Arrigo Sacchi – Buon compleanno ad uno dei mister che rimarrà nella storia del calcio per averlo “rivoluzionato”.
Compie oggi gli anni l’ex allenatore ed ex tecnico della nazionale italiana Arrigo Sacchi.
Classe 1946, nasce a Fusignano, paesino della Romagna, lo stesso giorno di un altro grande del calcio, l’amico Alberto Zaccheroni. Voci non certissime raccontano che nella fanciullezza tifasse Inter e che amasse farsi portare a San Siro a vedere qualche partita dei nerazzurri. Di certo, c’è solamente che fin dall’adolescenza è stato attratto inesorabilmente dal calcio, tentando in tutti i modi di inserirsi in squadre e squadrette di vario tipo, oppure cercando di operare “dietro le quinte”, adombrando in questo modo la sua futura carriera di allenatore. Scelta in parte forzata, dato che le sue doti di giocatore non erano di gran livello….
I nostri antichi avi amavano ricordare come sia destino degli uomini di grande rilievo dividere i propri simili. Amore e odio, senza vie di mezzo. Qualcosa del genere è capitato ad Arrigo Sacchi ed anche a mister Zeman, ed a pochi altri allenatori di sport…
Sacchi e Zeman imposero un radicale cambio di mentalità imposto ai vertici del calcio italiano, un fervore innovativo capace di contrassegnare un’era e residuare un’eredità imprescindibile. Purtroppo, o forse inevitabilmente data la forza rivoluzionaria del messaggio, il veicolo della novità è un carattere manicheo, conformato a una visione talmente monotematica che dovette imbattersi nella storia catenacciara del calcio italiano (almeno sino al loro arrivo).
Ma torniamo alla storia dell’allenatore vice-campione del mondo con la nazionale Italiana, sconfitta dl Brasile in una tattica finale conclusasi ai rigori con l’errore di Roberto Baggio.
Con il tempo, dunque, la figura di Arrigo Sacchi come allenatore si va delineando anche se, ad un certo punto, è quasi tentato di lasciar perdere tutto per dedicarsi a qualcosa di più “serio” e remunerativo, ossia affiancare il padre, produttore di scarpe, nella vendita all’ingrosso, cominciando così a viaggiare e a girare l’Europa. Com’ è facile intuire, però, la passione per il calcio letteralmente lo divora, tanto che proprio non riesce a stare lontano dai campi e soprattutto dalla panchina, la sua massima aspirazione professionale. Sempre triste e mugugnante come venditore, comincia a sentirsi meglio quando gli affidano qualche squadra da portare avanti, anche solo a livello dilettantistico.
Si trova così a guidare squadre come il Fusignano, l’Alfosine e il Bellaria. Poiché mostra nerbo e carattere, nonché lucidità e idee rivoluzionarie, nessuno si meraviglia quando gli affidano il settore giovanile del Cesena. La cittadina romagnola era già allora una specie di tempio del calcio. Tra l’altro era la culla di una celebrità come il conte Alberto Rognoni, nobile dalla parlata forbita e dalla simpatia istintiva. Il ruolo di Rognoni fra l’altro si rivela abbastanza importante, dato che non solo lancia e modella il Cesena ma guida anche, per molti anni, l’istituzione del COCO, la temuta Commissione di Controllo della Federalcalcio. Il conte, inoltre, nonostante ormai il fulcro della sua attività ruotasse intorno a Milano, era già allora uno dei primi grandi estimatori dell’emergente Sacchi.
Nella stagione 1982/83 va a Rimini in C/1, l’anno dopo alle giovanili della Fiorentina e nel 1984/85 di nuovo a Rimini in C/1; nel 1985 si trasferisce a Parma dove è rimane fino al 1987.
Approda in serie A nel campionato 1987/88. Silvio Berlusconi, neopresidente milanista, decide di chiamarlo sulla panchina della sua squadra dopo l’ottima prova che il Parma guidato da Sacchi (allora in serie B), effettua contro il Milan di Liedholm in Coppa Italia. Con la squadra milanese vincerà lo scudetto nel 1987/88, arriverà terzo nel 1988/89 e secondo nel 1989/90 e nel 1990/91; ha poi vinto una Supercoppa Italiana (1989), due Coppe dei Campioni (1988/89 e 1989/90), due Coppe Intercontinentali (1989 e 1990) e due Supercoppe Europee (1989 e 1990).
Occorre considerare che in quegli anni ai vertici del calcio italiano c’era il Napoli di Maradona che si schierava, come la stragrande maggioranza delle squadre partecipanti al massimo campionato, in modo tradizionale.
Arrigo Sacchi, invece, al posto di uniformarsi al canovaccio tattico in voga decide di schierare il Milan con un rivoluzionario 4-4-2.
