Udinese – C’è l’Udinese al numero uno fra le squadre “mangiallenatori” nei cinque maggiori campionati d’Europa. Lo stabilisce un report del Cies che ha preso in esame i maggiori 84 campionati del pianeta (766 club) nell’arco degli ultimi cinque anni, da gennaio 2015 al dicembre 2019. La media mondiale di “sopravvivenza” è di 40,6 partite per allenatore, considerando i tecnici che si sono seduti in panchina consecutivamente per almeno tre gare casalinghe.
La squadra friulana è al top della classifica dei “big five”, i più importanti campionati europei, l’unica in doppia cifra con 10 cambi tecnici effettuati a una media di 19,1 partite per allenatore. In seconda posizione sul podio, Lilla e Valencia a braccetto con 8, in terza con 7 un quintetto che comprende il Milan e il Genoa oltre a Nantes, Siviglia ed Everton. Nessuna squadra nei top campionati del Vecchio Continente ha tenuto lo stesso tecnico nel quinquennio preso in esame, al fondo della classifica in fatti ci sono 8 club a quota 2 cambi effettuati, fra cui Juventus e Lazio. Dal punto di vista dei campionati, comanda la Liga con una media di 4,6 allenatori, segue la Serie A con 3,9, la Bundesliga con 3,8, la Ligue 1 (3,4) e la Premier Ligue (3,2). A livello mondiale, in testa alla classifica d’infedeltà c’è la Primera Division boliviana con 9,1 avvicendamenti tecnici, mentre al fondo, con una media di 2,6 nel’arco dei cinque anni ci sono a pari merito la Mls di Usa-Canada, l’Urvalsdeild islandese, la Premiership nordirlandese e l’Allsvenskan svedese.
Ma vediamo nello specifico i 10 avvicendamenti avvenuti sulla panchina dell’Udinese negli ultimi cinque anni. Nella stagione 2015-16 De Canio ha preso il posto dell’esonerato Colantuono, che si è salvato alla penultima giornata. Il 2016-17 si è aperto con la guida Iachini, che alla settima giornata ha lasciato il posto a Delneri, poi finito 13° in classifica. Riconfermato per il 2017-18, Delneri ha allenato per 13 giornate con l’arrivo di Oddo, il quale alla fine di una striscia negativa di 11 sconfitte consecutive (record storico negativo per i bianconeri) ha lasciato a Tudor che si è salvato all’ultima giornata. Nel 2018-19 in panchina si è seduto lo spagnolo Velázquez, che è stato però esonerato dopo 12 giornate. Il suo sostituto, Nicola, è sopravvissuto fino alla ventottesima e il richiamo di Tudor, che la scorsa stagione ha condotto i friulani al dodicesimo posto in classifica. Considerando anche l’esonero di Tudor all’undicesima giornata di quest’anno, per Gotti, gli avvicendamenti in casa friulana dal 2015 salgono a undici.
Ma il presidente Gianpaolo Pozzo che lunedì scorso ha compiuto 79 anni è contento Da 25 la sua Udinese è stabilmente in serie A. Un vanto. Per lui, per il club, per l’orgoglioso popolo friulano che ha un legame viscerale con una squadra che ha vinto, lottato, resistito, che ha vissuto l’Europa e campioni come Zico e Di Natale, Bierhoff e Amoroso che per sempre rimarranno nei cuori.
Tecnici importanti come Spalletti e Guidolin che sono diventati conquistatori. Ora che la pandemia ha assalito anche il calcio, Pozzo è tornato a giocare all’attacco alla sua maniera. “Solo per difendere il calcio che è un qualcosa di ludico, di divertente, di emozionante. Ho sempre voluto ribadire che la mia intenzione è giocare, ma in sicurezza”
“Sarà un po’ come tornare dopo una guerra. I calciatori sono fermi sul divano da due mesi e mezzo. Ma la squadra fino alla sosta stava rispondendo molto bene. Eravamo imbattuti da quattro partite di fila, tutte pareggiate con Brescia, Bologna, Verona e Fiorentina. La squadra mi era sembrata decisamente in crescita. Non abbiamo mai sentito veramente la paura”.
