SPAZIO – Prossima fermata? URANO

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Spazio – Una nuova indagine, condotta dalla Nasem per la Nasa e altre agenzie governative, individua le priorità delle missioni future e formula raccomandazioni di finanziamento per massimizzare il progresso della scienza planetaria, dell’astrobiologia e della difesa planetaria nei prossimi dieci anni. Tra le missioni con la massima priorità c’è Uranus Orbiter and Probe (Uop), che studierà Urano e le sue lune.

Urano, il settimo pianeta del Sistema solare per distanza dal Sole, potrebbe ricevere per la prima volta dopo decenni un visitatore: una missione robotica sul gigante di ghiaccio è infatti tra quelle inserite nel Planetary Science and Astrobiology Decadal Survey 2023-2032, un dettagliato rapporto, redatto dalla National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine (Nasem) per la Nasa e altre agenzie governative Usa, nel quale vengono indicate le questioni chiave da affrontare nel campo delle scienze planetarie e delineate le raccomandazioni per l’esplorazione spaziale futura.

Per la decade 2020-2032 l’indagine – il cui titolo completo è Origins, Worlds, and Life. A Decadal Strategy for Planetary Science and Astrobiology 2020-2032, identifica tre temi scientifici di alto livello – origini, mondi e processi, vita e abitabilità – e definisce 12 domande scientifiche prioritarie, per aiutare a guidare la selezione delle missioni e gli sforzi futuri di ricerca nelle scienze planetarie e nell’astrobiologia.

Le categorie di missioni individuate nel report sono sei, rientranti in altrettanti macro temi: missioni di punta ad alta priorità; missioni new frontier a priorità media; esplorazione di Marte; esplorazione lunare (Lunar Discovery and Exploration Program, Ldep); esplorazione umana e difesa planetaria. Le missioni, inoltre, sono suddivise in tre classi in base ai costi: classe small (S), medium (M) e large (L). Tra le sei missioni di punta ad alta priorità proposte ce n’è una che, come anticipato, ha come target Urano. Si chiama Uranus Orbiter and Probe (Uop), ed è stata giudicata di eccezionale merito scientifico in base alla sua capacità di affrontare questioni scientifiche prioritarie.

«Urano e Nettuno sono gli unici pianeti che non sono mai stati studiati con una missione orbitale dedicata», si legge nel documento. «Le missioni su questi pianeti sono state giudicate prioritarie per il prossimo decennio principalmente per la possibilità di produrre scienza rivoluzionaria su un’ampia gamma di argomenti».

Uranus Orbiter and Probe dovrebbe migliorare la conoscenza del gigante di ghiaccio attraverso sorvoli ravvicinati con un orbiter e la consegna di una sonda atmosferica che, insieme, permetteranno di studiare la sua atmosfera, il suo interno, la sua magnetosfera, gli anelli e i satelliti naturali del pianeta. La missione, infatti, studierà anche le lune uraniane, alcune delle quali, mostrando livelli sorprendenti di attività geologica e prove del rilascio di calore interno passato, hanno una importanza astrobiologica rilevante.

Come funziona la circolazione atmosferica in un gigante di ghiaccio? Quando, dove e come si è formato? Come si è evoluto sia termicamente che spazialmente? Qual è la sua velocità di rotazione? Quale processo dinamo produce il suo complesso campo magnetico? Quali sono le strutture interne e i rapporti roccia-ghiaccio delle sue grandi lune e quali di esse possiedono sostanziali fonti di calore interno o possibili oceani?  Sono queste alcune delle principali domande scientifiche a cui Uranus Orbiter and Probe dovrà dare risposta.

Le opportunità di lancio migliori per la missione sarebbero giugno 2031 e aprile 2032, spiega il documento; finestre che potrebbero beneficiare della spinta gravitazionale di Giove per posizionare il veicolo spaziale in orbita su Urano dopo una crociera di circa 13 anni. Ma per arrivare pronti a queste date, la missione dovrebbe iniziare già nel 2024. La spesa stimata per la missione si aggira intorno ai 4,2 miliardi di dollari. Altre opportunità di lancio – tra il 2032 e il 2038, e oltre – dovranno utilizzare più assist gravitazionali di pianeti interni del Sistema solare (incluso un sorvolo di Venere) per posizionare il veicolo in orbita con un tempo di crociera di circa 15 anni.