La base su cui poggia il suo progetto è quella di riuscire a creare una squadra in cui ogni giocatore abbia compiti importanti sia in fase difensiva che offensiva, una squadra quindi dove la collaborazione assuma un aspetto rilevante. Riuscirà con il tempo anche a incidere sulla mentalità, inculcando nella testa dei propri giocatori i concetti del “calcio totale”.
Proprio per questo, in Italia è stato spesso contestato di ritenere prioritari gli schemi rispetto agli uomini. Chi non ricorda l’attaccante della Lazio, Giuseppe Signori, finito a fare il terzino sinistro in nazionale!
Dal 13 novembre 1991 è subentrato ad Azeglio Vicini come commissario tecnico della Nazionale Italiana che ha condotto ai Mondiali USA del 1994, ottenendo il secondo posto dietro il Brasile. Nel 1995 ha portato l’Italia alla qualificazione per la fase finale dell’Europeo ’96. Nel 1996 ha rinnovato il contratto che lo avrebbe legato alla guida della Nazionale fino a tutto il 1998, ma poco tempo dopo, in seguito a polemiche sulla sua conduzione, ha preferito lasciare il posto a Cesare Maldini, già allenatore della nazionale giovanile.
Infine, il suo ultimo incarico è stato quello alla guida del Parma. Il troppo stress, però, l’eccessiva fatica e le troppe tensioni a cui è sottoposto (anche per l’attenzione morbosa che il gioco del calcio riceve in Italia), lo inducono a lasciare la panchina della squadra emiliana dopo solo tre partite.
Arrigo Sacchi non ha abbandonato il mondo che tanto ama: ha lavorato come direttore dell’area tecnica, dietro le quinte della panchina del Parma. Poi alla fine del 2004 è volato in Spagna, per diventare Direttore tecnico del Real Madrid.
Nel mese di ottobre 2005 l’Università di Urbino ha conferito a Sacchi la laurea honoris causa in Scienze e Tecniche dell’Attività Sportiva.
Sacchi propose un rivoluzionario 4-4-2 che si ispirava in parte al calcio totale della nazionale olandese di Johan Cruijff, squadra che prediligeva una difesa in linea (in modo da far cadere gli avversari nella trappola del fuorigioco) e pressing a tutto campo con o senza palla.[6][7] Il modulo offensivo proposto dall’allenatore di Fusignano consisteva in una difesa organizzata con il metodo di una diagonale a quattro, un centrocampo a rombo (dove uno dei mediani si trasformava in trequartista) e due punte centrali molto vicine fra loro.
Nonostante sia conosciuto per il suo calcio offensivo, Sacchi dedicava grande attenzione ai movimenti difensivi, a tal punto che quasi sempre le sue squadre si contraddistinguevano per essere le meno battute a fine campionato: miglior difesa nei campionati 1987-88 (14 gol subiti) e 1990-91 (19 gol subiti) e seconda miglior difesa nel 1988-89 (25 gol subiti) e nel 1989-90 (27 gol subiti). Allenatore rigido e intransigente, si fece conoscere dal pubblico sportivo soprattutto per i suoi metodi di allenamento, considerati pesanti, severi e poco convenzionali rispetto agli approcci classici. Il fusignanese era solito intensificare gli allenamenti della squadra che dirigeva e si distingueva per un’attenzione maniacale nel preparare le partite e gli schemi di gioco. I suoi giocatori dovevano lavorare il doppio per essere pronti in campo a svolgere ruoli sia offensivi che difensivi. Per lui tutti i giocatori erano importanti, ma nessuno era rilevante
Alla vigilia del suo compleanno, Arrigo Sacchi è intervenuto anche su vicende inerenti il coronavirus ed i rapporti di politica internazionale.
“Il premier Rama ha fatto un gesto nobile e si è dimostrato riconoscente, non è da tutti. Ha messo in campo grandi valori, ha detto ‘Voi ci avete salvato'”. Arrigo Sacchi, più che inorgoglito personalmente, è colpito dall’ “umanità” del premier albanese che nell’inviare aiuti all’Italia lo ha indicato ad esempio (“L’Europa e il vostro Paese dovrebbero fare come il Milan di Sacchi…”).
Al telefono con l’Ansa il tecnico ha sottolineato: “questa situazione fa capire che è meglio prevenire. Io l’ho sempre detto nel calcio, ma è valido in assoluto: avere strategie è meglio che fare tatticismi.
Insomma, la sanità la ricerca e l’istruzione, calcisticamente diremmo la preparazione, sono elementi imprescindibili per far crescere un popolo. In una civiltà prevalentemente individualista, egoista e invidiosa è facile fare squadra?”.