Papa Francesco pastore fedele

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Sono momenti difficili per il mondo e Papa Francesco se ne rende conto e chiede Fede ed Amore. Giornate intense quelle del Pontefice trascorse tra il dramma degli attentati violenti nella metropolitana di san Pietroburgo, la visita pastorale a Carpi e le letture bibliche di questo tempo di Quaresima che volge rapidamente verso la domenica delle Palme.
Papa Francesco nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta riflette sull’odierno Vangelo di Giovanni che propone il brano in cui Cristo, a proposito della donna sorpresa in adulterio, dice a chi l’accusa: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Il Pontefice si sofferma anche sulla Lettura, tratta dal libro del profeta Daniele, dedicata a Susanna, verso la quale due anziani giudici del popolo avevano orchestrato un “adulterio finto, fittizio”, spiega il Papa. Lei, aggiunge, è costretta a scegliere tra la “fedeltà a Dio e alla legge” e “salvare la vita”: era comunque fedele al marito, osserva Francesco, anche se forse era una donna che aveva altri peccati, “perché tutti siamo peccatori” e “l’unica donna che non ha peccato è la Madonna”. Nei due episodi s’incontrano dunque “innocenza, peccato, corruzione e legge”, perché “in ambedue i casi i giudici erano corrotti”:
“Sempre ci sono stati nel mondo giudici corrotti … Anche oggi in tutte le la parti del mondo ce ne sono. E questi … Perché viene la corruzione in una persona? Perché una cosa è il peccato: “Io ho peccato, scivolo, sono infedele a Dio, ma poi cerco di non fare di più o cerco di sistemarmi con il Signore o almeno so che non sta bene”. Ma la corruzione è quando il peccato entra, entra, entra, entra nella tua coscienza e non ti lascia posto neppure per l’aria”.
Tutto, cioè, “diventa peccato”: questo “è corruzione”. I corrotti, prosegue il Papa, credono “con impunità” di far bene. Nel caso di Susanna, gli anziani giudici “erano corrotti dai vizi della lussuria” minacciando di rendere “falsa testimonianza” contro di lei. Non è, poi, il “primo caso” riflette Francesco, che nelle Scritture appaiano false testimonianze: ricorda proprio Gesù, “condannato a morte con falsa testimonianza”. Nel caso della vera adultera, troviamo ad accusarla altri giudici che, spiega il Pontefice, “avevano perso la testa” facendo crescere in loro un’interpretazione della legge “tanto rigida che non lasciava spazio allo Spirito Santo”: cioè “corruzione di legalità, di legalismo, contro la grazia”. E poi c’è Gesù, vero Maestro della legge di fronte ai giudici falsi, che avevano “pervertito il cuore” o che davano sentenze ingiuste “opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi”:
“Gesù dice poche cose, poche cose. Dice: ‘Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei’. E alla peccatrice: ‘Io non ti condanno. Non peccare più’. E questa è la pienezza della legge, non quella degli scribi e farisei che avevano corrotto la sua mente facendo tante leggi, tante leggi, senza lasciare spazio alla misericordia. Gesù è la pienezza della legge e Gesù giudica con misericordia”.
Lasciando libera la donna innocente, a cui Gesù dice “Mamma” perché – spiega Francesco – “sua madre è l’unica innocente”, ai giudici corrotti si riservano “parole non belle” per bocca del profeta: “Invecchiati nei vizi”. L’invito del Papa è allora a pensare alla malvagità “con la quale i nostri vizi giudicano la gente”:
“Anche noi giudichiamo nel cuore gli altri, eh? Siamo corrotti? O ancora no? Fermatevi. Fermiamoci. E guardiamo Gesù che sempre giudica con misericordia: ‘Neppure io ti condanno. Va’ in pace e non peccare più’”.
Precedentemente il Vescovo di Roma si era cimentato in un’intensa visita pastorale a Carpi.
Non restare intrappolati nelle macerie, ma stare dalla parte di Gesù e farlo avvicinare ai nostri sepolcri. Così il Papa nell’omelia della Messa celebrata stamani in Piazza Martiri, a Carpi, alla presenza di circa 70 mila persone. Dopo la recita dell’Angelus, la benedizione delle prime 4 pietre di altrettanti edifici della diocesi, colpita dal terremoto del 2012 in Emilia. Prima della Messa, al suo arrivo, il Papa ha voluto rendere un omaggio floreale alla statua della Madonna presente nella cattedrale. Al termine della mattinata, il pranzo presso il Seminario con i vescovi della regione, i sacerdoti anziani e i seminaristi.

Forte la gioia dei fedeli, colpiti cinque anni fa dal terremoto che in questi territori ha fatto 28 morti ed enormi danni ad edifici e aziende. Il cuore di Dio “non fa scomparire magicamente il male” ma è vicino a chi soffre e trasforma la sofferenza abitandola, ricorda loro il Papa nell’omelia intessuta sul Vangelo della Risurrezione di Lazzaro. Per la sua morte, anche Gesù scoppia in pianto. Ma “nel mistero della sofferenza, di fronte al quale il pensiero e il progresso si infrangono come mosche sul vetro”, Gesù “non si fa imprigionare dal pessimismo”.
