Movienerd – L’amore in teoria

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Movienerd – L’amore che studiamo nei libri, quello teorizzato dai grandi filosofi e insegnato nelle aule universitarie, sembra avere regole precise. Ma nella realtà, l’amore sfugge a ogni schema ed è un intreccio di emozioni e imprevisti. In “L’amore, in teoria”, al cinema dal 24 aprile 2025,Nicolas Maupas nei panni di Leone, è un ragazzo che si troverà, per la prima volta, a fare i conti con il sentimento più imprevedibile e complesso di sempre.

Prodotto da Indiana Production e Vision Distributionin collaborazione con SKY e Netflix, il film annovera nel cast anche Martina Gatti, Caterina De Angelis, Francesco Colella e Francesco Salvi.

Ambientato e girato tra alcuni dei luoghi più caratteristici di Milano, “L’amore, in teoria” porta la firma di Luca Lucini, regista di Tre metri sopra il cielo, il cult romantico degli anni 2000. Il soggetto è di Gennaro Nunziante, mentre la sceneggiatura è stata affidata alle giovani autrici Amina Grenci e Teresa Fraioli, che hanno raccontato l’amore con lo sguardo della loro generazione.

SINOSSI

 

Leone (Nicolas Maupas) è il fidanzato perfetto: gentile, educato, rispettoso. È stato il primo della classe a scuola e lo è anche ora che studia Filosofia all’università. 

I genitori di Carola (Caterina De Angelis) lo adorano, convinti che lei abbia finalmente lasciato Manuel, il ragazzo poco raccomandabile con cui usciva. In realtà, Leone per Carola è solo una copertura mentre lei continua a frequentare Manuel. Ed è proprio a causa di questa situazione che Leone si ritrova costretto ai servizi sociali, dopo essere stato accusato ingiustamente di un crimine commesso invece da Manuel. Eppure, questa svolta inaspettata nasconde una scoperta meravigliosa: quella del primo amore, con Flor (Martina Gatti), un’attivista ambientale, forte e libera. Quando Leone sembra aver finalmente dimenticato Carola però, lei piomba di nuovo nella sua vita.

Diviso tra l’amore vero e quello da sempre immaginato, Leone troverà la sua strada grazie anche ai consigli di Meda (Francesco Salvi), un senzatetto che gli insegnerà la filosofia dell’amore, dei sentimenti e della vita al di là dei libri.

 

NOTE DI REGIA 

 

Raccontare l’amore nelle sue dinamiche, emozioni e complessità, è da sempre uno dei principali stimoli da cui partire per immaginare film, romanzi, canzoni. Lo spettatore vuole innamorarsi con i suoi protagonisti, vuole soffrire e gioire con loro, e la commedia sentimentale ha questo delicato e allo stesso tempo difficile compito che ogni volta è per me una bellissima sfida ed un grande stimolo. 

Quando Gennaro Nunziante mi ha parlato per la prima volta del progetto mi ha da subito affascinato l’idea di affrontare con slancio questa bella avventura, ma mentre andavo avanti nel leggere, nel lavorare con le brave Amina Grenci e Teresa Fraioli, nel parlare con Nicolas Maupas e nel cercare gli altri attori per completare il cast, mi rendevo conto dell’importanza che poteva avere questa storia.

Mentre stavamo lavorando al film mi sono reso conto che erano esattamente 20 anni da quando realizzai il mio film d’esordio, quel “Tre metri sopra il cielo” che è diventato un piccolo cult per una generazione di giovani e giovanissimi e che ha raccontato loro con sincerità la forza e sofferenza del primo amore. Sono cambiate tante cose in vent’anni, tantissime nel modo di relazionarsi e di innamorarsi, e proprio questo è diventato per me un interessantissimo punto di vista da cui partire per raccontare questa storia: considero “L’amore, in teoria” un secondo capitolo di una trilogia sull’amore, come mi fossi ripromesso di verificare ogni vent’anni lo stato del sentimento delle nuove generazioni rispetto alle dinamiche e alle emozioni  che  posso riconoscere  e mettere in scena io,  con la mia sensibilità ormai di un’altra epoca. 

