Stanlio e Ollio – I due comici che hanno fatto ridere diverse generazioni sono omaggiati nelle sale cinematografiche con una pellicola tutta da guardare.
Stanlio e Ollio tornano in un film di Jon S. Baird, con Steve Coogan, John C. Reilly, Nina Arianda, Shirley Henderson, Danny Huston, Rufus Jones, Stephanie Hyam, Susy Kane, Bentley Kalu, Ella Kenion.
Una storia bella e commovente, la forza di un’amicizia che è stata capace di superare tenti problemi.
Stan Laurel e Oliver Hardy, alias Stanlio e Ollio, i due comici più amati al mondo, partono per una tournée teatrale nell’Inghilterra del 1953. Finita l’epoca d’oro che li ha visti re della comicità, vanno incontro a un futuro incerto. Il pubblico delle esibizioni è tristemente esiguo, ma i due sanno ancora divertirsi insieme, l’incanto della loro arte continua a risplendere nelle risate degli spettatori, e così rinasce il legame con schiere di fan adoranti. Il tour si rivela un successo, ma Laurel e Hardy non riescono a staccarsi dall’ombra dei loro personaggi, e fantasmi da tempo sepolti, uniti alla delicata salute di Oliver, minacciano il loro sodalizio. I due, vicini al loro canto del cigno, riscopriranno l’importanza della loro amicizia.
Stan Laurel e Oliver Hardy sono ampiamente considerati il più grande duo comico della storia del cinema. Tra il 1927 e il 1950, sono apparsi in oltre 107 film (32 cortometraggi muti, 40 cortometraggi parlati, 23 lungometraggi, 12 cameo), corroborando il concetto di coppia di comici con una chimica contagiosa e numeri esilaranti che appaiono naturali, ma che sono in realtà perfezionati fin nei minimi dettagli. I due rientrano nel contenutissimo novero di star del cinema muto che è sopravvissuto e ha prosperato con l’avvento del sonoro, aggiungendo strampalati giochi di parole alla loro maestria comica. La loro influenza va ben oltre le fredde statistiche e le analisi dei cinefili, dal momento che hanno accumulato un numero impressionante di ammiratori devoti, tre musei a loro dedicati e un’associazione internazionale di appassionati della loro arte, Sons Of The Desert (I figli del deserto). Adorati in tutto il mondo – in Germania i loro nomi sono Dick Und Doof, in Polonia Flip I Flap, in Brasile O Gordo e o Magro – sono un cancello di accesso alla commedia, un passaporto per un mondo di sublime stupidità e imperitura amicizia. Che li si conosca grazie alle repliche televisive, agli adattamenti in forma di cartoni animati o a un gif su Twitter, l’ascoltare la loro tipica musichetta, The Cuckoo Song, è non solo la garanzia di una risata, ma significa anche azionare una macchina del tempo che ci trasporta all’istante in un’età di maggiore innocenza. La gente ammira Chaplin, guarda con venerazione Buster Keaton, ma adora Laurel e Hardy. Non esiste attore comico vivente che non sia stato influenzato dai due artisti, il loro raggio d’azione è potentissimo. È un’affezione condivisa da Jeff Pope, lo sceneggiatore di Stanlio & Ollio. Svezzato dalla trasmissione del sabato mattina della BBC dei leggendari due-rulli (cortometraggi muti di 20 minuti) della coppia, quindici anni fa Pope riceve in dono il cofanetto completo dei dvd di Laurel e Hardy, guarda I fanciulli del West – allegri vagabondi e inizia a indagare sulla storia che si nasconde dietro alle due icone. La sua ricerca porta alla luce un capitolo poco conosciuto della carriera di Laurel & Hardy: la tournée teatrale della coppia di comici nel Regno Unito all’inizio degli anni ’50, documentata nel libro di A.J. Marriot Laurel & Hardy: The British Tours. “Il meraviglioso ritratto che emerge di questi due uomini che sono ormai immensi è quello di due tizi che alloggiano in piccole pensioni, si esibiscono in minuscoli teatri e non si rendono conto che il motivo per cui hanno sfondato è che si sono voluti bene”, dichiara Pope. “Questo è il fatto che mi ha ispirato e spinto a scrivere l’intero film. È una storia d’amore tra due uomini”.
