Turismo –“Questa estate si faranno vacanze italiane. Saranno diverse, dovremo usare le misure di distanziamento, le mascherine e la sanificazione ma si potranno fare”. Lo ha affermato il ministro del Turismo, Dario Franceschini, durante l’informativa sulle iniziative per contrastare il Covid-19.
Il ministro ha poi aggiunto: ““Entro questa settimana il comitato tecnico-scientifico mi darà delle prescrizioni che consentano la riapertura delle attività, penso in particolar modo a quelle balneari, le quali hanno bisogno di sapere per tempo quale sarà la data di apertura effettiva per riorganizzarsi” ha spiegato Franceschini, ricordando l’emergenza Covid-19 “ha colpito questo settore in modo più strutturale e temo che avrà ripercussioni più lunghe, anche perchè la circolazione è limitata a livello internazionale. Siamo ben oltre lo stato di crisi per questo settore che sarà in crisi almeno fino a luglio. Qui siamo in uno stato di stracrisi”.
Franceschini ha confermato che il Governo sta “ragionando su uno strumento che aiuti sia le famiglie con reddito medio-basso che le imprese turistiche, ovvero un tax credit vacanze da spendere nel 2020 in strutture ricettive italiane”. Oltre alle misure già in vigore “stiamo lavorando a misure nuove legate al settore turistico che saranno introdotte nel decreto da 55 miliardi. Ci sarà un’estensione delle tutele per gli stagionali, un intervento che vada incontro agli affitti nelle località chiuse con i decreti ministeriali esteso anche agli alberghi e alle attività imprenditoriali legate al turismo. Infine ci sarà un riconoscimento alle imprese che hanno avuto un calo di fatturato rispetto all’anno scorso. Un provvedimento che dovrebbe essere a fondo perduto per le aziende sotto una certa dimensione di fatturato”.
Ma la situazione del settore turistico peggiora di giorno in giorno e molti operatori stanno progettando come ripartire ed è evidente che il Governo farà di tutto per incentivare le vacanze in Italia facendo ripartire il comparto turistico limitando (il più possibile) le perdite, ma anche i rischi per la salute dei cittadini.
Non servono le statistiche per comprendere che in quest’estate saranno molti gli italiani che le vacanze non le faranno per problemi economici ma anche per paura di ammalarsi.
In questo panorama sconfortante dal quale bisogna attivamente uscire reagendo alle avversità. oltre 40 mila imprese del comparto turistico italiano rischiano il fallimento a causa della perdita di solidità finanziaria alimentata dalla crisi sanitaria del coronavirus con una contrazione del fatturato di almeno 10 miliardi di euro.
Una mortalità imprenditoriale che si ripercuoterebbe immediatamente sul mercato del lavoro con una perdita di oltre 184 mila posti. Una potenziale mortalità, i cui sentori, si sono avvertiti già nei primi tre mesi dell’anno in corso: è pari a quasi 7 mila unità in meno, contro un calo di 6 mila del primo trimestre 2019, infatti, il saldo tra le imprese iscritte e quelle cessate. Il peggiore bilancio della nati-mortalità del sistema turistico dal 1995 ad oggi.
È lo scenario prospettato da Demoskopika, per l’anno in corso, nell’ipotesi di una graduale cessazione degli effetti della crisi sanitaria e nella quasi totale assenza di provvedimenti mirati per la ripresa del sistema turistico da parte delle istituzioni ai vari livelli.
“Migliaia di posti di lavoro nel comparto turistico – commenta il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – sono appesi al filo di un integrato piano di provvedimenti che deve sostenere il sistema a superare la crisi in tempi rapidi. Un organico pacchetto di misure che, almeno ad oggi, stenta a vedere la luce e senza il quale sarà difficile coprire le insolvenze e scongiurare i fallimenti degli operatori della filiera. È necessario – precisa Raffaele Rio – mettere in campo un piano integrato suddiviso in alcune sezioni attuative”.
In primo luogo, aggiunge, “misure di sostegno economico per gli adeguamenti sanitari necessari alla ripartenza in sicurezza (suddivisione spazi comuni per il distanziamento sociale, ammodernamento tecnologico per self-check in, sanificazione locali, etc.); in secondo luogo, occorre strutturare provvedimenti mirati a sostenere la liquidità delle imprese del comparto anche mediante finanziamenti a “tasso zero” e a fondo perduto, buoni vacanza per le famiglie o detrazione della spesa dei soggiorni, smobilizzo immediato dei crediti delle imprese verso la pubblica amministrazione oltre a modalità di sgravio fiscale e contributivo; in terzo, luogo, puntare a valorizzare i sistemi turistici regionali tempificando le azioni di promozione in relazione ai differenti gruppi di turisti (identitari, esterofili, nazionalisti e stranieri). Ciò – conclude il presidente va realizzato in costante condivisione tra i vari livelli istituzionali per scongiurare che l’inevitabile competizione già in atto tra i sistemi turistici regionali possa generare livelli qualitativamente discriminanti”.
