I 200 anni dalla morte di Napoleone

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Napoleone – Sono 200 anni dalla scomparsa di Napoleone Bonaparte, il più grande stratega che la storia ricordi ed autore di epiche gesta militari con i suoi quasi infallibili “Grognards”.
Per le celebrazioni del bicentenario della sua scomparsa sono stati organizzati eventi in molti Paesi, soprattutto in Francia e in Italia: mostre, concerti, dibattiti, rievocazioni storiche e numerose visite nei luoghi dove Napoleone scrisse la storia.
Per approfondire la sua personalità e scoprire aneddoti, successi e fallimenti, il portale Wisits organizza per le 21 del 5 maggio un tour virtuale guidato: è sufficiente prenotarsi sul sito wisits.com e viaggiare con un’esperta ricercatrice nei luoghi di Napoleone, ripercorrendo le tappe della sua vita con tanti aneddoti e una particolare attenzione alla città di Milano, dove nel 1805 Napoleone si incoronò imperatore e che fece diventare con Parigi una delle capitali d’Europa.
Sono tanti i luoghi testimoni del suo passaggio, ma in particolare quattro isole fanno parte della sua storia: Sant’Elena per l’esilio, la natale Corsica, l’isola d’Elba dove risedette per più di un anno e ×le d’Aix, rifugio francese dopo la sconfitta di Waterloo. Della sua città natale Ajaccio, Bonaparte diceva: “Potrei riconoscerla a occhi chiusi dal soave profumo della sua macchia”; il capoluogo corso è in effetti circondato dalla vegetazione mediterranea e da un intenso aroma di salsedine. Qui sono tanti gli omaggi al celebre concittadino: un’enorme statua in bronzo su place de Gaulle; il monumento dei Jardins du Casone con le iscrizioni che ricordano le sue numerose battaglie; la fontana con i quattro leoni in marmo che fa da basamento a un’altra sua statua realizzata dallo scultore Giovanni Maglioli; e a rue Bonaparte la casa natale, trasformata in un museo con arredi, mappe e oggetti personali.
Il 4 maggio 1814 Napoleone sbarcò a Portoferraio, sull’isola d’Elba, dove risedette fino al 27 febbraio 1815; qui è possibile seguire le tracce della sua permanenza e i tanti eventi che per tutto il mese di maggio l’isola toscana dedica all’illustre ospite, in collaborazione con la Federazione europea delle Città napoleoniche (napoleoncities.eu), associazione che riunisce le città la cui storia è stata influenzata da Napoleone, e la Route Napoleon (route-napoleon.com), strada di 314 chilometri che prende il nome dal percorso intrapreso da Napoleone nel 1815 al suo ritorno dall’Italia.
Tra i luoghi napoleonici da non mancare sull’isola d’Elba ci sono le sue residenze: a Portoferraio la palazzina dei Mulini, che faceva parte del sistema difensivo delle fortezze medicee e dove oggi sono esposti busti, oggetti e arredi personali; villa san Martino nell’entroterra, dove doveva andare vivere con la moglie Maria Luisa, che però non lo raggiunse mai. Ci sono anche le stanze tra le mura di Forte san Giacomo a Porto Azzurro, e a Rio, accanto alla sede del museo del Parco Minerario, un’antica villa dove Napoleone alloggiò. A Portoferraio, infine, fece costruire sull’antica chiesa sconsacrata del Carmine il teatro dei Vigilanti: fu qui che la sorella, Paolina Bonaparte, organizzò il 26 febbraio 1815 il ballo di Carnevale per nascondere la fuga di Napoleone in Francia. Qui a luglio dello stesso anno si recò sulla piccola isola di Aix per trascorrervi gli ultimi 3 giorni prima di imbarcarsi con la Bellerophon per il definitivo esilio a Sant’Elena. Napoleone arrivò sulla piccola isola al largo della costa atlantica della Charente Maritime, dopo la sconfitta di Waterloo. L’isola era vicino a Rochefort, all’epoca sede dell’arsenale militare francese e da dove Bonaparte sperava di salpare verso gli Stati Uniti. Ma non ci riuscì e si consegnò, pronto per l’esilio. Per proteggere dagli inglesi l’arsenale di Rochefort e la sua rada, Napoleone aveva fatto costruire un’area fortificata con bastioni e cittadelle. Oggi la minuscola isola è un paradiso naturalistico dove si può visitare il Musée Napoléon, che conserva busti, quadri, documenti, uniformi e arredi che rimandano a quei giorni.
