Calcio – La tre giorni di Coppa

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Si è chiusa la tre giorni europea. Il tabellone di Europa League vedeva ancora due squadre italiane impegnate la Roma, chiamata ad un impegno abbastanza agevole dopo la vittoria esterna per 0-4 sul terreno del Villareal, e la Fiorentina che nonostante la vittoria in casa dei tedeschi del M’Gladbach per 0-1 era attesa da una prova piena di insidie.
Alle 19 la squadra di mister Spalletti è scesa all’Olimpico forte di una qualificazione già in tasca e imbottita di seconda linea, per far rifiatare i titolari in vista degli impegni fondamentali che attendono i giallorossi a cominciare dalla sfida all’Inter di domenica prossima. A Roma non si fa altro che parlare del discorso stadio nuovo e la partita è passata in secondo piano anche per questo motivo; ormai il problema stadio è diventato una querelle che sta veramente logorando tutti; tifosi, società, comune, appassionati, i cittadini romani ed anche i cittadini italiani che da mesi vedono le prime pagine dei giornali e le aperture dei Tg dedicate a questa vicenda. Sembra che l’unico problema su cui ruota la capitale di Italia sia questo, mentre la città ha bisogno di ben altro e di più serio da affrontare. Non è questa la sede dove affrontare questi discorsi, ma come sempre nel nostro “Bel Paese” ci si focalizza su un problema solo, bombardando i cittadini come se la risoluzione di questo problema sia la risoluzione di tutti i mali, distraendo il comune cittadino da tutto il resto. In più i continui cambi di idee del comune, le continue iniziative pro e contro lo stadio ad opera di persone che poco capiscono e sanno di delibere e di leggi sull’edilizia, vedi le iniziative degli ultrà o di estemporanei comitati anti stadio, e le continue interferenze di ogni singolo ente, basti pensare al vincolo che la Sovrintendenza alla Belle Arti ha messo qualche giorno fa alla tribuna di Tor di Valle, non aiutano chiunque voglia cercare di capire un minimo la situazione. Speriamo solo che la situazione finalmente si concluda in un modo o nell’altro a noi non interessa, in modo che la città possa finalmente pensare ad altro. La partita è stato praticamente un proforma con i rincalzi mandati in campo da Spalletti che non sono mai riusciti ad entrare in partita. Il Villareal ha vinto per 0-1 buono solo per il morale, ma non per un qualificazione mai stata in dubbio. Migliore in campo il portiere di coppa Allison che ha evitato un passivo ben peggiore. Nel dopo partita Spalletti ha chiesto scusa e si è addossato la colpa della sconfitta, ma soprattutto ha ribadito il fatto che i giallorossi vogliono fare la loro parte in questa Europa League, perché hanno le carte in regola per arrivare fino in fondo. Speriamo che alle parole facciano seguito i fatti perché questa coppa non ha mai arriso alle squadre italiane come ci si sarebbe aspettati.
Alle 21.05 è andato in scena il suicidio perfetto. Al Franchi la Fiorentina ha affrontato il Borussia M’Gladbach con la forza del vittoria dell’andata e la consapevolezza di attraversare un buon periodo di forma. La partita si è sviluppata sulla falsa riga della partita di andata con i tedeschi lanciati a testa bassa nl tentativo di recuperare lo svantaggio e sfiorare subito il gol, palo a settimo minuto sugli sviluppi di un corner. Ma la viola è bravissima a sfruttare gli spazi che si lasciano alle loro spalle i tedeschi e con un uno due micidiale realizza due reti prima con Kalinic ben imbeccato da Bernardeschi e poi con Borja Valero rapido a sfruttare un erroraccio della difesa del Borussia. A questo punto la partita e la qualificazione paiono in ghiaccio 3 gol di vantaggio sembrano un bottino sufficiente per far dormire sonni tranquilli. In più il Borussia sembra accusare il colpo e non riuscire più a far quel gioco offensivo e spumeggiante che aveva messo in difficoltà la Fiorentina nei primi minuti. Ma il calcio è strano e alle volte un singolo episodio può indirizzare una partita se non anche una stagione; un rigore decretato dall’arbitro per un contrasto dubbio a centro area riapre la partita allo scadere del primo tempo che termina 2-1. Il tracollo avviene nel primo quarto d’ora del secondo tempo dove la Fiorentina riesce a subire tre reti su calci piazzati e dove in tutte e tre le realizzazione la difesa viola è stata immobile, inerte lasciando campo libero ai tedeschi, soprattutto al capitano Stindl autore di una tripletta in 13 minuti. Le disattenzioni della squadra di Sousa hanno dell’incredibile, un black out clamoroso che ha dimostrato un’altra volta tutte le mancanza di personalità che hanno contraddistinto la squadra in queste ultime stagioni. Ora la Fiorentina dovrà ragionare molto su questa eliminazione e analizzare tutta una stagione che dopo questa serata ha ormai preso una piega totalmente negativa.
