Stalin – Il 5 Marzo del 1953 Josif Stalin muore a Mosca a seguito di un attacco cerebrale. Quella di Stalin è una storia fatta di violenza e sopraffazione ed il suo pensiero riecheggia ancora su molti libri di storia.
Tra le sue frasi ce ne sono alcune che ancor oggi andrebbero bene analizzate eccovene alcune di grande utilizzo.
“L’istruzione è un’arma, il cui effetto dipende da chi la tiene in mano ed a chi essa è rivolta.”
“Una diplomazia sincera non è più possibile dell’acqua asciutta o del ferro di legno.”
“Nelle mani del potere sovietico, il cinema rappresenta una grande forza di inestimabile valore.”
“Chiunque con le sue azioni e pensieri – si, coi suoi pensieri – abusa dell’unità dello stato socialista, verrà da noi distrutto con la sua specie.”
“So che dopo la mia morte sulla mia tomba sarà deposta molta immondizia. Ma il vento della storia la disperderà senza pietà.”
Sono 5 dei pensieri più rappresentativi di Stalin che non hanno necessità di essere commentati.
Ma andiamo a rivisitare alcune curiosità sulle gesta di questo uomo così importante nella storia dell’Unione Sovietica.
Nativo della Georgia, di umili origini, Stalin visse un’avventurosa giovinezza come rivoluzionario socialista attivista, prima di assumere un ruolo importante di dirigente all’interno della fazione bolscevica del Partito Operaio Socialdemocratico Russo guidata da Lenin.
Capace organizzatore, dotato di grande energia e di durezza di modi e di metodi, nonché strettamente fedele alle direttive di Lenin, Stalin divenne uno dei principali capi della rivoluzione d’ottobre e del nuovo Stato socialista: l’Unione Sovietica.
Il suo ruolo e il suo potere politico crebbero durante la guerra civile russa in cui svolse compiti politico-militari di grande importanza, entrando spesso in rivalità con Lev Trockij.
Entrato nel 1912 nel Comitato centrale del partito operaio social-democratico, segue un carriera di burocrate e organizzatore, spesso violento, all’ombra di Lenin, l’erede di Karl Marx, colui che per primo ne aveva sperimentato nella realtà storica le teorie e le visioni, dando vita al “Marxismo-Leninismo”.
Piccolo di statura (1,64 cm), Stalin è afflitto da diverse patologie congenite e acquisite. Due dita di un piede sono fuse insieme, durante l’infanzia si ammala di vaiolo e nell’adolescenza un cavallo lo travolge causandogli gravi problemi al braccio sinistro che rimarrà semiparalizzato e risulterà con gli anni alcuni centimetri più corto del braccio destro.
Per questi motivi viene esonerato dal servizio militare alla vigilia della Prima guerra mondiale e può di conseguenza dedicarsi completamente all’attività politica. Se Lenin era considerato l’erede di Marx, Stalin lo sarà di Lenin, fulminato da un attacco cerebrale a soli 54 anni. La sua morte scatenerà una lotta fratricida tra i pretendenti al trono marxista.
Ne uscirà trionfatore Stalin, che riesce ad avere la meglio, grazie alla sua assenza di scrupoli, la sua abilità organizzativa e i suoi modi spicci e decisi, sulle correnti di sinistra di Tosckij e quelle di destra di Bucharin.
Una volta padrone dell’URSS, Stalin intraprende la collettivizzazione forzata dell’agricoltura, la forsennata industrializzazione del paese, la ricerca della produttività a tutti i costi.
Utilizza la mano opera gratuita fornita dai prigionieri dei Gulag e sopprime le libertà individuali e ogni forma di protesta.
L’ex-seminarista georgiano si fa anche l’apostolo del nazionalismo russo, che fatalmente produce repressione delle minoranze e un accresciuto antisemitismo.