Grazie alla sensibilità di Nicolas Maupas, Martina Gatti e Caterina De Angelis, anche questa volta la sfida è stata davvero stimolante, e riuscitissima: le dinamiche del racconto, del rapporto fra ragazzi e ragazze sono completamente diverse da vent’anni fa, ma l’emozione che ci guida nell’innamoramento, nella sofferenza, nel cambiamento e nel sentimento forse no. Questo percorso ci ha portato a raccontare una generazione che ha sofferto e sta soffrendo, ma che forse ancora di più ha voglia e bisogno di innamorarsi, ma ne ha terribile paura.

Spero che il pubblico possa amare il nostro film e sono orgogliosissimo e felicissimo di aver potuto condividere con Nicolas questa ambiziosa sfida e il suo primo ruolo da protagonista al cinema. Nicolas ha dimostrato davvero una capacità, sensibilità e sincerità non comuni, oltre a delle corde ironiche inaspettate, aiutato e supportato dallo straordinario lavoro di Martina e Caterina, del fantastico gruppo di amici Gianluca Di Gennaro, Irma Ticozzelli e Domenico Pinelli e con l’aiuto dell’esperienza e profondità dei due eccezionali Franceschi, Colella e Salvi. 

 

NOTE DI SCENEGGIATURA 

 

In una delle scene chiave del film, il protagonista Leone dice: “La mia generazione sta vivendo un momento di rivoluzione culturale e sentimentale […] L’amore ha perso la sua aura romantica e salvifica.” Siamo partite da questo concetto per sviluppare la storia di Leone e di chi gli sta intorno.  La sua è una generazione che sembra connotata da un’incertezza e una diffidenza di fondo, e a buona ragione: ha vissuto chiusa in casa, durante il covid, un periodo cruciale, quello in cui si fanno le prime esperienze e si instaurano le prime relazioni, vive in un mondo bombardato di notizie su guerre ed emergenza climatica che offrono poche speranze verso il futuro. Non crede più alla storia dell’amore salvifico ed eterno, quello che gli è stato raccontato dai nonni, dai genitori, e soprattutto dai film. Questa condizione ha inevitabilmente mutato e condizionato l’approccio alle relazioni, non solo rispetto al virtuale e alle dating app, ma soprattutto rispetto ai rapporti reali, quelli che si instaurano quando si esce (finalmente) di casa.
Quando ci è stata affidata questa storia, ci siamo date un obiettivo: restituire a questa generazione un racconto onesto di un amore contemporaneo, fatto di incertezze, rifiuti, paura, precarietà, ma anche di fluidità, poligamia, e situationships. Abbiamo cercato di farlo senza giudizio, con serietà, ma anche con leggerezza e ironia. Confrontarci sul significato che personalmente davamo all’amore, alle relazioni, al romanticismo e al sesso è stato il punto di partenza. Ma non ci siamo fermate ai nostri vissuti: abbiamo soprattutto studiato, ascoltato e cercato di comprendere le voci della generazione che volevamo raccontare. L’onestà e il realismo sono state le nostre priorità durante la scrittura, specialmente quella dei dialoghi, e speriamo di esserci anche solo avvicinate all’obiettivo iniziale.

 

Il protagonista della nostra storia, Leone, è un ragazzo in crescita, ben distante dal modello di uomo che la società cerca di imporci: è sensibile, gentile, insicuro, non ha nessuna esperienza con le ragazze, non ha mai saputo esprimere i suoi sentimenti per paura di sbagliare, di essere rifiutato, di non essere capito. Eppure, non smette di cercare l’amore. Alla fine, esattamente come noi due, anche Leone, confrontandosi con generazioni apparentemente distanti anni luce dalla sua, si renderà conto che esistono infiniti modi di cercare e vivere l’amore e che, se affrontato senza paura, è un sentimento che resiste e si adatta a ogni cambiamento… in teoria. 

 

COLONNA SONORA

Nella colonna sonora di L’amore, in teoria sono presenti due brani di Tananai, uno degli artisti più seguiti della scena musicale italiana. ALIBI, il suo primo singolo del 2025, è stato scelto come brano principale del film e accompagna anche il trailer ufficiale. 

