Virus: ora la minaccia è la Febbre di Lassa

692

Febbre di Lassa – Ci risiamo: neppure riusciamo ad uscire dall’emergenza covid che già arrivano notizie di un altro possibile virus. I primi casi di Febbre di Lassa, virus “parente” dell’Ebola, sono stati segnalati nel Regno Unito. La conferma viene dalla Uk Health Security Agency, che fa sapere che una delle due persone infettate (viaggiatori rientrati dall’Africa Occidentale) è fortunatamente guarita e sta bene, mentre l’altra è ricoverata. Coinvolta anche una terza persona, che mostra tutti i sintomi della Febbre di Lassa ma ancora da confermare. Quest’ultimo caso sospetto è in cura presso un’altra struttura specializzata nel trattamento delle malattie infettive e tropicali.

La Febbre di Lassa è una malattia emorragica virale acuta che può portare a emorragie interne e interessare più sistemi di organi. Come riporta il quotidiano britannico The Sun, le persone che di solito contraggono il virus potrebbero essersi esposte a cibo o oggetti ricoperti da urina o feci di ratto, ma può anche diffondersi attraverso fluidi corporei infetti.

LA STESSA FAMIGLIA DELL’EBOLA

Il virus, della stessa famiglia dell’Ebola ma non così mortale o contagioso, è diventato endemico in numerosi paesi dell’Africa occidentale. La maggior parte delle persone con Febbre di Lassa guarisce completamente anche se alcune persone possono ammalarsi gravemente.
Come si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, la Febbre di Lassa prende il nome dalla città nigeriana in cui, nel 1969, due infermiere missionarie morirono a causa di questa malattia, fino a quel momento sconosciuta. L’agente eziologico è un virus a Rna appartenente alla famiglia degli Arenaviridae, diffuso prevalentemente in Africa, il cui serbatoio principale sono i roditori Mastomys.

I casi di importazione sono rari nel resto del mondo e quasi sempre su persone che svolgono attività a particolare rischio, come medici e operatori sanitari.

I SINTOMI

Ma quali sono i sintomi? Mentre la maggior parte di chi viene colpito (l’80% dei casi) sviluppa la malattia in maniera lieve o asintomatica, nelle altre situazioni (20%) si manifestano febbre, affaticamento fisico, nausea, vomito, diarrea, mal di testa, dolori addominali o mal di gola. La febbre, prima di manifestarsi, ha un periodo di incubazione che può arrivare a 21 giorni.

Il peggioramento delle condizioni cliniche si manifesta con edema del volto e del collo, insufficienza respiratoria, versamento pleurico e pericardico, proteinuria, encefalopatia, sanguinamento delle mucose. Ipotensione e shock si possono verificare indipendentemente dal sanguinamento. Durante la convalescenza si può manifestare ipoacusia. Il tasso di letalità complessivo è inferiore al 1%, mentre sale al 15-20% nei casi non trattati. Come riposta l’Oms, i pazienti vengono trattati con antivirali ma anche con farmaci per la pressione sanguigna e ossigeno.

LA SITUAZIONE IN EUROPA

In Europa la situazione è attualmente sotto controllo come confermano dall’Uksa:“I casi riscontrati finora sono all’interno della stessa famiglia e sono legati a recenti viaggi in Africa occidentale – ha affermato la dottoressa Susan Hopkins, Capo consigliere medico dell’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (Ukhsa) – I casi di febbre di Lassa sono rari nel Regno Unito e non si diffonde facilmente tra le persone. Il rischio complessivo per il pubblico è molto basso. Stiamo contattando le persone che hanno avuto contatti stretti con i casi prima della conferma della loro infezione, per fornire valutazioni, supporto e consigli adeguati”, ha aggiunto l’esperta al The Sun.

MICHAEL JACOBS

ll dottor Sir Michael Jacobs, consulente in malattie infettive presso il Royal Free London, ha dichiarato che il Royal Free è un centro specializzato per il trattamento di pazienti con febbri emorragiche virali, inclusa la febbre di Lassa. “La nostra unità di sicurezza è gestita da un team altamente qualificato ed esperto di medici, infermieri, terapisti e personale di laboratorio ed è progettata per garantire che il nostro personale possa curare in sicurezza i pazienti con questo tipo di infezioni”.




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *