Movienerd – Cinema: “Sulle ali dell’avventura”

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Movienerd- Nelle sale un bel film francese di Nicolas Vanier, “Sulle ali dell’avventura”. Christian, uno scienziato visionario, studia oche selvatiche. Per suo figlio, un adolescente ossessionato dai videogiochi, l’idea di trascorrere le vacanze con suo padre nel deserto rappresenta un incubo. Tuttavia, padre e figlio si riavvicineranno per portare a termine un progetto folle: salvare una specie in via di estinzione grazie all’aeroplano ultraleggero di Cristian. Partono così per un viaggio avventuroso e incredibilmente emozionante. Ispirato all’incredibile storia vera dell’ornitologo Christian Moullec, Sulle ali dell’avventura racconta il viaggio di un padre e di un figlio che ritrovano la complicità mentre tentano di salvare uno stormo di oche a rischio di estinzione.

 

JEAN-PAUL ROUVE (Christian) Cosa l’attirava del progetto di Nicolas Vanier?

 

“Prima di tutto mi ha conquistato la sceneggiatura, che fonde in modo intelligente il filone del cinema per famiglie e un tema attuale, quello dell’ecologia, senza mai voler dare lezioni. Poi ho incontrato Nicolas Vanier, che non conoscevo di persona, anche se avevo visto i suoi film precedenti. Ho capito che aveva vissuto diverse vite; era un cineasta, ma anche un avventuriero, e ascoltarlo raccontare il suo percorso e le sue avventure è stato un arricchimento costante. Nicolas mi aveva anche confidato che aveva bisogno che l’accompagnassi per tutto il progetto, per il film ma anche per tutte le attività di sensibilizzazione ad esso legate”.

 

Girare con Nicolas Vanier è quasi come partecipare a una delle sue avventure?

 

“Senz’altro. Lui è un vero condottiero. Ti fa venire voglia di accompagnarlo perché ti spinge a metterti in gioco. Parlo di Nicolas, ma intendo anche tutta la troupe che lo segue sui vari set cinematografici. Avevo voglia di partecipare a una delle sue avventure, di andare a girare in Norvegia a decine di chilometri da qualsiasi forma di civiltà. Ho scoperto un uomo unico nel suo genere, uno di quelli che si è felici di aver incontrato almeno una volta nella vita. Nicolas è molto incisivo e delicato e ti racconta degli aneddoti folli sulla sua vita da avventuriero. A volte gli ho chiesto di raccontarmi delle sue spedizioni e dell’incontro con gli orsi, fino a un incidente aereo da cui è uscito vivo per miracolo. Mi ricordo che alla fine delle riprese, quando tutti eravamo felici di tornare a una vita più confortevole, Nicolas mi ha detto che il giorno dopo avrebbe preso un aereo per andare a pesca da solo in Alaska per dieci giorni! È uno che non si ferma mai”.

 

Viceversa, Nicolas Vanier dice che ormai gli piace molto fare cinema e soprattutto lavorare con gli attori…

 

“E si vede. A volte nel corso della carriera si incontrano registi che pensano solo all’immagine, che si occupano dell’inquadratura e delle luci ma magari dimenticano di dirigere gli attori. Anche se si può pensare che le riprese con Nicolas siano soprattutto tecniche, in particolare per via degli animali e dei mezzi utilizzati, in realtà è tutto il contrario. In lui ho trovato un regista precisissimo nel comunicare le sue intenzioni, ma anche pronto ad ascoltare ciò che gli si propone. Per esempio, al personaggio di Christian ho aggiunto momenti di umorismo o di leggerezza. A prescindere dalle difficoltà tecniche di una scena con ultraleggero che decolla o con degli animali che volano, Nicolas pensa sempre alla recitazione degli attori”.

 

Il suo personaggio è uno scienziato, ma ha un lato un po’ folle e poetico. Le assomiglia?

“Mi sarebbe piaciuto essere così, perché lui è un utopista. Insegue i suoi sogni. Lo si può fare come attore, ma alla fine la realtà prende sempre il sopravvento. Christian invece mantiene intatti i suoi sogni. Ho conosciuto Christian Moullec, a cui si ispira il mio personaggio, e ho mantenuto il suo lato sognatore. Per la verità, il mio personaggio fonde Christian Moullec e Nicolas Vanier. Spesso sul set guardavo Nicolas per prendere ispirazione per le varie scene”.

 

Ha dovuto lavorare anche con degli animali, in particolare con le oche… È stato difficile?

“I timori che avevo all’inizio delle riprese si sono dissipati in fretta. Muriel Bec, che si occupava delle oche al di fuori delle scene di volo, ha fatto un lavoro impressionante. Aveva addestrato le oche in modo che fossero sempre pronte a girare. Mi ha permesso di vivere un momento eccezionale, la nascita delle oche, la schiusa delle uova. Ovviamente la scena andava girata in diretta, al momento preciso della nascita. Muriel sapeva esattamente in quale istante si sarebbe schiuso ciascun uovo. Sono state scene straordinarie. Si ha raramente la possibilità di vivere momenti del genere, di veder nascere un’ochetta nel palmo della propria mano. Di vedere il guscio che si incrina, il becco che spunta dall’uovo… In quell’istante non si è più sul set. È un momento unico, davvero commovente. Per le sequenze di volo era ovviamente Christian Moullec a prendere le redini, perché conosceva le oche con una precisione impressionante”.