Oltre a ALIBI, la colonna sonora include anche BOOSTER, una delle tracce di maggior successo dell’album CALMOCOBRA, certificato disco d’oro. Il brano, molto apprezzato dai fan è rimasto per settimane ai vertici delle classifiche radiofoniche.

 

LOCATION

Girato a Milano in sei settimane, L’amore, in teoriatrasforma la città in un vero e proprio protagonista della narrazione. Con una prevalenza di riprese in esterni, il film restituisce un’immagine autentica e sfaccettata del capoluogo lombardo, lontana dai cliché. Dai luoghi simbolo come gli esterni dell’Università Statale, le strade dietro Porta Venezia e il celebre Bar Basso, fino a quartieri meno esplorati dal cinema come Corvetto e Certosa.

 

Q&A

Q&A con Luca Lucini – regista

 

“Come sei stato coinvolto in questo progetto?”

“Sono stato chiamato dall’autore del soggetto, Gennaro Nunziante: avevamo lavorato insieme nel 2016 per un film Disney che si chiamava “Come diventare grandi nonostante i genitori” di cui io ero stato il regista e lui lo sceneggiatore e mi ha subito affascinato l’idea di affrontare con slancio questa bella avventura. Abbiamo pensato a una commedia romantica dei nostri giorni lavorando con le due giovani sceneggiatrici Amina Grenci e Teresa Fraioli, che hanno portato un notevole contributo con il racconto dell’amore attraverso gli occhi della propria generazione.  Parlando con loro e con il nostro protagonista Nicolas Maupas – il giovane attore star di fiction amatissime come “Mare fuori” e “Un professore” – mi rendevo conto dell’importanza che questa storia avrebbe potuto avere: la cosa interessante per me era riuscire a raccontare le difficoltà della generazione dei ventenni di oggi a confrontarsi con l’amore dopo il Covid e la loro necessità di socializzare e relazionarsi in modo diverso nell’era dei social e tutto questo ha reso il racconto più universale. Andando avanti nel progetto mi sono reso conto che erano trascorsi esattamente venti anni dal mio film “Tre metri sopra il cielo”, un piccolo cult considerato da qualcuno una sorta di “manifesto romantico” degli anni 2000. Considero “L’amore, in teoria” un secondo episodio di un’ideale trilogia sull’amore, è come se mi fossi ripromesso di verificare ogni venti anni lo stato del sentimento delle nuove generazioni rispetto alle dinamiche e alle emozioni che posso riconoscere e mettere in scena io, con la mia sensibilità ormai di un’altra epoca. “Tre metri sopra il cielo” raccontava la storia d’amore tra un maschio Alfa e un’eroina romantica in cui una generazione di giovani e giovanissimi si era identificata perché raccontava con sincerità la forza e la sofferenza del primo amore. In un ventennio sono cambiate tantissime cose nel modo di relazionarsi e di innamorarsi e questo è diventato per me un interessantissimo punto di vista da cui partire per raccontare questa nuova storia dove c’ è un ragazzo fragile e sensibile che ha difficoltà a rapportarsi con le donne e con l’amore e una giovane donna molto determinata che non crede nell’amore, salvo imprevisti..”.

 

“Che rapporto si è creato con Nicolas Maupas?”

“Mi sono trovato molto bene con lui, ha trovato una verve ironica molto interessante, sa essere tenero, un po’ “sfigato”, fragile e tenero però ha una vivacità che piace, secondo me è diventato un piccolo Hugh Grant.. Nicolas ha dimostrato davvero una capacità, sensibilità e sincerità non comuni, oltre a delle corde ironiche inaspettate che ha regalato al personaggio di Leone, un ragazzo che aveva un amore idealizzato disposto a qualsiasi compromesso pur di stare accanto a quella che credeva la donna della sua vita che poi non si è affatto rivelata tale.. L’ho trovato molto a suo agio quando si rapporta con il personaggio di Meda, un barbone interpretato da Francesco Salvi e creato da Gennaro Nunziante, un mentore anomalo che può sembrare un Cupido postmoderno che lo aiuta nelle sue dinamiche sentimentali. Un altro suo rapporto che secondo me funziona molto bene è quello con Francesco Colella che interpreta il ruolo del padre di Leone: doveva raccontare un genitore vedovo..indeciso a  tutto che tenta come può di sopperire all’assenza della madre nel rapporto con il figlo cerca di fare del suo meglio ma spesso non è in grado di rapportarsi adeguatamente, non per colpa sua ma per la difficoltà di non saper parlare la stessa lingua delle nuove generazioni”.