Ecco le sue parole durante l’omelia della santa Messa: “Le Letture di oggi ci parlano del Dio della vita, che vince la morte. Soffermiamoci, in particolare, sull’ultimo dei segni miracolosi che Gesù compie prima della sua Pasqua, al sepolcro del suo amico Lazzaro.
Lì tutto sembra finito: la tomba è chiusa da una grande pietra; intorno, solo pianto e desolazione. Anche Gesù è scosso dal mistero drammatico della perdita di una persona cara: «Si commosse profondamente» e fu «molto turbato» (Gv 11,33). Poi «scoppiò in pianto» (v. 35) e si recò al sepolcro, dice il Vangelo, «ancora una volta commosso profondamente» (v. 38). È questo il cuore di Dio: lontano dal male ma vicino a chi soffre; non fa scomparire il male magicamente, ma con-patisce la sofferenza, la fa propria e la trasforma abitandola.
Notiamo però che, in mezzo alla desolazione generale per la morte di Lazzaro, Gesù non si lascia trasportare dallo sconforto. Pur soffrendo Egli stesso, chiede che si creda fermamente; non si rinchiude nel pianto, ma, commosso, si mette in cammino verso il sepolcro. Non si fa catturare dall’ambiente emotivo rassegnato che lo circonda, ma prega con fiducia e dice: «Padre, ti rendo grazie» (v. 41). Così, nel mistero della sofferenza, di fronte al quale il pensiero e il progresso si infrangono come mosche sul vetro, Gesù ci offre l’esempio di come comportarci: non fugge la sofferenza, che appartiene a questa vita, ma non si fa imprigionare dal pessimismo.
Attorno a quel sepolcro, avviene così un grande incontro-scontro. Da una parte c’è la grande delusione, la precarietà della nostra vita mortale che, attraversata dall’angoscia per la morte, sperimenta spesso la disfatta, un’oscurità interiore che pare insormontabile. La nostra anima, creata per la vita, soffre sentendo che la sua sete di eterno bene è oppressa da un male antico e oscuro. Da una parte c’è questa disfatta del sepolcro. Ma dall’altra parte c’è la speranza che vince la morte e il male e che ha un nome: la speranza si chiama Gesù. Egli non porta un po’ di benessere o qualche rimedio per allungare la vita, ma proclama: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» (v. 25). Per questo decisamente dice: «Togliete la pietra!» (v. 39) e a Lazzaro grida a gran voce: «Vieni fuori!» (v. 43).
Cari fratelli e sorelle, anche noi siamo invitati a decidere da che parte stare. Si può stare dalla parte del sepolcro oppure dalla parte di Gesù. C’è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza. C’è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, come voi, con l’aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza.
Di fronte ai grandi “perché” della vita abbiamo due vie: stare a guardare malinconicamente i sepolcri di ieri e di oggi, o far avvicinare Gesù ai nostri sepolcri. Sì, perché ciascuno di noi ha già un piccolo sepolcro, qualche zona un po’ morta dentro il cuore: una ferita, un torto subìto o fatto, un rancore che non dà tregua, un rimorso che torna e ritorna, un peccato che non si riesce a superare. Individuiamo oggi questi nostri piccoli sepolcri che abbiamo dentro e lì invitiamo Gesù. È strano, ma spesso preferiamo stare da soli nelle grotte oscure che abbiamo dentro, anziché invitarvi Gesù; siamo tentati di cercare sempre noi stessi, rimuginando e sprofondando nell’angoscia, leccandoci le piaghe, anziché andare da Lui, che dice: «Venite a me, voi che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Non lasciamoci imprigionare dalla tentazione di rimanere soli e sfiduciati a piangerci addosso per quello che ci succede; non cediamo alla logica inutile e inconcludente della paura, al ripetere rassegnato che va tutto male e niente è più come una volta. Questa è l’atmosfera del sepolcro; il Signore desidera invece aprire la via della vita, quella dell’incontro con Lui, della fiducia in Lui, della risurrezione del cuore, la via dell’“Alzati! Alzati, vieni fuori!”. E’ questo che ci chiede il Signore, e Lui è accanto a noi per farlo.