Personaggio complesso, difficile da delineare, che spesso si nasconde dietro una maschera pubblica bonaria di “piccolo padre”, Stalin è certamente un genio della propaganda (la costituzione dell’URSS del 1936, in teoria la più democratica al mondo, arriva proprio nel momento un cui la repressione politica e il terrore poliziesco si abbattono sui sovietici), della messa in scena (scrive lui stesso i testi delle requisitorie del procuratore Vishinsky nei processi-farsa contro gli oppositori) e della ri-scrittura della Storia (per celebrare nel 1929 i suoi cinquant’anni, ad esempio, fa modificare la sua data di nascita, 1879 invece del 1878).
Il ricorso sistematico alla violenza, come strumento di lotta politica, comincia nel 1935 con le cosiddette “grandi purghe”: arresti in massa, processi truccati, deportazioni nei Gulag, esecuzioni indiscriminate.
Solo nel 1937/1938, gli anni peggiori delle purghe, l’NKVD (polizia politica) arresta un milione e mezzo di persone. Poche riusciranno a sopravvivere.
Più della metà sarà giustiziata sul momento, mentre in 500.000 moriranno nei Gulag.
Sul numero totale delle vittime dello stalinismo le cifre oscillano molto a seconda dei criteri adottati per il conteggio. Tutti gli storici tuttavia concordano nel ritenere che furono decine di milioni! Secondo Solgenicyn, l’”Arcipelago Gulag”, cioè tutto il sistema concentrazionario sovietico, ha prodotto un totale di 60 milioni di morti. Si, avete letto bene 60 milioni che nell’Europa occidentale non vengono mai ricordati!
Pronto a tutto pur di conservare il potere ed estendere lo spazio geo-politico dell’URSS, il 23 agosto 1939 ratifica il Patto germano-sovietico Molotov-Ribbentrop che prevede la divisione dell’Europa centrale in zone d’influenza, base della successiva spartizione della Polonia. Una scelta che avrebbe potuto pagare cara ma la storia ha voluto un altro esito.
L’aggressione di Hitler all’URSS due anni dopo (22 giugno 1941) mette ovviamente fine al Patto e Stalin chiede disperatamente aiuto agli alleati occidentali, che non glielo negheranno.
Se la Russia di Stalin riuscirà a resistere al rullo compressore della Wermacht, sarà grazie alle immense forniture militari che riceverà, in particolare dagli Stati Uniti, tramite i famosi “convogli artici” che scaricheranno nei porti di Arcangelo e Murmansk migliaia di aerei, di carri armati, tonnellate di munizioni e materiale militare di vario genere. Ma non dimentichiamo l’importanza dell’Italia nella salvezza della Russia contro l’attacco tedesco. Infatti nessuno riporta che la richiesta di aiuto di Mussolini ad Hitler contro la resistenza greca comportò un ritardo dell’invasione tedesca alla Russia che fu decisiva per la sconfitta nazista nel freddo inverno russo.
Al termine della guerra Stalin nelle conferenze dei Tre Grandi (con Churchill e Roosevelt) riesce spesso ad imporre le proprie visioni. Così mentre le truppe americane dopo la guerra lasciano l’Europa, l’URSS stabilisce la sua “influenza” sui paesi dell’Europa orientale.
Durante i vari incontri il primo ministro britannico Winston Churchill descrisse così Stalin: «Era una personalità incredibile,che nel corso della propria vita ha lasciato il suo marchio nel nostro tempo crudele. Stalin era un uomo di energia eccezionale, di erudizione e di volontà indomabile, duro e senza esitazioni sia nell’azione che nella discussione, e persino io, cresciuto nel Parlamento inglese non ero affatto in grado di contrastarlo…Una forza gigantesca risuonava nelle sue parole. Questa forza era così grande da farlo apparire unico fra i capi di tutti i tempi e di tutti i popoli. Il suo effetto sulla gente era irresistibile. Ogni volta che entrava nella sala di congresso di Yalta tutti ci alzavamo in piedi come se seguissimo un ordine e, stranamente, stavamo tutti sull’attenti. Stalin possedeva una saggezza profonda, imperturbabile, logica e ragionevole. Era un maestro nel trovare un’uscita nelle situazioni più disperate e nei tempi più difficili…Usò noi, i suoi nemici che aveva apertamente definito imperialisti per distruggere il proprio nemico…E’ salito al potere in Russia quando ancora c’era l’aratro in legno e l’ha lasciata fornita di armi atomiche»
Intanto all’interno del paese, mentre le vittime della repressione politica si moltiplicano a tassi esponenziali, Stalin è impegnato ad alimentare un culto della sua personalità senza precedenti: città, strade, aziende agricole collettive e fabbriche riceveranno il suo nome. Il suo ritratto sarà dappertutto.