 

Dal trionfo dei Tuche alla regia, oggi più che mai desidera variare le sue attività e spingersi dove non ci si aspetterebbe?

 

“Non voglio scegliere in funzione di qualcosa. Me ne frego totalmente. Al contrario, invecchiando faccio sempre meno concessioni. Da qui viene la voglia di diversificare. In tutto quello che faccio propendo sempre di più per la sincerità. In Lola et ses frères ho voluto interrogare il mio lato più oscuro. In Les Tuche ho cercato di rendere il mio personaggio toccante come faceva De Funès. Ovviamente con molta umiltà”.

 

MÉLANIE DOUTEY (Paola) Che reazione ha avuto quando Nicolas Vanier le ha proposto il film?

 

“Nicolas ha molte sfaccettature, e del resto è questo che lo rende così interessante. È un regista, un avventuriero, un difensore del pianeta, ma anche un uomo intelligente, fine, divertente e soprattutto molto generoso con gli altri. Quando Nicolas ti prende par mano per farti partecipare alla sua avventura, ti senti subito a tuo agio. È una guida fantastica durante le riprese. Con lui mi sembrava di poter fare il giro del mondo senza correre alcun rischio. Di queste riprese conservo immagini intense dell’alba nella Camargue, dove giravamo, o dei voli sull’ultraleggero assieme alle oche. Io, che sono più una di città, mi sono sorpresa a giocare con loro, a vederle evolversi. Sono rimasta meravigliata da tutto quello che è successo durante i tre mesi delle riprese. Su un set cinematografico è raro arrivare ogni mattina e trovarsi a dire: “Wow!” Nicolas è molto dinamico sul set, accompagna il cast e la troupe, ma con premura e gentilezza. Si è sempre in perfetta armonia”.

 

L’attirava l’idea del film, e in particolare il messaggio ecologico?

 

“Ovviamente al giorno d’oggi, nel mondo in cui viviamo, è difficile non avere una coscienza ecologica, ma quello che trovo più efficace è che la sceneggiatura non è mai moralista. Non contiene una lezione, è la storia del film a veicolare il messaggio. Nicolas non vuole punire gli spettatori, ma offrire loro degli spunti di riflessione”.

 

Cosa la spinge a scegliere un progetto invece di un altro?

 

“La combinazione di diversi fattori. Prima di tutto un legame umano come quello che si è instaurato con Nicolas. Poi il personaggio: qui interpreto Paola, che mi ha colpita nel profondo. Adoro la sua evoluzione nel corso del film, il suo passaggio da un certo disinteresse alla scoperta progressiva di quello che sta vivendo suo figlio. Loro due non fanno che scoprire la gamma di diversità che esiste. Anch’io sono una mamma e quindi mi sono proiettata nel personaggio. È un film sui ricongiungimenti e sul legame inscindibile che un figlio rappresenta per i genitori, a prescindere dalla loro storia”.

 

LOUIS VAZQUEZ (Thomas) Com’è arrivato a fare l’attore?

“Sono sempre stato attratto da questo mestiere, come tanti ragazzi della mia età. Quand’ero in seconda media, un’amica mi ha spiegato il percorso da seguire: trovare un agente e fare dei provini. Così mi sono lanciato, con l’approvazione di mia madre”.

 

Sulle ali dell’avventura è un progetto particolare per un giovane attore esordiente. Com’è stato?

 

“Fino a quel momento avevo avuto soltanto un piccolo ruolo in Nelle tue mani di Ludovic Bernard. Interpretare un ruolo da protagonista è un grande passo per me. Non avevo abbastanza esperienza per sapere se le riprese sarebbero state più o meno complicate. Lavorare con Nicolas Vanier significa lanciarsi in una grande avventura, viaggiare e vivere insieme al cast e alla troupe. Sono stati tutti molto premurosi con me e mi hanno permesso di scoprire il mondo del cinema. Tornare a scuola dopo le riprese è stato piuttosto duro. Nei momenti di malinconia ripensavo alle giornate in Camargue e in Norvegia”.

 

Ed è stata anche una sfida?

 

“Sì, ho vissuto esperienze molto intense, a cominciare dalla prima volta in cui ho volato con Christian Moullec. Stavamo girando una delle scene del film, ma io non mi sentivo più un attore. Ho vissuto quel momento, mi sono potuto allungare a toccare le oche che volavano con noi”.

 

Come definirebbe il suo personaggio?

 

“È un ragazzo parigino dei nostri giorni, più interessato ai videogiochi che alla vita intorno a lui. Il ricongiungimento con il padre gli permetterà di aprirsi alla vita, e in particolare alla natura. Siamo la generazione dei cellulari, a volta ci capita di dimenticarci le cose essenziali. Me ne sono reso conto io stesso durante le riprese. Mi ci è voluta questa esperienza per capire la mia fortuna e per aprirmi un po’ di più agli altri”.




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