STORIA – IL BRITISH MUSEUM PRONTO A RESTITUIRE I MARMI DEL PARTENONE

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Storia – Il British Museum si è pentito e ora vuole restituire alla Grecia alcune statue del Partenone. Le sculture si trovano a Londra dall’inizio dell’Ottocento, quando l’ambasciatore inglese a Costantinopoli Lord Thomas Elgin le portò via. Secondo le autorità greche vennero “strappate” dal tempio costruito dall’architetto Fidia. Il British Museum ha comunque confermato per la prima volta, come riporta il quotidiano “The Guardian”, di “aver avviato una discussione costruttiva con la Grecia sulla restituzione di alcuni dei marmi del Partenone”.

Tra cui 150 metri dei fregi che ornavano la parte superiore del tempio e le decorazioni dell’architrave dove è rappresentata la guerra di Troia. I ministri greci hanno confermato che “i colloqui segreti tra il presidente del museo George Osborne e il governo di Atene sono in corso da più di un anno”.  Ed ora, come scrive il quotidiano The Telegraph, sarebbe stato stipulato un accordo tra le due parti che “potrebbe portare alla restituzione già da quest’anno di alcune sculture”. In prestito, però. I reperti archeologici non tornerebbero ad Atene in “legittima proprietà”. Ma come “concessione” del Regno Unito perché le opere sarebbero state regolarmente acquistate.

Al debutto dell’Ottocento, la Grecia era dominio dell’Impero Ottomano e a Lord Elgin, scozzese con la passione per le antichità, bastò pagare per ottenere il permesso di scavo sull’Acropoli. E così cominciò a portare via marmi e sculture. Un vero e proprio “saccheggio”, come lo definì lo scrittore francese François René de Chateaubriand, denunciando che gli inglesi s’erano presi pure la colonna d’angolo dell’Eretteo e, per non far crollare tutto, avevano impilato pietre a sorreggere l’architrave. Nel 1801 Thomas Elgin imbarcò per Londra le prime 65 casse di reperti, a cui seguirono altre spedizioni.

Ma i tentativi di vendere le opere d’arte al British Museum fallirono più volte per via dell’elevatissimo prezzo richiesto. Raggiunte più miti pretese, nel 1816 i marmi del Partenone vennero acquistati dal museo e ora la collezione Elgin rappresenta una delle più preziose tra quelle esposte e attira milioni di visitatori ogni anno.

Nel 2021 è partita l’iniziativa di restituire le opere alla Grecia perché possano tornare sull’Acropoli ma soltanto in prestito. Il governo conservatore guidato da Rishi Sunak ha dichiarato di non avere “alcuna intenzione di emendare il British Museum Act, la legge che impedisce al museo di restituire permanentemente qualsiasi opera d’arte, tranne che in circostanze eccezionali”.

“Non smantelleremo la nostra grande collezione perché racconta una parte significativa della storia dell’umanità”, ha sottolineato il museo che si prepara a investire 1 miliardo di sterline nel Rosetta Project, che prevede la “reimmaginazione completa” della struttura e il rinnovamento di molte delle gallerie. Le sale che custodiscono i marmi del Partenone, che da tempo sono in cattivo stato di conservazione, dovrebbero avere la priorità per la ristrutturazione. Ciò potrebbe offrire un momento conveniente per prestare alcuni degli oggetti alla Grecia se si riuscirà a raggiungere un accordo definitivo.

Atene, però, insiste. Quelle opere le rivuole per sempre. Forte del fatto che un mese fa il Vaticano ha restituito tre sculture del Partenone. “Per sempre”, appunto. Come segno di pacificazione. Il Parthenon Project, che si batte per il recupero delle opere depredate nel corso dei secoli, ha proposto un accordo vantaggioso sia per la Grecia che per la Gran Bretagna, incentrato su un partenariato culturale tra i due Paesi. Che vedrebbe il British Museum continuare nel ruolo di “museo del mondo” che espone opere dell’Antica Grecia come parte di mostre itineranti, con le sculture del Partenone riunite nella loro legittima casa, ad Atene.

Il timore, secondo molti storici e archeologi britannici, è che dopo Atene, si affacci Il Cairo a chiedere la restituzione di statue e mummie egizie. E dopo ancora i tanti Paesi del Medio Oriente dove l’Impero inglese ha preso a man bassa reperti e opere d’arte. E allora il British Museum rischierebbe di ritrovarsi con le sale vuote.