IL CAIRO – La solitudine imponente e misteriosa dei celeberrimi monumenti egizi appartiene più al nostro immaginario romantico che non alla realtà storica. Le ricerche archeologiche degli ultimi decenni hanno dimostrato, infatti, come anche nell’antichità essi fossero attorniati da vere e proprie città. Lo spiega l’egittologa Giuseppina Capriotti Vittozzi dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale del Cnr.
Antichi e maestosi monumenti dal fascino indiscusso convivono con edifici moderni. È il volto delle grandi capitali storiche del Mediterraneo, megalopoli dove la storia millenaria incontra la contemporaneità con i suoi suoni e i suoi colori. È il caso di Roma, Atene e soprattutto de Il Cairo, vasta città del Medio Oriente, che cresce a un ritmo incessante, dove la solitudine imponente e misteriosa delle piramidi appartiene più al nostro immaginario romantico costruito nel tempo che non alla realtà storica.
“Oggi, quando giungiamo al cospetto di questi immani giganti del passato – smisurati per dimensioni, tecnologie e fama – ci sentiamo pressati alle spalle dalla sconfinata città del Cairo, brulicante di una vita che avanza rosicchiando gli spazi. Per incontrare le piramidi in splendida solitudine bisogna allontanarsi un po’ verso sud, fino ai colossi di Dashur, le due piramidi di Snofru, il padre di Cheope, costruttore della maggiore delle piramidi di Giza. E qui troviamo piramidi e deserto, deserto e piramidi, e sentiamo di aver finalmente raggiunto la Terra dei Faraoni”, racconta Giuseppina Capriotti, egittologa dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Ispc) del Cnr. “Eppure, le ricerche archeologiche degli ultimi decenni hanno dimostrato come non solo oggi, ma anche nell’antichità, esistessero vere città intorno a queste costruzioni, non semplicemente città dei morti, tombe che gradualmente venivano scavate e costruite intorno, per coloro cui era concesso il privilegio di riposare in eterno in quella terra sacra. Intorno alle piramidi viveva una città reale, di coloro che costruivano le tombe e poi le mantenevano ‘in vita’ con il culto funerario”.
Certo, è vero che oggi il Cairo moderno con i suoi oltre 20 milioni di abitanti e con tutti i suoi satelliti di grattaceli, lussuosi hotel e centri commerciali spinge e assedia l’antica Terra dei Faraoni. “Per limitare la sua crescita e sottrarre energia alla megalopoli, il governo egiziano sta completando, nel deserto a est, la costruzione della Nuova Capitale: questo è al momento il suo nome. Copre anch’essa un territorio sterminato. Avvicinandosi in macchina, puntando a est sull’autostrada che vi conduce, improvvisamente dallo skyline del deserto comincia a emergere viva e tremolante nella luce il profilo bianco di un’enorme moschea: cupole e minareti”, prosegue la ricercatrice. “Man mano che ci si avvicina, il miraggio diviene reale. Oltre si trova la grande cattedrale cristiana. Sono le immani opere dell’uomo nella moderna Terra dei Faraoni. Nella Nuova Capitale, in un parco segnato dalla presenza di due obelischi, si trovano il Museo delle Capitali, l’Opera House e la Biblioteca. Il Museo ha un senso poichè nell’antico Egitto le capitali furono più di una. Attraverso i millenni i faraoni cambiarono spesso la propria sede amministrativa, seguendo esigenze politiche ed economiche, talvolta cercando un terreno vergine dove edificare una nuova città simbolica”.
Chi percorre oggi le strade del Cairo, visitando la Nuova Capitale, può percepire un rapporto particolarissimo tra l’Egitto di oggi e il suo passato. “Una continuità diversa dal nostro modo di intendere il rapporto con la nostra storia. Se pensiamo a Roma o ad altre nostre città storiche, alcune delle quali già capitali, le sentiamo come ‘culle’, che non sostituiremmo mai. Qui invece si percepisce un modo diverso e tutto egiziano di far vivere il passato: la tendenza a guardare al futuro come una perenne rinascita. E questo, possiamo dire, è nel Dna dell’Egitto, profondamente radicato nella cultura faraonica, dove ogni anno tutto rinasceva grazie alla piena, quando l’oceano primordiale traboccava a rinnovare la creazione. Lo stesso mito della fenice germoglia in Egitto. E così, ancora oggi, l’Egitto conserva sì i suoi monumenti, ma fonda nuove città e, in particolare, una Nuova Capitale”, conclude Capriotti.