Coronavirus – “Il consiglio è sempre lo stesso, uscire per lo stretto necessario e indispensabile”. Lo ha ribadito il commissario Angelo Borrelli rispondendo ai cronisti nella conferenza stampa di ieri, giovedì 11 marzo. Il capo della Protezione civile ha poi sottolineato che anche chi esce a piedi “deve portare l’autocertificazione”.
Il capo della Protezione civile ha ricordato: “Quanto alle singole casistiche abbiamo emanato delle Faq sul sito #iorestoacasa che chiariscono anche questi aspetti”.
La pagina del Governo dedicata alla spiegazione di queste misure restrittive dice: “È sempre possibile uscire per andare al lavoro, anche se è consigliato lavorare a distanza, ove possibile, o prendere ferie o congedi. “Comprovate esigenze” significa che si deve essere in grado di dimostrare che si sta andando (o tornando) al lavoro, anche tramite l’autodichiarazione vincolante o con ogni altro mezzo di prova , la cui non veridicità costituisce reato. Sarà cura poi delle Autorità verificare la veridicità della dichiarazione resa con l’adozione delle conseguenti sanzioni in caso di false dichiarazioni”.
Le comprovate esigenze possono riguardare anche motivi personali e di salute, anche in quel caso dimostrabili.
Come riporta il Post.it, per chi può, meglio stampare il modulo e compilarlo a casa; per chi non riesce, non c’è problema: in caso di eventuale controllo si potrà compilarne sul momento uno fornito dalle forze dell’ordine. Il modulo serve a mettere per iscritto i motivi del proprio spostamento. È valido in tutta Italia ed è stato diffuso dal ministero dell’Interno.
Chi sospetta di avere il coronavirus e non si mette in quarantena potrebbe rischiare l’accusa di omicidio doloso e quindi una pena non inferiore ai 21 anni di reclusione. In seguito all’emergenza sanitaria, infatti, in molti si sono chiesti quali sono le pene da scontare per chi non si attiene alle norme previste dal governo per contenere il contagio e Il Sole 24 ore ha provato a fare chiarezza.
Coronavirus, cosa succede a chi dichiara il falso nell’autocertificazione
Gli spostamenti, come è noto, sono da motivare per via della salute, comprovate esigenze lavorative o per altri stati di necessità tramite un’autocertificazione.
Chi dovesse dichiarare il falso alle autorità, in particolare al pubblico ufficiale, rischia una pena da uno a sei anni di reclusione. È inoltre previsto l’arresto in flagranza e chiunque può segnalare i casi di cui venga a conoscenza per far scattare automaticamente il procedimento penale.
I pubblici ufficiali – ovvero le forze di polizia e armate, oltre ai vigili e ai magistrati, ma anche i medici – che non dovessero segnalare i casi e far attivare le verifiche rischiano l’imputazione per il reato di omessa denuncia.
Si aggiunge, a questi reati, anche l’arresto fino a 3 mesi con l’ammenda fino a 206 euro chi viola i provvedimenti che vietano di spostarsi senza motivo.
Coronavirus, qual è la possibile pena per chi non si mette in quarantena
Chi presenta dei sintomi quali febbre, tosse e altri associati al Covid-19 rischia, se non si mette in quarantena, un processo per lesioni o tentate lesioni volontarie.
Se, con il suo comportamento, causa l’infezione e la morte di un’altra persona anche anziana o a rischio, rischia l’imputazione di omicidio doloso e la reclusione non inferiore a 21 anni.
Si applica la stessa pena a chi continua ad avere rapporti sociali o a lavorare dopo aver avuto contatti con persone positive. La stessa imputazione potrebbe essere prevista se si continua ad avere contatti con amici e conoscenti causando il rischio concreto di nuovi contagi.
Coronavirus, qual è l’ipotesi di accusa per chi è positivo e non lo dichiara
Infine, per i casi accertati di coronavirus che non lo dicono a nessuno ed escono di casa le imputazioni si fanno molto più pesanti.
Oltre alla violazione dell’ordine dell’autorità, infatti, si va dal tentativo di lesioni nel caso in cui si venisse a contatto con soggetti a rischio fino all’omicidio volontario se ne deriva la morte.