Tornando in Italia, oltre al duomo di Milano dove Napoleone si incoronò con una fastosa cerimonia il 26 maggio 1805, ci sono altri luoghi e città segnate dal passaggio di Bonaparte. Tra questi c’è Alessandria, che si sta preparando alle celebrazioni per il bicentenario con la rievocazione della battaglia di Marengo, lo storico evento, alle porte della città piemontese, che in poche ore cambiò la storia del mondo. Era il 14 giugno 1800 e Napoleone rimase sempre legato al ricordo di quella battaglia; in esilio portò con sé il mantello che indossava quel giorno e con cui si avvolse quando morì.
Ogni anno Alessandria celebra l’evento storico con una spettacolare rievocazione della battaglia, con comparse che arrivano da tutta l’Europa indossando le uniformi e imbracciando i fucili dell’epoca. E’ possibile anche visitare il Marengo Museum (marengomuseum.it), presso la Villa napoleonica Delavo, dove si rivivono le suggestioni della battaglia con l’esposizione di opere d’arte, oggetti d’epoca, libri, documenti, mappe e materiali multimediali.
Infine c’è un luogo in Europa indispensabile per completare la storia di Napoleone: Waterloo, in Belgio, dove il 18 giugno 1815 si svolse la battaglia vinta dal Duca di Wellington e che segnò la fine di Napoleone. La sconfitta avvenne nella frazione di Mont-Saint-Jean, a 4 chilometri dal centro cittadino, e per la sua importanza storico-culturale l’intera area è stata trasformata in un parco. Qui 5 punti di osservazione permettono ai visitatori di ammirare i luoghi più importanti, seguendo gli stessi spostamenti di Napoleone e di Wellington nei momenti cruciali dello scontro e, attraverso alcuni pannelli didattici, scoprire i segreti delle strategie militari di entrambi gli schieramenti
Per Napoleone non mancano Messe in suffragio. Il comune di Portoferraio annuncia, tramite l’assessore alla ciltura Nadia Maffei che: “Prendono ufficialmente il via le celebrazioni per il bicentenario della morte di Napoleone. Domani, mercoledì 5 maggio, giorno in cui l’Imperatore è deceduto nell’isola di Sant’Elena, verrà celebrata alle ore 17 nella Chiesa della Misericordia, la tradizionale messa in suffragio, in rispetto del lascito testamentario del principe russo Anatolio Demidoff, marito di Matilde di Monfort, nipote di Bonaparte. Demidoff, dispose un lascito perpetuo affinché, a partire dal 1861, ogni 5 maggio si tenesse una commemorazione religiosa e storica dell’imperatore affidata alla Confraternita della Misericordia di Portoferraio. La messa, che non potrà essere aperta al pubblico, verrà trasmessa in streaming nel canale Youtube del comune di Portoferraio. Vi parteciperanno solo i rievocatori, in costumi d’epoca, della PetiteArmée e dell’Associazione Culturale Historiae.
La funzione religiosa sarà preceduta da un breve video introduttivo in cui verrà mostrato l’originale del lascito testamentario custodito presso il Museo della Misericordia e all’ora precisa della morte dell’Imperatore verrà data lettura del referto redatto dal medico Antommarchi.
Di seguito il link al canale Youtube del Comune di Portoferraio: https://www.youtube.com/channel/UCavzRTS7WlDv9u3n0QBru5A.
Annotati gli appuntamenti torniamo alla storia ed a quelle ore di 200 anni fa.


