Spazio – Il Telescopio nazionale Galileo (Tng) dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), alle Isole Canarie, è stato protagonista nei giorni scorsi di un riuscito esperimento di rapid response system: un test condotto nell’ambito del progetto europeo Neorocks (Near-Earth Object Rapid Observation, Characterization and Key Simulations) per verificare la capacità di determinare velocemente, e immediatamente dopo la sua scoperta, le caratteristiche fisiche di un asteroide del gruppo dei near-Earth objects (Neo).
Cos’è accaduto? Nella notte tra il 3 e 4 aprile, Deimos, uno dei partner del consorzio Neorocks, ha eseguito osservazioni astrometriche di un campione di Neo scoperti nelle ore precedenti: alcuni telescopi robotici hanno acquisito dal sito di SpaceDys – un altro partner del consorzio – la lista dei target da osservare, hanno condotto in autonomia osservazioni astrometriche e hanno immediatamente distribuito l’informazione all’interno del consorzio. È stata così attivata la catena automatica di scopri-e-caratterizza necessaria per studiare le proprietà fisiche dei Neo prima che questi ultimi si perdano dopo la scoperta, perché troppo deboli, e sia così impossibile definirne al meglio le caratteristiche.
Il gruppo di planetologia dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Roma – un altro dei membri del consorzio – ha effettuato una rapida richiesta di tempo osservativo al Tng e, grazie al personale del telescopio, nella notte tra il 5 e il 6 aprile – quindi a meno di 48 ore dalla scoperta – ha potuto ottenere la fotometria completa dell’asteroide appena scoperto, nel frattempo rinominato 2022 GC1 dal Minor Planet Center dell’Unione astronomica internazionale, osservato mentre passava a 18 milioni di km dalla Terra.
I dati ottenuti al telescopio Tng, e in particolare i “colori superficiali” dell’asteroide, hanno permesso di definire la classe tassonomica cui questo corpo appartiene: si tratta di un asteroide del complesso C (sottoclasse Cg o Cgh), che comprende corpi di composizione tipicamente carbonacea, spesso ricchi di composti volatili, a bassa albedo e quindi molto scuri (perché ricchi di carbonio), molto diffusi soprattutto nella zona più esterna della fascia asteroidale tra Marte e Giove. In particolare, i sottogruppi Cg e Cgh, cui 2022 GC1 sembra maggiormente simile considerando l’andamento della sua riflettanza superficiale, sono tra i più rari del complesso C.
L’asteroide caratterizzato durante l’esperimento di risposta rapida rappresenta quindi esattamente il prototipo del corpo piccolo, scuro, veloce, che si rischia di perdere di vista senza una pronta risposta con osservazioni di follow up effettuate immediatamente dopo la sua scoperta.
«Il progetto Neorocks, partito nel 2020, è realizzato da un consorzio internazionale, che coinvolge Italia, Francia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Romania e Polonia, ed è stato finanziato dal programma Horizon 2020», dice Elisabetta Dotto, dell’Inaf di Roma, coordinatrice del progetto. «Neorocks ha lo scopo di aumentare la nostra conoscenza delle proprietà fisiche dei piccoli corpi che orbitano nelle vicinanze del nostro pianeta, i cosiddetti Neo, alcuni dei quali occasionalmente possono anche avere un rischio di collisione con la Terra».
L’esperimento di rapid response system effettuato al Tng costituisce uno dei cardini del progetto Neorocks, ed è finalizzato all’ottimizzazione delle capacità del consorzio di implementare rapidamente la catena scopri-e-caratterizza. È un esperimento che unisce ricercatori esperti in astrometria, dinamica e proprietà fisiche degli asteroidi, e rappresenta un esempio del tipo di collaborazione europea, volta al miglioramento delle conoscenze scientifiche e all’aumento della sicurezza in tema di “difesa planetaria”, verso cui l’Europa dovrebbe tendere e per esercitare la quale è attivo l’intero progetto Neorocks.
«Coordinare diverse strutture europee per affrontare la minaccia proveniente da un asteroide è un punto cruciale per il progetto Neorocks», aggiunge Ettore Perozzi dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), partner del progetto. «Il successo appena conseguito dal nostro team costituisce un contributo estremamente prezioso per discutere di difesa planetaria in un contesto di cooperazione internazionale, in cui l’Asi ha una grande esperienza e che costituisce un grande contributo all’intero progetto».