Movienerd – La drammatica storia vera di “18 regali”

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Movienerd – Ispirato alla straordinaria storia di Elisa Girotto, la donna che ha commosso il mondo lasciando 18 regali per i futuri compleanni della figlia quando ha scoperto di avere poco tempo per vederla crescere. Come ogni anno Alessio (Edoardo Leo) consegna alla figlia Anna (Benedetta Porcaroli) un regalo lasciatole da Elisa (Vittoria Puccini).

È il giorno del diciottesimo compleanno di Anna e da scartare le rimane l’ultimo regalo, ma un desiderio di ribellione e un senso di vuoto incolmabile la spingono a scappare dalla festa organizzata dal padre. Si ritrova a vagare di notte in mezzo alla strada e una macchina, non vedendola, la investe.

Al suo risveglio Anna si ritrova faccia a faccia con la madre che non ha mai conosciuto. Il destino le regala così l’occasione di conoscere Elisa, e farsi conoscere a sua volta, in uno straordinario viaggio ricco di emozioni e speranza che il film “18 regali” dono agli spettatori facendoli riflettere e molto….

18 regali è tratto da una storia vera. Una storia potentissima, capace di commuovere chiunque ci si imbatta, dai più giovani ai più adulti: è la storia di Elisa Girotto. Elisa era in dolce attesa della figlia a lungo desiderata quando ha saputo di avere un male incurabile che le avrebbe impedito di vederla crescere. Con grande coraggio e una incredibile forza di volontà ha deciso di guardare al futuro e lasciare alla figlia appena nata diciotto regali, uno per ogni compleanno fino alla maggiore età. Bambole, giochi, libri, vestiti e molto altro, compreso un mappamondo di sughero con l’indicazione dei luoghi che avrebbe voluto visitare con lei. Il film è stato realizzato con la collaborazione di Alessio Vicenzotto, marito di Elisa, che ha voluto in questo modo mandare un nuovo messaggio di forza alle tante donne malate che in Elisa hanno trovato un esempio. Questo film prende forma nel solco di quello che è diventato un vero e proprio genere – nel tempo sempre più di successo – ovvero quello del racconto, a partire da storie vere, di temi universali insiti nella narrazione della malattia e della “rinascita”. Film come Wonder o Le pagine della nostra vita, che hanno saputo emozionare il pubblico di tutto il mondo, ne sono un esempio lampante. La notizia che ha preso origine dalla storia di Elisa è esplosa sulla stampa e sul web varcando i confini italiani, assorbendo l’attenzione di uomini e donne di tutto il mondo, tanto che la famiglia della donna è stata contattata da numerose produzioni estere. Quella di Elisa Girotto è una storia d’amore. Un amore che ha la forza di non arrendersi quando tutto intorno crolla. È il racconto del tentativo, urgente e vitale, compiuto da una madre, di proiettarsi nel futuro, nella vita della figlia sulla quale il destino ha imposto una perentoria negazione. Per questo motivo la stessa struttura del film rompe le regole del tempo e del conoscibile con un meccanismo stilistico che consente di abbattere questa ineluttabile separazione, permettendo alle due donne di incontrarsi. L’intuizione degli autori, colonna portante della storia, è stata quella di far convergere passato e futuro, mettendo in scena l’incontro tra madre e figlia. Una figlia che al compimento della maggiore età, prima di scartare il suo ultimo regalo – simbolo dell’inizio dell’età adulta – è coinvolta in un incidente che la sbalzerà metaforicamente indietro nel tempo, a diciotto anni prima. Anna avrà in questo modo l’incredibile opportunità di trascorrere del tempo con la madre, senza che quest’ultima sia consapevole dell’identità della ragazza, proprio nel periodo che precede la sua morte. Il film racconta quindi la storia di un’amicizia, quella di due donne che la vita non ha mai fatto incontrare. È questa una delle sfide più ardite di questo film: la ricerca di una “terza dimensione”, al di là di quella reale ma anche di quella onirica. La storia di Elisa Girotto è stata rimodellata grazie a un meccanismo magico, surreale, allo scopo di far emergere al meglio il tema e la forza della storia, raccontandola senza paura ed evitando l’assunzione di toni retorici. La sceneggiatura restituisce la verità delle emozioni e delle relazioni, con uno sguardo inevitabilmente doloroso ma a tratti anche giocoso. Nelle sue opere precedenti (Lasciati andare, Cosimo e Nicole, Ma che ci faccio qui) Francesco Amato, il regista insieme a cui è nato il progetto di 18 regali, ha sempre scelto di prediligere il racconto delle emozioni. Questo è il suo primo film che muove i passi da una storia vera e mantenere questo impegno è stato il punto di partenza, nel rispetto del pubblico ma soprattutto dei veri protagonisti della storia. Grazie al coinvolgimento della famiglia di Elisa è stato possibile trasformare la storia sull’elaborazione del lutto in un racconto magico 6 che va al di là della cronaca, in modo da restituire al pubblico prima di ogni altra cosa una grande storia d’amore. Per il regista, quindi, è divenuta fondamentale la scelta di attori che fossero in grado di donare se stessi completamente, senza remore e con generosità, a dei personaggi intensi e mai scontati. Allo stesso modo è stata fondamentale la scelta di una location che raccontasse bene, in modo chiaro e non banale, il luogo scelto dai nostri protagonisti per iniziare un progetto di vita insieme e mettere al mondo una bambina. È stata quindi individuata una località, Crespi D’Adda, che rappresentasse bene un certo tipo di provincia italiana, molto concreta e operosa, ma che allo stesso tempo permettesse un racconto umano, relazionale ed emotivo, per essere degno teatro di una storia assolutamente italiana ma con un valore universale.

