Calcio – La favola del Cittadella si ferma ad un passo dalla serie A

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Cittadella – In tanti avevano creduto che il calcio potesse regalare una ‘favola’, che potesse realizzare il sogno di una piccola località lontana anni luci da clamore, denaro, tifoserie accese e polemiche continue.

Purtroppo però non è andata così. Da una parte un Verona molto motivato a ribaltare il risultato, dall’altra un arbitro che ha ridotto ‘i sognatori’ in 9 per due espulsioni quantomeno affrettate.

Si è conclusa tra gli applausi del Bentegodi, ma anche e soprattutto dei loro cittadini la ‘favola’ del Cittadella.

Una bolgia il Bengodi di Verona. Era da tanto che non si contavano più di venticinquemila spettatori.

I gol di Zaccagni e di Di Carmine, al ventisettesimo il primo e al settantesimo il secondo precludono il sogno promozione ai granata, giunti qui sostenuti da duemila cinquecento supporter che hanno sostenuto i loro beniamini fino all’ultimo. Il terzo gol di Laribi all’ottantatreesimo ha chiuso definitivamente i giochi quando il Cittadella con orgoglio e generosità ha provato con un moto di orgoglio a riprendersi la serie A. Peccato per il Cittadella che ha fatto sognare non solo i propri tifosi ma l’intera provincia patavina.

Mauro Balata, presidente della Lega di B, ha avuto parole di elogio per ‘il Citta’. Quello del Cittadella è stato un percorso straordinario e non solo in questa stagione. L’Hellas ha fatto bene dai preliminari. Anche all’andata è stata una bellissima partita. Il Cittadella è un miracolo dello sport e del calcio per le dimensioni della piazza, grazie ad una proprietà forte che da certezze. Già vederla in finale è stato qualcosa d’eccezionale” ha concluso Balata.

Ma statene certi il Cittadella ci riproverà! La  serie A l’avrebbe proprio meritata: sarebbe stato un un premio più che meritato per una piccola società che, a dispetto delle dimensioni del contesto in cui opera (città: 20.000 abitanti; stadio: 7.623 posti; pubblico: poco più di 4.000 spettatori in media), è riuscita a crescere anno dopo anno con pazienza, impegno e capacità gestionali.

Il Cittadella è una compagine giovane, che  nata 46 anni fa (nel 1973) dalla fusione fra due società locali, la Cittadellese e l’Olimpia, voluta dal presidente di quest’ultima, Angelo Gabrielli, per far fronte ai debiti che penalizzavano entrambe.

La Cittadellese infatti era la squadra “dei comunisti”, l’Olimpia invece “quella dei preti”, non vi ricorda qualcosa? Già si proprio lui l’indimenticabile Guareschi e la rivalità tra la Dinamo di Peppone e la Gagliarda di Don Camillo. Non fu per nulla facile nei primi tempi far convivere le due tifoserie politicamente contrapposte. Ma Angelo Gabrielli ci riuscì.

Il primo presidente del nuovo Cittadella è stato un grande industriale, ha fondato nel 1954 la Siderurgica Gabrielli portandola ad essere il secondo gruppo siderurgico italiano, 1.300 dipendenti e un fatturato di 800 milioni. È stato insomma (è mancato giusto dieci anni fa, nel 2009) uno dei tipici imprenditori veneti di successo, di quegli italiani che hanno saputo fare grande l’Italia.

Angelo Gabrielli è stato anche un appassionato di calcio e il Cittadella è tuttora proprietà della sua famiglia. Presidente per vent’anni, dalla fondazione all’86 e poi dal 2002 al 2009, ha portato il club granata dalla Promozione ai Professionisti (il salto in C2 risale al 1989, al ’98 quello in Serie C1 e a due anni dopo la prima in B).

Gabrielli ha anche avuto il merito di portare nel calcio i suoi principi, la sua etica, il suo senso del dovere, il rispetto per il lavoro altrui e la sua professionalità (tutte merci rare nella nostra società e particolarmente nel mondo del calcio legato a doppio fili al ‘dioo denaro’).

Ha creduto negli uomini, dirigenti allenatori e giocatori. Come Claudio Foscarini, il tecnico che è rimasto sulla panchina granata per dieci anni (2005-2015), a prescindere dai risultati. Oppure come il dg Stefano Marchetti, un ex calciatore originario di Fontaniva (un piccolo centro alle porte di Cittadella), da un decennio in forza al club, della cui crescita è considerato il vero artefice.

Determinante anche il principio della economicità della gestione della squadra calcistica veneta. Impresa tutt’altro che semplice, considerati i parametri di riferimento della categoria e quelli specifici della società, conciliare i ricavi con i costi (sono pochi i presidenti di squadre di calcio che sono stati in grado di fare altrettanto bene). L’utile è ovviamente un obbiettivo impossibile ma il contenimento delle perdite invece sì. Nella stagione 2016-2017 il bilancio si è chiuso con una perdita di solo 1.338 milioni, quasi un miracolo. E i bilanci granata non sono taroccati né gonfiati da plusvalenze.

Il Cittadella è una “società bene organizzata, risultati positivi, un settore giovanile con sedici squadre, oltre a cinque femminili. Un monte-stipendi che arriva a tre milioni, con i premi, e ingaggi al massimo di 80.000 euro netti, dati a giocatori scelti anche guardando alle qualità umane e che abbiano il senso di appartenenza». Con questa formula è da dieci anni in Serie B (una sola retrocessione in Lega Pro nel 2015) e, negli ultimi quattro campionati, è sempre riuscito a qualificarsi ai play off, arrivando nel 2018 alle semifinali e quest’anno sino alla finalissima eliminando squadre ben più titolate.

Uno degli artefici di questo ‘gioiello’ calcistico è sicuramente Roberto Venturato, un allenatore che ha un profilo che corrisponde al modello Cittadella. Ha smesso di fare il promotore finanziario solo nel 2016, quando i granata (che guidava dal campionato precedente) sono risaliti in Serie B. È lui l’artefice dell’upgrade tecnico della squadra, valorizzando per di più solo giocatori italiani.

Un nome su tutti? Davide Diaw, il goleador della finale di andata dei play off, friulano di Cividale di origini senegalesi, che fino a due anni fa lavorava come magazziniere e che ha contribuito con i suoi gol alla cavalcata del Cittadella sino ai piedi della serie A.

Dunque un nuovo campionato cadetto attende Cittadella. Un anno in più per trovare soluzioni per lo stadio. Infatti il  Tombolato non ha la capienza richiesta per la Serie A. Certo a Padova hanno l’Euganeo uno stadio bellissimo (l’ho visitato di recente ed è un vero gioiello, peccato che il Padova nel frattempo sia tornato in serie C) e si pensava di giocare la serie A li ma….. errori, decisioni arbitrali e la forza degli avversari hanno rimandato il tutto… restano i complimenti a Cittadella ed all’impresa sfiorata!

 

Raffaele Dicembrino




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