Le eliminazione a sorpresa sono state un po’ la caratteristica della serata. Oltre a quella della Fiorentina sono uscite il Tottenham grande favorita ad arrivare alla finale, ma che ancora una volta fallisce la corsa europea come molte volte gli è successo in questi ultimi anni, eliminato dai belgi del Gent, l’Athletic Bilbao eliminati a Nicosia dall’Apoel che ha ribaltato l’andata con un perentorio 2-0, lo Zenith che all’ultimo minuto ha visto sfumare la sua rimonta contro l’Anderlecht, i russi avevano perso 2-0 all’andata, al 90 erano in vantaggio per 3-0 ma nel recupero i belgi han trovato il gol qualificazione. Ultima grande eliminata lo Shakhtar sconfitto ai supplementari dal Celta Vigo per 0-2 dopo aver vinto in Spagna per 0-1 l’andata a Vigo. Esaminando le qualificate le due grandi favorite sulle sedici squadre rimaste sono il Manchester United e la Roma, con outsider squadre come lo Schalke 04 l’Ajax e il Lione, le altre sembrano lontane anni luce dal poter impensierire le due super favorite rimaste.
Le partite di Champions League che si sono disputate tra martedì’ e mercoledì e ci hanno riservato emozioni, soddisfazioni e spettacolo come non si vedevano da tanto. La Juventus impegnata ad Oporto contro gli ostici portoghesi del Porto, che avevano eliminato la Roma nei preliminari estivi, è uscita dallo stadio lusitano con un ottimo 0-2 che spalanca le porte ai quarti trasmettendo una sensazione di maturità e sicurezza che fa ben sperare per il proseguo della competizione. A dirla tutta le premesse della vigilia non erano delle migliori perché il caso Bonucci – Allegri iniziato al termine della partita di campionato con il Palermo è deflagrato definitivamente in terra lusitana con il momentaneo accantonamento del difensore relegato in tribuna per punirlo del suo atteggiamento, scelta avallata e condivisa dalla società. L’episodio abbastanza comune in una squadra di calcio, è diventato l’elemento centrale di tutta la sfida di Champions. Essendo i protagonisti della sfida sempre al centro dell’attenzione si capisce l’importanza che è stata data all’evento, ma per l’ennesimo volta un episodio che andava riportato come semplice nota di cronaca e che non aveva a nostro giudizio una valenza fondamentale per la sfida è diventato il fulcro di ogni discussione, servizio televisivo e articolo di giornali, portando ancora una volta al centro della ribalta non la partita e le questioni di campo, ma un episodio che può essere sfruttato per fare scoop polemica e gossip. Analizzando il fatto dal solo punto di vista tecnico possiamo dire che Allegri è tutt’altro che uno sprovveduto e ben sapendo della forza del pacchetto centrale su cui può contare con giocatori del calibro di Chiellini Barzagli Rugani e Benatia e contemporaneamente sapendo benissimo la forza dell’avversario, il Porto è squadra tecnica, difficile da affrontare soprattutto sul suo campo, ma non certo eccezionale nei suoi avanti, ha potuto permettersi l’assenza del suo miglior difensore, dando un chiaro messaggio alla squadra e all’esterno sul fatto chi sia ad avere in mano lo spogliatoio. Ora il giocatore da quel serio professionista che è, avrà compreso il suo errore e da sabato sera potrà tranquillamente tornare in campo e svolgere il suo mestiere.