 

“Che tipo di sentimenti vengono raccontati attraverso i protagonisti e gli altri personaggi principali?”

“L’estrazione sociale di Flor (Martina Gatti) non è precisata, lei è una ragazza molto indipendente e combattiva che si sta facendo da sola e vive da sola mentre il personaggio di Carola (Caterina De Angelis) è un po’ una “figlia di papà” viziata che vuole cercare emozioni diverse e poi si fidanza con Manuel, un ragazzo un po’ problematico, un piccolo mezzo delinquente..ogni personaggio ha un rapporto complicato con l’amore, sia Flor, sia Carola, sia i tre amici che svolgono una funzione di coro. Una di loro è una ragazza omosessuale che ha avuto una grande delusione amorosa con una sua donna, uno si relaziona soltanto via chat e un altro con un amore romantico finito da tempo. Nascondono tutti un problema generazionale, in tutti questi anni ci sono sempre stati problemi amorosi ma il nostro racconto cerca di mostrare anche un contesto sociologico e una visione del futuro”.

 

“Come ti sei rapportato con gli altri attori che interpretano questi personaggi?”

“Conoscevo bene Caterina De Angelis perché è la figlia di Margherita Buy e mi aveva impressionato favorevolmente nel film “Volare” diretto da sua madre di cui ero stato uno dei produttori, le ho chiesto se aveva voglia di affrontare la sfida di un personaggio quasi negativo ma delicatissimo come era quello di Carola, con quel look da fata idealizzata da ogni ragazzo del liceo e lei ne è stata entusiasta risultando poi è assolutamente credibile. Martina Gatti mi è stata segnalata invece dal mio aiuto regista che l’aveva notata nel film “Troppo azzurro” di Filippo Barbagallo, ha una faccia particolare e una bellezza molto originale che era giusta per il personaggio di Flor, una ragazza diversa dai canoni classici che “casca” anche lei nell’amore nonostante si sia sempre difesa dai sentimenti tradizionali e dal romanticismo, tutte cose che credeva inutili e superflue salvo ulteriori sviluppi. Mi sono trovato così bene con lei da averla poi subito richiamata per il mio film successivo dal titolo provvisorio “Stella gemella” di cui è stata protagonista con Matteo Olivetti e che attualmente è in fase di montaggio. Infine hanno risposto molto bene a quello che a loro chiedevo i tre giovani attori che interpretano i tre amici di Nicolas: Domenico Pinelli che aveva interpretato il ruolo di Peppino De Filippo da giovane nel film tv di Sergio Rubini “I fratelli De Filippo”, Irma Ticozzelli che interpreta la ragazza omosessuale con i suoi problemi sentimentali e Gianluca Di Gennaro che aveva una parte di rilievo nel film  “Il Comandante” con Pierfrancesco Favino dove si si sacrificava per salvare i suoi compagni a bordo: agiscono tutti come un coro parallelo, tutti a loro volta alle prese con le proprie difficoltà a relazionarsi e i loro credo che si rivelano tutti errati..”.

 

Perché ti senti particolarmente portato per la commedia romantica?”

