore di preghiera, ma per tutte le ore delle giornate, di tutta la sua vita, passate a “lavorare, sudare, faticare per Dio, per la sua gloria, per farlo conoscere ed amare”. Una santità fatta non di rapimenti o di rivelazioni mistiche, ma di grande impegno sociale per Dio. Non fu rapita in estasi nella contemplazione di Dio, ma consumò la vita “lavorando” per lo stesso Dio. Con gioia. Un giorno, infatti, fermò una suora che era sul punto di imbarcarsi per andare nelle missioni, solo perché salutando parenti e amici, aveva affermato che faceva volentieri “il sacrificio”. Sembrava che per lei si trattasse di una rinuncia da fare, che le mancasse la gioia di partire e “lavorare per Dio”. Madre Cabrini la fermò dicendole: “Iddio non vuole importi sacrifici così gravi”.
Il Papa Pio XI esaltava il suo nome come un “poema di attività, un poema di intelligenza, un poema soprattutto di carità”. E prima ancora era stato lo stesso Leone XIII che già nel 1898, affermava di lei: “È una santa vera, ma così vicina a noi che diventa la testimone della santità possibile a tutti”. Una santità “accostevole” imitabile da tutti, perché consiste nel fare bene e per amore di Dio quelli che sono i nostri doveri. Questo richiama la famosa frase e programma di santità consigliato da Don Bosco a Domenico Savio, smanioso di farsi santo a forza di penitenze: bastava l’esatto adempimento dei propri doveri quotidiani. La santità e “la spiritualità intensa di madre Cabrini si realizzò soprattutto nelle opere, nella sua continua attività finalizzata ad opporre del bene al male. La preghiera stava nei fatti, non nelle parole. La sua vita è segnata da una perpetua attività” (L. Scaraffia). Fatta tutta per Dio e per correre dietro al Cristo. Diceva: “Con la tua grazia, amatissimo Gesù, io correrò dietro a Te sino alla fine della corsa, e ciò per sempre, per sempre. Aiutami o Gesù, perché voglio fare ciò ardentemente, velocemente”.
Il 9 Luglioi del 1946 PIo XII scriveva: “… Noi la vediamo, questa eroina dei tempi moderni, apparire in mezzo a noi, sorgere come una stella da un umile paese lombardo, elevarsi nella sua luce e varcare gli oceani, spargendo per ogni dove il calore dei suoi raggi, e suscitando intorno a sé la meraviglia dei popoli. Quando Iddio folgora sul mondo i lampi delle gesta dei santi, sceglie qualcuna delle anime riccamente dotate dalla natura, santamente ardenti, non timide dell’altezza della missione a cui le destina; o meglio, — perché questo sarebbe un parlare alla maniera umana, — Egli stesso, nell’arcano consiglio della sua Provvidenza, elargendo loro a profusione i doni della natura e della grazia, le prepara, le forma, le avvia, le illumina, le conforta e le sostiene per farle ministre e collaboratrici dei suoi vasti disegni. Mirate il meraviglioso ardore di natura e di grazia posto da Dio in colui, che doveva essere l’Apostolo e il Dottore delle genti, e che tanto lavorò e si affaticò nella diffusione del Vangelo. Guardate l’altro Apostolo, il Saverio, che la vostra Madre elesse per patrono, assumendone e facendone suo il nome, perché le sembrava di vedere e trovare in lui l’ideale modello della sua vita. Ma concentrate poi il vostro sguardo in lei stessa: quale altezza e forza d’animo! quale elevatezza e comprensione di pensieri! quale insaziabile sete di conquiste ! Quale ricchezza ed estesa generosità di amore verso ogni bisogno dell’umanità! Che facciamo Noi, affermando questo concorso e questa cooperazione dei valori umani e delle aspirazioni della creatura con l’azione e l’opera onnipotente del Creatore? Contraddiciamo forse alla grande disposizione della mente divina, che suole eleggere le cose deboli del mondo per confondere le forti (cfr. 1 Cor. 1, 27)? No; perché le cose deboli e inferme del mondo si mutano e si corroborano sotto la mano di Dio, che talora le occulta, finalmente lavorandole, migliorandole e rinvigorendole.
Così avviene che i doni, da Lui nascosti nei suoi eletti, il Signore sembra talvolta renderli infecondi, e quasi rovinati e perduti; quel fuoco, prima acceso nel loro cuore, pare che voglia estinguerlo, privandolo di ogni alimento.