La partita è stata controllata sin da subito dai bianconeri che sono però apparsi un po’ appannati involuti ed a tratti poco determinati. Forse il caso Bonucci ha distratto i giocatori di Allegri, sceso in campo con quel 4-2-3-1, che tanto ha ben impressionato nelle ultime partite e schierando tutti gli altri titolari dal primo minuto. Il Porto si è difeso con ordine, con molta fisicità, intasando tutti gli spazi, ma mai è stato pericoloso in tutto i novanta minuti. La Juve ha ruminato gioco, con un possesso palla clamoroso, ma pochi sono state le occasioni da rete, per lunghi tratti ci è sembrato di assistere ad una partita della Juventus del nostro campionato, con i bianconeri che cercano di abbattere il muro avversario, ma con poca rapidità e poca convinzione. Verso la mezz’ora la prima svolta della partita con l’espulsione del brasiliano Telles, ex Inter, per doppia ammonizione che ha costretto i padroni di casa a rintanarsi ancor di più nella propria metà campo. La Juve a questo punta alza ancora di più il suo baricentro, ma i ritmi restano bassi e l’unica occasione per passare in vantaggio è un bolide dal limite di Dybala che si stampa sul palo. La ripresa non fa altro che ribadire il leitmotiv del primo tempo, con la Juventus che però ha solo due mezze occasioni con Higuain e Khedira che danno poco lavoro a Casillas. La definitiva svolta della partita si ha al minuto 67 con l’innesto di Pjaca per Cuadrado, che ha vissuto fin lì una serata poco brillante con molti errori. Bastano cinque minuti al croato per realizzare il suo primo gol in maglia bianconera, sfruttando una delle tante triangolazione strette della Juventus il giovane croato approfitta di un rimpallo e infila Casillas per il meritato, ma sofferto vantaggio. Passano due minuti e la Juventus raddoppia, con Dani Alves, subentrato da un minuto a Lichtsteiner, lesto a ribadire in rete un cross del connazionale Alex Sandro. La partita si chiude qui. Un uno due degno del miglior peso massimo che ha colpito ai fianchi per tutto il match e che al suono del gong mette k.o. il suo avversario. La Juventus ha per l’ennesima volta ribadito la sua forza mentale, la sua pazienza, caratteristiche ben note nel nostro campionato. Il vincitore della serata è stato senza dubbio Allegri. Come dopo la sconfitta di Firenze, quando varò il 4-2-3-1 sorprendendo tutti e tutto dando la svolta alla squadra, questa volta ha stupito punendo il suo miglior difensore e tra i big dello spogliatoio Bonucci, proprio alla vigilia di una partita fondamentale, prendendosi la scena, ma anche ribadendo chi sia quello che prende le decisioni e chi comanda all’interno dello spogliatoio. In più il fatto che i gol siano venuto dai giocatori che sono subentrati a partita in corso è la ciliegina sulla torta di una serata perfetta per il tecnico livornese. Ma come in tutte le cose, bisogna anche vedere le cose che non sono andate. La Juventus non ha data quell’idea di brillantezza e di cattiveria agonistica che serviranno per impegni più difficili. Il Porto è avversario esperto e solido, ma non ha la i campioni la classe e la forza degli squadroni destinati a vincere la Champions ed una prestazione come quella di ieri non sarà sufficiente al cospetto di queste squadre attrezzate ad arrivare alla finale. Higuain e Dybala si sono accesi solo a tratti denotando anche un po’ di nervosismo in alcuni momenti della partita, mentre gli esterni offensivi Cuadrado e Mandzukic non sono mai entrati in partita non fornendo mai un pallone ai propri colleghi di reparto e non provando mai a superare il proprio avversario diretto. Una nota di merito va invece a Pjanic, il migliore in campo che pare essere diventato il vero padrone del centrocampo bianconero in questa posizione davanti alla difesa, il bosniaco ha fornito una prestazione coi fiocchi fornendo qualità e quantità cercando sempre l’assist per i compagni e recuperando una quantità di palloni e dimostrandosi il vero valore aggiunto della serata.
La serata di mercoledì è stata completata da quello che era l’ottavo meno nobile del tabellone ovvero Siviglia – Leicester. La squadra spagnola ha dominato in lungo e in largo la partita fallendo un rigore colpendo due legni e realizzando due gol, ma ha avuto il demerito di non chiudere la partita è sul finale un gol di Vardy ha fissato il risultato sul 2-1 tenendo ancora viva la squadra di Ranieri e regalando ai suoi una speranza di qualificazione ai quarti che in caso di successo potrebbe essere impresa paragonabile alla vittoria in Premier della scorsa stagione.
Il martedì abbiamo assistito a due incontri che hanno riconciliato con il bel calcio e con le emozioni che solo una partita di calcio può dare. Lo spettacolo principale lo hanno fornito Manchester City e Monaco all’Etihad dando vita ad una partita che è stata definita tra le dieci partite più belle e spettacolari di sempre della Champions. Il punto di partenza per avere una partita spettacolare e avvincenti sta nel fatto che bisogna sempre avere due squadre che cercano la vittoria senza pensare troppo a tatticismi e difensivismi che spesso inficiano l’essenza stessa della sfida. In effetti il 5-3 con cui i ragazzi di Guardiola hanno battuto la squadra monegasca allenata dal portoghese Jardin è stata proprio una sommatoria di errori, giocate di campioni veri, svarioni difensivi che non si dovrebbero vedersi soprattutto nella massima competizione per club, invenzioni tattiche dei due mister, in poche parole abbiamo assistito alla ricerca pura della vittoria come unico motivo per cui scendere in campo che in fondo è quello che tutti gli appassionati vogliono sempre vedere. Il Manchester City è ancora un cantiere a cielo aperto, ma possiede campioni soprattutto dalla cintola in su, che possono essere tranquillamente paragonati ai campioni di Real Barcellona Bayern e alle altre squadre che vogliono giungere alla finale di Cardiff. Purtroppo l’assetto difensivo dei citizens non è allo stesso livello e se a questo sommiamo il fatto che Guardiola non ha fatto ancora una scelta sul portiere titolare, non fa del City una delle favorite alla vittoria finale. In più Guardiola ha ancora una volta di essere uno sperimentatore di calcio, alle volte le sue scelte lasciano perplessi basti pensare a Fernandinho esterno destro lui che è da sempre un centrale di centrocampo, con un esterno di ruolo come Zabaleta relegato in panchina e impiegato solo dal 60°. Il Monaco invece fa dell’organizzazione e della forza fisica il suo punto di forza, con in più alcuni elementi come Bernardo Silva e Falcao di spessore assoluto che danno quel quid in più alla squadra francese. Non per niente il Monaco guida la Ligue 1 davanti alla corrazzata PSG e tra i tanti record che sta accumulando quest’anno vi è tra gli altri il fatto di segnare sempre almeno tre gol a partita in campionato. Certo non si poteva pensare che anche in Champions e a cospetto del City la banda Jardim si ripetesse.