La produttrice Faye Ward concorda con Pope, aggiungendo “Stanlio & Ollio è sostanzialmente la storia di due amici per la pelle e di cosa significa una simile amicizia quando la vita volge al termine e non ti rendi conto che la fine sta arrivando. Ma parla anche di due grandi forze creative e di come si fa a produrre una magia”. Steve Coogan, che interpreta Laurel e aveva lavorato con Pope alla sceneggiatura candidata all’Oscar di Philomena, accoglie subito l’idea di Pope di esaminare il loro rapporto di trentacinque anni attraverso il prisma della tournée. “Quella di Jeff è stata una scelta molto intelligente, perché spesso l’errore sta nel cercare di tracciare una biografia raccontando cronologicamente la vita di una persona”, sostiene. “Invece è meglio mettere in luce un aspetto specifico della sua esistenza e scoprire molte cose da quello spaccato. Si può cogliere l’umanità in un solo istante”. I realizzatori decidono di intitolare il film Stanlio & Ollio, e non Laurel & Hardy, dal momento che il loro intento è esplorare gli uomini che stanno dietro alle leggende e la sceneggiatura di Pope rivela verità fondamentali che vanno oltre i rispettivi personaggi cinematografici. Se da un lato Hardy spesso assume il controllo sullo schermo, Laurel è la mente creativa che sorveglia ogni aspetto della produzione: una volta ultimate le riprese, Hardy spesso se ne va a giocare a golf. Il film suggerisce anche che, se nei film la coppia è inseparabile, fuori dallo schermo i due interagiscono in modo affabile, ma sono solo colleghi di lavoro. Per usare le parole di Pope ‘Non erano mai stati molto amici fino a quando non decisero di intraprendere quell’ardua tournée e non vissero gomito a gomito una settimana sì e una no. La premessa del film è quella di raccontare come sono arrivati ad essere uniti nella vita reale quanto lo erano nella vita di finzione”. La produttrice Faye Ward spiega “Secondo me era di fondamentale importanza tornare all’omaggio e all’essenza di Laurel e Hardy ed è per questa ragione che non abbiamo fatto un biopic convenzionale. Abbiamo voluto creare un’opera che potesse essere apprezzata sia da un pubblico nuovo che da un pubblico consolidato. Laurel e Hardy hanno ammiratori sfegatati in tutto il mondo, come pure fan appassionati di comici, come Ricky Gervais e Paul Merton, John C. Reilly e Steve Coogan. Ce ne sono milioni di altri, migliaia di persone che dichiarano di essere ancora profondamente ispirati dalla coppia di comici. Penso che il film ti metta subito a tuo agio, anche se non li conosci bene percepisci il gigantesco apporto che il duo comico ha dato a un genere di comicità che vediamo ancora oggi”.
Perfetti i due protagonisti, Steve Coogan e John C. Reilly, con un’interpretazione molto accurata che però non scade mai in una semplice imitazione, con l’alchimia necessaria per ritrarre al meglio il rapporto tra i loro personaggi.
La sceneggiatura di Pope è costellata di particolari significativi e toccanti sul rapporto centrale — Laurel continuò a scrivere sketch per il duo sette anni dopo il suo ritiro dalle scene — e tuttavia Coogan è sempre stato consapevole del fatto che Stanlio & Ollio avessero bisogno di altri colori. “Sapevo che il film sarebbe stato struggente e triste e carico di emozioni e la mia paura era: sarà abbastanza divertente?”, confessa. “Bisogna conquistarsi il diritto di suscitare emozioni intense in persone incantevoli. Puoi estasiare un pubblico con la commedia.” Malgrado gran parte della comicità derivi dalle meticolose ricostruzioni degli spettacoli teatrali di Laurel e Hardy, la sceneggiatura di Pope imbastisce anche alcuni dei loro numeri più famosi nel tessuto delle loro vite. Quindi i loro tentativi di issare il baule sulle scale di una stazione ferroviaria rispecchia da vicino la memorabile sequenza del piano sulle scale nel cortometraggio vincitore del premio Oscar La scala musicale. “Via via che la sceneggiatura evolveva, mi sono reso conto che c’erano alcuni punti in cui potevo rendere omaggio al loro glorioso passato”, ricorda Pope. Ma per Coogan, l’inserimento delle loro gag nelle situazioni quotidiane dice anche qualcosa della natura dei due attori. “Come spesso accade con i comici, non c’è una distinzione netta tra il personaggio comico che un attore interpreta e quello che egli è nella realtà, in particolare quando è molto coinvolto nel processo creativo”, osserva. “I due piani si sovrappongono e cerchiamo di permettere agli spettatori di notarlo. Soprattutto per i veri appassionati di Laurel e Hardy pensiamo sia importante non generalizzare e anzi entrare nello specifico, rispettando quello che sono stati per onorare la loro memoria. E per il pubblico più generico, la ricreazione di alcuni dei loro momenti iconici risulta godibile perché l’abbiamo fatta in modo che sia divertente e faccia ridere ancora oggi”.