 “Mi è sempre piaciuto molto lavorare sui sentimenti..dopo il grande successo di “Tre metri sopra il cielo” mi hanno proposto di dirigere altri film analoghi ma ho sempre rifiutato, questa volta invece mi ha interessato confrontarmi con una generazione particolare qual è quella di chi ha poco più di vent’anni perché c’era materia per raccontare le difficoltà relazionali e il nuovo modo di intendere “l’amore, in teoria” perché nella pratica non sempre corrisponde a quanto ci si aspetta.. Raccontare l’amore nelle sue dinamiche, emozioni e complessità, è da sempre uno dei principali stimoli da cui partire per immaginare film, romanzi, canzoni. Lo spettatore vuole innamorarsi con i suoi protagonisti, vuole soffrire e gioire con loro, e la commedia sentimentale ha questo compito delicato e allo stesso tempo difficile che ogni volta rappresenta per me una bellissima sfida ed un grande stimolo: le dinamiche del racconto, del rapporto fra ragazzi e ragazze sono completamente diverse da vent’anni fa, ma l’emozione che ci guida nell’innamoramento, nella sofferenza, nel cambiamento e nel sentimento forse no. Questo percorso ci ha portato questa volta a raccontare una generazione che ha sofferto e sta soffrendo, che forse ancora di più ha voglia e bisogno di innamorarsi, ma ne ha terribile paura”.

 

“Ricordi qualche momento della lavorazione più volentieri di altri?”

“Mi è piaciuto molto tornare a girare a Milano, che è la mia città. Anche Nicolas Maupas è milanese e in quel contesto ha potuto “giocare in casa”, abbiamo puntato a raccontare una storia universale che valesse per tutti come lo fu all’epoca “Tre metri sopra il cielo” che raccontava i giovani di Roma Nord ma toccava certe corde universali e ha funzionato dovunque.  “L’amore, in teoria” cerca di sfruttare al meglio la bellezza e l’atmosfera unica della città attraverso certe location iconiche che fanno da sfondo alla storia, conferendole, spero, un tocco di realismo e modernità. C’erano in campo certi temi che riguardavano vari tipi di contesti sociali, siamo andati a girare al Corvetto, un quartiere molto periferico diventato in seguito conosciuto per il drammatico episodio di un ragazzo investito da un’auto della polizia o, poi siamo stati alla Statale di Milano, abbiamo cercato di raccontare posti reali frequentati da quei giovani come il bar Meneghino del quartiere Città Studi. Ricordo poi in particolare la musica di Tananai che è protagoniste della colonna sonora del film con due canzoni: “Alibi”, un brano inedito che accompagna anche il trailer, e “Booster”, estratto dall’ultimo album “Calmocobra”, certificato Disco d’oro. Mi è piaciuto molto infine collaborare con tanti giovani impegnati nei vari reparti che consapevolmente o meno potessero mettere all’interno del nostro racconto qualcosa della storia di quella generazione”.

Q&A con Nicolas Maupas – Leone

“Come sei stato coinvolto in questo progetto?”

“Ho ricevuto la proposta dall’Indiana Production, c’è stato un periodo iniziale di dialogo in cui ho parlato con l’autore del soggetto Gennaro Nunziante delle intenzioni della storia, della tipologia del mio personaggio e dello “spaccato” di una possibile realtà di oggi. Poi la mia curiosità e il mio interesse sono cresciuti, ho incontrato il regista Luca Lucini e le due sceneggiatrici Teresa Fraiolie Amina Grenci e anche se il film non è stato scritto su di me e non racconto me stesso i nostri incontri sono serviti a loro in fase di scrittura per adattare certe cose che un ragazzo della mia età vede intorno a sé. Anche Teresa e Amina sono giovani e legittimate a raccontare con i loro punti di vista uno spaccato storico della realtà giovanile odierna e grazie a questo credo che il film riesca a dare voce pienamente da a una generazione che vive l’amore tra sogni e realtà, aspettative e delusioni.”

“Il giovane protagonista Leone rappresenta secondo te in maniera credibile un ragazzo della Milano di oggi?”

