Don Valerio Bortolotti ed il suo diario nel reparto del covid al Policlinico Umberto I

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Don Valerio Bortolotti è uno dei tantissimi sacerdoti che tutte le mattine si alza per lodare il Signore e per la sua opera di pastore tra le tante pecorelle smarrite e tra i numerosi fedeli che vivono nella caotica capitale d’Italia. Il “fratellone” così lo chiama chi vi scrive ed ha la fortuna di conoscerlo da 20 anni, è stato colpito dal covid e ricoverato d’urgenza al Policlinico Umberto I in cui ha trascorso ore tra la vita e la morte.

Una volta compreso che il Buon Dio aveva deciso di farlo rimanere su questa Terra a curar le anime, ha trascorsi giorni di convalescenza in ospedale tra medici, infermieri e pazienti, giornate che ha descritto in un suo diario che è testimonianza del covid ma anche di Fede e di come la parola di Dio possa essere d’aiuto per tutti.

Don Valerio, non è un segreto, viene da una famiglia “atea” ma graziato dalla vocazione non ha mai lesinato le sue energie di sacerdote per aiutare tutti. Nella parrocchia di Santa Chiara, nel quartiere di Vigna Clara a Roma ha avuto modo di seguire anche tantissimi giovani che grazie a lui hanno avuto modo di avvicinarsi (o riavvicinarsi) alla Chiesa ma ha anche aiutato tanti anziani in difficoltà sino al “trasferimento” nella parrocchia di Santa Maria Immacolata a Grottarossa (nella zona nord della capitale) dove è tutt’ora parroco e dove un giorno ha scoperto di essere stato colpito dal coronavirus.

Così don Valerio, per dodici giorni, si è trasformato nel cappellano del reparto, dicendo messa, dando la comunione e conferendo l’estrema unzione. La sua storia, raccontata scherzosamente sui social, in una sorta di telenovela, inizia con «stanchezza, febbretta, tossetta, raffreddore». Poi il peggioramento. La febbretta diventa febbrone, il tampone da negativo vira a positivo, l’affanno aumenta e di corsa in ospedale, dove gli viene riscontrata una polmonite bilaterale. Ossigeno e flebo. Era il 19 novembre. «Ero nel reparto covid a bassa intensità del Policlinico», racconta. «Non ero particolarmente moribondo ma neanche granché vispo, mi stancavo facilmente se stavo troppo in piedi e, nei primi giorni, avevo la tosse e la febbre alta». Il bagno era fuori della stanza e questa circostanza ha fatto sì che il sacerdote avesse una certa libertà di movimento, che ha sfruttato per sostenere gli altri degenti e per svolgere il suo lavoro. Sì, perché don Valerio, nel preparare la valigia prima del ricovero, non ha mancato di inserire, fra un maglione e un pigiama, anche i ferri del mestiere: calice, ostie, vino e bottiglietta per l’acqua. Da un tavolino, trasformato in un altare, diceva messa, con un po’ d’affanno ma con tutti i crismi. E soprattutto di notte, «perché il cortisone tiene svegli» e perché, dopo i rituali medici quotidiani, si è un po’ più tranquilli.

Monica, unica donna del reparto, anziana e minuta, don Valerio l’ha conosciuta tramite una dottoressa infettivologa, gentile e amorevole: «Era allo stremo e io le ho dato l’unzione degli infermi mentre la dottoressa, diventata figlia, l’accarezzava. Dopo qualche giorno si è ripresa ed è diventata negativa. L’hanno portata in un altro reparto ma, appena arrivata, è morta. La notte le ho celebrato il funerale nella mia stanza». A don Valerio è capitato un’altra volta di dare l’estrema unzione. Ivano è arrivato al reparto sabato 21 novembre e il suo cuore si è fermato, in modo del tutto inatteso, domenica 22. «Sopra il suo letto c’era l’unico crocifisso del reparto. Non è morto da solo». Da quel giorno, il crocifisso di Ivano è stato appeso alla flebo del sacerdote, per una doppia infusione di cure. Don Valerio parla di un’esperienza ricca e profonda. «Mi sono sentito oggetto dell’amore di Dio, che si è manifestato in tutti i modi. Ero preoccupato per la parrocchia, invece, grazie a preti amici e a tanti volontari, l’attività è andata avanti benissimo e con frutti nuovi. Ora punto sulle cose importanti, sull’essenziale».

In alcune pagine del suo diario scrive: Sabato 21-Novembre.
Qualora non lo sapeste dal 14 sono positivo al Covid e dal 19 notte sono all’Umberto I con polmonite. Qui sono curato al top, lo consiglio! Ringraziando il Signore, sono in miglioramento. Mi sento bene, senza febbre, solo con un lieve affanno, e domani inizieranno a diminuirmi l’ossigeno.