Ma non scorgete voi che Colui, il quale ha donato al grano di frumento la sua fecondità, lo seppellisce prima sotterra, ve lo lascia quasi morire, perché poi sorga e riviva in fruttuose spighe dorate? Anche un bel blocco di marmo, ma greggio, scelto per la sua finezza e per la bellezza della sua venatura, l’artista, dopo averlo tagliato, scolpito, apparentemente mutilato, lo pone sulla sommità del tempio a nobile suo ornamento.
Forte e soave è il lavorio del Signore nel formare i suoi santi e renderne le anime più conformi che mai alla immagine del Figlio suo (cfr. Rom. 8, 29), incarnatosi per la nostra salute, che non disdegnò i patimenti e i disagi umani fin dalla sua fanciullezza; passando dalla grotta di Betlemme all’Egitto, dall’Egitto al nascondimento nella bottega di Nazareth, pur sempre pensando alle cose del Padre suo celeste, nelle quali conveniva che egli fosse (cfr. Luc. 2, 49). Tale vita nascosta di Cristo non era rinunzia o ritardo dell’opera sua di Maestro di verità e di santità per tutto il genere umano: nell’umiltà e nell’esempio di lavoro dei suoi primi anni era un Maestro silenzioso, non meno grande e divino. A Lui teneva fisso lo sguardo la giovane Francesca Cabrini; e nei primordi delle sue aspirazioni devote, meno generosa e meno umile, avrebbe gridato alto la sua delusione, ma non dubitò di sottomettersi di pieno cuore, con tutto lo slancio della vivace sua natura, a tal segno che, mentre tutto ciò, che era di lei, a mano a mano pareva andasse crollando, tutto ciò, che in lei era di Dio, si purificava, si svolgeva, cresceva e rinvigorendosi predominava.
Nel suo carattere spontaneo e affettuoso, poco è il dire che la morte prematura dei suoi genitori le apriva l’animo a maggior tenerezza in mezzo ai suoi cari ; fa d’uopo però ch’ella nel suo spirito e nella sua natura sia foggiata e plasmata dal cuore senza dubbio amante, ma insieme dalle mani forti e rudi della sua sorella Rosa. L’occhio suo spazia fuori del casolare paterno, sul mondo: ella sogna una vita religiosa dai fervori mistici e un apostolato dai larghi orizzonti; ma alla fanciulla troppo gracile rimane chiusa la Congregazione, che avrebbe meglio corrisposto alle sue aspirazioni, perché tutta dedicata al Cuore appassionatamente amato di Gesù. Conviene invece che entri in un Istituto dallo spirito stretto, dal cuore freddo, senza ordinamento, senza unione, senza carità: nel suo adattarvisi, appare mirabilmente dotata per governare, eroicamente disposta ad obbedire, tanto che l’obbedienza la mette alla testa di quella strana comunità, superiora tiranneggiata e trattata da intrusa. In tale condizione di vita procederà tutta la sua formazione religiosa; ma da questo inverosimile noviziato, sotto la mano di quel Dio che trasforma, perfeziona, assimila a sé e con la sua grazia sublima le anime secondo il suo benigno consiglio, voi vedrete uscire la « piccola donna » dal carattere fortemente temprato. Quale trasformazione spirituale!
Ella, che non sapeva se non ubbidire, pregare e tacere, ascoltando quel che dicevano le sue compagne dal cantuccio in cui se ne stava a lavorare; che non osava levar gli occhi da terra per timore di venir meno alla modestia; comprese un giorno che gli occhi era in dovere di tenerli bene aperti per il buon andamento dell’Istituto; e d’allora in poi nulla ebbe più il potere d’intimorirla o di scuoterne i propositi…..
Potente fu in lei il lavorio della grazia, che la fece più che donna, e nei provvidenziali avvenimenti dell’operosissima sua vita volle come richiamare e rinnovare il ricordo dell’Apostolo Paolo, dei suoi naufragi, dei suoi innumerevoli viaggi, coi pericoli dei flutti, pericoli degli assassini, pericoli dei gentili, pericoli nelle città, pericoli nei deserti, pericoli nel mare, con le fatiche e le pene, la fame e la sete, il freddo e il caldo, senza parlare delle quotidiane cure per le sue numerose famiglie e comunità (cfr. 2 Cor. 2, 23-28)…. La fede, operante per mezzo dell’amore (Gal. 5, 6), nella speranza dell’eterno premio in una vita oltremondana, sempre animò, guidò e sostenne lo spirito di lei nella grandiosa sua attività di Missionaria del Cuore di Gesù, finché questo medesimo Cuore non le concesse di riposare eternamente nelle fiamme del suo divino amore….