 

La protagonista Vittoria Puccini: “La cosa che mi ha colpito di Elisa è stata il suo coraggio. Ci siamo avvicinati a questa storia non grande rispetto, abbiamo parlato a lungo con il marito, abbiamo messo tutto il cuore che potevamo mettere. È stata incredibile la generosità con cui Alessio e il resto della famiglia ci ha accolti. Abbiamo visto i diari di Elisa, la lista dei regali, ci è stato permesso di entrare davvero nel mondo che dovevamo poi raccontare. Quando ho preso in mano la lista vera dei regali che Elisa ha lasciato ad Anna è stata un’emozione sconvolgente e ho percepito con esattezza l’importanza di questa eredità. …. È un film emozionante perché celebra la vita, il coraggio di una donna che trova il modo di accompagnare la figlia fino ai diciotto anni pur non essendoci fisicamente. È un film sull’amore”.

 

Edoardo Leo: “Quando ho letto la sceneggiatura di 18 regali mi sono entusiasmato. Avevo conosciuto qualche anno fa Francesco Amato, ci eravamo ripromessi di lavorare insieme ed era arrivato il progetto giusto per farlo. Una storia come quella di Elisa Girotto e Alessio Vicenzotto andava raccontata con rispetto, con attenzione, con una cura maggiore rispetto ad altre storie, proprio perché riguarda persone vere. In questo caso ci sono state le condizioni giuste di sensibilità per farlo. È bastato abbandonarsi alla visione del regista. So che a volte al cinema è importante veder rappresentato il dolore per provare empatia e tornare con il cuore anche su vicende personali, ma questa non è la storia di un lutto, noi raccontiamo la storia di un grande amore, di un amore straordinario e spero sia la cosa che più rimarrà impressa agli spettatori”.

 