Napoleone fu costretto all’esilio di Sant’Elena, dove morì, a causa di una mancata promessa degli inglesi (sarebbe meglio utilizzare esplicitamente il termine esatto “bugia”). Impostagli dalla Camera la nuova abdicazione, sotto le pressioni del potente Fouché («Avrei dovuto farlo impiccare prima», sbottò Napoleone) egli dichiarò di immolarsi «in olocausto per la Francia» e chiese invano che venisse rispettata la sua volontà di porre sul trono all’età giusta suo figlio Napoleone II. Le forze nemiche, viceversa, entrarono a Parigi e rimisero sul trono Luigi XVIII. Napoleone si rifugiò al castello di Malmaison, la vecchia casa dove aveva abitato con la prima moglie Giuseppina, morta da poco. La sua intenzione era di fuggire negli Stati Uniti, ma rifiutò di travestirsi come sarebbe stato necessario per sfuggire alla cattura, perché ciò avrebbe infamato il suo onore. Invece il 15 luglio 1815 Napoleone si arrese agli inglesi salendo a bordo della nave HMS Bellerophon. Condizione della consegna era la deportazione in Inghilterra o negli Stati Uniti, ove intendeva vivere soggetto al diritto comune e con lo status di privato cittadino; nel caso avesse ottenuto il permesso di soggiornare in America, le sue intenzioni erano quelle di diventare un famoso scienziato e studioso di fenomeni naturali, ma purtroppo le cose per lui andarono in modo totalmente diverso. Il capitano Maitland, in rappresentanza del principe reggente, arrestò Napoleone venendo in parte meno alla parola datagli: con la promessa di poter continuare a vivere in una semplice casetta di campagna in territorio inglese, Napoleone effettivamente venne accontentato ed ottenne un domicilio in territorio britannico; condotto dalla nave da battaglia HMS Northumberland, il 15 ottobre 1815 Napoleone venne sbarcato prigioniero ed esiliato a Sant’Elena, una piccola isola nel mezzo dell’oceano Atlantico, ancora oggi possedimento britannico, così remota e sperduta da rendere impossibile ogni tentativo di fuga.
Con un piccolo seguito di fedelissimi Napoleone fu trasferito nel villaggio interno di Longwood, dove rimase fino al decesso.
Sull’isola Napoleone ebbe la libertà di muoversi a suo piacimento sebbene fosse costantemente sorvegliato a vista da un piccolo contingente militare inglese; anche se non subì alcun processo o condanna, l’ormai ex imperatore si trovò praticamente a scontare un ergastolo in un posto lontano e sconosciuto. Napoleone dettò le sue memorie ed espresse il suo disprezzo per gli inglesi, personificati nell’odiosa figura del “carceriere” sir Hudson Lowe (che dal trattamento duro riservato a Napoleone non trasse alcun vantaggio per la sua carriera, anzi fu accusato di essere stato troppo severo nei confronti dell’imperatore francese). Sulla base dei suoi ricordi, espressi in lunghe conversazioni quasi quotidiane, il conte de Las Cases scrisse Il Memoriale di Sant’Elena e nella seconda metà dell’aprile 1821 redasse egli stesso le sue ultime volontà, e molte note a margine (per un totale di 40 pagine).
I dolori allo stomaco di cui già soffriva da tempo, acuitisi nel clima inospitale dell’isola e con il duro regime impostogli, lo condussero alla morte il 5 maggio 1821 alle ore 17:49.Le ultime parole di Napoleone furono Francia, esercito – capo dell’esercito – Giuseppina. Egli chiese di essere seppellito sulle sponde della Senna, ma fu invece seppellito a Sant’Elena, presso Sane Valley, come stabilito già l’anno prima dal governo inglese. Il governatore Lowe e i suoi uomini gli tributarono gli onori riservati ad un generale.


