Morto per Covid l’ex presidente francese Valéry Giscard d’Estaing

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Valéry Giscard d’Estaing ci ha lasciato portandosi con se aneddoti, segreti e curiosità di una Francia che non era più la sua. La sua era una Francia diversa, europeista, che dopo la sua sconfitta all’Eliseo girò a sinistra ed iniziò il suo declino valoriale. Una Francia che chi la conosce approfonditamente sa essere molto cambiata negli ultimi anni.

Era stato ricoverato circa due settimane fa per una insufficienza cardiaca, dopo un altro ricovero all’ospedale Georges Pompidou di Parigi a settembre. L’ultima apparizione pubblica era stata nel settembre 2019 in occasione dei funerali di un altro presidente, Jacques Chirac. Giscard stava trascorrendo le settimane del confinamento nel suo castello di Authon, nella Loira, assieme alla moglie 87 enne Anne-Aymone, sposata in quei luoghi 68 anni fa.
Valéry Giscard d’Estaing, presidente della Repubblica francese dal 1974 al 1981, scomparso all’età di 94 anni per complicazioni legate al Covid, ha lasciato un segno indelebile nella storia della Quinta Repubblica e della costruzione europea.

Per due volte, dalla sua proprietà nella regione della Loira, era stato trasportato negli ultimi mesi in ospedale per problemi di cuore. A Tours, il 17 novembre scorso, era stato ricoverato per un’insufficienza cardiaca, dopo essere stato curato all’ospedale parigino “Georges Pompidou” a più riprese negli ultimi anni per l’impianto di stent cardiaci.
Nel 1974, a 48 anni, fu il più giovane presidente della Quinta repubblica. Scelse come primo ministro quel Jacques Chirac che diventerà presidente nel 1995 e ai cui funerali lo stesso Giscard fece una delle sue ultime apparizioni in pubblico, il 30 settembre 2019.

Arrivò all’Eliseo battendo al fotofinish Francois Mitterrand, che 7 anni dopo si prenderà la rivincita.
Valéry Giscard d’Estaing, nato a Coblenza in Germania dove suo padre era in missione per la sua banca (era la Germania di Weimar) arriva al potere come primo presidente non gollista e incarnazione di una modernità vincente. Grande famiglia borghese, scuole prestigiose alle spalle (Politecnico e scuola di amministrazione ENA), aveva come radici politiche il centrodestra liberale e cristiano-democratico che furono pilastri dell’Europa del dopoguerra. Diceva di ammirare due uomini, il generale de Gaulle e Jean Monnet, padre dell’Europa.

Al governo era approdato già nel 1959, cominciando a collezionare posti e cariche di prestigio soprattutto al ministero dell’Economia e Finanze, per tutti gli anni Sessanta.
Il suo avvento all’Eliseo fa soffiare – dopo gli anni di de Gaulle e Pompidou – un vento di libertà e di grande novità.

Lui aveva un suo stile, sempre elegante ma sportivo e senza fronzoli, primo presidente al quale piaceva esibirsi come amante e praticante dello sport – sci o calcio – o che non esitò a far comparire la figlia sui manifesti di campagna elettorale o la moglie Anne-Aymone per i tradizionali auguri di fine anno ai francesi in tv.

Immediato e spontaneo il suo rapporto con i francesi, ai quali aprì per primo l’Eliseo per visite e ricevimenti. In campo internazionale fu l’iniziatore del G7, il gruppo dei paesi più ricchi del mondo, e diede un impulso decisivo all’asse franco-tedesco insieme al cancelliere tedesco Helmut Schmidt. Il suo mandato scricchiolò nella seconda parte, con la crisi economica dovuta allo shock petrolifero e i casi sospetti che videro coinvolto il suo nome: il suicidio del suo ministro Robert Boulin, mai completamente chiarito, e lo scandalo dei diamanti in regalo dal presidente centrafricano Bokassa.
Eletto consigliere generale nel 1982 nella sua roccaforte di Chamalieres, nel Puy de Dome, poi deputato nel 1984, per la sua intenzione era guidare il primo governo di coalizione nel 1986, ma a lui viene preferito Jacques Chirac.

