2 Novembre – Dopo la giornata dedicata ai Santi ecco il giorno dedicato ai defunti.
La giornata del 2 Novembre è iniziata con l’invito del pontefice a pregare per i fedeli defunti tramite un tweet con un riferimento speciale al contesto che il mondo vive, segnato dalla pandemia. “Oggi preghiamo – scrive – per tutti i Fedeli Defunti e specialmente per le vittime del coronavirus: per coloro che sono morti da soli, senza la carezza dei loro cari; e per tutte le persone che hanno donato la vita nel servizio agli ammalati”.
Nel pomeriggio il Papa si è recato, celebrare alle 16 la Messa in forma strettamente privata, senza la presenza di fedeli, nella chiesa del Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria in Camposanto. Al termine si è fermato in preghiera nel cimitero, per poi scenderà nelle Grotte Vaticane per un omaggio ai Pontefici defunti.
Durante la Messa il Papa ha parlato di speranza: “La speranza è un’ancora che abbiamo dall’altra parte: noi, aggrappati alla corda, ci sosteniamo”. Quindi ha ricordato la la frase pronunciata da Giobbe malato, sconfitto e morente: “Io so che il mio Redentore è vivo e che lo vedrò con i miei occhi”. “E questo, ripeterlo nei momenti di gioia e nei momenti brutti, nei momenti di morte”, il consiglio di Francesco: “Questa certezza è un dono di Dio, perché noi non potremo mai avere la speranza con le nostre forze. No, dobbiamo chiederla. La speranza è un dono gratuito che noi non meritiamo mai. È dato, è donato, è grazia”. “Il fine della speranza è andare da Gesù, e colui che verrà a me io non lo caccerò fuori’: è il Signore che ci riceve, là dove c’è l’ancora.
La vita in speranza è vivere così: aggrappati, con la corda in mano, forte, sapendo che l’ancora è laggiù e che quest’ancora non delude”. “Oggi nel pensiero di tanti fratelli e sorelle che se ne sono andati ci farà bene guardare i cimiteri e guardare su, e ripetere come Giobbe: ‘Io so che il mio Redentore vive e io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro’”, l’invito di Francesco per la giornata odierna. “E questa è la forza che ci dà la speranza, questo dono gratuito che è la speranza”, ha concluso il Papa: “Che il Signore ce la dia a tutti noi”.
Negli anni precedenti il 2 novembre Francesco si era recato in diversi cimiteri: lo scorso anno alle Catacombe di Priscilla, sulla via Salaria. Nel 2018 al Cimitero laurentino nell’estrema periferia sud di Roma per celebrare la Messa in suffragio dei defunti con una toccante la sosta davanti alle tombe dei bimbi, di quelli scomparsi prematuramente per malattie o incidenti e di quelli mai nati, sepolti nel cosiddetto “Giardino degli angeli”.
Nel 2017 era stata la volta del Cimitero americano di Nettuno, dove sono sepolti i soldati statunitensi caduti in Italia durante il secondo conflitto mondiale, rinnovando in quell’occasione l’appello di Benedetto XV: “ Mai più la guerra”. Successivamente si era raccolto in preghiera nel sacrario delle Fosse Ardeatine. Nel 2016 aveva presieduto la Celebrazione Eucaristica nel Cimitero di Prima Porta, mentre nei tre anni precedenti – 2015, 2014 e 2013 – non il 2 novembre ma il primo novembre si era recato al cimitero monumentale del Verano.
E’ il 2 novembre 1986. In anni di materialismo sfrenato, papa Giovanni Paolo II ci ricorda quale occasione può rappresentare la morte per confidare nella Resurrezione, e anche per coltivare la virtù teologale meno frequentata nei nostri tempi…
Nella mia Enciclica sulla speranza cristiana, mi sono interrogato sul mistero della vita eterna (…) Mi sono chiesto: la fede cristiana è anche per gli uomini di oggi una speranza che trasforma e sorregge la loro vita (…)? E più radicalmente: gli uomini e le donne di questa nostra epoca desiderano ancora la vita eterna? O forse l’esistenza terrena è diventata l’unico loro orizzonte? In realtà, come già osservava sant’Agostino, tutti vogliamo la “vita beata”, la felicità. Non sappiamo bene che cosa sia e come sia, ma ci sentiamo attratti verso di essa. E’ questa una speranza universale, comune agli uomini di tutti i tempi e di tutti luoghi…
2 novembre 2008, Angelus di Benedetto XVI. Proprio la certezza della morte ci fa interrogare sulle aspettative dell’uomo contemporaneo, sulla sua sostanza spirituale, sulla sua capacità di confidare nella immortalità dell’anima. Proprio grazie al pensiero della morte affiora dunque la speranza dell’eternità. Rinnoviamo quest’oggi la speranza della vita eterna fondata realmente nella morte e risurrezione di Cristo. “Sono risorto e ora sono sempre con te”, ci dice il Signore, e la mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani e sarò presente persino alla porta della morte.
Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là io ti aspetto per trasformare per te le tenebre in luce.
Tra le tenebre della disperazione e la luce della speranza si gioca nel cuore dell’uomo un conflitto eterno, fin dall’alba della storia. Fino a quando, nella storia umana, qualcosa è cambiato per sempre. Lo ricorda papa Giovanni XXIII nell’omelia della Pasqua del 29 marzo 1959:
….in Cristo Gesù (…) la morte e la vita si batterono in un duello tremendo. Il Padrone della vita trionfa sulla morte: e la vittoria di Lui è la vittoria della sua Chiesa nei secoli. Sgombriamo dunque il nostro spirito da ogni sgomento : ed apriamo il cuore alle più belle speranze verso l’avvenire. (…)
Sul sepolcro glorioso di Cristo vogliamo deporre l’augurio che nella luce di Lui, sorgente della vita, vincitore della morte, la buona volontà di tutti gli uomini più responsabili delle sorti dei popoli voglia trovare, nello spirito prevalente di giustizia e di collaborazione, la soluzione concorde di ogni dissidio, per il superiore interesse della pace del mondo.
Nel pieno del conflitto Pio XII diffuse un accorato radiomessaggio natalizio. Era il 24 dicembre 1943 e alla pietà delle tombe lontane rimaste forse sconosciute fece corrispondere l’invitabile richiamo a ciò che identifica con certezza noi cristiani.
…la morte e le sofferenze di questa vita terrena perdono la loro dolorosa amarezza per coloro, che possono con tranquilla e serena coscienza far propria la commovente preghiera della Chiesa nella Messa per ì defunti : « Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita viene cambiata, non tolta, e quando è disciolta la dimora di questa abitazione terrena, sta preparata in cielo un’abitazione eterna » Mentre gli altri, che non hanno speranza, si trovano davanti ad un abisso pauroso, e le loro mani, brancicando alla ricerca di un punto di appoggio, palpano il nulla, non dell’anima loro immortale, ma di una sfumata felicità oltremondana; voi invece, per la grazia e liberalità di Dio misericordioso, oltre la morte certa… avete l’ineffabile divina consolazione della promessa d’immortalità….
L’abisso pauroso: così papa Pio XII descrive il nihilismo del Novecento che spesso attanaglia l’agnostico, incapace di quella speranza che per il cristiano passa anche attraverso la memoria rispettosa e pietosa di chi non c’è più, attraverso la consapevolezza della dignità che caratterizza ogni esistenza.
Anni Ottanta. Il liberismo occidentale sembra avere avuto la meglio su modelli di vita più austeri. Edonismo e consumismo riducono le persone a soggetti consumatori, a semplice valore economico. Ma non può limitarsi a questo il senso di ogni vita umana.