“Leone è un ragazzo perbene, timido e schivo che però col tempo si ritrova in grado di andare oltre la sua ritrosia. Uno dei suoi soprannomi è “Sottone”, perché nella parte iniziale del film “sta sotto”, non è reattivo di fronte ai sentimenti e alla vita, sopporta tutto senza reagire: le sue motivazioni possono essere valide perché ognuno ha il suo vissuto e la sua esperienza e Leone ha dei freni più pesanti che bloccano la sua personalità di succube ma poi arriva una crescita più veloce e finalmente si potrà risvegliare. Nel film ci sono spunti e incontri comuni a chiunque – ognuno per il proprio vissuto – su certe dinamiche dell’amore, della sessualità e delle prime volte, arriviamo tutti per vie diverse a certi appuntamenti/chiave della vita ma ci ritroviamo con le stesse domande, preoccupazioni e scoperte sui sentimenti e sulla sessualità. Nella storia che raccontiamo ci ritroviamo tutti, sia noi ragazzi di oggi che quelli che lo sono stati in passato, chiunque abbia passato tutte queste fasi. Si tratta di dinamiche generali, alcune cose che sono successe a Leone sono accadute anche a me, altre invece appartenevano al vissuto di altri attori in scena e io sul set mi sono ritrovato a essere uno spettatore privilegiato perché potevo vedevo nascere per primo certe scene che mi colpivano e mi emozionavano. Tutto questo, ripeto, al di là del fatto che io l’abbia vissuto davvero qualcosa ma quando immaginavo un ragazzo come Leone impegnato a fare una certa cosa non potevo restare indifferente da un punto di vista emotivo”.

“Che tipo di relazione si è creata con Luca Lucini durante le riprese?”

“E’ partito tutto con un incontro iniziale per conoscersi, poi ci siamo parlati, abbiamo letto un testo e dalle parole nascono le idee: durante la lavorazione Luca mi raccontava tanti nuovi spunti che gli venivano in mente strada facendo, ad esempio quello delle interviste in bianco e nero ai ragazzi che sono state poi montate per intervallare il racconto. E una persona gentile che mi ha sempre sorriso mettendomi a mio agio, da lui mi sono sempre sentito protetto. Mi sono subito fidato molto della sua esperienza in genere tendo ad affidarmi molto ai miei registi perché loro hanno una visione globale del progetto che può aiutare il mio lavoro di attore a non andare in una direzione diversa da quella immaginata”.

“Hai familiarizzato facilmente con gli altri attori?”

“Le prime sequenze che abbiamo girato sono state quelle in macchina con tutti gli amici del gruppo, e con tutti loro è nata subito una buona sintonia e una bella chimica che sullo schermo si vede subito, abbiamo trascorso lunghe ore raccontandoci anche storielle e barzellette, sono stati tutti meravigliosi e mi ritengo fortunato di poter avere accanto a me una squadra vera e propria. Con alcuni di loro ci conoscevamo nella vita e questo in generale aiuta ad avere una maggiore confidenza, ma poi dipende da ogni attore avere la capacità di fingere in quanto interprete, il suo lavoro principale è quello. Ho imparato poi tanto da Francesco Colella, ha una sua cifra personale, sa creare una componente magica e affascinante da guardare e poi da toccare con mano in scena, credo che nelle dinamiche padre/figlio sia stato molto credibile grazie alla sua esperienza e alla sua profondità e allo stesso modo sono stato subito conquistato da Francesco Salvi e dalla sua capacità di essere generoso ed empatico nel ruolo del senzatetto “filosofo” Meda”.

“Credi che sia giusto veicolare questa storia in chiave di commedia romantica?” 

“Mi sono divertito tanto a farlo, nel romanticismo ci si identifica facilmente, prescindendo dalle classi sociali. Non abbiamo girato un film che contiene qualcosa di difficile da trovare in giro, è uno specchio del nostro tempo e dei tanti temi che mette in campo e per questo motivo credo che possa coinvolgere varie generazioni di ambienti sociali differenti, dagli adulti ai giovani”.

“Che cosa diresti a uno spettatore per convincerlo a vedere “L’amore, in teoria” in sala?”

“E’ un film che racconta uno “spaccato” dove ognuno potrà trovare uno specchio in cui vedersi, riconoscersi o riconoscere qualcosa al di fuori di sé stesso, può essere rassicurante e aiutare a sentirsi meno soli. Poi sentirsi rappresentati o vedere raccontato qualcosa che a noi è poco chiaro è una questione soggettiva ma assistere su un grande schermo a certe dinamiche che i personaggi di finzione devono affrontare può aiutare ad essere ricettivi su un argomento sempre più attuale”.




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