Nonostante tutto, riesci a diventare uno dei leader della destra guidando nuovamente il suo partito, l’Udf. Ma, certo della rielezione di Francois Mitterrand, non ha partecipato alle presidenziali del 1988. Sette anni dopo, accreditato con il 2% nei sondaggi, si è dovuto arrendere. Poco prima della sua morte, però, si è detto convinto che, se si fosse fatto avanti, avrebbe vinto contro Balladur e Chirac. Europeo convinto fin dagli anni della sua formazione, Giscard prese nel 2001 la guida della Convenzione per l’Europa, incaricata di redigere la Costituzione europea, che sarà però poi bocciata dal referendum.

Nel suo saggio «Europa», del 2014, Giscard già disegnava una futura cartina geografica dove la Gran Bretagna era colorata di bianco, fuori dai confini dell’Unione. Dopo il referendum britannico, in un’intervista al Corriere disse di non condividere «tutta questa agitazione. Che cos’è in fondo l’Unione Europea? L’euro, e la libera circolazione delle persone, ossia il trattato di Schengen che i britannici non hanno ratificato. La Gran Bretagna non è uscita da granché, perché quanto all’essenziale era già fuori». Raccontò poi come aveva pensato all’articolo 50: «Quando preparavo la Costituzione europea ho scritto il testo di un articolo che si intitolava “L’uscita volontaria di uno Stato membro”, e rispondeva alla paura soprattutto anglosassone che una volta entrati in Europa non si potesse più uscire. Trovo normale che da qualsiasi associazione umana sia consentito uscire. Ora che lo fa Londra lasciando la Ue, non sono così impressionato. Abbandonano qualcosa di cui facevano parte solo a metà».

Nel 2003, brillante economista e autore di diversi libri e trattati, fu eletto all’Accademia di Francia. Nello scorso mese di maggio, era stato chiamato in causa e messo sotto inchiesta per la denuncia di una giornalista tedesca, che lo ha denunciato per “violenza sessuale”: le avrebbe toccato, un anno prima, il fondoschiena durante un’intervista.

Giscard si definiva come il promotore di una “società liberale avanzata”. Nei suoi uffici parigini, dove continuava a lavorare e preparare i suoi libri, aveva un quadro che rappresentava il progetto di Costituzione europea di cui era stato uno degli autori, un sogno poi svanito con il referendum del 2005.

Sul grande camino accarezzava una fotografia con il cancelliere Helmut Schmidt con cui ha fatto grandi passi avanti nella costruzione europea. “Ci sentivamo ogni settimana, tra noi non c’è mai stato un diverbio, o comunque abbiamo sempre fatto attenzione a esibire eventuali disaccordi perché sapevamo quanto fosse importante l’amicizia franco-tedesca”. Giscard, o meglio Vge come lo chiamavano tutti Oltralpe, è uno degli ultimi rappresentanti di quella generazione. “La prima volta che ho visto un tedesco – ricordava – era attraverso il visore di un carrarmato pronto a sparare. Qualche anno dopo con Schmidt costruivamo insieme l’Europa unita. Probabilmente non l’avremmo fatto allo stesso modo senza la consapevolezza di quel passato”.

“Le indicazioni che aveva dato alla Francia guidano ancora i nostri passi. Servo dello Stato, politico del progresso e della libertà, la sua morte è un lutto per la nazione francese. Nel suo mandato di sette anni ha trasformato il Paese”, ha commentato il presidente Emmanuel Macron. Fu “uno statista che ha scelto di aprirsi al mondo”, ricorda l’ex numero uno Francois Hollande.

“Un uomo che ha onorato la Francia” e che ha “cercato ed è riuscito a modernizzare la vita politica”, dice Nicolas Sarkozy, altro ex inquilino dell’Eliseo.

“Presidente di una Francia in crisi, fu artefice di nuove libertà pubbliche e ardente sostenitore del progresso tecnologico”, afferma Marine Le Pen.




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