Merito di Gotti? Lo confermerà?
“Per me è confermato. Sta facendo molto bene, sta valorizzando i calciatori e per noi è una cosa fondamentale perché da anni perseguiamo una certa politica che ci porta a prendere dei potenziali talenti per poi farli esplodere e dar dopo loro la possibilità di arrivare su grandi palcoscenici”.
Cosa le piace di Gotti?
“È bravo a convincere i giocatori. Sa trattare con loro, si fa capire e voler bene”.
Cosa non ha funzionato, invece, col tecnico Igor Tudor, l’uomo che, comunque, nelle ultime due stagioni, vi aveva aiutato a conquistare due difficili salvezze?
“Mi creda. Io lo stimo, è un tecnico che ha qualità e ne sono convinto. Purtroppo ha avuto degli scontri all’interno con alcuni calciatori. E questo ambiente, purtroppo, ti mette di fronte a una scelta: mandare via i giocatori o l’allenatore”.
Che idea ha di questa Udinese?
“Che sia una squadra forte. Con ottimi elementi, di valore internazionale. Ho fiducia”.
Avete un campione come Rodrigo De Paul diventato titolare fisso della Nazionale argentina, ma forse manca un simbolo. Non varrebbe la pena di investire su un calciatore simbolo?
“Dovrei trovare un altro Totò Di Natale. Il sogno resta quello. Mica facile. Vede, Di Natale nel 2010 non andò alla Juve, rinunciammo a 30 milioni, ma ci ha ripagati con tutti i gol che ha fatto con la maglia dell’Udinese. Tante volte mi dico che vorrei tanto pescare un altro Di Natale”.
Dopo Samir Handanovic a Udine si vede la crescita e la progressione di un altro grande portiere, l’argentino Juan Musso. Che piace a tanti club. Il suo direttore sportivo, Pierpaolo Marino, gli consiglia di fare un altro anno in Friuli. Lei è d’accordo?
“Credo che Marino abbia assolutamente ragione. Musso è molto forte, ma deve stare un altro anno qui a Udine per completare totalmente la sua maturazione”.
Ci sono altri calciatori da vendere… De Paul e Fofana scalpitano.
“Per questo la lunga sosta ci penalizza. Non possiamo lasciare fermi i nostri giocatori che sono un patrimonio. Così si svalutano”.
Voi, invece, in questi anni avete valorizzato la Dacia Arena, lo stadio che tutti vi invidiano. E il merito è anche di sua figlia Magda. Di Gino, che conduce il mercato del club, sappiamo, ma di Magda che fa vivere lo stadio tutto l’anno molto meno.
“Ha sempre fatto questo Magda. È laureata in business administration. Fa il suo mestiere e bene. Come lo fanno il nostro direttore generale Franco Collavino, Marino e l’imponente staff che abbiamo. Con lo stadio stiamo facendo miracoli, pur con tanti ritardi burocratici. Siamo sempre in lotta con la burocrazia. Mancano ancora due terzi di quel che vogliamo realizzare tra ristorante, bar, piscina. Abbiamo ventimila metri quadrati che aspettano le licenze. Le autorizzazioni. La città ha bisogno di una struttura come questa e quando avremo completato potrà davvero vivere in pieno 365 giorni l’anno. Come avete visto con la Dacia Arena, qui la voglia di lavorare e rimboccarsi le maniche non manca. Ma non mancano neppure gli ostacoli”.
Torniamo all’inizio: da 25 anni siete in serie A. Quali sono i suoi vanti, il suo orgoglio?
“La Champions League che abbiamo conquistato sul campo. E proprio questo stadio. Ma ho ancora un sogno: tornare in Europa con l’Udinese”.