La sceneggiatura ce li mostra all’opera come coppia, riproponendo alcuni sketch del loro repertorio (e altri inventati appositamente per il film), ma nello stesso tempo ci porta anche nel backstage delle loro performance, evidenziando le caratteristiche individuali di ciascuno dei due, le affinità e le differenze, che a volte si traducono in una perfetta sintonia, altre portano a recriminazioni e discussioni. Si tratta di un’opera intrisa di malinconia, in cui non mancano la nostalgia e il sincero affetto per una comicità molto pura e spensierata, e in cui ci si commuove vedendo i protagonisti a cui, anche nei momenti più difficili, brillano gli occhi al pensiero di nuove idee con cui divertire il proprio pubblico.
La chiave della riuscita di Stanlio & Ollio era nel trovare due attori in grado non soltanto di incarnare
la coppia, ma anche di mettere in luce la vita interiore della loro cruciale partnership, di illuminare
la vera personalità dei due uomini e farci capire che cosa li motivava.
Steve Coogan è la prima e ultima persona a cui Jon Baird ha proposto di interpretare Stan Laurel.
Coogan ha inizialmente scoperto Laurel e Hardy in televisione, guardando le loro disavventure in
vestaglia durante le vacanze scolastiche estive. “Erano film molto accessibili per un bambino”,
ricorda. “Un tipo di comicità allo stato puro, che ruota attorno a un personaggio e non a una
situazione. Non esistono conseguenze concrete. È un mondo felice”. Durante le riunioni in Skype
con Baird e Ward, Coogan scivola agevolmente nel manierismo di Laurel, ma la sua interpretazione
coglie anche la determinazione e la rispettabilità dell’uomo. Per usare le parole di Ward “Trovo
fantastico vedere Steve fare una cosa che non gli avevamo mai visto fare prima d’ora”.
Aggiunge Baird: “Ho conosciuto Steve un pomeriggio a pranzo e mentre chiacchieravamo di Stan
Laurel di punto in bianco è diventato Stan, si è messo a fare Stan. Raddrizzandosi dopo essersi
chinato a raccogliere il tovagliolo che aveva lasciato cadere ha picchiato la testa sotto il tavolo e mi
sono venuti i brividi lungo la schiena. Mi sono detto ‘wow’: in quei brevi istanti, c’era già tutto.
Sapevo che era un tipo molto intelligente e che senz’altro possedeva tutte le qualità necessarie per
il ruolo, ma dare vita a Stanlio in modo estemporaneo e tuttavia molto dettagliato nella voce e
nell’interpretazione mi ha convinto al 100% dopo neanche cinque minuti che ne stavamo parlando.
E per ovvie ragioni, si sono entusiasmati tutti quando Steve si è unito al progetto”.
“Ho trovato un grande partner in Steve”, dichiara John C. Reilly. “Ci siamo resi conto fin dall’inizio
che non ce l’avremmo mai fatta se non avessimo imparato a volerci bene. Eravamo praticamente
due estranei, ma siamo diventati veramente amici. È una delle persone più divertenti che io abbia
mai incontrato. Mi sono sentito davvero solo ogni volta che Steve non era sul set insieme a me,
avevo l’impressione che mi mancasse una parte di me”.
Faye Ward ricorda cosa ha provato quando Coogan e Reilly sono entrati nel progetto: “È stato
entusiasmante scritturare John e Steve, non esistono molti attori al mondo in grado di essere
veramente Laurel e Hardy: hanno una sensibilità straordinariamente fine e un perfetto senso del
tempismo della comicità fisica. È stato davvero meraviglioso osservare quei due impersonare Laurel
e Hardy, la sensazione era di vedere due icone che interpretano due icone”.
Se la carriera di Coogan era stata caratterizzata da ruoli da solista, fino ad allora Reilly aveva lavorato
fianco a fianco con colleghi del calibro di Will Ferrell e tuttavia era spaventato alla prospettiva di vestire i panni di una leggenda della comicità. “Per certi versi ho tentato di dissuadere me stesso
dall’accettare il progetto, perché mi sentivo sovrastato e intimidito all’idea di interpretare due
leggende”, ammette Reilly. “Viviamo nell’epoca di Google e Wikipedia e tutto quello che uno vuole
sapere sui fatti della vita di una persona è subito a disposizione. Ma la cosa bella di questa storia è
che entri nel loro rapporto e ti fai un’idea di quello che potrebbe essere per loro lavorare insieme”.