I mass media dell’epoca parleranno solo di lui. Il suo nome verrà esaltato anche al di fuori dell’URSS, nei paesi occidentali, tramite i partiti comunisti locali.
Quanto alle vittime di stalin è obbligatorio tornare sull’argomento: prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica i ricercatori che hanno tentato di determinare il numero di persone uccise sotto il regime di Stalin hanno prodotto stime che arrivano aii 60 milioni di individui.
Dopo la fine dell’Unione Sovietica la disponibilità di accesso agli archivi sovietici, prima segreti, ha permesso di reperire la documentazione ufficiale di 799,455 esecuzioni tra il 1921 e il 1953, di circa 1,7 milioni di morti nei gulag e di 390 000 morti nei lavori forzati, con un totale di circa 2,9 milioni di vittime ufficialmente registrate in queste categorie.
I documenti ufficiali d’archivio sovietici non contengono dati completi per altre categorie di vittime, come quelle conseguenti alle deportazioni etniche o all’emigrazione dei tedeschi alla fine della seconda guerra mondiale.
Eric Weitz ha scritto: “Nel 1948, secondo Nicolas Werth, il tasso di mortalità dei 600 000 deportati dal Caucaso tra il 1943 e il 1944 aveva raggiunto il 25%”.
Altre rilevanti esclusioni includono il massacro di Katyn’, ulteriori omicidi nelle aree occupate e le fucilazioni di massa da parte dell’Armata Rossa. Durante la guerra i sovietici videro circa 158 000 disertori tra le file del loro esercito.
Le statistiche ufficiali sulla mortalità nei gulag escludono inoltre le morti dei prigionieri avvenute subito dopo il loro rilascio, ma che furono diretta conseguenza del duro trattamento subito nei campi.
Tuttavia alcuni storici ritengono che le cifre contenute negli archivi ufficiali registrate dalle autorità sovietiche siano inaffidabili e incomplete.
Gli storici che affrontarono il problema dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica hanno stimato un numero totale di vittime che varia tra i circa 4 milioni a i quasi 10 milioni di individui, senza contare coloro che non sono sopravvissuti alle carestie.
Lo scrittore russo Vadim Erlikman, per esempio, ha formulato le seguenti stime: esecuzioni: 1,5 milioni; gulag: 5 milioni; deportazioni: 1,7 milioni su 7,5 milioni di deportati; prigionieri di guerra e civili tedeschi: 1 milione; per un totale di circa 9 milioni di vittime conseguenti alla repressione.
Alcuni studiosi hanno incluso anche la morte di 6-8 milioni di persone per fame, tra il 1932-1933, tra le vittime della repressione di Stalin.
Secondo Aleksandr Jakovlev, che diresse la commissione per la riabilitazione delle vittime delle repressioni, creata dal presidente El’cin nel 1992, i morti causati dal regime di Stalin furono oltre 20 milioni.
In una conversazione con Winston Churchill nel 1942, lo stesso Stalin ammise di aver dovuto combattere, durante la collettivizzazione forzata degli anni ‘30, contro dieci milioni di contadini, affermando che fu una lotta più terribile di quella che stava combattendo contro i tedeschi.
