Olimpiadi. Il Giappone si è molto impegnato ed ha investito molto sulle olimpiadi del 2020 ma ha dovuto accettare il rinvio causato dalla pandemia da coronavirus. Ora però la faccenda si fa più complicata perchè inizia ad essere ventilata l’ipotesi che i giochi olimpici rinviati al 2021 possano essere cancellati.
In questi giorni l’attenzione sui Giochi Olimpici è tornata a salire dopo le dichiarazione di Yoshiro Mori, presidente del comitato organizzatore di Tokyo 2020. “Se la pandemia non sarà sotto controllo nel 2021, l’Olimpiade sarà annullata”. Frase di circostanza dato che anche gli esperti navigano a vista. Non c’è attualmente un vaccino quindi è normale che gli organizzatori siano preoccupati.
Sulla questione si è espresso anche il presidente dell’Associazione dei Medici del Giappone, Yoshitake Yokokura: “A meno che non venga sviluppato un vaccino efficace, penso sarà difficile fare l’Olimpiade nel 2021. E’ un problema mondiale”. Il Cio trema, ma anche Bach sa che il rischio c’è. La perdita economica sia per il Comitato Olimpico Internazionale che per il Giappone sarebbe elevatissima, ma ance per tutte le federazioni mondiali che attendono con ansia i soldi dei diritti televisivi e le ricche sponsorizzazioni che regala il panorama olimpico. Adesso però c’è solo da attendere, ogni ipotesi può essere smentita nel giro di poche ore. Sarà comunque una corsa contro il tempo dove i protagonisti saranno medici e ricercatori.
La capitale nipponica non è fortunata, perché già una volta era finita nella burrasca. Ci riferiamo al 1940, quando il Giappone sarebbe stato olimpico sia sul fronte dei Giochi invernali (destinati a Sapporo) sia su quello dell’edizione estiva: fino al 1992 le due versioni olimpiche si sono celebrate nello stesso anno, a volte nello stesso Paese. C’era già il poster ufficiale, ma la Seconda Guerra Mondiale fermò tutto: il Paese del Sol Levante avrebbe impiegato 24 anni per riavere i Giochi che aveva perso.
Il movimento a cinque cerchi rimase così con il ricordo dell’edizione del 1936 a Berlino, quella della celebrazione dei fasti nazisti ma anche quella che vide l’avvento della cinematografia sportiva grazie a «Olympia», il docu-film di Leni Riefenstahl. La città tedesca avrebbe dovuto già essere sede già nel 1916, ma in quel caso era stata la Grande Guerra a bloccare lo sport.
Tornando agli anni 40, il prolungarsi del conflitto mondiale portò inevitabilmente alla cancellazione pure dell’edizione del 1944, destinata a Londra (i Giochi invernali, invece, sarebbero stati disputati a Cortina), ma la capitale inglese ebbe modo di rifarsi nell’immediato dopoguerra. Nel 1948 un mondo che usciva dalle devastazioni e che aveva voglia di ricominciare si ritrovò nella città del Big Ben anche nel nome dello sport: fu l’Olimpiade di Fanny Blankers-Koen, di Emil Zatopek, di Bob Mathias, di Harrison Dillard, del Settebello della pallanuoto, di Adolfo Consolini e di altri campioni.