Domenica 22/11/20
Cari amici, Sono sempre all’Umberto I, in un reparto Covid, con la polmonite ma senza febbre, riposato. Il bollettino medico della dottoressa Cristina è: Don Valerio sta discretamente, dovrà scalare l’O2 fino a toglierlo completamente! Lo sento abbastanza sereno, si è ambientato.” Hanno già ridotto al 50% l’ossigeno nella mascherina e mi sento bene. Ora celebro la s. Messa con qualche fratello di sventura, avvolti nelle nostre nubi di chierichetti…
Colgo l’occasione per ricambiare le vostre preghiere e per pregare per tante persone che so essere in difficoltà. Le vostre preghiere e auguri mi rallegrano e commuovono, grazie! Vi chiedo una preghiera per Gianfranco che sta morendo in una stanza qui accanto. Grazie

Domenica 22/11/20 18:30
Gianfranco è morto, domenica 22 verso le 18. Stamattina mi ha chiesto e gli ho portato la comunione, consacrata nella messa con 6 partecipanti (siamo 14), l’ho accompagnato pregando per la sua buona morte mentre cercavano di rianimarlo, gli ho dato l’indulgenza plenaria in articulo mortis e gli ho conferito l’unzione degli infermi sotto condizione.
Un virus mi ha portato qui all’Umberto I, ma guidava Cristo Re. Preghiamo per lui e per i suoi cari.

Edizione della notte, domenica 22/11/20
Mi sento bene, sereno, in forze, ho solo un po’ di affanno se parlo a lungo. Giro per il reparto quando posso: la messa, l’unzione, la morte inaspettata di Gianfranco hanno abbattuto le barriere. Policlinico Umberto I, facoltà di umanità e di fede, docenti di livello altissimo.Inizio felicemente il percorso di formazione.
I poveri infermieri vengono, fanno il giro tutti bardati e poi tornano a spogliarsi e vanno altrove. Non possono stare sempre da noi. Santi subito!
Poii il ritorno a casa. Dodici giorni di grande flebo. Su me affetto, preghiere, cure, attenzioni, amicizia. Su me regali dal cielo. Su me… proprio su me… Un virus senza sentimenti per scoprirmi importante e mato. Un virus piccolo piccolo per farmi piccolo piccolo. Sono un malato curato, verità semplicissima.
Il comitato di accoglienza: in tre, al freddo in piedi, ombre scure davanti alla chiesa. Bussavano, mi cercavano, mandavano messaggi. Dispiaciuti sinceramente, non solo alla ricerca di aiuti.
“Padre entri dentro, non può parlare con loro”. Due parole, uno ad uno al portone. Poi via a cercare riparo, nella notte fredda e piovosa. Sono serviti, alla fine, quei soldi, umidi di igienizzante, ma non in ospedale.
Scongelato pian piano, poi Gesù nella mia stanza, tra le mie mani, gli ho parlato di te e dei sofferenti. Poi il mio letto, col pensiero ai letti di chi ho lasciato. Sto in carica, come il mio cellulare spompato, coi files da riaprire che premono. L’eroe mediatico esce di scena, ha narrato il girone del Covid, ora dei post virali resta solo positività a un virus. Il mondo da consegnare a Dio, Dio da consegnare al mondo e io, mediocre antenna umana, puntino isolato, proverò anche in questi giorni, sulla Parola di un Altro.
Ti dico un grazie qui, se non dovessi riuscire a farlo di persona, con tanto affetto e riconoscenza. Un saluto, ancora pericoloso.

06/12/2020 sera
Cari amici, quest’anno la festa dell’Immacolata con processione non potremo farla, mi dispiace, sia perché le processioni sono vietate, sia perché io, don Valerio, ho contratto il Covid e sono ancora in isolamento, in attesa del risultato del tampone liberatorio che ho fatto oggi. Grazie a Dio sto bene, non ho più sintomi e anche la stanchezza sta passando.
Colgo l’occasione per ringraziarvi di cuore se avete pregato per me: credo che le preghiere di tanti mi abbiano fatto vivere questo periodo di malattia, e soprattutto il ricovero in ospedale, come una cascata di regali di Dio. Strano a dirsi ma è così.
Ho raccontato le mie avventure in modo semiserio con una specie di diario sui social, e qui: https://1drv.ms/b/s!AiGGPu66Rrv8jZMAoBMXa2nz_3Lb_Q?e=tiCWDO.
Tra poco celebro la s. Messa nella mia stanzetta e vi ricordo tutti, uno per uno. Un abbraccio e a presto, spero, don Valerio (anche detto don Viruslerio, ma spero ancora per poco)
8/12/2020 (festa dell’Immacolata, patrona della mia parrocchia)

Sono proprio NEGATIVO e ieri sera (7 dicembre) il tampone lo ha confermato! Che sia un regalo dell’Immacolata?
Oggi torno alla vita umana e ringrazio il Signore celebrando le s. Messe delle 11:30 e 19:30 (oggi è messa di precetto, sapevatecelo!). Le offrirò per voi, per ricambiare tutte le vostre preghiere e il vostro affetto. E mo’ (Ho gli anticorpi, almeno per un paio di mesi).

10/12/2020
Ringraziando il Signore sto bene, in modo insperato: Il 7 il tampone era negativo, l’ho saputo la sera, ma dal 7 mattina mi sono ritornate le forze, tutte insieme. Prima mi dovevo fermare ogni due ore e riposarmi. Da allora ho ripreso a fare tutto e mi dimentico pure che sono stato malato. Schiopperò? Boh, po’ esse… O è l’adrenalina o è l’Immacolata. Se era solo l’adrenalina probabilmente prima o poi schiopperò, ma finora non è ancora successo”-




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