Sentiamo allora rivolte a ciascuno di noi le parole di Gesù a Lazzaro: “Vieni fuori!”; vieni fuori dall’ingorgo della tristezza senza speranza; sciogli le bende della paura che ostacolano il cammino; ai lacci delle debolezze e delle inquietudini che ti bloccano, ripeti che Dio scioglie i nodi. Seguendo Gesù impariamo a non annodare le nostre vite attorno ai problemi che si aggrovigliano: sempre ci saranno problemi, sempre, e quando ne risolviamo uno, puntualmente ne arriva un altro. Possiamo però trovare una nuova stabilità, e questa stabilità è proprio Gesù, questa stabilità si chiama Gesù, che è la risurrezione e la vita: con lui la gioia abita il cuore, la speranza rinasce, il dolore si trasforma in pace, il timore in fiducia, la prova in offerta d’amore. E anche se i pesi non mancheranno, ci sarà sempre la sua mano che risolleva, la sua Parola che incoraggia e dice a tutti noi, a ognuno di noi: “Vieni fuori! Vieni a me!”. Dice a tutti noi: “Non abbiate paura”.
Anche a noi, oggi come allora, Gesù dice: “Togliete la pietra!”. Per quanto pesante sia il passato, grande il peccato, forte la vergogna, non sbarriamo mai l’ingresso al Signore. Togliamo davanti a Lui quella pietra che Gli impedisce di entrare: è questo il tempo favorevole per rimuovere il nostro peccato, il nostro attaccamento alle vanità mondane, l’orgoglio che ci blocca l’anima, tante inimicizie tra noi, nelle famiglie,… Questo è il momento favorevole per rimuovere tutte queste cose.
Visitati e liberati da Gesù, chiediamo la grazia di essere testimoni di vita in questo mondo che ne è assetato, testimoni che suscitano e risuscitano la speranza di Dio nei cuori affaticati e appesantiti dalla tristezza. Il nostro annuncio è la gioia del Signore vivente, che ancora oggi dice, come a Ezechiele: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio» (Ez 37,12).
Durante l’Angelus ha mostrato a tutti il suo”profondo dolore per la tragedia che ha colpito la Colombia, dove una gigantesca valanga di fango, causata da piogge torrenziali, ha investito la città di Mocoa, provocando numerosi morti e feriti. Prego per le vittime e assicuro la mia e vostra vicinanza a quanti piangono la scomparsa dei propri cari, e ringrazio tutti coloro che si stanno adoperando per prestare soccorso.
Continuano a giungere notizie di sanguinosi scontri armati nella regione del Kasai della Repubblica Democratica del Congo, scontri che stanno provocando vittime e sfollamenti e che colpiscono anche persone e proprietà della Chiesa: chiese, ospedali, scuole… Assicuro la mia vicinanza a questa nazione ed esorto tutti a pregare per la pace, affinché i cuori degli artefici di tali crimini non rimangano schiavi dell’odio e della violenza, perché sempre odio e violenza distruggono.
Inoltre, seguo con viva attenzione quanto sta avvenendo in Venezuela e in Paraguay. Prego per quelle popolazioni, a me molto care, e invito tutti a perseverare senza stancarsi, evitando ogni violenza, nella ricerca di soluzioni politiche.Voglio ringraziarvi per essere venuti qui, a questa Messa. Voglio ringraziare tutti, tutti quelli che hanno lavorato per questa doppia “maratona”: domenica scorsa [per l’inaugurazione della Cattedrale restaurata] e questa. Grazie tante! E vorrei ringraziare voi, ammalati. Ci sono 4.500 malati, qui! Grazie a voi, che con le vostre sofferenze aiutate la Chiesa, aiutate a portare la Croce di Cristo. Grazie! Grazie tante a voi!
E al termine di questa celebrazione, il nostro pensiero va alla Vergine Santa, che voi venerate nella chiesa cattedrale a lei dedicata. A Maria offriamo le nostre gioie, i nostri dolori e le nostre speranze. Le chiediamo di posare il suo sguardo misericordioso su quanti tra noi si trovano nella sofferenza, particolarmente sui malati, sui poveri e su chi è privo di un lavoro dignitoso.
Richiamando l’ardore apostolico di due figure laicali della vostra terra, il Beato Odoardo Focherini e la Venerabile Marianna Saltini, testimoni della carità di Cristo, saluto con gratitudine voi, fedeli laici. Vi incoraggio ad essere protagonisti della vita delle vostre comunità, in comunione con i vostri sacerdoti: puntate sempre su ciò che è essenziale nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo.
Ringrazio te, caro vescovo Francesco, e tutti voi, Vescovi della Regione Emilia Romagna, per la vostra presenza, e soprattutto il Pastore di questa diocesi, Mons. Francesco Cavina: vi esorto a stare accanto ai vostri preti con l’ascolto, la tenerezza e la premurosa vicinanza.
Vorrei, infine, ringraziare tutti e ciascuno di voi, cari fedeli, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, le Autorità e in modo speciale quanti hanno collaborato per organizzare questa visita, con un pensiero particolare per l’AGESCI e il coro, composto da tutte le corali della diocesi, che ha animato questa liturgia.
Affidiamo la nostra vita e le sorti della Chiesa e del mondo a Maria, recitando insieme la preghiera dell’Angelus.




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