Dalle commedie (Fratellastri a 40 anni) ai musical (Chicago) e alle storie drammatiche (The lobster),
la gamma di ruoli interpretati da Reilly è stata cruciale nel farlo prediligere per restituire il perfetto
equilibrio di risate ed emozioni della sceneggiatura.
“È un attore fantastico”, dichiara Coogan. “È anche in grado di essere maturo, toccante, sincero e
contemporaneamente padroneggiare le tecniche della comicità che vuol dire possedere due
capacità molto diverse. Spesso la commedia è un’abilità tecnica, mentre mostrare un’apertura e una
sincerità emotiva significa saper stare in contatto con i propri sentimenti. Non sono molti gli attori
che riescono a fare entrambe le cose. E lui è uno dei pochi.” La scelta di Reilly è anche stata
strumentale nel convincere Coogan. “Chiesi loro chi avessero in mente per il ruolo di Oliver Hardy”,
ricorda Coogan a proposito dei primi incontri sul ruolo. “Mi risposero che stavano pensando a John
C. Reilly al che io ho detto ‘Bene, se convincete lui, ci sto anch’io.’”
Baird rievoca il suo incontro con Reilly “John disse ‘è una responsabilità enorme interpretare questo
ruolo, è il mio eroe’ e Steve aveva detto la stessa cosa. Ma John aggiunse ‘Non posso lasciare che
nessun altro interpreti questa parte, mi terrorizza accettarla ma non permetterò ad altri di averla’.
E ho pensato ‘beh, se sei questo tipo di persona, sei il tipo di persona con cui voglio lavorare perché
mostri di avere responsabilità e coraggio.”
Dopo che entrambi gli attori hanno dimostrato il loro interesse, la produzione ha voluto verificare
la chimica tra di loro, essenziale nel dare vita al rapporto tra i due personaggi. “Jon e Jeff volarono
a New York per metterli insieme e appurare che ci fosse intesa tra loro”, ricorda Ward. “Fu uno
stress totale, ma all’improvviso da lontano videro Laurel & Hardy seduti a cena ed ebbero una
folgorazione ‘Sono loro’.”
E quella magica combinazione è stata percepita durante tutte le riprese, come ricorda Ward “Fecero
per la prima volta un numero teatrale dal vivo la prima settimana di riprese davanti all’intera troupe.
Le troupe cinematografiche possono essere piuttosto ciniche perché vedono centinaia di star del
cinema fare milioni di cose. Invece sull’intero set calò un silenzio pieno di ammirazione seguito da
risate isteriche. Anzi Harriet, la seconda aiuto regista, piangeva. È stato straordinario”.
Una delle peculiarità di Stan Laurel e Oliver Hardy era il rapporto magnetico che sapevano instaurare con lo spettatore, in maniera più solida e diretta rispetto ad altri grandi comici dell’epoca. Non solo l’espediente del camera-look ma anche l’ingenuità con la quale Stanlio e Ollio riescono a cacciarsi sempre nei guai aumentava il legame con lo spettatore; la semplicità delle gag, la spontaneità dei due protagonisti, in perenne disagio nei confronti del mondo che li circonda è un escamotage funzionale al coinvolgimento di chi assiste alle loro disgrazie dall’altra parte dello schermo. Totalmente dedito al lavoro, al punto di sacrificare il futuro della propria vita privata, Stan Laurel viveva costantemente immerso nei progetti cinematografici, una vera e propria ossessione. Al contrario, Oliver Hardy era un personaggio festaiolo, amante del golf e dei party. Le modalità diverse con le quali conducevano le loro vite mai impedirono di mantenere un’amicizia sempre molto salda.
Quando Hardy venne colpito da un ictus nel settembre 1956, subì una semi paralisi che gli impedì di comunicare; l’amico non si perse d’animo e i due riuscirono a capirsi grazie al loro talento gestuale. Ragionavano come se fossero una cosa sola, Laurel e Hardy, tanto che Stan scrisse altri soggetti per la coppia anche dopo la morte di Hardy, nel 1957. Non recitò mai più, perché senza Babe, tutto era finito. Senza Ollio era morto anche Stanlio.
Un legame che funziona anche oggi, proprio grazie a queste caratteristiche.
Più che un lavoro una missione o meglio, una vocazione.