Il Monaco ha avuto in pugno la partita per quasi settanta minuti, andando due volte in vantaggio sfruttando i clamorosi buchi e le topiche dei difensori di Guardiola con Falcao un centravanti come ce ne sono pochi al mondo, e la velocità di infilarsi negli spazi del succitato Bernardo e del giovanissimo Mbappe, solo 18 anni, che hanno tagliato come il burro il fragile assetto difensivo del City. Ma allo stesso tempo non hanno avuto la personalità di chiudere la partita prima con il rigore sbagliato da Falcao, che avrebbe portato i francesi sul 3-1 ad inizio ripresa, e poi non hanno avuto la forza, netto il calo psico fisico degli ultimi venti minuti, per mantenere il vantaggio o anche il 3-3 che come risultato nell’ottica dei 180 minuti sarebbe stato un risultato ottimo. Al City va riconosciuto il fatto di non aver mai mollato e di aver dimostrato una personalità e un voglia di vincere non comuni. Aguero si è per l’ennesima volta dimostrato il campione che si conosce supportato dal giovane Sanè che tanto bene sta facendo parlare di se dalla scorsa stagione e proprio per questo acquistato dai citizens a suon di milioni, e con giocatori dal talento cristallino come Sterling e De Bruyne e le verve ritrovata di Yaya Toure, il City si potrebbe candidare al ruolo di mina vacante della Champions, ma innanzi tutto dovrà darsi una solidità difensiva ben diversa da quella vista martedì, e cosa non così scontata, superare indenne il ritorno a Monaco, con i rivieraschi che avranno la volontà di rimontare e la consapevolezza di avere una sorprendente qualificazione a portata di mano. Di certo il ritorno si prospetta aperto ad ogni risultato.
Anche Bayer Leverkusen – Atletico Madrid ci ha regalato spettacolo, gol e giocate di alta scuola, ma qui la qualificazione pare già scritta a favore dei madridisti usciti vincenti per 2-4 dalla Bay Arena. La squadra di Simeone finalista lo scorso anno, rimane la squadra quadrata, rognosa e che nessuno vorrebbe mai incontrare; le caratteristiche che l’hanno fatta arrivare due volte in tre anni alla finale sono rimaste intatte, anche se si ha l’impressione di una squadra un po’ meno aggressiva e intensa; il pressing è sempre applicato in maniera rigorosa, ma con meno vigore ed energia, e infatti gli avversari raggiungono più facilmente la via della porta bianco rossa. La non brillante classifica in Liga, quarto posto a sette punti dal Real, ma con una partita in più, e il maggior numeri di reti subite in stagione rispetto all’anno passato lo testimoniano. Comunque l’Atletico è riuscito abbastanza agevolmente ad imporsi alla giovane squadra tedesche che fa del gioco aperto e della continua ricerca del trama offensiva il proprio marchio di fabbrica, chiudendo il primo tempo sul 2-0, fallendo anche altre buone occasioni per triplicare. Nella ripresa un piccolo calo di concentrazione ha consentito ai tedeschi di accorciare le distanze, ma gli spagnoli sono stati capace di replicare alle reti tedeschi con altrettante realizzazioni. Il 2-4 finale è il giusto specchio della partita che regalato lampi di classe, soprattutto il primo gol del gioiellino Saul non nuovo a prodezze del genere, e ritmo elevato che hanno fatto divertire e godere agli spettatori uno spettacolo di ottima fattura. Attenzione a questo Atletico che non parte mai coi favori dei pronostici, ma che spesso arriva in fondo.

PIERFRANCESCO BONANNO




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