Mortalità: -7mila imprese nei primi tre mesi del 2020. Il saldo tra iscrizioni e cessazioni delle imprese del settore turistico risente delle restrizioni necessarie per frenare l’avanzata della pandemia del Covid-19. Nel primo trimestre dell’anno in corso, infatti, elaborando i dati del sistema Unioncamere-Infocamere si conteggiano ben 6.843 imprese in meno contro un calo di 6.035 nel 2019 e di 5.560 nel 2018. Il peggiore bilancio della nati-mortalità del sistema turistico degli ultimi 25 anni. Un andamento negativo confermato anche dall’analisi della serie storica del tasso di crescita quale rapporto tra il saldo fra iscrizioni e cessazioni rilevato a fine trimestre e lo stock delle imprese registrate alla fine dell’anno precedente.
In particolare, nei primi tre mesi del 2020, il tasso di crescita demografica delle imprese ha registrato il più alto valore negativo dal 1996 ad oggi: si parte da uno 0,22% del 1996 per arrivare al valore più elevato dell’1,44% nella prima parte dell’anno in corso. Si tratta di un andamento negativo che si riflette anche a livello territoriale.
È il Piemonte, con l’1,79%, a registrare il più elevato tasso di decrescita immediatamente preceduto dal Friuli Venezia Giulia (-1,77%) e dalle Marche (-1,76%). Sul versante opposto, i sistemi turistici locali con una riduzione minore del rapporto tra il saldo fra iscrizioni e cessazioni, quindi “più performanti”, risultano il Trentino-Alto Adige (-0,75%) seguito dalla Valle d’Aosta (-1,12%) e, infine, dalla Campania (-1,14%).
Scenari economici: oltre 40 mila imprese turistiche rischiano il default. Una rallentata uscita dall’emergenza sanitaria del Covid-19 accompagnata da un tardivo innesto di liquidità nel sistema economico alimenterebbe la perdita di solidità finanziaria rendendo molto complicata la copertura delle insolvenze. Possibile conseguenza? Poco più di 40 mila imprese potrebbero essere costrette a dichiarare il fallimento entro la fine del 2020 con una perdita di 9.629 milioni di fatturato.
Nonostante l’ipotesi di applicare la percentuale media nazionale di “rischio default” per il sistema turistico, pari a quasi il 10%, indistintamente a tutte le regioni, senza differenti pesi, offra un quadro non esaustivo della stima, ciò non toglie il merito di fare emergere uno scenario preliminare di ciò che potrebbe accadere a livello territoriale. Poco più della metà dei fallimenti, pari a 20.183 imprese, sarebbe concentrata nei sistemi a maggiore numerosità imprenditoriale per il comparto turistico italiano: Lombardia con 5.665 imprese, Lazio con 4.544 imprese, Campania con 3.896 imprese, Veneto con 3.071 imprese e Emilia-Romagna con 3.007 imprese.
Lavoro: 1 addetto su 10 potrebbe restare senza occupazione. La mortalità imprenditoriale si ripercuoterebbe immediatamente sul mercato del lavoro. Sarebbero poco più di 184 mila, infatti, i posti che andrebbero in fumo come diretta conseguenza dell’uscita definitiva dal mercato di migliaia di imprese nel settore turistico del Belpaese.
Poco meno di 31 mila sarebbe la perdita quantificata nel solo sistema turistico della Lombardia a cui seguirebbero il Veneto (-18.597 addetti), il Lazio (-18.095 addetti), l’Emilia-Romagna (-16.823 addetti) e la Toscana (-14.302 addetti). A seguire, in una fascia di perdita tra i 7 mila e i 10 mila posti di lavoro, la Campania (-12.643), il Piemonte (-11.158 addetti), la Puglia (-10.092 addetti), la Sicilia (-9.629 addetti) e, infine, il Trentino-Alto Adige (-7.537 addetti). Al di sotto di questa soglia si collocano i rimanenti sistemi turistici locali: Liguria (-6.307 addetti), Sardegna (-5.778 addetti), Marche (-5.082 addetti), Abruzzo (-4.079 addetti), Calabria (-3.906 addetti), Friuli Venezia Giulia (-3.846 addetti). In coda, infine, per il rischio di perdita di posti di lavoro in valore assoluto, si collocano Umbria (-2.625 addetti), Basilicata (-1.289 addetti), Valle d’Aosta (895 addetti) e Molise (667 addetti).
Tutto questo va integrato con le notizie che riguardano la cronaca di questi giorni: i proprietari di molte strutture turistiche ricevono proposte di acquisto delle loro strutture turistiche a prezzi irrisori con l’intento di approfittare delle loro debolezze causate dal periodo di crisi. Un comportamento da censurare e sul quale la magistratura starebbe già indagando.