Queste diverse opportunità di lancio offrono una notevole flessibilità di pianificazione e sono state considerate dalla commissione che ha redatto l’indagine un punto di forza del concept della missione su Urano. Inoltre, si legge nel documento, l’interesse internazionale per una missione sul gigante di ghiaccio offre l’opportunità di partnership con altre agenzie spaziali, come per esempio l’Esa.

Europa Lander è un concept per una potenziale missione futura che cercherebbe segni di vita sulla superficie ghiacciata di Europa, la luna di Giove. Crediti: Jpl/Nasa

Le altre cinque missioni di punta riportate nel documento e candidate per il decennio 2023-2032 sono Enceladus OrbilanderEuropa LanderMercury LanderNeptune-Triton Odyssey Flagship e Venus Flagship, tutte missioni a rischio tecnico medio-basso e medio, ad eccezione di Venus Flagship, che presenterebbe diversi elementi che ne hanno aumentato il rischio tecnico a medio-alto.

Per quanto riguarda gli altri macro temi citati nel documento, relativamente alla difesa planetaria il rapporto raccomanda il miglioramento delle capacità di rilevamento, tracciamento e caratterizzazione degli oggetti potenzialmente pericolosi vicini alla Terra (Neo), potenziando la modellazione della loro traiettoria e sviluppando tecnologie per missioni di deviazione e distruzione.

La Nasa dovrebbe supportare pienamente lo sviluppo, il lancio tempestivo e il successivo funzionamento della missione Neo Surveyor, un’indagine per il rilevamento di asteroidi potenzialmente pericolosi, per raggiungere gli obiettivi di protezione planetaria con la massima priorità, sottolinea il rapporto. Insieme a Neo Surveyor – e alla Double Asteroid Redirection Test (Dart) – quest’ultima già in volo con l’obiettivo di verificare se l’impatto di un veicolo possa deflettere con successo un asteroide in collisione con la Terra – un’altra missione di difesa planetaria con la massima priorità dovrebbe essere una missione di ricognizione in volo di un asteroide dai 50 ai 100 metri di diametro, corpi rappresentativi della popolazione di oggetti con la più alta probabilità di un impatto distruttivo sulla Terra. Tale missione dovrebbe valutare le capacità e i limiti dei metodi di caratterizzazione durante il sorvolo in modo da essere preparati a una minaccia a breve termine.

Insieme alle missioni flagship, come anticipato, l’indagine identifica anche diverse missioni new frontier a priorità media. Si tratta di missioni tematiche con una destinazione e un obiettivo scientifico primario specifico. Tra queste vi sono: Centaur Orbiter and Lander, una missione per il sorvolo dei centauri 2060 Chiron e Schwassmann-Wachmann 1Ceres sample return, una missione di ritorno del campione dal pianeta nano Cerere;  Comet surface sample return  (Cssr), un orbiter e un lander per riportare sulla Terra il campione di una cometa; Enceladus multiple flyby, missione che prevede la raccolga di campioni dai pennacchi dalla luna saturniana; Lunar Geophysical Network, che mira alla costruzione di una rete globale di strumenti geofisici sulla superficie della Luna per comprendere la natura e l’evoluzione dell’interno lunare, dalla crosta al nucleo. E ancora: Saturn probeTitan orbiter e Venus In Situ Explorer, missioni il cui obiettivo è di studiare Saturno, Titano e Venere rispettivamente.

A proposito di esplorazione di Marte, nell’ambito del Mars Exploration Program (Mep), il rapporto raccomanda la missione Mars Life Explorer (Mle), per la ricerca di forme di vita e la valutazione dell’attuale abitabilità del pianeta. Per quanto riguarda invece l’esplorazione lunare, nell’ambito del Lunar Discovery Exploration Program (Ldep), la missione che viene suggerito di  implementare è la sample return Endurance-A che, tramite un rover, dovrebbe raccoglierebbe una cospicua massa di campioni lunari e consegnarli agli astronauti della missione Artemis per il successivo ritorno sulla Terra.

Il rapporto, inoltre, riporta una serie di raccomandazioni volte a garantire che vi siano i finanziamenti, le infrastrutture e la tecnologia necessari per supportare gli sforzi di ricerca futuri e sottolinea la necessità di incoraggiare la diversità, l’equità, l’inclusività e l’accessibilità, che ritiene fondamentali per il successo delle missioni. «Una sana comunità scientifica ha bisogno di un ambiente libero da ostilità e molestie», si legge nel documento. A tal fine l’indagine raccomanda l’implementazione di codici di condotta per le missioni, conferenze e campagne sul campo e che le istituzioni e le società professionali lavorino per mitigare i pregiudizi a tutti i livelli.




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