Il regista Francesco Amato: “Non mi era ancora capitato di fare un film che raccontasse di persone reali. Il coinvolgimento della famiglia di Elisa Girotto, la donna a cui si ispira il personaggio della protagonista di 18 Regali, ha acceso in coloro che hanno lavorato a questo film un naturale, fortissimo, senso di responsabilità. Come se, oltre che per il pubblico, oltre che per i produttori e i colleghi, questo film fosse fatto anche per Elisa. Mi ha colpito e sono stati di grande stimolo il fermento e la vitalità nati attorno a una storia che nella sua sostanza racconta l’elaborazione di un lutto. Fin dall’inizio l’intenzione della scrittura, in cui abbiamo deciso di coinvolgere anche Alessio Vicenzotto, che ci ha fornito la chiave per entrare nel mondo nascosto di Elisa, è stata quella di andare oltre la cronaca del lutto. Quando abbiamo scelto di raccontare la storia d’amore tra Elisa e sua figlia Anna, una storia impossibile poiché la madre non sopravvive alla malattia, ci siamo dovuti porre la domanda: si può fare un melodramma senza un abbraccio? Senza un incontro? Tra due personaggi lontani nel tempo? Ebbene sì, grazie al cinema si può fare. Credo che questo film intercetti lo specifico del cinema, la sua vocazione più alta: dominare il tempo, vincerlo, per restituire ai personaggi quell’incontro che la realtà ha reso impossibile. Forse un giorno Anna, che oggi ha solo tre anni, vedrà questo film e anche se non sarà la stessa cosa, percepirà l’abbraccio di sua madre. Ma non solo lei. Credo che 18 Regali sia un film universale e che ciascuno di noi possa sentirsi investito dall’emozione di una storia che tocca i temi dell’amore, della perdita, del tempo che divide. Elisa e Alessio vivevano in provincia. Avevano appena terminato di costruire una villetta quando Elisa scoprì di essere incinta, e da lì a poco di essere malata. L’ambientazione in una provincia italiana – di cui nel film non dichiariamo l’identità – è particolarmente importante per la definizione dei personaggi e delle loro relazioni. Si tratta di un luogo raccolto e dal carattere operoso e pragmatico. Il luogo perfetto per progettare il futuro della propria famiglia, dal punto di vista di Elisa. Un luogo opprimente da cui scappare, per Anna a 18 anni. Elisa e Anna si incontreranno proprio lì. Con due idee diverse su quella provincia, e sulla vita. Per rappresentare questo mondo abbiamo scelto un quartiere di un piccolo paese della provincia di Bergamo, Crespi d’Adda. Un ex villaggio operaio di inizio novecento, patrimonio dell’Unesco, che nella nostra percezione rappresenta la declinazione italiana della classica villetta a schiera anglosassone, del villino unifamiliare – quello aperto sul viale alberato, privo di muro di cinta – tipico della provincia americana. E se quella che stiamo raccontando è una storia universale, una storia che potrebbe accadere ovunque, il riferimento ad ambienti che ci ricordano la provincia americana e la sua rappresentazione cinematografica contribuisce ad affondare in un immaginario comune ad ogni spettatore. La chiave, nella ricerca delle location, è stata questa: una provincia profonda dove ad emergere non è tanto il paesaggio fisico, quanto piuttosto il paesaggio umano ed emotivo. Non è stato difficile percepire negli attori che ho scelto per i ruoli principali l’energia, la dedizione, la voglia di abbandonarsi a questi personaggi. Li ho scelti per il loro talento, per la loro fotogenia, ma soprattutto perché ho sentito in loro un moto di generosità verso la storia. Tra le cose che ho chiesto loro ce n’è stata una che forse è la più importante per capire il lavoro che ho voluto fare: mai lavorare di “sottrazione”. Mai sottrarsi alle emozioni che la storia dispone, viverle pienamente senza riserve. Solo allora ho potuto dire: “fine scena”. 8 Vittoria Puccini ed Edoardo Leo sono una coppia affiatata e complice. Una famiglia che ribalta il disegno classico: dei due, lei è quella che lavora, quella pragmatica e volitiva, lui ha grandisogni ma poca concretezza. La malattia – con l’avvento di Anna – sconvolge le loro meccaniche consolidate. Benedetta Porcaroli, con il suo sguardo ribelle e l’atteggiamento scostante, appare tanto diversa da Vittoria, così da produrre quello scontro tipico di madre e figlia. Ma l’attrazione per la madre mai conosciuta la spinge ad approfondire quell’incontro magico, e insieme a lei a definire un’identità diversa e finalmente adulta. Oltre ai nostri tre protagonisti, il cast si compone di attori formidabili che abbiamo scelto con cura, poiché penso che questo film sia prima di tutto un film di attori, dove è la “recitazione” che fa il personaggio, piuttosto che la semplice osservazione naturalistica dell’interprete. Va da sé, dunque, che è stata la macchina da presa a muoversi in base all’attore, piuttosto che il contrario. Al centro del mio lavoro c’è sempre “la prova” dell’attore, attorno a cui si muove ogni aspetto del set”.

 

Benedetta Porcaroli: “Quando ho letto la sceneggiatura mi sono davvero commossa perché tocca punti universali, in cui tutti possono riconoscersi al di là del fatto di cronaca che racconta. È una storia d’amore molto bella e come attrice mi offriva delle possibilità di espressione importanti. Non ho avuto dubbi sull’accettare il ruolo. L’incontro con Alessio e la piccola Anna è stato molto emozionante, come emozionante è stato il pensiero di questa madre e questa figlia che si incontrano a dispetto della realtà. Un incontro che solo la magia del cinema poteva rendere possibile”.




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