La morte di Bonaparte è stata tradizionalmente attribuita a un tumore allo stomaco che lo colpì negli ultimi anni di vita. Non sono tuttavia mancate le teorie complottiste che, attribuendone il decesso all’ingestione di arsenico, hanno gettato un’ombra di mistero sulla sua scomparsa. A sostenere per primo questa tesi fu Louis Marchand – cameriere personale di Bonaparte a Sant’Elena – nei suoi diari pubblicati postumi nel 1955. L’ipotesi dell’avvelenamento è stata avvalorata dagli studi del tossicologo Pascal Kintz che nel 2001 e nel 2003 ha riscontrato nei capelli e nel midollo osseo di Napoleone un tasso di arsenico superiore alla norma. Il possibile killer è stato indicato dagli storici David Hamilton–Williams e René Maury nel conte Charles Tristan di Montholon, responsabile delle cantine di Sant’Elena e presunto agente segreto al servizio dei Borbone (vedi Aulo Gasparri, L’assassino di Napoleone, in Lo scoglio. Elba ieri, oggi, domani, III quadrimestre, anno XII, 1994, p. 21). È stata comunque ipotizzata anche un’intossicazione casuale dovuta all’eccessivo consumo da parte dell’ex imperatore di orzate di mandorle amare (contenenti arsenico) e all’assunzione di calomelano, un composto a base di sali di mercurio somministratogli come diuretico e lassativo. La tesi della morte per tumore è stata in seguito riproposta in un articolo pubblicato nel 2007 sulla rivista Nature Clinical Practice Gastroenterology and Hepatology da un gruppo di ricercatori che ha confermato come l’ex imperatore sia stato ucciso proprio da un cancro ulceroso allo stomaco indotto da un microrganismo, l’Helicobacter pylori (vedi Robert Genta, Andrea Kopp Lugli, Alessandro Lugli, Gad Singer, Luigi Terracciano, Inti Zlobec, Napoleon Bonaparte’s gastric cancer: a clinicopathologic approach to staging, pathogenesis, and etiology, in Nature Clinical Practice Gastroenterology and Hepatology, n. 4, 2007, pp. 52-57).
Questa diagnosi è stata ribadita da uno studio del 2008 dell’Istituto nazionale di fisica nucleare che ha preso in esame alcune ciocche di capelli di Napoleone risalenti a vari periodi della sua vita, nonché i resti del figlio e della prima moglie.


Le analisi hanno infatti evidenziato la presenza di tassi elevati di arsenico in tutti i campioni esaminati: da questo dato si evince che gli individui dell’epoca erano assuefatti all’arsenico e che per uccidere un uomo occorreva una quantità di veleno maggiore di quella rinvenuta nei reperti . Sarà veramente così? Il mistero rimane!
Resta da ricordare che Napoleone non rimase sepolto in quell’isola che proprio non amava. Infatti il 2 agosto 1830, nove anni dopo la morte di Napoleone, il re Carlo X di Borbone fu costretto ad abdicare e la corona venne concessa a Luigi Filippo d’Orléans, di idee più liberali. La statua dell’imperatore fu restaurata sulla colonna di Place Vendôme e vi furono richieste del rientro in patria delle spoglie mortali. Il figlio cadetto del re, il Principe di Joinville, venne incaricato di riportare le spoglie dell’imperatore in Francia e questi, dopo aver ottenuto il permesso dei britannici, diresse una spedizione a Sant’Elena per riportare la salma a Parigi. Il 15 ottobre 1840, per opera di una commissione – i cui membri erano il conte Philippe de Rohan-Chabot, Charles Alexander, il colonnello Hamelin Trelawny, il capitano William Wylde, il colonnello Charles Hodson, il segretario coloniale William Henry Seale, il comandante Edward Littlehales, il maresciallo Henri Gatien Bertrand, il generale Gaspard Gourgaud, il conte Emmanuel de Las Cases, il generale Jean Gabriel Marchand, Arthur Bertrand, i capitani Léonard Charner, Guyet e Doret, l’abate Félix Coquereau, due coristi, il medico Remi Guillard e alcuni ex domestici di Napoleone – venne riesumata la salma che si rivelò intatta, vestita nell’uniforme di colonnello dei Cacciatori della Guardia. Ricomposto il corpo in una bara di ebano, l’imperatore cominciò il suo viaggio di ritorno in Francia sulla Belle-Poule, arrivando a Cherbourg il 2 dicembre, salutato dalle salve di cannone del forte e delle navi militari presenti.
