Muay Thai ed il piccolo Anucha – La povertà è un male oscuro che l’essere umano non sembra avere alcun interesse a debellare.
Il problema aumenta quando i pochi soldi mettono a repentaglio la vita dei bambini
Un caso emblematico di come i problemi economici che attanagliano le famiglie possano costare grandi sacrifici sino anche a perdere la vita è quello che giunge dalla Thailandia località famosissima in Europa più che per la sua bellezza, per il turismo sessuale proveniente soprattutto dalla Germania ma anche gli italiani non disdegnano!
La storia che vi racconto viene proprio dalla Thailandia Paese scosso dalla prematura scomparsa del 13enne Anucha Thasako atleta di Muay thai (Thai boxe) morto per emorragia cerebrale dopo un combattimento.
Mentre il governo promette di porre fine ai combattimenti tra bambini fioccano accuse contro un’antica e gloriosa arte marziale utilizzata quasi spesso usata per fini dimostrativi ed ai cui incontri partecipano componenti di tutte le età per il bene o meglio i guadagni della famiglia.
Anucha ha perso la vita per le ferite riportate durante un match di beneficienza a Wat Khlong Mon, nella provincia di Samut Prakan (a sud di Bangkok). Il ragazzo, che combatteva con il nome di Petmongkol Sor Wilaithong, era opposto al 14enne Put Lukromklao, conosciuto come Fahmai Wor Sudprasert. Colpito da un pugno nella terza ripresa, il pugile è caduto sbattendo la testa con violenza. Trasportato con urgenza al Bangchak Hospital, è morto nel policlinico di Samutprakarn. Il dato che deve far riflettere è che Anucha sembra abbia combattuto già più di 170 volte avviando la sua carriera di combattente alla fragile età di otto anni.
Dopo la morte del ragazzo, è allo studio del ministero thai del Turismo e dello Sport la revisione della normativa che regola le discipline di combattimento, il Boxing Act.
Il ministro Weerasak Kowsurat ha ricevuto ieri dall’Assemblea legislativa (Nla) una proposta di emendamento riguardante l’età minima per la competizione e promette di rimandarla “quanto prima possibile” al governo.
Al momento, il Boxing Act non stabilisce limiti legali all’età degli atleti. La normativa si limita ad affermare che i pugili di età inferiore ai 15 anni devono essere registrati. Inoltre, gli organizzatori degli eventi sportivi sono tenuti a fornire una dichiarazione sulle protezioni fornite loro. Tuttavia, la legge non specifica quali devono essere. Se approvato, il nuovo emendamento vieterà ai minori di 12 anni di combattere; i pugili tra i 12 ed i 15 anni dovranno indossare protezioni, in particolare per la testa.
Legato a doppio filo con la storia e la cultura della Thailandia, il Muay thay è lo sport più popolare nel Paese e molti atleti iniziano a combattere in giovane età, alla ricerca di fama e fortuna. Definita come “l’arte delle otto armi” o “la scienza degli otto arti”, la disciplina consente di utilizzare combinazioni di pugni, calci, gomitate e ginocchiate. Il coinvolgimento di bambini, che a volte sono avviati alla lotta prima dei 10 anni e spesso senza caschetti, ha suscitato frequenti critiche.
Si narra che durante la guerra fra il regno del Siam e la Birmania del 1767, la capitale Ayutthaya venne distrutta dagli invasori birmani. Coloro che non riuscirono a scappare furono fatti prigionieri e deportati come schiavi. Il re birmano Hsinbyushin organizzò dei tornei per celebrare la vittoria, dove fece combattere i suoi migliori guerrieri contro i guerrieri siamesi che aveva fatto prigionieri, utilizzati come gladiatori. Durante questi incontri, il re rimase affascinato dai combattimenti di uno dei prigionieri, il cui stile assomigliava in parte a quello dei migliori guerrieri birmani che praticavano il Parma (arte che prediligeva colpi di braccia in quanto l’abito che indossavano impediva movimenti molto vistosi delle gambe).
Ammaliato dalla Pahuyuth e dallo stile di questo guerriero misterioso, il sovrano diede ordine che affrontasse i dieci migliori guerrieri birmani. Il lottatore siamese riuscì a vincere tutti i dieci avversari (che fu costretto ad affrontare) con colpi potenti, veloci e precisi ed il re, stupito dall’impresa, concesse la libertà a lui e ad altri prigionieri catturati ad Ayutthaya. Nacque in tal modo una delle più famose leggende del popolo thailandese: quella di Nai Khanom Thom. Da allora, la figura di questo eroe viene vista come anima ed essenza del muay thai, pronto al sacrificio anteponendo ai propri interessi l’onore, l’amore per la patria, la propria religione, il proprio maestro e la propria scuola. Il 17 marzo è il giorno in cui viene celebrata la festa di Nai Khanom Thom.
Provenienti dalle fasce più povere della popolazione, i giovani atleti inviano alle famiglie i guadagni ottenuti dai loro match, che sono oggetto di ricche scommesse.
Padre Adriano Pelosin, 72enne missionario del Pime e superiore della Società missionaria thailandese, racconta che “spinti dai genitori, bambini di sette-otto anni lasciano casa alla volta di scuole che li addestrano alla lotta”.
Il sacerdote, parroco della chiesa di San Marco a Pathum Thani, narra che in queste strutture “i ragazzi sono sottoposti ad una dura disciplina, cosa rara per la cultura thai”. Per il missionario, il Muay thai ha ormai poco a che fare con lo sport: “Tutto è finalizzato alla vittoria e ai guadagni dal gioco d’azzardo. Diventare campioni significa ‘soldi’”.
Uno dei più grandi esperti mondiali e sicuramente il migliore in Italia di arti marziali, Italo Mancini, che ha vissuto per anni in Thailandia me lo ha confermato: in Thailandia non esistono tecniche o studi particolari su questo sport anzi, vince chi resta in piedi, vince chi resiste meglio ai colpi ma sui bambini le cose cambiano.
“Loro amano i bambini e ci tengono molto, addirittura se li accarezzi mettendogli le mani tra i capelli senza permesso si adirano molto anche perchè sostengono porti male. Nei ceti bassi dove regna la povertà tutti i componenti della famiglia, bimbi compresi, partecipano in qualsiasi modo vendendo prodotti locali sulle spiagge o nelle città.
Toccando specificatamente la Muay Thai dai piccoli ai grandi si esibiscono sul ring nei posti maggiormente frequentati dagli stranieri, combattimenti da esibizione ma molto reali, veri. Al termine del combattimento scendono dal ring e passano tra i turisti presenti per farsi regalare qualcosa che poi portano in famiglia.
I combattimenti feroci in Thailandia sono consoni organizzarli tra galli da combattimento” ha concluso Italo Mancini.