Moriva in America nelle pianure dell’Illinois, presso Chicago, il 22 dicembre 1917, quasi alla vigilia del S. Natale, di quella morte tranquilla e pacifica, senza spasimi di agonia, con cui un repentino invito celeste talvolta nei santi tramuta la terra di esilio nella beatitudine del premio. Francesca non troncava morendo la vita menata quaggiù : quell’unione di spirituale amore incontaminato, che fin dalla giovinezza l’aveva stretta come sposa al Cuore di Gesù, ella la continuò oltre la tomba ai piedi del Re dei secoli, nella gloria della Vergine Immacolata, in mezzo ai Santi, dove si asside celeste patrona della sua e vostra Congregazione, o. dilette figlie, e impetratrice di grazie per voi e per quanti la invocano dall’oriente all’occidente. Figlie di una tal Madre, levate lo sguardo al cielo, contemplatela negli splendori che la circondano, splendori di tutte quelle perfezioni e di quei carismi divini, che voi in lei vivente quaggiù avete ammirati.
Quale più prezioso consiglio potrebbe darvi il Nostro labbro e il Nostro affetto? Guardatela: studiate la via ch’ella ha percorsa per guidare voi quaggiù e avviarvi a seguirla lassù; è la via dello spirito di Dio; Noi la supplichiamo d’impetrarvi questo stesso spirito, d’insegnarvi ad attingerlo in sempre maggior copia alla medesima fonte, il Cuore di Gesù. In quella fonte divina voi ritroverete la vostra Madre e con la vostra Madre il vigore e il coraggio di battere il medesimo sentiero, sul quale ella vi ha lasciato le sante e gloriose sue orme.
Intanto, nella fiducia che questo spirito vi farà proseguire e accrescere l’opera da lei affidatavi in retaggio, impartiamo a voi, dilette figlie, a quante, persone e cose, sono sotto la vostra direzione, ai vostri benefattori e a tutti quelli che vi porgono aiuto e sostegno in tutto il bene che compite nel mondo, con particolare affetto la Nostra paterna Apostolica Benedizione….
Lavorare per Dio nella gioia (anche quando si pensa di avere diritto a tutt’altro). Non amava lamentarsi nelle difficoltà e raccomandava alle sue figlie non solo tanto lavoro ma anche il coraggio, fondato sulla fede, che si esprime nel sorriso: “Ci sentiamo male? Sorridiamo lo stesso”. Aveva capito che la modernità sarebbe stata contrassegnata da enormi flussi migratori e da uomini, donne e bambini in fuga verso la pace e un futuro migliore. Questo uno dei caratteri di Santa Francesca Saverio Cabrini che emerge dalle riflessioni di Papa Francesco.
In una Lettera alle missionarie del Sacro Cuore di Gesù, il Pontefice ha sottolineato come Santa Francesca abbia “accolto da Dio una vocazione missionaria” particolare: “formare e inviare per tutto il mondo donne consacrate, con un orizzonte missionario senza limiti, non semplicemente come ausiliarie di istituti religiosi o missionari maschili, ma con un proprio carisma di consacrazione femminile, pur in piena e totale disponibilità alla collaborazione sia con le Chiese locali che con le diverse congregazioni che si dedicavano all’annuncio del Vangelo ad gentes”.
Proprio il carisma missionario la portò negli Stati Uniti, ad assistere gli italiani che lì cercavano fortuna. Anch’ella, nella prima delle sue tante traversate oceaniche, condivise disagi, problemi e incertezze di chi lasciava tutto alla ricerca altrove di un domani migliore. Si occupò anche di orfani e ammalati.
Avviò opere in Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna, varie zone degli Stati Uniti, America Centrale, Argentina e Brasile. Proclamata Santa da Pio XII il 7 luglio 1946, grazie al suo impegno nel 1950 diventò la “Celeste Patrona di tutti gli Emigranti”.
Morì il 22 dicembre 1917 nell’ospedale per i migranti che aveva costruito a Chicago. Il corpo venne traslato a New York alla ‘Mother Cabrini High School’.




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