Il 15 dicembre 1840 ebbe luogo il funerale solenne a Parigi, celebrato con tutti gli onori del rango imperiale. Disposto il feretro su di un carro trainato da 16 cavalli, scortato dai Marescialli di Francia Oudinot e Molitor, dall’ammiraglio Roussin e dal generale Bertrand, a cavallo, sui quattro lati, il corteo funebre passò sotto l’Arco di Trionfo, tra due file di insegne con l’aquila imperiale, salutato dalle salve di cannone e accolto dalla famiglia regnante in nome della Francia.


Il generale Bertrand, che aveva fedelmente accompagnato Napoleone all’Elba e a Sant’Elena, venne incaricato dal re di porre la spada e il copricapo dell’imperatore sulla bara, ma non vi riuscì per l’emozione e fu sostituito dal generale Gourgaud. Più tardi, nel 1843, Giuseppe Bonaparte inviò il gran collare, il nastro, e le insegne della Legion d’onore che suo fratello aveva indossato.
I resti di Napoleone riposano in un monumento posto in una cripta a cielo aperto ricavata nel pavimento della chiesa di Saint-Louis des Invalides a Parigi, esattamente sotto la cupola dorata. Il monumento, concepito dall’architetto Louis Visconti, venne terminato nel 1861 e consiste in un grande sarcofago di porfido rosso della Finlandia, che contiene le sei bare entro cui è stato chiuso il corpo di Napoleone: dalla più interna alla più esterna abbiamo una bara in lamiera e poi una in mogano, due bare in piombo, una in ebano e l’ultima in legno di quercia. Intorno al sarcofago c’è un loggiato circolare decorato con enormi statue raffiguranti dodici Vittorie.
Il trasferimento dalla cappella di Saint-Jérôme, dove era stata deposta la salma nel 1840, alla cripta nella sala centrale della chiesa di Saint-Louis des Invalides venne effettuato con cerimonia non pubblica il 2 aprile 1861, alla presenza dell’imperatore Napoleone III. La maschera funebre è conservata invece presso l’Accademia degli Euteleti a San Miniato, in provincia di Pisa, città dalla quale la famiglia Bonaparte fa risalire le proprie origini. Il calco sull’originale venne eseguito dal medico còrso Antommarchi e dal medico inglese Francis Burton.
All’interno della cripta è presente anche la tomba del figlio di Napoleone, Napoleone Francesco, il cui corpo fu qui trasferito dalla Cripta dei Cappuccini di Vienna, dov’era sepolto come tutti i membri della casa d’Austria, da Adolf Hitler nel 1940, come dono al popolo di Francia dopo l’occupazione all’inizio della seconda guerra mondiale.
Le qualità militari di tattico e stratega e la sua carriera più che ventennale costellata di impressionanti vittorie, continuano a rendere Napoleone, le tondu, “il rapato”, come era soprannominato dai suoi soldati, nel giudizio degli storici uno dei più grandi condottieri militari di tutti i tempi, accostato dallo storico britannico Geoffrey Wootten solo ad Alessandro Magno. Georges Lefebvre parla di “maestria senza eguali” tattica e strategica, Jean Tulard di “genio militare”, Nigel Nicolson e Franz Herre di “più grande generale di tutti i tempi”, Evgenij Tarle di “genio militare non mai superato nella storia dell’umanità”.
Un giovane che ha saputo divenire una grande guida per un Paese ed un esercito: un uomo che non ha mai amato i compromessi e che nel giusto e nello sbagliato è sempre andato avanti verso la meta che si era prefisso. Un personaggio nato nel 1769 in un giorno speciale sempre baciato dal sole il 15 Agosto.




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