Secondo quanto affermato invece da Robert Conquest nel suo libro Il Grande Terrore i morti nei Gulag e nei campi di lavoro sarebbero stimabili tra i 13 e i 15 milioni, su una popolazione di 30 milioni di internati.
Esiste poi l’inquietante capitolo sul mancato rispetto dei diritti umani.
Il 5 marzo 1940 Stalin e altri alti funzionari sovietici, tra cui Berija, firmarono l’ordine di esecuzione di 25 700 cittadini polacchi, di cui 14 700 prigionieri di guerra. Questo episodio è noto come massacro di Katyn’.
Mentre lo stesso Stalin disse ad un generale polacco che avevano “perso le tracce” degli ufficiali in Manciuria, alcuni lavoratori delle ferrovie polacche trovarono la fossa comune dopo l’invasione nazista del 1941.
Il massacro divenne fonte di scontro politico, con i sovietici che, dopo aver riconquistato la Polonia nel 1944, accusarono i tedeschi di essere stati gli artefici del massacro. I sovietici non ammisero la loro responsabilità fino al 1990.
Stalin introdusse regolamenti militari controversi, come ad esempio l’ordine numero 270 dell’agosto 1941 in cui si richiedeva ai superiori di sparare ai disertori sul posto, mentre i loro familiari fossero oggetto di arresto.
Da allora in poi Stalin condusse una purga di diversi comandanti militari che furono giustiziati per “codardia” senza un processo.
Stalin emise, nel luglio del 1942, l’ordine numero 227, con cui i comandanti che si ritiravano senza un permesso erano soggetti a un tribunale militare e i soldati colpevoli di infrazioni disciplinari erano costretti a servire nei “battaglioni penali”, particolari gruppi schierati nei settori più pericolosi della prima linea. Dal 1942 al 1945, 427 910 soldati furono assegnati a questi battaglioni.
Nel giugno 1941, settimane dopo l’inizio dell’invasione tedesca, Stalin adottò la strategia della “terra bruciata” con lo scopo di distruggere le infrastrutture e le forniture alimentari in varie zone del Paese prima che i tedeschi potessero usufruirne. Ordinò inoltre alla NKVD di uccidere circa un centinaio di migliaia di prigionieri politici nelle zone dove la Wehrmacht si avvicinava.
Dopo la cattura di Berlino le truppe sovietiche violentarono decine di migliaia di donne (fino a due milioni secondo alcune fonti) mentre 50 000 furono oggetto di stupri durante e dopo l’occupazione di Budapest. Molte di queste donne morirono o si suicidarono in seguito a queste violenze. Nei Paesi facente parti dell’Asse, come la Germania, la Romania e l’Ungheria, gli ufficiali dell’Armata Rossa generalmente considerarono le città, i villaggi e le fattorie come disponibili per saccheggi. Nella zona di occupazione sovietica della Germania del dopoguerra i sovietici realizzarono dieci “campi speciali” subordinati ai gulag. Questi erano ex stalag, prigioni o campi di concentramento nazisti, come Sachsenhausen (campo speciale numero 7) e Buchenwald (speciale numero campo 2).
Secondo le stime del governo tedesco “65 000 persone sono morte in quei campi sovietici o mentre venivano trasferite in essi”. Secondo dati recenti dei circa quattro milioni di prigionieri di guerra presi dai sovietici, tra cui tedeschi, giapponesi, ungheresi, rumeni e altri, 580 000 non fecero mai ritorno a casa e presumibilmente furono vittime della malnutrizione o della vita nei gulag. Prigionieri di guerra sovietici e lavoratori forzati che sopravvissero alla prigionia tedesca furono inviati al “transito” speciale (o “filtrazione”) per determinare quali fossero dei potenziali traditori.
Maurice Thorez, storico segretario generale del Partito Comunista Francese, non si vergognerà di dichiarare: “le madri hanno fatto amare ai loro figli il nome di Stalin!”. Il nome di uno dei dittatori più feroci del XX secolo.