Movienerd – Per un settore come il cinematografico già in difficoltà la nuova stretta causata dal covid potrebbe avere pesanti conseguenze. Si calcola un calo degli incassi di oltre 64 milioni di euro nel prossimo mese.
Con il nuovo decreto del presidente del Consiglio dei ministri (dpcm) in vigore dal 26 ottobre, il premier Giuseppe Conte ha disposto, tra le varie chiusure, anche quella delle sale cinematografiche, già duramente colpite dal primo lockdown e ora nuovamente esposte a drastici cali di fatturato e ripercussioni su tutta l’industria. Contro il governo non si sono fatte attendere le proteste delle principali associazioni del settore, incluso il mondo dei lavoratori della cultura e dello spettacolo.
Per l’intero settore dello spettacolo le nuove chiusure autunnali potrebbero portare a un calo degli incassi di oltre 64 milioni di euro fino al 24 novembre, in un comparto che occupa più di 142mila lavoratori e ha un giro d’affari annuo di 3,1 miliardi di euro.
Per le sale, poi, si tratta di una situazione che va ad aggiungersi al pesante crollo degli introiti che il cinema ha già conosciuto nei mesi del primo lockdown. Secondo le dichiarazioni del presidente dell’Associazione nazionale esercenti cinema (Anec), Mario Lorini, da febbraio a giugno si sono registrati oltre 30 milioni di spettatori in meno, per complessivi 300 milioni di euro di fatturato persi.
L’ultimo weekend il box office ha registrato oltre 1,5 milioni di euro di ricavi, quasi l’82% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. E se gli incassi per il solo settore cinematografico nel 2019 erano arrivati oltre i 635,5 milioni di euro, come riportava ancora Anica, quest’anno nel periodo da gennaio a maggio gli introiti sono stati di 148,7 milioni di euro, di fatto messi a segno fino agli inizi di marzo.
Secondo i dati raccolti le sale cinematografiche sono tra i luoghi che meglio di altri hanno adeguato le proprie strutture alle norme di distanziamento e di sanificazione, come ribadito anche dall’Associazione nazionale esercenti cinema (Anec) in una lettera indirizzata all’esecutivo, così come nelle note pubblicate dalla stessa Anica e da Agis, Associazione generale italiana dello spettacolo.
Sull’argomento il regista Pupi Avati ha espresso il suo pensiero: ” Ora mi sento inerme. Una frustrazione enorme. Il governo ha chiuso teatri e cinema senza spiegare perché, la ragione. E’ stata una decisione avventata. Eppure l’Agis ha dimostrato che in tre mesi su quasi 3000 spettacoli dal vivo c’è stato un solo caso di Covid. Sono stato alla Mostra di Venezia per il premio Bresson e non è successo nulla di negativo, mascherine, misurazioni, distanziamento, tutto a norma. Lo stesso alla Festa di Roma. Se c’è un posto sicuro, è la sala di cinema. Al governo dicono di essere dei bravi comunicatori: per me sono dei pessimi comunicatori. Ripeto: spiegassero le ragioni della chiusura totale dello spettacolo”. Poi ha aggiunto:”Se non si ravvedono, il cinema rischia veramente di morire. Gli spettatori ormai non c’erano quasi più, tanti film escono direttamente sule piattaforme e dopo quel minimo di ripresa dei mesi scorsi, chiudere le sale vuol dire mettere nei guai quelle persone che eroicamente e coraggiosamente tenevano i cinema aperti. Ho un amico caro, esercente di Rimini che nel suo multiplex dà lavoro a 130 dipendenti. Io avevo appena finito un film, Lei mi parla ancora, ispirato al libro del papà di Vittorio Sgarbi, per il quale mi sono indebitato, e non posso certo mettere in cantiere un altro progetto. A novembre dovevo partire col film su Dante per l’anniversario del prossimo anno. Non abbiamo tempi infiniti. E trepido”.
Dal canto suo il ministro della Cultura Franceschini ha parlato della chiusura di cinema, teatri e sale da concerti («una scelta dolorosa» e «impopolare») determinata dalla priorità di dover salvare il maggior numero di vite umane, limitando al massimo i contagi e preservando quindi l’operatività delle strutture sanitarie. Ha anche ricordato che gli interventi del governo, delle Regioni e dei sindaci non possono avere l’efficacia necessaria senza l’impegno personale di ogni cittadino.
Ecco il suo appello sui social: ” A voi personalità della cultura che avete una grande influenza sull’opinione pubblica e una grande capacità – dice – vi chiedo davvero di dare un contributo alla coesione sociale, ne abbiamo grande bisogno”. Se il paese si divide i problemi diventano più grandi, ricostruiamo quel clima di coesione sociale di cui c’è bisogno, verrà il tempo dei bilanci e delle critiche, ma oggi di fronte ai rischi per la salute non è il tempo”. “Forse chi critica non ha capito la gravità della situazione che stiamo vivendo”. Il ministro risponde così alle polemiche e alla valanga di critiche piovute per lo stop a cinema e teatri e assicura il suo impegno “perché lo stop sia il più breve possibile”. Nonchè l’impegno a proseguire e aumentare gli aiuti alla categoria “cominciando dai più deboli”. Ma ribadisce di assumersi la responsabilità della decisione e sottolinea: “non è stata una decisione gerarchica. Dovevamo ridurre la mobilità”. Gli attacchi e le polemiche sono comprensibili, dice: “c’è una grande preoccupazione anche per il valore simbolico negativo per la chiusura di cinema e teatri e per i danni materiali che tutto questo comporta. Il ministro mostra alle sue spalle il grafico con la curva dei contagi: “bisognava intervenire in fretta – ribadisce – non c’era più tempo. La decisione di chiudere tutte le attività dopo le 18 non è stata legata ad una scelta gerarchica, bensì alla necessità di limitare gli spostamenti”. Da qui l’impegno “a far si che la chiusura per cinema e teatri sia la più breve possibile. Dipenderà certo dall’andamento epidemiologico – sottolinea – ma questo è il mio impegno. Aggiungo l’impegno a tutelare i lavoratori dello spettacolo, ad aiutare le imprese come abbiamo fatto in questi mesi in cui abbiamo stanziato 1 miliardo e 200 milioni per cinema e spettacolo dal vivo. Certo non basta, dovremo fare di più risarcire subito chi ha avuto danni e chi ha dovuto chiudere. Ma adesso è fondamentale rimanere uniti. Io credo che adesso l’unica risposta possibile sia fare ognuno il proprio dovere, poi verrà il tempo delle divisioni e delle analisi, ma oggi di fronte a questi dati dei contagi non è questo il tempo”. “Ho scritto una lettera alle tv questa mattina, quella pubblica e non solo, per chiedere che diano più spazio alla cultura anche comprando spettacoli, trasmettendoli e pagando diritti per aiutare non in modo simbolico ma concreto e materiale”. Da mesi, aggiunge il ministro, “stiamo lavorando ad una piattaforma della cultura italiana che potrà offrire in streaming la possibilità di seguire uno spettacolo a chi non ha la possibilità di andare in un teatro. Tutto questo senza pensare di sostituire le sale, solo per integrare nel momento dell’emergenza. Se in una emergenza come questa il paese si divide i problemi diventano più grandi, dobbiamo restare uniti”.